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Omar Galliani – Disegno a Stampa
Saranno esposti cinquantuno lavori di diverse dimensioni
Comunicato stampa
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Sabato 5 dicembre sarà inaugurata, presso la sede della Galleria d’Arte Contemporanea Rossoquarantuno sita a Trani in via delle Crociate 41, la mostra del Maestro Omar Galliani dal titolo “Disegno a stampa”. Saranno esposti cinquantuno lavori di diverse dimensioni; per l’occasione verrà pubblicato un catalogo con un testo di Piero Boccuzzi.
Biografia
Nato nel 1954 a Montecchio Emilia, Omar Galliani ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e insegna pittura a quella di Carrara. Negli anni Ottanta è stato esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti e del Magico Primario. Ha partecipato a tre edizioni della Biennale di Venezia. Ha partecipato alla Biennale di San Paolo del Brasile e alla XII Biennale di Parigi. Ha esposto nei Musei d’Arte Moderna di Tokyo, Kyoto, Nagasaki, Hiroshima, alla Hayward Gallery di Londra, a due edizioni della Quadriennale di Roma, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e in quelle di Francoforte e Berlino. Negli anni Novanta il suo lavoro è stato esposto allo Scottsdale Center for the Arts dell’Arizona, alla Marian Locks di Philadelphia e alla Arnold Herstand Gallery di New York. L’artista ha inoltre presentato Feminine Countenances alla New York University e nel 2000 Aurea al Museum of the Central Academy of Fine Arts di Pechino. Ha anche esposto presso il Palazzo delle Stelline a Milano, alla Galleria Civica di Modena, al Museo d’Arte Moderna di Budapest, al Palacio Foz di Lisbona, al PAC di Milano. Nel 2003 è stato invitato alla Biennale di Praga e alla prima edizione di quella di Pechino, dove ha vinto il primo premio. Nel 2005, all’Archivio di Stato di Torino, nell’ambito della mostra Grande Disegno Italiano, un suo disegno (5 x 6,3 metri), è stato messo a confronto con il volto dell’angelo di Leonardo, schizzo preparatorio della Vergine delle Rocce, esposto alla Biblioteca Reale. A Palazzo Magnani di Reggio Emilia ha presentato la personale Nuove Anatomie. Sempre nel 2005 il Museo d’Arte Contemporanea di Guadalajara (Messico) ha inaugurato una sua personale dal titolo Nuovi fiori Nuovi Santi e lo Spazio Mazzotta ha presentato La figlia era nuda. Dal 2006 una sua personale dal titolo Disegno Italiano ha girato in Cina i più importanti Musei d’Arte Moderna e Contemporanea, da Shangai, Chengdu, Jinan, Xian, Wuhan, Hangzhou, Ningbo, a Nanchino, Dalian, Tientsin, Capital Museum di Pechino, per concludersi alla fine del 2008 a Honk Kong nella prestigiosa sede della Schoeni Art Gallery. Sempre nel 2006 l’Università e il Museo di Caracas hanno ospitato una sua personale dal titolo Disegnarsi, ciclo esposto nell’aprile 2007 anche al Museo Hassan di Rabat. Il Grande Disegno Italiano, esposto accanto a Leonardo a Torino nel 2005, è stato poi presentato al Palazzo della Permanente di Milano nell’ambito della mostra La bellezza nel 2006, e a Verona, al Palazzo della Ragione, all’interno de Il settimo splendore. Nel giugno 2007 è inaugurata Tra Oriente e Occidente: Omar Galliani e il Grande Disegno Italiano in Cina presso la sede della Fondazione Querini Stampalia, mostra inserita tra gli eventi collaterali della 52a Biennale di Venezia. L’evento, realizzato con il patrocinio dell’Ambasciata Cinese in Italia, in collaborazione con il Ministero Italiano per gli Affari Esteri e il governo della Repubblica Popolare di Cina, vedrà la presenza dell’Associazione degli Artisti Cinesi e la collaborazione dei musei di Shanghai, Ningbo, Dalian, Xian, Hanghzou, Jinan, Chengdu e Wuhan. Nel mese di Aprile 2009 Christian Mermoud inaugura una sua personale alla galleria Angle Art-Led Attitude & Design a Saint Paul de Vance; il 31 di luglio si inaugura sempre a Saint Paul de Vance un nuovo spazio Angle Art e Design, all'interno e in permanenza si apre Space Galliani che raccoglie in permanenza sue opere. La galleria k 35 di Mosca apre una sua personale da maggio a luglio con un nuovo ciclo di opere. La Fondazione Michetti di Francavilla al Mare gli dedica una grande retrospettiva. La galleria Shangheie di Shanghai allestisce una sua personale dal titolo Lontano da Xian. Sempre in quelle date a Vienna l'istituto Italiano di Cultura ospita nei propri spazi una sua personale; a Lucca a Villa Bottini e nel Museo Archeologico di Palazzo Guinigi presenta Dalle Stanze dei Miei Disegni. Nel 2009 è anche Venezia nella collettiva Dètournemen nell’antico Ospizio di San Lorenzo, evento collaterale alla 53° Biennale. Sempre a Venezia inaugura una mostra dal titolo Santa Apollonia, Omar Galliani e qualche dente di Andy Warhol.
