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Omar Galliani – Nuovi Giorni Nuovi Anni
Galliani dimostra una straordinaria abilità nel disegno. Per l’artista emiliano, infatti, il disegno è stato uno dei principali strumenti d’esplorazione, vissuto nel solco della tradizione rinascimentale, ma, al tempo stesso, aperto e sensibile alle dinamiche delle più avanzate indagini artistiche.
Comunicato stampa
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La mostra di Omar Galliani, Nuovi Giorni Nuovi Anni, curata da Giuseppe Bacci e realizzata, in collaborazione con la Fondazione Staurós Italiana Onlus, dal Centro d'Arte L'Idioma, nella cui sede ospiterà un nucleo di opere realizzate nell'ultimo decennio dal Maestro Omar Galliani (Montecchio Emilia 1954), riconosciuto all'estero come uno dei maggiori protagonisti dell'arte italiana contemporanea, affermato a livello mondiale, più volte accostato ai grandi maestri del passato.
Omar Galliani dimostra una straordinaria abilità nel disegno. Per l'artista emiliano, infatti, il disegno è stato uno dei principali strumenti d'esplorazione, vissuto nel solco della tradizione rinascimentale, ma, al tempo stesso, aperto e sensibile alle dinamiche delle più avanzate indagini artistiche contemporanee. È un esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti, sostenuto da Maurizio Calvesi, che si richiamano a una cultura umanistica tipicamente italiana, riformulando e contaminando iconografie e soggetti classici, ammantando d'antico miti tipici della contemporaneità e del movimento Magico primario del critico Flavio Caroli.
Omar Galliani ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Venezia ed ha esposto in molti musei d'arte moderna del mondo (Cina, Giappone, Russia, Stati Uniti, India, Gran Bretagna, Germania, Francia, Portogallo, Ungheria, Repubblica Ceca). Virtuoso del disegno, rappresenta le donne del nostro tempo: sicuramente affascinanti, di una bellezza preziosa, quasi ammaliante. Le immagini dell'universo femminile di Omar Galliani sembrano appartenere ad una regione ultraterrena, evocate semplicemente dal disegno. La tecnica −che sia matita o pastello− si piega a questo lungo procedere, a questo delicato, ripetuto passaggio, all'impercettibile intreccio di linee, graffi, sfumature: l'immagine si materializza improvvisamente, eterea, come un'essenza tanto persistente quanto impalpabile.
Nell'esposizione Nuovi Giorni Nuovi Anni si ritrova tutto il desiderio di Galliani per l'ascesa dell'uomo verso la luce, in un eterno gioco di luci e di ombre. Scrive in proposito il curatore Giuseppe Bacci: “È nella luce che operano i grandi artisti. Omar Galliani da sempre ha cercato nella luce i segni del suo componimento artistico, così come il minatore nel buio estrae i suoi minerali preziosi. Ha interpretato, in maniera assolutamente personale, il concetto di luce, rendendola una poetica della propria arte, carica di intensità emotiva, e nelle rivelazioni del segno i suoi soggetti, perlopiù femminili, fuoriescono con la luce spirituale dell'anima”.
E Lóránd Hegyi scrive: “In tutte le sue opere Omar Galliani sorprende l'osservatore con la sensualità seducente, irresistibile, cupa ed enigmatica, ornamentale e fredda al tempo stesso, che promana dal puro, classico tratteggio delle linee fini, sottili e dalla pittoresca spazialità fittizio-immaginaria con cui esso si confronta. Questa spazialità immaginaria, spesso oscura, fantastica e inesplicabile, è la sorgente di una narrazione misteriosa, affascinante, complessa, che sempre si sottrae a una piena comprensione e che, come fumo o nebbia, come un'aura immaginaria cupa, quasi inquietante, accompagna e offusca il limpido classicismo delle linee trasparenti, delicate e precise”.
