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Omaggio a Mario Schifano
L’evento vuole rendere omaggio, a cinquant’anni dal fatidico esordio internazionale alla Sidney Janis Gallery di Manhattan, al grande genio dell’artista di Piazza del Popolo, ritenuto l’erede di Andy Warhol e unanimemente considerato uno dei più importanti, trasgressivi e originali artisti italiani, nume tutelare della Pop italiana e uno dei pochissimi interpreti del moderno, capace di trasformare la pittura in interprete d’eccezione della civiltà dell’immagine mediatica e tecnologica
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sarà inaugurata sabato 05 Maggio 2012, alle ore 18.00 presso la Sala Foresi in piazza XX
Settembre, la mostra “Omaggio a Mario Schifano”, organizzata dal comune di Civitanova
Marche in collaborazione con MV Eventi e Arte Sgarro (rispettivamente agenzia di eventi
culturali e galleria d'arte entrambe vicentine), la Banca Popolare di Ancona, l'Outlet Manas
di Montecosaro Scalo, il ristorante Raphael Beach e l'agenzia di comunicazione e marketing
Pil Associati di Civitanova Marche.
L'evento vuole rendere omaggio, a cinquant'anni dal fatidico esordio internazionale alla
Sidney Janis Gallery di Manhattan, al grande genio dell'artista di Piazza del Popolo, ritenuto
l'erede di Andy Warhol e “unanimemente considerato uno dei più importanti, trasgressivi e
originali artisti italiani, nume tutelare della Pop italiana e uno dei pochissimi interpreti del
moderno, capace di trasformare la pittura in interprete d’eccezione della civiltà dell’immagine
mediatica e tecnologica” [dal libro In diretta di Alberto Boatto].
Nato a Homs, Libia, nel 1934, Mario Schifano lavora alle dipendenze del padre, archeologo
restauratore al Museo Etrusco di Valle Giulia.
Disinteressato, abbandona ben presto l’attività paterna per dedicarsi alla pittura.
“Perché ho cominciato a fare l’artista? Devo dire la verità, non ci sarebbe quasi nessun
motivo, se non aver fatto per quattro o cinque anni il lavoro di restauro al Museo Etrusco:
mi era venuto proprio un senso di disperazione! Ecco, io faccio l’artista praticamente per
violenza, e per distruggere questa cosa del lavoro al Museo” [in Flash Art n.127 dell’ottobre
1991].
Esordisce nel 1959 alla Galleria Appia Antica con opere gestuali in cui si ravvisa quella
sgocciolatura che lo contraddistinguerà per il resto della sua carriera.
Pochi mesi più tardi Emilio Villa preconizza che “nel luogo della coscienza collettiva questo
pittore è un punto identificabile, un livello importante e non rilassato di un generale processo
formativo, proprio per lo slancio evidente che determina la sua fictio già ricca di una pronuncia
ideata, per uno scatto riflessivo che si potrà, a nuove prove, a nuove prede, certamente
graduare” (piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura ribadirà Parise nel 1965).
Nel 1962 parte per gli States entrando a diretto contatto con la Pop americana; alla Sidney
Janis Gallery di Manhattan è tra i partecipanti alla mostra New Realist al fianco di Warhol,
Rosenquit, Lichtenstein, Segal.
Le sue opere sono ora dei monocromi, grandi carte incollate su tela, ”schermi” in cui
appariranno di lì a poco lettere, cifre e particolari di insegne stradali che lo portano a una
maggiore vicinanza con l’estetica pop internazionale.
In concomitanza con i risultati conseguiti oltreoceano, Schifano si rifà ai prodotti della cultura
di massa (Coca Cola ed Esso) impiegando smalti e vernici sulla carta da pacchi, adoperata
quale richiamo al “billboard” americano.
Si può dire che, ad oggi, quell’iniziativa rimase un episodio isolato nella storia dell’arte degli
ultimi 50 anni.
All’epoca gli artisti italiani godevano di un successo pari a quello di quelli americani.