Omar Galliani di Piero Boccuzzi
To the centre of the city where all the roads meet, waiting for you
to the depths of the ocean where all hope sinks, waiting for you
I was moving through the silence without motion, waiting for you
in a room with a windows, in the corner, I found truth
Ian Curtis
Realtà e Simbolo sono i due perni su cui ruota e si snoda tutta la poetica di Omar Galliani; il terreno privilegiato ovviamente è l’immagine, l’opera d’arte in cui la natura simbolica della rappresentazione assume valore dominante nei confronti della narrazione, del soggetto e dell’oggetto. La bellezza formale della composizione non preclude la lettura e la conoscenza approfondita di quella parte che, pur essendo velata, mostra chiaramente il cuore dell’opera anche quando il racconto è immerso in una aurea atemporale da cui si evince una rigidità estatica, contemplativa e ascetica. Riferendosi alla sua poesia Cesare Pavese, in una annotazione in appendice a Lavorare stanca, nella sua edizione definitiva del 1943, scriveva: "È certo che anche stavolta il problema dell'immagine terrà il campo. Ma non sarà questione di raccontare immagini, formula vuota, perché nulla può distinguere le parole che evocano un'immagine da quelle che evocano un oggetto. Sarà questione di descrivere - non importa se direttamente o immaginosamente - una realtà non naturalistica ma simbolica”. Anche l’artista emiliano, soprattutto nell’ultima fase del suo lavoro, supera la concezione scolastica della realtà e la rappresenta come simbolica rivelandone la parte allegorica: di fatti, il suo tratto risulta essere più convincente e incline ad una ricerca non naturalistica del contemporaneo ma più emblematica e ricca di significato. La sintesi a cui oggi ci ha abituato è il risultato di una lunga e faticosa ricerca che germoglia verso la metà degli anni settanta in piena euforia concettuale, attraversa il fervore citazionista e anacronistico e si colloca di diritto a essere ricordata come una delle esperienze pittoriche più personali e significative dell’arte dei nostri giorni. Galliani muove i primi passi in ambito artistico proprio nel momento in cui termina il periodo più interessante dell’arte concettuale italiana, fase in cui si era assistito, tra l’altro, ad un ribaltamento rivoluzionario del concetto di figurazione che, in certi casi, pur essendo debordante di segni, non negava affatto paternità e rimandi alla tradizione figurativa classica; a lui il merito di aver provocato un recupero tradizionale e iconografico dell’esecuzione artistica realizzata per mezzo del disegno, principale fase dell’agire pittorico. Attraverso la ripresa artigianale del particolare, prima fotografico (Final cut, 1975) e poi desunto da immagini riconosciute universali (Sfumato leonardesco, 1977), si spinge a ritroso fino a rappresentare sulla carta la caduta di Icaro; con Inremeabilis Error (1978) incontra per la prima volta il mito e con Principium individuationis (1978) precisa la correlazione che esiste tra materia (marmo), mito (rappresentazione) e genere umano (divenire). Queste tre parti sono la sintesi di quanto è accaduto immediatamente prima, di quanto accadrà dopo nell’arte italiana del novecento e di quello che sarà classificato come il suo divenire. L’artista emiliano si affida a Mercurio per superare il confine della propria percezione ne Il Pescatore di perle (1980) un ciclo in cui il viaggio diventa metafora della ricerca della genesi del mondo; sulle tele l’origine primordiale è rappresentata dalla perla, dalla lucentezza che emana, dalla morbidezza della sua suadente perfezione e rotondità. Nella mitologia greca Mercurio, messaggero degli dei e protettore dei viaggiatori, è anche colui che porta i sogni e che conduce le anime defunte nei luoghi infernali. Ed è Mercurio stesso il burattinaio de Le ciglia del naufrago (1981/83), il ciclo successivo in cui la deriva è raccontata come un naufragio infernale che annuncia l’ingresso in un nuovo mondo, in uno spazio sconosciuto. Il naufrago è in balia delle onde, stretto in un tempo a lui non familiare, forse in un sogno, probabilmente in un territorio