Estratti dal calendario catalogo della mostra
Evocazione e sensualità. I disegni connotativi di Omar Galliani
[…] In questa enigmatica spazialità accade qualcosa di impenetrabile allo sguardo, che sfugge a una spiegazione esaustiva. Questa spazialità fittizio-immaginaria, oscura, carica di promesse, è il terreno su cui si sviluppano allusioni ed eventi incontrollabili, che contribuiscono a creare un'atmosfera poetica, quasi irrazionale, e che in effetti sembrano mal conciliarsi con la trasparente razionalità del puro tratteggio che sottende il disegno. Da questa oscura tridimensionalità immaginaria affiora un enigma narrativo, che non è espressione della chiara formulazione assertiva del disegno concettuale, non è la capacità intellettiva propria della ragione di dare forma, ma è la forza evocativa e poetica dell'immaginazione, che crea nessi incontrollabili, sorprendenti e inquietanti. Queste entità contrapposte, e allo stesso tempo complementari, vale a dire il tracciato concettuale, classico, architettonico, chiaro, razionale delle linee che si dispiegano sulla superficie e vanno a definire la forma e l'oscura, impenetrabile ed evocativa spazialità fittizio immaginaria virtualmente tridimensionale, sono riconducibili all'essenziale e rigoroso orientamento intellettuale di Omar Galliani, la costante determinante di tutto il suo lavoro […].
Lóránd Hegyi
Desiderata
Galliani rivela una tensione inappagata verso un soggetto, sempre sfuggente, l'aspirazione a un assoluto irraggiungibile, un desiderio che si tormenta e si compiace della sua stessa inquietudine e, quindi, viene posto al centro della ribalta, sotto un ustionante fascio di luce proveniente dai riflettori. C'è sempre in tutto ciò una voglia di “poesia”, da leggersi come nostalgia di “infinito”, come luogo privilegiato in cui il linguaggio lascia trapelare il proprio segreto, generando lo smarrimento in chi non riesce a pensare questo territorio tanto intrigante perché esso non può segnare il confine del nostro orizzonte quotidiano, bensì chiede che si vada al di là, che ci si spinga oltre, che ci si sperda nel dolce naufragio che corrisponde alle rime dell'Infinito di Leopardi.
Guardando queste opere ci accorgiamo che il problema del tempo si sposta di piano, si rompe aprendo fratture e spiragli tesi verso il futuro; si schiude un ampio varco che, anche se non è ancora uno spazio di totale libertà, è però un terreno fertile che spinge verso un nuovo dominio, in cui l'armonia è da cercare gnosticamente nei contrari, nell'eterogeneo, nella mescolanza, nella “porosità dei confini”, nella disponibilità al “contagio” tra le diverse esperienze: è qui e ora, in questo paesaggio inquietante, che si determina un processo di trasmutazione/metamorfosi degli archetipi, dei simboli, di cui l'arte si prende con forza un segmento e attraverso esso cerca di raggiungere la forma, che ancora deve venire.
Marisa Vescovo
Neri d'avorio, d'ebano, di Cielo
Nell'antica Cina il colore degli inchiostri era nerofumo da combustione del legno, reso profumato da canfora e incensi e lucido dalla polvere d'oro. Il nero […] è uno dei colori dominanti nel lavoro di Galliani: risultato di una trama fitta di segni, i suoi neri costituiscono una partitura musicale, incredibilmente ricca di modulazioni e variazioni. Il colore del nulla può essere una vera ianua inferni, una porta dell'incognito da cui fa comparire una laica dea in penombra, la dark lady Anselma, in una tela del 2005 […]. Colore che nasce dalla macerazione, è usato da Galliani per dipingere la passionalità di un attimo, il fuoco dell'abbraccio di due amanti.
Profondo conoscitore dei giochi ermetici del Parmigianino e di Leonardo, Galliani, che concepisce l'opera d'arte come un opus alchemico, usa il nero come fosse un ingrediente da manuale iniziatico. Attraverso la fusione delle materie […] il supporto vegetale, la grafite minerale […] realizza una coniunctio in una concezione dell'opera come percorso sapienziale che richiama quella dei pittori di icone bizantine. E quanto avviene nei disegni su pioppo, legno non trattato con imprimiture, lasciato con la polpa allo scoperto, una pelle su cui l'artista posa la mina di grafite. Legno e grafite spingono le loro radici nel profondo della terra, il vegetale destinato a emergere, il minerale sotterrato nel profondo strato geologico a contatto con le vene diamantifere. La coniunctio tra i due elementi avviene attraverso il reticolo di segni che costruisce la superficie specchiante della grafite nera, da cui emergono illuminate le venature del legno bianco […].