Poi, dopo la Biennale di Venezia del 1964, con il gran premio assegnato a Robert
Rauschenberg, l’arte statunitense si imporrà sul mercato globale, influenzandone le scelte
critiche.
A proposito delle opere di Schifano, Cesare Vivaldi sosterrà che “non si tratta di Pop-Art:
per lo meno non si tratta solo di Pop-Art. Oltre alla condanna della civiltà di massa fatta coi
mezzi stessi della civiltà di massa (com’è tipico della Pop-Art) Schifano mette nei suoi
quadri qualcosa di più: la sua fame di pittura [...] Schifano non si accontenta di contraffare
in chiave grottesca i prodotti di massa, come i vari Oldenburg, Dine, Lichtenstein ma riesce a
costringere il punto di vista volgare, sfigurato dell’uomo-massa a diventare pretesto di canto”
[cat. galleria Odyssia, Roma 1963].
Dal 1964 la sua attenzione attraversa una gamma di soggetti assai ampia rendendo più
complesso il proprio stile: nascono i Paesaggi anemici, immagini di un mondo naturale
rielaborato sul filo della memoria, si interessa alla rivisitazione della storia dell’arte, dipinge
quadri legati all’infanzia, inizia una breve ma intensa attività cinematografica che lo porterà a
realizzare i lungometraggi Satellite, Umano non Umano (con un cammeo di Carmelo Bene),
Trapianto, consunzione e morte di Francis Bacon.
Si dirà che “L’arma di Schifano è il régard, un occhio-obiettivo, una camera fotografica
mentale” [Maurizio Fagiolo dell’Arco] e “come nel mito di Mida, rende pittura quello che
tocca“ [Eligio Cesana].
Oltre a includere i propri dipinti in colorati pannelli di perspex, Schifano realizza monotipi legati
al tema dell’Albero in stretta analogia con quello delle Palme dei primi anni settanta; natura e
realtà sono concepite dall’artista attraverso uno schermo artificiale, un filtro sensoriale che si
avvale di foto-impressioni e fotomontaggi.
Gli anni Settanta sono gli anni delle tele emulsionate, recupera infatti le immagini televisive
su cui interviene con colori alla nitro.
Nel mentre sviluppa il tema dei d’après con rifacimenti da Michelangelo, Cézanne, Gaugin,
Magritte, Boccioni, Carrà, De Chirico, culminando con lo “Schifano che rifà Schifano”.
Dopo un travagliato periodo di sconforto ideologico per la pittura, Schifano riacquista passione
nei pennelli addentrandosi nei temi naturalistici che negli anni Ottanta porteranno alla serie
dei Gigli d’acqua e dei Campi di grano.
Continua a lavorare a cicli tematici annoverando anno dopo anno gli Acerbi, la Casa sola,
cuori e stelle, montagne, vulcani, dinosauri.
Alla fine degli anni Novanta il suo studio è completamente invaso da televisori.
Mario Schifano annota, fotografa.
Scatta migliaia di fotografie allo schermo televisivo e le ritocca a mano.
“Perchè girare il mondo” afferma l'artista “quando è il mondo che può venire a casa tua?”
Prima della morte, sopraggiunta a Roma il 26 gennaio 1998, si reca in Brasile per dipingere
una favela di Rio de Janiero, sua ultima grande fatica.
Estremamente prolifico, Schifano si è sempre ispirato al flusso di immagini prodotto dalla
civiltà e dai mezzi di comunicazione di massa.
“Questo è stato il mio programma. È il mio guardare: non sono stato monocorde, questa è
stata la mia incoerenza. Ma sono stato creativo e quindi costante. La costante attendibile del
guardare: come guardavo, perché guardavo...” [in Schifano, ed. Essegi, Ravenna 1982].
“Omaggio a Schifano” è resa possibile grazie alla collaborazione con l'Assessorato alla Cultura
di Civitanova Marche, la Banca Popolare di Ancona, l'Outlet Manas di Montecosaro Scalo, il
ristorante Raphael Beach e l'agenzia Pil Associati di Civitanova Marche.
