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Ora et labora: Rebecca Moccia – Da qui tutto bene
Un’installazione che riflette la storia del complesso monumentale delle Ex Leopoldine che, dopo aver ospitato per secoli malati e mendicanti, convertito in luogo di accoglienza per giovani fanciulle, viene restituito alla comunità prima come scuola e poi museo di arte moderna e contemporanea
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Un nuovo progetto anima il loggiato al
primo piano del Museo Novecento, luogo originariamente destinato
alla lettura, alla meditazione e al confronto silenzioso e oggi spazio
vitale della sezione Ora et labora, aperta ad una riflessione sul
linguaggio e sul valore della scrittura nelle arti visive in cui giovani
artisti contemporanei sono chiamati, di volta in volta, a confrontarsi
con l’architettura del museo e con il tessuto urbano in cui questo si
colloca. Dal 27 settembre al 16 gennaio 2020 albergherà nei suoi spazi
l’installazione site specific di Rebecca Moccia (Napoli, 1992) dal titolo
“Da qui tutto bene”, a cura di Sergio Risaliti e in collaborazione con la
Galleria Mazzoleni (London – Torino).
Con raffinata ironia, l’artista riflette sulla storia del complesso
monumentale delle Ex Leopoldine che, dopo aver ospitato per secoli
malati e mendicanti, è stato convertito in luogo di accoglienza e
istruzione per giovani fanciulle povere, prima di essere restituito alla
comunità come scuola e, infine, come museo di arte moderna e
contemporanea. In un edificio dalla forte vocazione sociale, il lavoro di
Rebecca Moccia chiama in questione la nostra appartenenza a questo
spazio e a questo tempo, facendoci oscillare tra il confronto brutale
con una realtà fittizia e la delicata sospensione della nostra
transitorietà. L’intervento dell’artista prevede l’impiego di carta blue
back: attaccata sul retro, la carta lascia celata alla vista la parte
usualmente riservata all’immagine. I fogli sono strappati con il
taglierino ricordando l’ombra delle fronde e degli elementi
architettonici del loggiato. Queste ombre in negativo ricalcano la luce
dell’alba del giorno dell’apertura della mostra (26 settembre),
calcolata attraverso l’impiego di un software di illuminotecnica. La
carta si sovrappone, coprendo parzialmente le coppie di sinonimi
maschili e femminili dipinte su muro, tratte dalla serie Un Linguaggio
Inaudito (2013-2018). A completare l’installazione, quattro altoparlanti
trasmettono ininterrottamente notiziari e dibattiti di attualità in
italiano e in inglese.
“Operando con feroce leggerezza sulle contraddizioni del nostro tempo
– spiega il direttore artistico del Museo Novecento, Sergio Risaliti –
Rebecca Moccia traccia un’originale geografia che si dispiega sulla
superficie per svilupparsi in profondità. Ormai distante dall’ortodossia
concettuale che riponeva ogni fiducia ontologica nel verbo – unica
icona rimasta dopo l’azzeramento dell’iconografia figurativa – Moccia
si appropria del linguaggio scritto e della calligrafia (gesto dello
scrittura) con sottigliezza, opponendo resistenza alla barbarie
linguistica. Un gioco (serio) e come leggiadro di ombre: chiome e
vestigia metafisiche costruiscono lo spazio di rappresentazione che
reinventa lo spazio pubblico (meditativo) con la doppia maestria di un
pittore rinascimentale e di un paesaggista giapponese”.
“Si tratta di una cronaca un po’ reale e un po’ simbolica, del nostro
eterno presente – aggiunge l’artista –. Di quello che resta, del
differenziale materiale del tempo iperconnesso, del nostro spazio, delle
nostre immagini, dei discorsi e dei proclami elettorali, della memoria a
breve termine, delle esperienze condivise, dei drammi e delle cose
irrilevanti, delle relazioni che cominciano e che finiscono, delle morti
nel Mediterraneo, dei dazi, dei terroristi, dei funerali per i ghiacciai,
della nostra generazione impregnata di romanticismo nonostante
tutto”.