Gioia Mori
Le “felicissimae nigrae lineae” di Omar Galliani
[…] La tecnica e la sua perfetta sintesi con lo stile diventano nelle sue mani docili strumenti di una visione privata della densità materica, dove l'ars aemula naturae, dopo aver apparentemente celebrato il suo massimo apogeo attraverso la restituzione delle sembianze esteriori, cede il passo al sopraggiungere imperioso dell'evocazione, che ha finalmente il sopravvento sulla descrizione. Insomma, una materia smaterializzata per effetto dello sfumato supera le colonne d'Ercole imposte dalla verosimiglianza naturalistica e sublima l'oggetto rappresentato, che perde il suo edulcorato aspetto patinato,
diventando indifeso strumento poetico. Vecchia storia, quella dello sfumato e delle sue straordinarie applicazioni nel campo del disegno, per una storica dell'arte come me, abituata a spendere il suo tempo tra fogli tracciati, per esempio, a pietra nera o a pietra rossa naturale da artisti quali Leonardo o Correggio. Cito, intenzionalmente, due maestri del passato a cui Galliani si è più intensamente rapportato. La tecnica dello sfumato, di consolidata tradizione, serve a comprendere le radici artistiche di alcune sue lattiginose visioni, ma forse trascura altre radici, questa volta meramente biografiche ed esistenziali. Mi riferisco all'abitudine che l'artista deve aver sviluppato sin dalla sua prima infanzia a decifrare le sagome delle figure, i profili di un paesaggio, il tracciato di una strada durante il periodico accanirsi, nei luoghi della sua vita quotidiana, di quella condizione meteorologica che chiamiamo nebbia. Vero e proprio flagello, temuto e paventato, la nebbia tuttavia sa riscattarsi, diventando ingrediente poetico essenziale in una certa simbologia della percezione; la nebbia nasconde e in tal modo salva o tradisce, ma può anche, diradandosi all'improvviso, rivelare con perspicua chiarezza o, rimanendo ancora in qualche misura addensata nell'aria, suggerire un'apparizione […].
Marzia Faietti
Disegno e desiderio
È indubbio che l'arte sappia convertire l'energia [ossia l'idea] in materia [vale a dire in opera] rilevabile dai nostri sensi.
Nei quadri di Galliani è possibile captare forme in potentia, mentre le forze sono decisamente in actu. Si potrebbe addirittura classificarle come automatismi appartenenti a un mondo dove le immagini esistono per una sorta di incongruenza con il reale. Laddove il concetto diventa materia, la fisicità dovrebbe tendere a un maggior grado di visibilità. In realtà le opere finiscono per assorbire la luce, alla maniera della grafite, e allo stesso tempo a disperderla, nei modi che sono propri del diamante. Per l'artista la grafite equivale a un graffiare, scalfire, sfregare […] Simile al cacciatore di immagini, di Jules Renard, che «lascia le armi a casa e si contenta di tenere ben aperti gli occhi, i quali, come reticelle, lasciano che le immagini vi si impiglino da sole», Galliani si diletta nello scovare le prede-immagini che si nascondono nella sua personalissima riserva di caccia. Alla magia venatoria di queste immagini bisogna però associare il sistema vascolare-segnico che scorre nelle vene dell'artista: fluido vivificante e generante, che non attiene al colore corroborante della sanguigna ma alla torbida cromia della grafite, simile a sangue coagulato. […] Disegno e desiderio, ductus et dilectus. «Io disegno anche dieci ore al giorno», ci dice l'artista, «e tutte le volte sento che il soggetto mi guarda e si compiace nel suo essere guardato, del suo essere amato. Amandomi mi restituisce la vita che ogni giorno perdo un po' alla volta». I quadri di Galliani incarnano l'Eterno Ideale della Bellezza, ma seducente non è il soggetto posto in effige, bensì l'opera in sé. […] È come se le opere esistessero per provare l'esistenza stessa di Galliani. Ogni segno lo obbliga a ritrovare le radici in se stesso, permettendogli di risalire a ritroso nel tempo, nella storia e nell'arte, mediante un processo di sedimentazione temporale e di stratificazione segnica (sviluppo/avviluppo progressivo, per continua rifrazione e frizione).