Maggiori Informazioni
Assessorato alla Cultura - Tel. 0733 822 289 / MV Eventi – WWW.MVEVENTI.COM
Settembre, la mostra “Omaggio a Mario Schifano”, organizzata dal comune di Civitanova
Marche in collaborazione con MV Eventi e Arte Sgarro (rispettivamente agenzia di eventi
culturali e galleria d'arte entrambe vicentine), la Banca Popolare di Ancona, l'Outlet Manas
di Montecosaro Scalo, il ristorante Raphael Beach e l'agenzia di comunicazione e marketing
Pil Associati di Civitanova Marche.
L'evento vuole rendere omaggio, a cinquant'anni dal fatidico esordio internazionale alla
Sidney Janis Gallery di Manhattan, al grande genio dell'artista di Piazza del Popolo, ritenuto
l'erede di Andy Warhol e “unanimemente considerato uno dei più importanti, trasgressivi e
originali artisti italiani, nume tutelare della Pop italiana e uno dei pochissimi interpreti del
moderno, capace di trasformare la pittura in interprete d’eccezione della civiltà dell’immagine
mediatica e tecnologica” [dal libro In diretta di Alberto Boatto].
Nato a Homs, Libia, nel 1934, Mario Schifano lavora alle dipendenze del padre, archeologo
restauratore al Museo Etrusco di Valle Giulia.
Disinteressato, abbandona ben presto l’attività paterna per dedicarsi alla pittura.
“Perché ho cominciato a fare l’artista? Devo dire la verità, non ci sarebbe quasi nessun
motivo, se non aver fatto per quattro o cinque anni il lavoro di restauro al Museo Etrusco:
mi era venuto proprio un senso di disperazione! Ecco, io faccio l’artista praticamente per
violenza, e per distruggere questa cosa del lavoro al Museo” [in Flash Art n.127 dell’ottobre
1991].
Esordisce nel 1959 alla Galleria Appia Antica con opere gestuali in cui si ravvisa quella
sgocciolatura che lo contraddistinguerà per il resto della sua carriera.
Pochi mesi più tardi Emilio Villa preconizza che “nel luogo della coscienza collettiva questo
pittore è un punto identificabile, un livello importante e non rilassato di un generale processo
formativo, proprio per lo slancio evidente che determina la sua fictio già ricca di una pronuncia
ideata, per uno scatto riflessivo che si potrà, a nuove prove, a nuove prede, certamente
graduare” (piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura ribadirà Parise nel 1965).
Nel 1962 parte per gli States entrando a diretto contatto con la Pop americana; alla Sidney
Janis Gallery di Manhattan è tra i partecipanti alla mostra New Realist al fianco di Warhol,
Rosenquit, Lichtenstein, Segal.
Le sue opere sono ora dei monocromi, grandi carte incollate su tela, ”schermi” in cui
appariranno di lì a poco lettere, cifre e particolari di insegne stradali che lo portano a una
maggiore vicinanza con l’estetica pop internazionale.
In concomitanza con i risultati conseguiti oltreoceano, Schifano si rifà ai prodotti della cultura
di massa (Coca Cola ed Esso) impiegando smalti e vernici sulla carta da pacchi, adoperata
quale richiamo al “billboard” americano.
Si può dire che, ad oggi, quell’iniziativa rimase un episodio isolato nella storia dell’arte degli
ultimi 50 anni.
All’epoca gli artisti italiani godevano di un successo pari a quello di quelli americani.
Poi, dopo la Biennale di Venezia del 1964, con il gran premio assegnato a Robert
Rauschenberg, l’arte statunitense si imporrà sul mercato globale, influenzandone le scelte
critiche.
A proposito delle opere di Schifano, Cesare Vivaldi sosterrà che “non si tratta di Pop-Art:
per lo meno non si tratta solo di Pop-Art. Oltre alla condanna della civiltà di massa fatta coi
mezzi stessi della civiltà di massa (com’è tipico della Pop-Art) Schifano mette nei suoi
quadri qualcosa di più: la sua fame di pittura [...] Schifano non si accontenta di contraffare
in chiave grottesca i prodotti di massa, come i vari Oldenburg, Dine, Lichtenstein ma riesce a
costringere il punto di vista volgare, sfigurato dell’uomo-massa a diventare pretesto di canto”
[cat. galleria Odyssia, Roma 1963].