diabolico, per sorte avversa in una dimensione non corrispondente a quella reale. Oltrepassati i quattro elementi con l’agilità energica di un imponente leopardo, è finalmente pronto ad affrontare l’ignoto. I segni di quanto accaduto ornano e decorano la sua pelle rimanendo impressi per sempre nella memoria (Le tue macchie nei miei occhi, 1982). In questo viaggio immaginifico che l’essere umano si appresta a compiere dopo la disavventura della tempesta, appariranno, ad arricchire la rappresentazione, figure, immagini, forme, simboli a forte potere illusorio e allegorico; è questo il periodo in cui Galliani sembra essere maggiormente influenzato da quel bagaglio visivo che da sempre ha contraddistinto le sue preferenze pittoriche e letterarie. Da Caravaggio, Michelangelo, Correggio e Parmigianino sono prese in prestito atmosfere e tensioni muscolari, da Esiodo, i luoghi temporali della rappresentazione. Infatti, ne Le opere e i giorni sono narrati i periodi in cui gli uomini vissero dalle origini fino al presente e sono attribuibili alle cinque età descritte altrettanti lavori che l’artista ha eseguito a metà anni ottanta: Il rito dell’oro (Età dell’Oro), L’esitazione di Pan (Età dell’Argento), Fendente (Età del Bronzo), Cavalieri d’Ellisse (Età degli Eroi) e Cruna (Età del Ferro). Dopo l’esperienza anacronista, sulle tele, in primissimo piano, compaiono una serie di manufatti, frutto del lavoro dell’uomo, forgiati con materiali che ricordano anche le età mitiche. La sua mano adesso, più incline all’epoca romantica, trasforma la materia pittorica in un turbine di ricordi e rimandi anche nostalgici che restituiscono, come giustamente ha notato Marisa Vescovo, in un libro a lui dedicato nel 1986, “al ricordo la luce del presente e al presente l’aurea del ricordo, definendo quindi nel futuro la dimensione del sogno”. A questa categoria di oggetti appartengono anche gli ornamenti preziosi, i monili, i quali, posti al centro della scena, in situazione sospesa, idealizzano il concetto di realtà e di continuità temporale; la serie di opere in cui appaiono è titolata Cadmio (1986/87) e testimonia l’interesse del pittore per la realtà che il simbolo, immerso in un rosso-cadmio, mostra. Il concetto che Galliani ha della realtà si amplia di pari passo con quello di conoscenza che, a sua volta, non pretende di essere il più incline possibile al vero e non risponde a regole predisposte perché è la pittura che decide il tempo, il vero deus ex machina; l’opera è rivelatrice del tempo fisico in cui è dipinta e del tempo immaginifico con cui si dà forma alla messa in scena. La sublimazione del tempo e della realtà è raggiunta nel ciclo delle Perle (1989) in cui la sintesi, tra vita e sapere, natura e spirito, universo e pensiero, possiede una forza evocativa che rimanda al concetto religioso di eternità. Le perle sono manifestazione estatica del divino. Galliani è attratto dall’idea di raccontare e di descrivere il luogo in cui tanta perfezione ha preso forma; recuperando l’immagine principe del Botticelli dà vita a due quadri fondamentali per il suo percorso intellettuale: Tu conosci la mia passione e Visitata da Venere, entrambi del 1989. In questi lavori la divinità è assente ma permette al fruitore di accostare le due opere all’idea universale di bellezza femminile. È questo il concetto che negli anni novanta amplia con dovizioso mestiere creando una galleria del ritratto che colma una voragine, in minima parte occlusa dalla ritrattistica degli anni sessanta, all’interno dell’arte contemporanea italiana. Di fatti, Galliani recupera la tradizione ad essa antecedente e la lavora con leggerezza, con un rispetto devozionale che sfocia compiutamente nel sacro, in un idea liturgica della realtà che guarda con attenzione alla complessità del mondo, ai suoi equilibri e alla sua armonia, la stessa armonia che ricerca nel rapporto con l’assoluto. Ed ecco comparire le prime figure alate, veri e propri angeli del creato che vagano liberi nell’universo, relazionando l’umano con il divino (Disegno, 1992/95); a loro è affidato il compito di ricucire il rapporto interrotto con le