Alberto Zanchetta
Omar Galliani. È nella luce che operano i grandi artisti
È nella luce che operano i grandi artisti. Omar Galliani da sempre ha cercato nella luce i segni del suo componimento artistico, così come il minatore nel buio estrae i suoi minerali preziosi […]. Apparentemente appena percettibili, le figure di Omar Galliani si distaccano dallo sfondo e si scandiscono con lo stesso ritmo dialettico del pensiero, che converte ogni affermazione nella sua negazione, per giungere, attraverso l'opposizione, a una determinazione superiore nella quale i due opposti si uniscono. È un gioco di immagini, che passa dall'antinomia (tesi antitesi) ad una forma di conciliazione, resa possibile da una nuova proposizione, che risolve la tesi e l'antitesi in un principio superiore, identificabile con la sintesi, atto con cui molteplici elementi, dapprima analizzati, si uniscono in una totale comprensione. Dualità, identità, somiglianza, specularità… sono temi che nelle opere di Omar Galliani coesistono, si incontrano, si intersecano, si snodano. Le verità logiche, basate sui principi di identità e di non contraddizione, sono essenziali: riguardano, cioè, le pure essenze. Il loro opposto indica contraddizione […].
I suoi ritratti esprimono con acutezza la sottile grazia della fisionomia e la bellezza stereotipata cede il passo ad una bellezza che non è più il risultato di una semplice perfezione di lineamenti, ma il riflesso di più profonde e intime emozioni. Il volto diventa la chiave dei sentimenti e delle incertezze, del desiderio di essere e delle ricerche interiori, che testimoniano la misura di quello spirito che ha segnato i giorni chiari della storia e il buio di tanti smarrimenti. Le figure appaiono ora eroine salvatrici ora tentatrici, in un'alternante ambivalenza, in un processo del divenire che implica mutazione, cambiamento, passaggio da uno stato all'altro, dall'essere al non essere. Sembrano emergere da un mondo ultraterreno, sollevate dal peso della gravità, come generate dallo Spirito divino e non dalla materia, da un soffio, da quello stesso soffio che ha universalmente il significato di principio della vita e che informa l'universo in un tutt'uno armonico e ordinato, dove lo spirito, contrapposto alla materia, che è il sostrato del mondo corporeo, è interiorità oltre lo spazio.
Giuseppe Bacci
Omar Galliani dimostra una straordinaria abilità nel disegno. Per l'artista emiliano, infatti, il disegno è stato uno dei principali strumenti d'esplorazione, vissuto nel solco della tradizione rinascimentale, ma, al tempo stesso, aperto e sensibile alle dinamiche delle più avanzate indagini artistiche contemporanee. È un esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti, sostenuto da Maurizio Calvesi, che si richiamano a una cultura umanistica tipicamente italiana, riformulando e contaminando iconografie e soggetti classici, ammantando d'antico miti tipici della contemporaneità e del movimento Magico primario del critico Flavio Caroli.
Omar Galliani ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Venezia ed ha esposto in molti musei d'arte moderna del mondo (Cina, Giappone, Russia, Stati Uniti, India, Gran Bretagna, Germania, Francia, Portogallo, Ungheria, Repubblica Ceca). Virtuoso del disegno, rappresenta le donne del nostro tempo: sicuramente affascinanti, di una bellezza preziosa, quasi ammaliante. Le immagini dell'universo femminile di Omar Galliani sembrano appartenere ad una regione ultraterrena, evocate semplicemente dal disegno. La tecnica −che sia matita o pastello− si piega a questo lungo procedere, a questo delicato, ripetuto passaggio, all'impercettibile intreccio di linee, graffi, sfumature: l'immagine si materializza improvvisamente, eterea, come un'essenza tanto persistente quanto impalpabile.
Nell'esposizione Nuovi Giorni Nuovi Anni si ritrova tutto il desiderio di Galliani per l'ascesa dell'uomo verso la luce, in un eterno gioco di luci e di ombre. Scrive in proposito il curatore Giuseppe Bacci: “È nella luce che operano i grandi artisti. Omar Galliani da sempre ha cercato nella luce i segni del suo componimento artistico, così come il minatore nel buio estrae i suoi minerali preziosi. Ha interpretato, in maniera assolutamente personale, il concetto di luce, rendendola una poetica della propria arte, carica di intensità emotiva, e nelle rivelazioni del segno i suoi soggetti, perlopiù femminili, fuoriescono con la luce spirituale dell'anima”.
