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Omar Galliani – Dal Cassetto dei miei disegni
Dopo 23 anni Castelbellino continua a fare ricerca nell’arte contemporanea. Si apre il 14 luglio a villa Coppetti una mostra straordinaria dedicata a Omar Galliani.
Comunicato stampa
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La mostra “Dal Cassetto dei miei disegni”: Omar Galliani aperta fino al 28 luglio rilancia ancora una volta lo splendido paesaggio su cui si affaccia il borgo di Castelbellino e la fa entrare nel circuito delle grandi mostre, soprattutto di arte contemporanea.
In passato, più segnatamente nell’antichità, il disegno nasceva siccome appunto per la pittura. Oppure, come interveniva in tanti pittori del Rinascimento, era sperimentalmente utilizzato a tracciare e indagare particolari del corpo umano tanto quanto del paesaggio. Non vivendo, in ambedue i casi, di un carattere autonomo e perciò collocandosi in una zona diastematica, intermedia.
È nel Novecento (fatte salve le eccezioni antecedenti) che l’atto del disegnare ha rivendicato una propria essenzialità; anche nel senso, come è nel caso di Galliani, di sapersi volgere al mistero ed all’essere, verso un’opacità che permane immemorialmente prima della tela e del quadro perché antemurale di una forma che sta in un proprio ambito, in un “campo silente” (come peraltro recita il titolo di 20 disegni a carboncino realizzati alcuni decenni fa). O per dirla in maniera diversa, l’arte che lavora “dal vero” poi si rivolge all’inseguimento di quel vero, che non sta nella realtà, nel modello, nel referente, ma bensì nelle luci e nei bagliori di cosmogonie che procedono alla volta del mito.
Ma, appunto, il disegno in Galliani è qualcosa che opera in prossimità alla precisione e all’assolutezza, quando raggiunta, della forma: ma da una propria specola e posizione e muovendosi su una propria peculiare materia (carta, carta giapponese e papiro o carta intelata, dove sono fatti intervenire gli inchiostri, la matita, la sanguigna o il pimento, o anche la china terra di Siena bruciata; e quella stessa matita che è lo strumento essenziale dei disegnatori poi va a incidere su tavole di pioppo, sugli intonaci, sui muri, combinandosi con collages, cristalli e perle e immettendosi persino nelle installazioni).
Insomma lavorare sul disegno è scegliere di indagare l’altro versante del vuoto o se si vuole dell’ignoto, la “face cachée de l’ombre”, come ha scritto Janus, quella che interagisce con l’arte pittorica. “Il disegno – ha osservato Galliani – guarda e ripete se stesso, si ri-legge e ri-trascrive, liberandosi della pelle della pittura che lo celava, restituendo così al nostro tatto la vera freddezza del marmo, la trasparenza della seta…”. Un paragone, quest’ultimo con il marmo, che per l’artista emiliano riconduce alla techne stessa del disegno, che può in determinati casi trasformarsi in una materia sensibile e tattile.
Questo carattere così particolare assegnato a un tale tipo di rappresentazione artistica non ignora nullameno la bravura e abilità tecniche: cernibili in Galliani nell’uso del tratteggio, dello sfumato, in quelle sfrangiature dove la materia si infittisce divenendo coinvolgente e caliginosa, ma poi anche facendosi impalpabile e volatile (“basta il palmo della mano per spostare la sensibilità del segno o la rappresentazione stessa…”), nel dosaggio tra tenebra e luminescenza delle immagini, un riflesso che deve agire quale segnale ed esca.
Ma tutto questo – il chiarore che precorre le forme, la grana e la porosità della materia, l’incrocio dei segni – non è fine a se stesso ma invece funzionale a quello che nell’esempio di Galliani diremmo pensiero mitico, un progetto estetico e in qualche misura anche ontologico che oltrepassando mimesis e pura espressione formale sospinge la visione al di là dell’apparenza. (Catalogo della mostra – testo critico di Gualtiero De Santi, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”).
Usciti dalla mostra ospitata nella spettacolare villa ottocentesca Coppetti, vi appare tutta la bellezza del paesaggio della valle dell’Esino fino al Monte Conero. Castelbellino è città di interesse turistico sia per le romantiche colline, sia per il castelli; leggero come merletto, morbido e cangiante per il gioco mutevole di luce.