avanguardie del Novecento tra Dio e l’uomo. Infatti in Nuove anatomie (2001), ciclo successivo a Mantra per Laura (1997), la figura è ornata da una linea che ricorda la sutura di una ferita; questa a volte contorna parte del corpo evidenziandone le fattezze, altre si posa come un’aureola sul capo, altre è interrotto da un rivolo carminio, incandescente, lavico, irrisolto che instilla il dubbio. I volti sono tratteggiati sulla tavola con carboncini e matite grasse e ricordano quelli di tanta tradizione pittorica italiana che si è occupata del supplizio dei martiri. E come martiri sono osservati i giovani dei nostri tempi trafitti dalla passione e crocifissi dal tormento ne i Santi (2005); la loro reazione immobile li caratterizza nella realtà e li blocca nel tempo, li rende impenetrabili, depositari di un dolore generazionale romantico e decadente. Sembrano giungere dai sobborghi più lontani delle periferie d’Europa, uscire da un raduno underground o da un concerto post-punk berlinese, come nel Purgatorio di Dante, sempre in cammino alla ricerca di una nuova dimensione sia sociale che spirituale, come se dovessero espiare i mali dell’universo con il loro continuo peregrinare affinché l’armonia violentata sia ripristinata. Durante questo girovagare ogni tanto trovano una reliquia, un tassello mancante, un mattone che rinforza la storia del mondo e li rende meno vulnerabili e più riconoscibili agli occhi dei propri simili. Con questo ciclo di opere dedicate al rapporto con il divino l’artista evidenzia la fragilità dell’essere umano e la necessità dell’uomo contemporaneo di rifugiarsi nel sacro; con una disarmante delicatezza Galliani si inoltra nell’intimo, fino a rendere visibile la zona dove nascono le emozioni, si spinge in profondità, fino al cuore, “al centro (della città) dove tutte le strade si incontrano”, dove l’insieme degli impulsi genera la vita.
Biografia
Nato nel 1954 a Montecchio Emilia, Omar Galliani ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e insegna pittura a quella di Carrara. Negli anni Ottanta è stato esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti e del Magico Primario. Ha partecipato a tre edizioni della Biennale di Venezia. Ha partecipato alla Biennale di San Paolo del Brasile e alla XII Biennale di Parigi. Ha esposto nei Musei d’Arte Moderna di Tokyo, Kyoto, Nagasaki, Hiroshima, alla Hayward Gallery di Londra, a due edizioni della Quadriennale di Roma, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e in quelle di Francoforte e Berlino. Negli anni Novanta il suo lavoro è stato esposto allo Scottsdale Center for the Arts dell’Arizona, alla Marian Locks di Philadelphia e alla Arnold Herstand Gallery di New York. L’artista ha inoltre presentato Feminine Countenances alla New York University e nel 2000 Aurea al Museum of the Central Academy of Fine Arts di Pechino. Ha anche esposto presso il Palazzo delle Stelline a Milano, alla Galleria Civica di Modena, al Museo d’Arte Moderna di Budapest, al Palacio Foz di Lisbona, al PAC di Milano. Nel 2003 è stato invitato alla Biennale di Praga e alla prima edizione di quella di Pechino, dove ha vinto il primo premio. Nel 2005, all’Archivio di Stato di Torino, nell’ambito della mostra Grande Disegno Italiano, un suo disegno (5 x 6,3 metri), è stato messo a confronto con il volto dell’angelo di Leonardo, schizzo preparatorio della Vergine delle Rocce, esposto alla Biblioteca Reale. A Palazzo Magnani di Reggio Emilia ha presentato la personale Nuove Anatomie. Sempre nel 2005 il Museo d’Arte Contemporanea di Guadalajara (Messico) ha inaugurato una sua personale dal titolo Nuovi fiori Nuovi Santi e lo Spazio Mazzotta ha presentato La figlia era nuda. Dal 2006 una sua personale dal titolo Disegno Italiano ha girato in Cina i più importanti Musei d’Arte Moderna e Contemporanea, da Shangai, Chengdu, Jinan, Xian, Wuhan, Hangzhou, Ningbo, a Nanchino, Dalian, Tientsin, Capital Museum di Pechino, per concludersi alla fine del 2008 a Honk Kong nella prestigiosa sede della Schoeni Art Gallery. Sempre nel 2006 l’Università e il Museo di Caracas hanno ospitato una sua personale dal titolo