E Lóránd Hegyi scrive: “In tutte le sue opere Omar Galliani sorprende l'osservatore con la sensualità seducente, irresistibile, cupa ed enigmatica, ornamentale e fredda al tempo stesso, che promana dal puro, classico tratteggio delle linee fini, sottili e dalla pittoresca spazialità fittizio-immaginaria con cui esso si confronta. Questa spazialità immaginaria, spesso oscura, fantastica e inesplicabile, è la sorgente di una narrazione misteriosa, affascinante, complessa, che sempre si sottrae a una piena comprensione e che, come fumo o nebbia, come un'aura immaginaria cupa, quasi inquietante, accompagna e offusca il limpido classicismo delle linee trasparenti, delicate e precise”.
Estratti dal calendario catalogo della mostra
Evocazione e sensualità. I disegni connotativi di Omar Galliani
[…] In questa enigmatica spazialità accade qualcosa di impenetrabile allo sguardo, che sfugge a una spiegazione esaustiva. Questa spazialità fittizio-immaginaria, oscura, carica di promesse, è il terreno su cui si sviluppano allusioni ed eventi incontrollabili, che contribuiscono a creare un'atmosfera poetica, quasi irrazionale, e che in effetti sembrano mal conciliarsi con la trasparente razionalità del puro tratteggio che sottende il disegno. Da questa oscura tridimensionalità immaginaria affiora un enigma narrativo, che non è espressione della chiara formulazione assertiva del disegno concettuale, non è la capacità intellettiva propria della ragione di dare forma, ma è la forza evocativa e poetica dell'immaginazione, che crea nessi incontrollabili, sorprendenti e inquietanti. Queste entità contrapposte, e allo stesso tempo complementari, vale a dire il tracciato concettuale, classico, architettonico, chiaro, razionale delle linee che si dispiegano sulla superficie e vanno a definire la forma e l'oscura, impenetrabile ed evocativa spazialità fittizio immaginaria virtualmente tridimensionale, sono riconducibili all'essenziale e rigoroso orientamento intellettuale di Omar Galliani, la costante determinante di tutto il suo lavoro […].
Lóránd Hegyi
Desiderata
Galliani rivela una tensione inappagata verso un soggetto, sempre sfuggente, l'aspirazione a un assoluto irraggiungibile, un desiderio che si tormenta e si compiace della sua stessa inquietudine e, quindi, viene posto al centro della ribalta, sotto un ustionante fascio di luce proveniente dai riflettori. C'è sempre in tutto ciò una voglia di “poesia”, da leggersi come nostalgia di “infinito”, come luogo privilegiato in cui il linguaggio lascia trapelare il proprio segreto, generando lo smarrimento in chi non riesce a pensare questo territorio tanto intrigante perché esso non può segnare il confine del nostro orizzonte quotidiano, bensì chiede che si vada al di là, che ci si spinga oltre, che ci si sperda nel dolce naufragio che corrisponde alle rime dell'Infinito di Leopardi.
Guardando queste opere ci accorgiamo che il problema del tempo si sposta di piano, si rompe aprendo fratture e spiragli tesi verso il futuro; si schiude un ampio varco che, anche se non è ancora uno spazio di totale libertà, è però un terreno fertile che spinge verso un nuovo dominio, in cui l'armonia è da cercare gnosticamente nei contrari, nell'eterogeneo, nella mescolanza, nella “porosità dei confini”, nella disponibilità al “contagio” tra le diverse esperienze: è qui e ora, in questo paesaggio inquietante, che si determina un processo di trasmutazione/metamorfosi degli archetipi, dei simboli, di cui l'arte si prende con forza un segmento e attraverso esso cerca di raggiungere la forma, che ancora deve venire.
