Si apre il sipario su un nuovo mondano e sofisticato novembre torinese delle Arti Contemporanee, che non manca, anche quest'anno, di sollevare al suo passaggio un polverone di polemiche, politica, esclusioni, strategie, rimpiazzi. Invece è proprio in uno spazio culturale e storico che sta al di là della cronaca politica dell'arte che Opening Contemporary offre l'aspetto più autentico e godibile della sua fruizione. Più che una collettiva, un affondo verticale nella storia degli ultimi quarant'anni dell'arte contemporanea torinese, non tanto per l'identità biografica degli artisti presentati, quanto per i momenti culturali che hanno segnato passaggi fondamentali per questa città: la prima azione di Hermann Nitsch nel 1973 in una chiesa sconsacrata di via San Massimo, le installazioni di Gonzalez-Torres, nei primi anni Novanta, nelle sale del castello medievale del Centro d'Arte Contemporanea di Rivara o la grande retrospettiva di Aldo Mondino curata da Franz Paludetto Rêver et Revenir. Assente, pochi mesi dopo la morte dell'artista torinese, per celebrare la storia di una intensa collaborazione professionale, di una profonda amicizia.
Pezzi di storia nostra, certamente anche di chi non ne conserva una memoria diretta, che si intrecciano in Opening Contemporary con pezzi di una storia più recente ma sempre, internazionalmente, torinese.