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Opere di antichi Maestri XVI-XVIII. Icone russe XVIII-XIX secolo da collezioni private
Selezione di dipinti dal XVI al XVIII secolo comprendente soggetti religiosi, paesaggi, ritratti, nature morte; importanti Icone provenienti dalla Russia, dal XVIII al XIX secolo
Comunicato stampa
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La mostra si sviluppa su due diverse tematiche: la prima parte riguarda una selezione di dipinti dal XVI al XVIII secolo comprendente soggetti religiosi, paesaggi, ritratti, nature morte. La seconda parte è invece rappresentata da una serie di importanti Icone provenienti dalla Russia, dal XVIII al XIX secolo.
Fra le opere più significative si ammirano due tele di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia, 1544-1628): il bozzetto per la pala raffigurante l'Adorazione dei pastori oggi conservata nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Verona eseguito dal Palma nella pienezza delle sue capacità creative e una Maddalena penitente, opera della maturità dell'artista, il cui misticismo ben si adegua alle severe direttive della Chiesa dopo il Concilio di Trento
Di Martin de Vos (Anversa, Belgio 1532 -1603), uno dei più seducenti maestri del manierismo fiammingo la tavola dipinta su entrambi i lati. L'opera, facente parte dell'anta di un organo da viaggio, raffigura La Vergine dell'Annunciazione e, a tergo, una Crocifissione. Si continua con l'Allegoria della Carità di Giovanni Stefano Danedi detto il Montalto (Treviglio, 1612-Milano, 1690) appartenente ad un ciclo di figure raffigurante le virtù teologali; due scene sacre in pendant attribuite a Francesco Trevisani (Capodistria, 1656 - Roma, 1746) La lavanda dei piedi e L'ultima cena ed infine tre Madonna con Bambino, due di Scuola Veneta tra Seicento e Settecento e una di Scuola Emiliana del Seicento.
Esulano dal contesto sacro l'interessante Ritratto di Nobildonna di Cornelis de Vos (Hulst, Olanda, 1585 ca.-Anversa, Belgio, 1651); un intenso Ritratto di vecchio di Scuola Bolognese del Settecento e il Ritratto di Prelato attribuito a Carlo Ceresa, carico di connotazioni psicologiche e di raffinati passaggi cromatici.
Tra le altre opere di particolare rilievo si distinguono due inediti pendants su tavola attribuiti a Horace Vernet (Parigi, 1789-1863) uno raffigurante una Marina dalla caratteristica e suggestiva atmosfera temporalesca, l'altro, una più serena scena bucolica con cascata e rovine; e due pendants con Nature vive e volatili di Scuola Nordica del XVII secolo.
Per la singolarità del soggetto si cita Fascino di un sottobosco, una rara tela di Philippe-Ferdinand de Hamilton (Bruxelles, ca, 1667-Vienna, 1750) che analizza in maniera quasi scientifica il mondo vegetale ed animale del microcosmo tipico di un sottobosco.
L'icona (dal greco eikon, immagine) nasce come arte ecumenica, universale, convogliando nei propri argini le correnti culturali precristiane, dalla cultura egiziana a quella siriana, ebraica e greca. I sostenitori delle icone nelle lotte iconoclastiche rivendicavano il diritto di "scrivere" le fattezze del volto di Cristo, contro un certo spiritualismo ellenistico che riteneva sconveniente rappresentare l'aspetto umano della divinità.
Lontana da ogni forma di idolatria, passata nel crogiolo di lotte non solo ideologiche, ma anche fisiche (violente persecuzioni, distruzione di immagini), l'icona uscì vittoriosa nell'843 d.C., festa del trionfo dell'Ortodossia.
La vittoria dell'icona si identifica con la vittoria stessa dell'Ortodossia contro le eresie dei primi secoli che, negando l'incarnazione di Cristo, negavano anche ogni rappresentazione della sua immagine.
L'icona vuol ricordare che l'umano, il cosmo e la materia sono intrinsecamente legati al divino. Non è raffigurazione realistica ma simbolica. Ogni atteggiamento del corpo, ogni movimento della mano, ogni colore del vestito o panneggio hanno nelle icone un significato preciso. Le icone non si limitano ad illustrare un personaggio o un avvenimento sacro, ma lo interpretano in chiave simbolica, secondo il pensiero dei Padri della Chiesa.
Un'usanza profondamente radicata nelle famiglie russe è la benedizione che i genitori impartiscono ai figli ormai adulti, che si apprestano ad iniziare una vita autonoma; in quest'atto viene impiegata un' icona che raffigura il Salvatore per i figli maschi ed una raffigurante la Madre di Dio per le femmine.
Per la realizzazione di un'icona si utilizzano: una tavola di legno incavata che veniva squadrata e, a volte, incuneata con sottili assicelle per impedire l'incurvarsi del legno; ricoperta di strati di gesso e colla, veniva poi levigata ed in seguito disegnata.
La fase successiva era quella pittorica. Sulla tavola era stesa la foglia d'oro, fatta aderire mediante un sottile strato di albume d'uovo; i colori, minerali, vegetali ed animali, venivano preparati dagli artisti stessi con l'aggiunta di tuorlo d'uovo e liquido disinfettante. Al termine del processo pittorico l'icona veniva ricoperta di olio di lino cotto (olifa) e lisciata.