Marisa Vescovo
Neri d'avorio, d'ebano, di Cielo
Nell'antica Cina il colore degli inchiostri era nerofumo da combustione del legno, reso profumato da canfora e incensi e lucido dalla polvere d'oro. Il nero […] è uno dei colori dominanti nel lavoro di Galliani: risultato di una trama fitta di segni, i suoi neri costituiscono una partitura musicale, incredibilmente ricca di modulazioni e variazioni. Il colore del nulla può essere una vera ianua inferni, una porta dell'incognito da cui fa comparire una laica dea in penombra, la dark lady Anselma, in una tela del 2005 […]. Colore che nasce dalla macerazione, è usato da Galliani per dipingere la passionalità di un attimo, il fuoco dell'abbraccio di due amanti.
Profondo conoscitore dei giochi ermetici del Parmigianino e di Leonardo, Galliani, che concepisce l'opera d'arte come un opus alchemico, usa il nero come fosse un ingrediente da manuale iniziatico. Attraverso la fusione delle materie […] il supporto vegetale, la grafite minerale […] realizza una coniunctio in una concezione dell'opera come percorso sapienziale che richiama quella dei pittori di icone bizantine. E quanto avviene nei disegni su pioppo, legno non trattato con imprimiture, lasciato con la polpa allo scoperto, una pelle su cui l'artista posa la mina di grafite. Legno e grafite spingono le loro radici nel profondo della terra, il vegetale destinato a emergere, il minerale sotterrato nel profondo strato geologico a contatto con le vene diamantifere. La coniunctio tra i due elementi avviene attraverso il reticolo di segni che costruisce la superficie specchiante della grafite nera, da cui emergono illuminate le venature del legno bianco […].
Gioia Mori
Le “felicissimae nigrae lineae” di Omar Galliani
[…] La tecnica e la sua perfetta sintesi con lo stile diventano nelle sue mani docili strumenti di una visione privata della densità materica, dove l'ars aemula naturae, dopo aver apparentemente celebrato il suo massimo apogeo attraverso la restituzione delle sembianze esteriori, cede il passo al sopraggiungere imperioso dell'evocazione, che ha finalmente il sopravvento sulla descrizione. Insomma, una materia smaterializzata per effetto dello sfumato supera le colonne d'Ercole imposte dalla verosimiglianza naturalistica e sublima l'oggetto rappresentato, che perde il suo edulcorato aspetto patinato,
diventando indifeso strumento poetico. Vecchia storia, quella dello sfumato e delle sue straordinarie applicazioni nel campo del disegno, per una storica dell'arte come me, abituata a spendere il suo tempo tra fogli tracciati, per esempio, a pietra nera o a pietra rossa naturale da artisti quali Leonardo o Correggio. Cito, intenzionalmente, due maestri del passato a cui Galliani si è più intensamente rapportato. La tecnica dello sfumato, di consolidata tradizione, serve a comprendere le radici artistiche di alcune sue lattiginose visioni, ma forse trascura altre radici, questa volta meramente biografiche ed esistenziali. Mi riferisco all'abitudine che l'artista deve aver sviluppato sin dalla sua prima infanzia a decifrare le sagome delle figure, i profili di un paesaggio, il tracciato di una strada durante il periodico accanirsi, nei luoghi della sua vita quotidiana, di quella condizione meteorologica che chiamiamo nebbia. Vero e proprio flagello, temuto e paventato, la nebbia tuttavia sa riscattarsi, diventando ingrediente poetico essenziale in una certa simbologia della percezione; la nebbia nasconde e in tal modo salva o tradisce, ma può anche, diradandosi all'improvviso, rivelare con perspicua chiarezza o, rimanendo ancora in qualche misura addensata nell'aria, suggerire un'apparizione […].
Marzia Faietti
Disegno e desiderio
È indubbio che l'arte sappia convertire l'energia [ossia l'idea] in materia [vale a dire in opera] rilevabile dai nostri sensi.