Rebecca Moccia (Napoli, 1992) vive e lavora a Milano. Dopo il diploma
in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, consegue
la laurea magistrale in Storia e Critica dell’Arte presso l’Università
Statale di Milano dopo un periodo di ricerca svolto presso il MAC
USP, Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo
(Brasile). Dal 2012 è invitata a partecipare a numerose mostre
collettive tra le quali: L’intimità dell’immagine come luogo comune a
cura di Gianni Caravaggio presso ViaFarini, DOCVA, a Milano; Ni Dieu
Ni Maitre a cura di Andrea Bruciati presso la Galleria Massimodeluca di
Mestre (VE); Incontro, a cura di Bernard Rudiger e Gianni Caravaggio
presso Réféctoire des Nonnes, ENSBA, Lyon; Chaotic Passion a cura di
Anna Lovecchio e CHAN, Museo d’arte contemporanea di Villa Croce a
Genova; Throwing balls in the air per l’Academiae Youth Art Biennale a
cura di Christiane Rekade e Francesca Boenzi presso la
Fortezza/Franzenfeste di Bressanone; Io sono qui a cura di Lorenzo
Bruni, Macro Testaccio, Roma; Mythologies, a cura di Roberto
Lacarbonara presso Palazzo Palmieri, Monopoli (BA); More than words
a cura di Daniela Ferrari presso la Galleria Mazzoleni, Londra; Il disegno
politico Italiano, AplusA, Venezia. Nel 2015 tiene la sua prima
personale Sempre più di questo, a cura di Lorenzo Bruni, presso la
Galleria Massimodeluca. Seguono, nel 2016, Substantial con
Ornaghi&Prestinari con il contributo di Ginevra Bria presso lo spazio
The Open Box di Milano e, nel 2017, Cuore, a cura di Stefano Giuri,
presso Toast Project Space, Manifattura Tabacchi, Firenze e Fireworks,
a cura di Christian Caliandro presso la Galleria Massimodeluca. Nel
2018 è tra gli artisti partecipanti al XXIV CSAV presso la Fondazione
Antonio Ratti, Como. Alla produzione artistica affianca la scrittura di
articoli di critica per riviste d’arte contemporanea, come “Arteecritica”
e “Dasartes Brasil”, e la realizzazione di progetti artist-run che mettono
in discussione le modalità di fruizione e sviluppo dell’arte
contemporanea, come le tre edizioni di Studi Festival a Milano (dal
2015 al 2017) e FEA, festival dos espaços dos artistas de Lisboa,
durante ARCOLisboa 2018 e 2019.
primo piano del Museo Novecento, luogo originariamente destinato
alla lettura, alla meditazione e al confronto silenzioso e oggi spazio
vitale della sezione Ora et labora, aperta ad una riflessione sul
linguaggio e sul valore della scrittura nelle arti visive in cui giovani
artisti contemporanei sono chiamati, di volta in volta, a confrontarsi
con l’architettura del museo e con il tessuto urbano in cui questo si
colloca. Dal 27 settembre al 16 gennaio 2020 albergherà nei suoi spazi
l’installazione site specific di Rebecca Moccia (Napoli, 1992) dal titolo
“Da qui tutto bene”, a cura di Sergio Risaliti e in collaborazione con la
Galleria Mazzoleni (London – Torino).
Con raffinata ironia, l’artista riflette sulla storia del complesso
monumentale delle Ex Leopoldine che, dopo aver ospitato per secoli
malati e mendicanti, è stato convertito in luogo di accoglienza e
istruzione per giovani fanciulle povere, prima di essere restituito alla
comunità come scuola e, infine, come museo di arte moderna e
contemporanea. In un edificio dalla forte vocazione sociale, il lavoro di
Rebecca Moccia chiama in questione la nostra appartenenza a questo
spazio e a questo tempo, facendoci oscillare tra il confronto brutale
con una realtà fittizia e la delicata sospensione della nostra
transitorietà. L’intervento dell’artista prevede l’impiego di carta blue
back: attaccata sul retro, la carta lascia celata alla vista la parte
usualmente riservata all’immagine. I fogli sono strappati con il
taglierino ricordando l’ombra delle fronde e degli elementi
architettonici del loggiato. Queste ombre in negativo ricalcano la luce
dell’alba del giorno dell’apertura della mostra (26 settembre),
calcolata attraverso l’impiego di un software di illuminotecnica. La
carta si sovrappone, coprendo parzialmente le coppie di sinonimi
maschili e femminili dipinte su muro, tratte dalla serie Un Linguaggio
Inaudito (2013-2018). A completare l’installazione, quattro altoparlanti
trasmettono ininterrottamente notiziari e dibattiti di attualità in
italiano e in inglese.