Dal 1964 la sua attenzione attraversa una gamma di soggetti assai ampia rendendo più
complesso il proprio stile: nascono i Paesaggi anemici, immagini di un mondo naturale
rielaborato sul filo della memoria, si interessa alla rivisitazione della storia dell’arte, dipinge
quadri legati all’infanzia, inizia una breve ma intensa attività cinematografica che lo porterà a
realizzare i lungometraggi Satellite, Umano non Umano (con un cammeo di Carmelo Bene),
Trapianto, consunzione e morte di Francis Bacon.
Si dirà che “L’arma di Schifano è il régard, un occhio-obiettivo, una camera fotografica
mentale” [Maurizio Fagiolo dell’Arco] e “come nel mito di Mida, rende pittura quello che
tocca“ [Eligio Cesana].
Oltre a includere i propri dipinti in colorati pannelli di perspex, Schifano realizza monotipi legati
al tema dell’Albero in stretta analogia con quello delle Palme dei primi anni settanta; natura e
realtà sono concepite dall’artista attraverso uno schermo artificiale, un filtro sensoriale che si
avvale di foto-impressioni e fotomontaggi.
Gli anni Settanta sono gli anni delle tele emulsionate, recupera infatti le immagini televisive
su cui interviene con colori alla nitro.
Nel mentre sviluppa il tema dei d’après con rifacimenti da Michelangelo, Cézanne, Gaugin,
Magritte, Boccioni, Carrà, De Chirico, culminando con lo “Schifano che rifà Schifano”.
Dopo un travagliato periodo di sconforto ideologico per la pittura, Schifano riacquista passione
nei pennelli addentrandosi nei temi naturalistici che negli anni Ottanta porteranno alla serie
dei Gigli d’acqua e dei Campi di grano.
Continua a lavorare a cicli tematici annoverando anno dopo anno gli Acerbi, la Casa sola,
cuori e stelle, montagne, vulcani, dinosauri.
Alla fine degli anni Novanta il suo studio è completamente invaso da televisori.
Mario Schifano annota, fotografa.
Scatta migliaia di fotografie allo schermo televisivo e le ritocca a mano.
“Perchè girare il mondo” afferma l'artista “quando è il mondo che può venire a casa tua?”
Prima della morte, sopraggiunta a Roma il 26 gennaio 1998, si reca in Brasile per dipingere
una favela di Rio de Janiero, sua ultima grande fatica.
Estremamente prolifico, Schifano si è sempre ispirato al flusso di immagini prodotto dalla
civiltà e dai mezzi di comunicazione di massa.
“Questo è stato il mio programma. È il mio guardare: non sono stato monocorde, questa è
stata la mia incoerenza. Ma sono stato creativo e quindi costante. La costante attendibile del
guardare: come guardavo, perché guardavo...” [in Schifano, ed. Essegi, Ravenna 1982].
“Omaggio a Schifano” è resa possibile grazie alla collaborazione con l'Assessorato alla Cultura
di Civitanova Marche, la Banca Popolare di Ancona, l'Outlet Manas di Montecosaro Scalo, il
ristorante Raphael Beach e l'agenzia Pil Associati di Civitanova Marche.
Maggiori Informazioni
Assessorato alla Cultura - Tel. 0733 822 289 / MV Eventi – WWW.MVEVENTI.COM
05
maggio 2012
Omaggio a Mario Schifano
Dal 05 al 20 maggio 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA COMUNALE VINCENZO FORESI
Civitanova Marche, Piazza Xx Settembre, (Macerata)
Civitanova Marche, Piazza Xx Settembre, (Macerata)
Orario di apertura
giovedì - venerdì 10.00 – 12.00 / 16.00 - 19.30 sabato e domenica 9.30 - 12.30 / 16.00 – 20.00
Vernissage
5 Maggio 2012, ore 18
Sito web
www.mveventi.com
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