Fra le opere più significative si ammirano due tele di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia, 1544-1628): il bozzetto per la pala raffigurante l'Adorazione dei pastori oggi conservata nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Verona eseguito dal Palma nella pienezza delle sue capacità creative e una Maddalena penitente, opera della maturità dell'artista, il cui misticismo ben si adegua alle severe direttive della Chiesa dopo il Concilio di Trento
Di Martin de Vos (Anversa, Belgio 1532 -1603), uno dei più seducenti maestri del manierismo fiammingo la tavola dipinta su entrambi i lati. L'opera, facente parte dell'anta di un organo da viaggio, raffigura La Vergine dell'Annunciazione e, a tergo, una Crocifissione. Si continua con l'Allegoria della Carità di Giovanni Stefano Danedi detto il Montalto (Treviglio, 1612-Milano, 1690) appartenente ad un ciclo di figure raffigurante le virtù teologali; due scene sacre in pendant attribuite a Francesco Trevisani (Capodistria, 1656 - Roma, 1746) La lavanda dei piedi e L'ultima cena ed infine tre Madonna con Bambino, due di Scuola Veneta tra Seicento e Settecento e una di Scuola Emiliana del Seicento.
Esulano dal contesto sacro l'interessante Ritratto di Nobildonna di Cornelis de Vos (Hulst, Olanda, 1585 ca.-Anversa, Belgio, 1651); un intenso Ritratto di vecchio di Scuola Bolognese del Settecento e il Ritratto di Prelato attribuito a Carlo Ceresa, carico di connotazioni psicologiche e di raffinati passaggi cromatici.
Tra le altre opere di particolare rilievo si distinguono due inediti pendants su tavola attribuiti a Horace Vernet (Parigi, 1789-1863) uno raffigurante una Marina dalla caratteristica e suggestiva atmosfera temporalesca, l'altro, una più serena scena bucolica con cascata e rovine; e due pendants con Nature vive e volatili di Scuola Nordica del XVII secolo.
Per la singolarità del soggetto si cita Fascino di un sottobosco, una rara tela di Philippe-Ferdinand de Hamilton (Bruxelles, ca, 1667-Vienna, 1750) che analizza in maniera quasi scientifica il mondo vegetale ed animale del microcosmo tipico di un sottobosco.
L'icona (dal greco eikon, immagine) nasce come arte ecumenica, universale, convogliando nei propri argini le correnti culturali precristiane, dalla cultura egiziana a quella siriana, ebraica e greca. I sostenitori delle icone nelle lotte iconoclastiche rivendicavano il diritto di "scrivere" le fattezze del volto di Cristo, contro un certo spiritualismo ellenistico che riteneva sconveniente rappresentare l'aspetto umano della divinità.
Lontana da ogni forma di idolatria, passata nel crogiolo di lotte non solo ideologiche, ma anche fisiche (violente persecuzioni, distruzione di immagini), l'icona uscì vittoriosa nell'843 d.C., festa del trionfo dell'Ortodossia.
La vittoria dell'icona si identifica con la vittoria stessa dell'Ortodossia contro le eresie dei primi secoli che, negando l'incarnazione di Cristo, negavano anche ogni rappresentazione della sua immagine.
L'icona vuol ricordare che l'umano, il cosmo e la materia sono intrinsecamente legati al divino. Non è raffigurazione realistica ma simbolica. Ogni atteggiamento del corpo, ogni movimento della mano, ogni colore del vestito o panneggio hanno nelle icone un significato preciso. Le icone non si limitano ad illustrare un personaggio o un avvenimento sacro, ma lo interpretano in chiave simbolica, secondo il pensiero dei Padri della Chiesa.
Un'usanza profondamente radicata nelle famiglie russe è la benedizione che i genitori impartiscono ai figli ormai adulti, che si apprestano ad iniziare una vita autonoma; in quest'atto viene impiegata un' icona che raffigura il Salvatore per i figli maschi ed una raffigurante la Madre di Dio per le femmine.
Per la realizzazione di un'icona si utilizzano: una tavola di legno incavata che veniva squadrata e, a volte, incuneata con sottili assicelle per impedire l'incurvarsi del legno; ricoperta di strati di gesso e colla, veniva poi levigata ed in seguito disegnata.
La fase successiva era quella pittorica. Sulla tavola era stesa la foglia d'oro, fatta aderire mediante un sottile strato di albume d'uovo; i colori, minerali, vegetali ed animali, venivano preparati dagli artisti stessi con l'aggiunta di tuorlo d'uovo e liquido disinfettante. Al termine del processo pittorico l'icona veniva ricoperta di olio di lino cotto (olifa) e lisciata.
28
aprile 2005
Opere di antichi Maestri XVI-XVIII. Icone russe XVIII-XIX secolo da collezioni private
Dal 28 aprile al 15 maggio 2005
arte antica
Location
CENTRO CULTURALE SAN BARTOLOMEO
Bergamo, Largo Bortolo Belotti, 1, (Bergamo)
Bergamo, Largo Bortolo Belotti, 1, (Bergamo)
Orario di apertura
tutti i giorni 10-12.30 e 15.30-19.30
Sito web
www.galleriadarteduebi.it
Autore