Disegnarsi, ciclo esposto nell’aprile 2007 anche al Museo Hassan di Rabat. Il Grande Disegno Italiano, esposto accanto a Leonardo a Torino nel 2005, è stato poi presentato al Palazzo della Permanente di Milano nell’ambito della mostra La bellezza nel 2006, e a Verona, al Palazzo della Ragione, all’interno de Il settimo splendore. Nel giugno 2007 è inaugurata Tra Oriente e Occidente: Omar Galliani e il Grande Disegno Italiano in Cina presso la sede della Fondazione Querini Stampalia, mostra inserita tra gli eventi collaterali della 52a Biennale di Venezia. L’evento, realizzato con il patrocinio dell’Ambasciata Cinese in Italia, in collaborazione con il Ministero Italiano per gli Affari Esteri e il governo della Repubblica Popolare di Cina, vedrà la presenza dell’Associazione degli Artisti Cinesi e la collaborazione dei musei di Shanghai, Ningbo, Dalian, Xian, Hanghzou, Jinan, Chengdu e Wuhan. Nel mese di Aprile 2009 Christian Mermoud inaugura una sua personale alla galleria Angle Art-Led Attitude & Design a Saint Paul de Vance; il 31 di luglio si inaugura sempre a Saint Paul de Vance un nuovo spazio Angle Art e Design, all'interno e in permanenza si apre Space Galliani che raccoglie in permanenza sue opere. La galleria k 35 di Mosca apre una sua personale da maggio a luglio con un nuovo ciclo di opere. La Fondazione Michetti di Francavilla al Mare gli dedica una grande retrospettiva. La galleria Shangheie di Shanghai allestisce una sua personale dal titolo Lontano da Xian. Sempre in quelle date a Vienna l'istituto Italiano di Cultura ospita nei propri spazi una sua personale; a Lucca a Villa Bottini e nel Museo Archeologico di Palazzo Guinigi presenta Dalle Stanze dei Miei Disegni. Nel 2009 è anche Venezia nella collettiva Dètournemen nell’antico Ospizio di San Lorenzo, evento collaterale alla 53° Biennale. Sempre a Venezia inaugura una mostra dal titolo Santa Apollonia, Omar Galliani e qualche dente di Andy Warhol.
Omar Galliani di Piero Boccuzzi
To the centre of the city where all the roads meet, waiting for you
to the depths of the ocean where all hope sinks, waiting for you
I was moving through the silence without motion, waiting for you
in a room with a windows, in the corner, I found truth
Ian Curtis
Realtà e Simbolo sono i due perni su cui ruota e si snoda tutta la poetica di Omar Galliani; il terreno privilegiato ovviamente è l’immagine, l’opera d’arte in cui la natura simbolica della rappresentazione assume valore dominante nei confronti della narrazione, del soggetto e dell’oggetto. La bellezza formale della composizione non preclude la lettura e la conoscenza approfondita di quella parte che, pur essendo velata, mostra chiaramente il cuore dell’opera anche quando il racconto è immerso in una aurea atemporale da cui si evince una rigidità estatica, contemplativa e ascetica. Riferendosi alla sua poesia Cesare Pavese, in una annotazione in appendice a Lavorare stanca, nella sua edizione definitiva del 1943, scriveva: "È certo che anche stavolta il problema dell'immagine terrà il campo. Ma non sarà questione di raccontare immagini, formula vuota, perché nulla può distinguere le parole che evocano un'immagine da quelle che evocano un oggetto. Sarà questione di descrivere - non importa se direttamente o immaginosamente - una realtà non naturalistica ma simbolica”. Anche l’artista emiliano, soprattutto nell’ultima fase del suo lavoro, supera la concezione scolastica della realtà e la rappresenta come simbolica rivelandone la parte allegorica: di fatti, il suo tratto risulta essere più convincente e incline ad una ricerca non naturalistica del contemporaneo ma più emblematica e ricca di significato. La sintesi a cui oggi ci ha abituato è il risultato di una lunga e faticosa ricerca che germoglia verso la metà degli anni settanta in piena euforia concettuale, attraversa il fervore citazionista e anacronistico e si colloca di diritto a essere ricordata come una delle esperienze pittoriche più personali e significative dell’arte dei nostri giorni. Galliani muove i primi passi in ambito artistico proprio nel momento in cui termina il periodo più interessante