Nei quadri di Galliani è possibile captare forme in potentia, mentre le forze sono decisamente in actu. Si potrebbe addirittura classificarle come automatismi appartenenti a un mondo dove le immagini esistono per una sorta di incongruenza con il reale. Laddove il concetto diventa materia, la fisicità dovrebbe tendere a un maggior grado di visibilità. In realtà le opere finiscono per assorbire la luce, alla maniera della grafite, e allo stesso tempo a disperderla, nei modi che sono propri del diamante. Per l'artista la grafite equivale a un graffiare, scalfire, sfregare […] Simile al cacciatore di immagini, di Jules Renard, che «lascia le armi a casa e si contenta di tenere ben aperti gli occhi, i quali, come reticelle, lasciano che le immagini vi si impiglino da sole», Galliani si diletta nello scovare le prede-immagini che si nascondono nella sua personalissima riserva di caccia. Alla magia venatoria di queste immagini bisogna però associare il sistema vascolare-segnico che scorre nelle vene dell'artista: fluido vivificante e generante, che non attiene al colore corroborante della sanguigna ma alla torbida cromia della grafite, simile a sangue coagulato. […] Disegno e desiderio, ductus et dilectus. «Io disegno anche dieci ore al giorno», ci dice l'artista, «e tutte le volte sento che il soggetto mi guarda e si compiace nel suo essere guardato, del suo essere amato. Amandomi mi restituisce la vita che ogni giorno perdo un po' alla volta». I quadri di Galliani incarnano l'Eterno Ideale della Bellezza, ma seducente non è il soggetto posto in effige, bensì l'opera in sé. […] È come se le opere esistessero per provare l'esistenza stessa di Galliani. Ogni segno lo obbliga a ritrovare le radici in se stesso, permettendogli di risalire a ritroso nel tempo, nella storia e nell'arte, mediante un processo di sedimentazione temporale e di stratificazione segnica (sviluppo/avviluppo progressivo, per continua rifrazione e frizione).
Alberto Zanchetta
Omar Galliani. È nella luce che operano i grandi artisti
È nella luce che operano i grandi artisti. Omar Galliani da sempre ha cercato nella luce i segni del suo componimento artistico, così come il minatore nel buio estrae i suoi minerali preziosi […]. Apparentemente appena percettibili, le figure di Omar Galliani si distaccano dallo sfondo e si scandiscono con lo stesso ritmo dialettico del pensiero, che converte ogni affermazione nella sua negazione, per giungere, attraverso l'opposizione, a una determinazione superiore nella quale i due opposti si uniscono. È un gioco di immagini, che passa dall'antinomia (tesi antitesi) ad una forma di conciliazione, resa possibile da una nuova proposizione, che risolve la tesi e l'antitesi in un principio superiore, identificabile con la sintesi, atto con cui molteplici elementi, dapprima analizzati, si uniscono in una totale comprensione. Dualità, identità, somiglianza, specularità… sono temi che nelle opere di Omar Galliani coesistono, si incontrano, si intersecano, si snodano. Le verità logiche, basate sui principi di identità e di non contraddizione, sono essenziali: riguardano, cioè, le pure essenze. Il loro opposto indica contraddizione […].
I suoi ritratti esprimono con acutezza la sottile grazia della fisionomia e la bellezza stereotipata cede il passo ad una bellezza che non è più il risultato di una semplice perfezione di lineamenti, ma il riflesso di più profonde e intime emozioni. Il volto diventa la chiave dei sentimenti e delle incertezze, del desiderio di essere e delle ricerche interiori, che testimoniano la misura di quello spirito che ha segnato i giorni chiari della storia e il buio di tanti smarrimenti. Le figure appaiono ora eroine salvatrici ora tentatrici, in un'alternante ambivalenza, in un processo del divenire che implica mutazione, cambiamento, passaggio da uno stato all'altro, dall'essere al non essere. Sembrano emergere da un mondo ultraterreno, sollevate dal peso della gravità, come generate dallo Spirito divino e non dalla materia, da un soffio, da quello stesso soffio che ha universalmente il significato di principio della vita e che informa l'universo in un tutt'uno armonico e ordinato, dove lo spirito, contrapposto alla materia, che è il sostrato del mondo corporeo, è interiorità oltre lo spazio.
Giuseppe Bacci
18
gennaio 2014
Omar Galliani – Nuovi Giorni Nuovi Anni
Dal 18 gennaio al 02 febbraio 2014
arte contemporanea
Location
L’IDIOMA CENTRO D’ARTE
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Orario di apertura
Feriali: 18,00 - 20,00 / Festivi: 10,30 - 12,00. Fuori orasio su appuntamento, info: 349 2678008
Vernissage
18 Gennaio 2014, ore 18,00
Autore