“Operando con feroce leggerezza sulle contraddizioni del nostro tempo
– spiega il direttore artistico del Museo Novecento, Sergio Risaliti –
Rebecca Moccia traccia un’originale geografia che si dispiega sulla
superficie per svilupparsi in profondità. Ormai distante dall’ortodossia
concettuale che riponeva ogni fiducia ontologica nel verbo – unica
icona rimasta dopo l’azzeramento dell’iconografia figurativa – Moccia
si appropria del linguaggio scritto e della calligrafia (gesto dello
scrittura) con sottigliezza, opponendo resistenza alla barbarie
linguistica. Un gioco (serio) e come leggiadro di ombre: chiome e
vestigia metafisiche costruiscono lo spazio di rappresentazione che
reinventa lo spazio pubblico (meditativo) con la doppia maestria di un
pittore rinascimentale e di un paesaggista giapponese”.
“Si tratta di una cronaca un po’ reale e un po’ simbolica, del nostro
eterno presente – aggiunge l’artista –. Di quello che resta, del
differenziale materiale del tempo iperconnesso, del nostro spazio, delle
nostre immagini, dei discorsi e dei proclami elettorali, della memoria a
breve termine, delle esperienze condivise, dei drammi e delle cose
irrilevanti, delle relazioni che cominciano e che finiscono, delle morti
nel Mediterraneo, dei dazi, dei terroristi, dei funerali per i ghiacciai,
della nostra generazione impregnata di romanticismo nonostante
tutto”.
Rebecca Moccia (Napoli, 1992) vive e lavora a Milano. Dopo il diploma
in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, consegue
la laurea magistrale in Storia e Critica dell’Arte presso l’Università
Statale di Milano dopo un periodo di ricerca svolto presso il MAC
USP, Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo
(Brasile). Dal 2012 è invitata a partecipare a numerose mostre
collettive tra le quali: L’intimità dell’immagine come luogo comune a
cura di Gianni Caravaggio presso ViaFarini, DOCVA, a Milano; Ni Dieu
Ni Maitre a cura di Andrea Bruciati presso la Galleria Massimodeluca di
Mestre (VE); Incontro, a cura di Bernard Rudiger e Gianni Caravaggio
presso Réféctoire des Nonnes, ENSBA, Lyon; Chaotic Passion a cura di
Anna Lovecchio e CHAN, Museo d’arte contemporanea di Villa Croce a
Genova; Throwing balls in the air per l’Academiae Youth Art Biennale a
cura di Christiane Rekade e Francesca Boenzi presso la
Fortezza/Franzenfeste di Bressanone; Io sono qui a cura di Lorenzo
Bruni, Macro Testaccio, Roma; Mythologies, a cura di Roberto
Lacarbonara presso Palazzo Palmieri, Monopoli (BA); More than words
a cura di Daniela Ferrari presso la Galleria Mazzoleni, Londra; Il disegno
politico Italiano, AplusA, Venezia. Nel 2015 tiene la sua prima
personale Sempre più di questo, a cura di Lorenzo Bruni, presso la
Galleria Massimodeluca. Seguono, nel 2016, Substantial con
Ornaghi&Prestinari con il contributo di Ginevra Bria presso lo spazio
The Open Box di Milano e, nel 2017, Cuore, a cura di Stefano Giuri,
presso Toast Project Space, Manifattura Tabacchi, Firenze e Fireworks,
a cura di Christian Caliandro presso la Galleria Massimodeluca. Nel
2018 è tra gli artisti partecipanti al XXIV CSAV presso la Fondazione
Antonio Ratti, Como. Alla produzione artistica affianca la scrittura di
articoli di critica per riviste d’arte contemporanea, come “Arteecritica”
e “Dasartes Brasil”, e la realizzazione di progetti artist-run che mettono
in discussione le modalità di fruizione e sviluppo dell’arte
contemporanea, come le tre edizioni di Studi Festival a Milano (dal
2015 al 2017) e FEA, festival dos espaços dos artistas de Lisboa,
durante ARCOLisboa 2018 e 2019.
26
settembre 2019
Ora et labora: Rebecca Moccia – Da qui tutto bene
Dal 26 settembre 2019 al 16 gennaio 2020
arte contemporanea
Location
MUSEO NOVECENTO
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Vernissage
26 Settembre 2019, ore 18.30
Autore
Curatore