dell’arte concettuale italiana, fase in cui si era assistito, tra l’altro, ad un ribaltamento rivoluzionario del concetto di figurazione che, in certi casi, pur essendo debordante di segni, non negava affatto paternità e rimandi alla tradizione figurativa classica; a lui il merito di aver provocato un recupero tradizionale e iconografico dell’esecuzione artistica realizzata per mezzo del disegno, principale fase dell’agire pittorico. Attraverso la ripresa artigianale del particolare, prima fotografico (Final cut, 1975) e poi desunto da immagini riconosciute universali (Sfumato leonardesco, 1977), si spinge a ritroso fino a rappresentare sulla carta la caduta di Icaro; con Inremeabilis Error (1978) incontra per la prima volta il mito e con Principium individuationis (1978) precisa la correlazione che esiste tra materia (marmo), mito (rappresentazione) e genere umano (divenire). Queste tre parti sono la sintesi di quanto è accaduto immediatamente prima, di quanto accadrà dopo nell’arte italiana del novecento e di quello che sarà classificato come il suo divenire. L’artista emiliano si affida a Mercurio per superare il confine della propria percezione ne Il Pescatore di perle (1980) un ciclo in cui il viaggio diventa metafora della ricerca della genesi del mondo; sulle tele l’origine primordiale è rappresentata dalla perla, dalla lucentezza che emana, dalla morbidezza della sua suadente perfezione e rotondità. Nella mitologia greca Mercurio, messaggero degli dei e protettore dei viaggiatori, è anche colui che porta i sogni e che conduce le anime defunte nei luoghi infernali. Ed è Mercurio stesso il burattinaio de Le ciglia del naufrago (1981/83), il ciclo successivo in cui la deriva è raccontata come un naufragio infernale che annuncia l’ingresso in un nuovo mondo, in uno spazio sconosciuto. Il naufrago è in balia delle onde, stretto in un tempo a lui non familiare, forse in un sogno, probabilmente in un territorio diabolico, per sorte avversa in una dimensione non corrispondente a quella reale. Oltrepassati i quattro elementi con l’agilità energica di un imponente leopardo, è finalmente pronto ad affrontare l’ignoto. I segni di quanto accaduto ornano e decorano la sua pelle rimanendo impressi per sempre nella memoria (Le tue macchie nei miei occhi, 1982). In questo viaggio immaginifico che l’essere umano si appresta a compiere dopo la disavventura della tempesta, appariranno, ad arricchire la rappresentazione, figure, immagini, forme, simboli a forte potere illusorio e allegorico; è questo il periodo in cui Galliani sembra essere maggiormente influenzato da quel bagaglio visivo che da sempre ha contraddistinto le sue preferenze pittoriche e letterarie. Da Caravaggio, Michelangelo, Correggio e Parmigianino sono prese in prestito atmosfere e tensioni muscolari, da Esiodo, i luoghi temporali della rappresentazione. Infatti, ne Le opere e i giorni sono narrati i periodi in cui gli uomini vissero dalle origini fino al presente e sono attribuibili alle cinque età descritte altrettanti lavori che l’artista ha eseguito a metà anni ottanta: Il rito dell’oro (Età dell’Oro), L’esitazione di Pan (Età dell’Argento), Fendente (Età del Bronzo), Cavalieri d’Ellisse (Età degli Eroi) e Cruna (Età del Ferro). Dopo l’esperienza anacronista, sulle tele, in primissimo piano, compaiono una serie di manufatti, frutto del lavoro dell’uomo, forgiati con materiali che ricordano anche le età mitiche. La sua mano adesso, più incline all’epoca romantica, trasforma la materia pittorica in un turbine di ricordi e rimandi anche nostalgici che restituiscono, come giustamente ha notato Marisa Vescovo, in un libro a lui dedicato nel 1986, “al ricordo la luce del presente e al presente l’aurea del ricordo, definendo quindi nel futuro la dimensione del sogno”. A questa categoria di oggetti appartengono anche gli ornamenti preziosi, i monili, i quali, posti al centro della scena, in situazione sospesa, idealizzano il concetto di realtà e di continuità temporale; la serie di opere in cui appaiono è titolata Cadmio (1986/87) e testimonia l’interesse del pittore per la realtà che il simbolo, immerso