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Orfeo Tamburi – Opere grafiche
A termine di quest’anno di eventi in onore di Sassu per il decennale della sua morte e della costituzione dell’Associazione Amici dell’Arte di Aligi Sassu, vogliamo portare omaggio ad un artista suo contemporaneo: Orfeo Tamburi.
Comunicato stampa
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Il 2010 è stato per l'Associazione Amici dell'Arte di Aligi Sassu un anno di commemorazione del decimo anniversario dalla morte del nostro Maestro e allo stesso tempo del decimo anno dalla costituzione dell'associazione. A termine di quest'anno di eventi in onore di Sassu, vogliamo portare omaggio ad un artista suo contemporaneo e che con lui ha diversi punti di contatto e di confronto.
Il 2010 è stato infatti anche il centesimo anniversario della nascita del grande artista marchigiano Orfeo Tamburi (1910-1994), che proponiamo qui attraverso le sue celebri litografie, serigrafie ed acquaforti di vedute urbane, in particolare di Parigi, della Bretagna e di Milano.
Innanzitutto è opportuno spiegare i punti in comune con Sassu, per poi approfondire le opere in mostra e il contesto in cui vengono create dall'artista.
Come molti artisti del primo Novecento, Sassu e Tamburi furono affascinati negli anni Trenta da quella che era la capitale artistica di quel periodo: Parigi.
E' in questa città che nascono i movimenti d'avanguardia più importanti e conosciuti, è qui che artisti di tutto il mondo si ritrovano a discutere sul ruolo dell'arte, a studiare nei musei i grandi dell'Ottocento francese come Delacroix, Gericault, gli impressionisti, e quello che è da molti considerato il padre della pittura moderna: Paul Cezanne.
Eppure Tamburi, come Sassu, non accoglie l'influenza parigina come monumentale e prestigiosa, non lo colpiscono le vedute più note e i principali punti di interesse. A richiamare la sua attenzione sono la luce, il cielo, le strade e i tetti, una quotidianità degli esterni, al contrario di una quotidianità degli interni dei Caffè di Sassu.
Tamburi poi, arriva a Parigi per la prima volta nel 1935, dopo quasi dieci anni di vita e arte romana, dove sia l'architettura che la luce lo avevano portato a una pittura di vedutismo e di percezione, vicina alla poetica dell' en plein air degli impressionisti.
Con Parigi, l'influenza di Cezanne diviene molto forte, e come conseguenza il piano percettivo viene affiancato da un piano intellettivo, in cui la veduta diventa anche specchio di uno stato d'animo, di un momento di familiarità dell'artista con un luogo, dove la luce grigiastra diventa malinconica e nostalgica.
Questa nuova atmosfera lo attrarrà così tanto da riportarlo in questa città nel 1947, anno in cui Tamburi si stabilirà definitivamente nella capitale francese, nonostante i molti viaggi. Ricordiamo tra tutti quello del 1957, in cui la rivista Fortune lo invita a ritrarre nove città statunitensi durante un viaggio di tre mesi, nascono così opere di grande successo a livello di pubblico e critica.
In questa mostra, oltre al nucleo principale di opere parigine, sono presenti anche delle opere della Bretagna, molto simili a quelle della capitale francese per quanto riguarda stile e contenuti, e due vedute di Milano.
Interessante è la differenza evidente tra le opere parigine e quelle milanesi: mentre in Francia Tamburi preferiva dedicarsi alle strade e agli angoli meno noti, ai luoghi della vita più umile ed intima, a Milano viene attratto dai due più grandi simboli della città lombarda, il Duomo ed il quartiere direzionale. Un'eccezione rispetto alle immagini delle altre città, come a dire che lo spirito della città di Milano sia per una volta legato proprio al suo stereotipo.
Ma non bisogna pensare che l'arte di un pittore come Tamburi si fermi a sole vedute di città e ad una prevalenza dell'opera grafica.