In passato, più segnatamente nell’antichità, il disegno nasceva siccome appunto per la pittura. Oppure, come interveniva in tanti pittori del Rinascimento, era sperimentalmente utilizzato a tracciare e indagare particolari del corpo umano tanto quanto del paesaggio. Non vivendo, in ambedue i casi, di un carattere autonomo e perciò collocandosi in una zona diastematica, intermedia.
È nel Novecento (fatte salve le eccezioni antecedenti) che l’atto del disegnare ha rivendicato una propria essenzialità; anche nel senso, come è nel caso di Galliani, di sapersi volgere al mistero ed all’essere, verso un’opacità che permane immemorialmente prima della tela e del quadro perché antemurale di una forma che sta in un proprio ambito, in un “campo silente” (come peraltro recita il titolo di 20 disegni a carboncino realizzati alcuni decenni fa). O per dirla in maniera diversa, l’arte che lavora “dal vero” poi si rivolge all’inseguimento di quel vero, che non sta nella realtà, nel modello, nel referente, ma bensì nelle luci e nei bagliori di cosmogonie che procedono alla volta del mito.
Ma, appunto, il disegno in Galliani è qualcosa che opera in prossimità alla precisione e all’assolutezza, quando raggiunta, della forma: ma da una propria specola e posizione e muovendosi su una propria peculiare materia (carta, carta giapponese e papiro o carta intelata, dove sono fatti intervenire gli inchiostri, la matita, la sanguigna o il pimento, o anche la china terra di Siena bruciata; e quella stessa matita che è lo strumento essenziale dei disegnatori poi va a incidere su tavole di pioppo, sugli intonaci, sui muri, combinandosi con collages, cristalli e perle e immettendosi persino nelle installazioni).
Insomma lavorare sul disegno è scegliere di indagare l’altro versante del vuoto o se si vuole dell’ignoto, la “face cachée de l’ombre”, come ha scritto Janus, quella che interagisce con l’arte pittorica. “Il disegno – ha osservato Galliani – guarda e ripete se stesso, si ri-legge e ri-trascrive, liberandosi della pelle della pittura che lo celava, restituendo così al nostro tatto la vera freddezza del marmo, la trasparenza della seta…”. Un paragone, quest’ultimo con il marmo, che per l’artista emiliano riconduce alla techne stessa del disegno, che può in determinati casi trasformarsi in una materia sensibile e tattile.
Questo carattere così particolare assegnato a un tale tipo di rappresentazione artistica non ignora nullameno la bravura e abilità tecniche: cernibili in Galliani nell’uso del tratteggio, dello sfumato, in quelle sfrangiature dove la materia si infittisce divenendo coinvolgente e caliginosa, ma poi anche facendosi impalpabile e volatile (“basta il palmo della mano per spostare la sensibilità del segno o la rappresentazione stessa…”), nel dosaggio tra tenebra e luminescenza delle immagini, un riflesso che deve agire quale segnale ed esca.
Ma tutto questo – il chiarore che precorre le forme, la grana e la porosità della materia, l’incrocio dei segni – non è fine a se stesso ma invece funzionale a quello che nell’esempio di Galliani diremmo pensiero mitico, un progetto estetico e in qualche misura anche ontologico che oltrepassando mimesis e pura espressione formale sospinge la visione al di là dell’apparenza. (Catalogo della mostra – testo critico di Gualtiero De Santi, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”).
Usciti dalla mostra ospitata nella spettacolare villa ottocentesca Coppetti, vi appare tutta la bellezza del paesaggio della valle dell’Esino fino al Monte Conero. Castelbellino è città di interesse turistico sia per le romantiche colline, sia per il castelli; leggero come merletto, morbido e cangiante per il gioco mutevole di luce.
14
luglio 2013
Omar Galliani – Dal Cassetto dei miei disegni
Dal 14 al 28 luglio 2013
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO DI VILLA COPPETTI
Castelbellino, Via Guglielmo Marconi, (Ancona)
Castelbellino, Via Guglielmo Marconi, (Ancona)
Orario di apertura
lunedì alla domenica 17.30 - 19.00
Sito web
www.castelbellino.comune.an.it
Autore