in un rosso-cadmio, mostra. Il concetto che Galliani ha della realtà si amplia di pari passo con quello di conoscenza che, a sua volta, non pretende di essere il più incline possibile al vero e non risponde a regole predisposte perché è la pittura che decide il tempo, il vero deus ex machina; l’opera è rivelatrice del tempo fisico in cui è dipinta e del tempo immaginifico con cui si dà forma alla messa in scena. La sublimazione del tempo e della realtà è raggiunta nel ciclo delle Perle (1989) in cui la sintesi, tra vita e sapere, natura e spirito, universo e pensiero, possiede una forza evocativa che rimanda al concetto religioso di eternità. Le perle sono manifestazione estatica del divino. Galliani è attratto dall’idea di raccontare e di descrivere il luogo in cui tanta perfezione ha preso forma; recuperando l’immagine principe del Botticelli dà vita a due quadri fondamentali per il suo percorso intellettuale: Tu conosci la mia passione e Visitata da Venere, entrambi del 1989. In questi lavori la divinità è assente ma permette al fruitore di accostare le due opere all’idea universale di bellezza femminile. È questo il concetto che negli anni novanta amplia con dovizioso mestiere creando una galleria del ritratto che colma una voragine, in minima parte occlusa dalla ritrattistica degli anni sessanta, all’interno dell’arte contemporanea italiana. Di fatti, Galliani recupera la tradizione ad essa antecedente e la lavora con leggerezza, con un rispetto devozionale che sfocia compiutamente nel sacro, in un idea liturgica della realtà che guarda con attenzione alla complessità del mondo, ai suoi equilibri e alla sua armonia, la stessa armonia che ricerca nel rapporto con l’assoluto. Ed ecco comparire le prime figure alate, veri e propri angeli del creato che vagano liberi nell’universo, relazionando l’umano con il divino (Disegno, 1992/95); a loro è affidato il compito di ricucire il rapporto interrotto con le avanguardie del Novecento tra Dio e l’uomo. Infatti in Nuove anatomie (2001), ciclo successivo a Mantra per Laura (1997), la figura è ornata da una linea che ricorda la sutura di una ferita; questa a volte contorna parte del corpo evidenziandone le fattezze, altre si posa come un’aureola sul capo, altre è interrotto da un rivolo carminio, incandescente, lavico, irrisolto che instilla il dubbio. I volti sono tratteggiati sulla tavola con carboncini e matite grasse e ricordano quelli di tanta tradizione pittorica italiana che si è occupata del supplizio dei martiri. E come martiri sono osservati i giovani dei nostri tempi trafitti dalla passione e crocifissi dal tormento ne i Santi (2005); la loro reazione immobile li caratterizza nella realtà e li blocca nel tempo, li rende impenetrabili, depositari di un dolore generazionale romantico e decadente. Sembrano giungere dai sobborghi più lontani delle periferie d’Europa, uscire da un raduno underground o da un concerto post-punk berlinese, come nel Purgatorio di Dante, sempre in cammino alla ricerca di una nuova dimensione sia sociale che spirituale, come se dovessero espiare i mali dell’universo con il loro continuo peregrinare affinché l’armonia violentata sia ripristinata. Durante questo girovagare ogni tanto trovano una reliquia, un tassello mancante, un mattone che rinforza la storia del mondo e li rende meno vulnerabili e più riconoscibili agli occhi dei propri simili. Con questo ciclo di opere dedicate al rapporto con il divino l’artista evidenzia la fragilità dell’essere umano e la necessità dell’uomo contemporaneo di rifugiarsi nel sacro; con una disarmante delicatezza Galliani si inoltra nell’intimo, fino a rendere visibile la zona dove nascono le emozioni, si spinge in profondità, fino al cuore, “al centro (della città) dove tutte le strade si incontrano”, dove l’insieme degli impulsi genera la vita.
05
dicembre 2009
Omar Galliani – Disegno a Stampa
Dal 05 dicembre 2009 al 20 gennaio 2010
disegno e grafica
Location
ROSSOQUARANTUNO
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Orario di apertura
tutti i giorni; ore 10.00/13.00 - 18.00/21.00
Vernissage
5 Dicembre 2009, ore 18.00
Autore
Curatore