Tamburi nasce come disegnatore, e anche per lui come per Sassu, il disegno è appunto, è un modo di fermare un ricordo, un momento, una sensazione.
Ed aldilà del disegno, quando il mestiere di artista gli concede la possibilità di permettersi tele ed oli, Tamburi è un grande colorista, materico in uno schema geometrico, non solo nei paesaggi, ma anche negli innumerevoli ritratti (tra cui uno del 1946 di Aligi Sassu), nelle nature morte, nelle opere monumentali come Carnevale Romano del 1938.
E questa combinazione di geometria e colore deriva anch'essa dallo studio di Cezanne, specie negli olii, dove anche le tonalità si avvicinano di più a quelle cezanniane, rispetto alla grafica in cui Tamburi si distacca dal maestro francese per adoperare colori più accesi e maggiori contrasti.
Il suo essere pittore di emozioni e di ricordi trova ulteriore conferma dal 1965, quando Tamburi inizia ad accompagnare la creazione artistica con quella letteraria. Sono innumerevoli le testimonianze sulla sua vita, sulle sue abitudini, sui soggetti delle sue opere.
Può essere utile a tale proposito citare una delle frasi più note di Tamburi, che ci riassume impeccabilmente lo spirito della maggior parte delle opere in mostra: "mi piace il grigio di Parigi. Mi riposa e mi dà la necessaria calma al raccoglimento. La luce sale verso il cielo, è diffusa e mette in risalto i colori, il tocco rosso di un comignolo, un manifesto che grida... Il battello sulla Senna, un'insegna, la tenda di un negozio, la bandiera pubblicitaria, le insegne del metrò e dei negozi, dei cinema, i chioschi dei giornali, il tetto blu o grigio d'ardesia. Le ore non variano a Parigi. La luce del mattino assomiglia a quella della sera. E le stagioni anche." (Orfeo Tamburi, Opera dipinta, 1983, p.45).
Parliamo quindi di un artista completo, eclettico e girovago, ma comunque legato alla sua terra, al punto da trovare proprio lì, nel 1975, un sodalizio con la Galleria Gioacchini di Ancona, che ha gentilmente messo a disposizione l'intera selezione di grafica in mostra, e che dal 1990 mantiene l'esclusiva di archivio, autenticazione e distribuzione dell'opera di Tamburi.
Il 2010 è stato infatti anche il centesimo anniversario della nascita del grande artista marchigiano Orfeo Tamburi (1910-1994), che proponiamo qui attraverso le sue celebri litografie, serigrafie ed acquaforti di vedute urbane, in particolare di Parigi, della Bretagna e di Milano.
Innanzitutto è opportuno spiegare i punti in comune con Sassu, per poi approfondire le opere in mostra e il contesto in cui vengono create dall'artista.
Come molti artisti del primo Novecento, Sassu e Tamburi furono affascinati negli anni Trenta da quella che era la capitale artistica di quel periodo: Parigi.
E' in questa città che nascono i movimenti d'avanguardia più importanti e conosciuti, è qui che artisti di tutto il mondo si ritrovano a discutere sul ruolo dell'arte, a studiare nei musei i grandi dell'Ottocento francese come Delacroix, Gericault, gli impressionisti, e quello che è da molti considerato il padre della pittura moderna: Paul Cezanne.
Eppure Tamburi, come Sassu, non accoglie l'influenza parigina come monumentale e prestigiosa, non lo colpiscono le vedute più note e i principali punti di interesse. A richiamare la sua attenzione sono la luce, il cielo, le strade e i tetti, una quotidianità degli esterni, al contrario di una quotidianità degli interni dei Caffè di Sassu.
Tamburi poi, arriva a Parigi per la prima volta nel 1935, dopo quasi dieci anni di vita e arte romana, dove sia l'architettura che la luce lo avevano portato a una pittura di vedutismo e di percezione, vicina alla poetica dell' en plein air degli impressionisti.
Con Parigi, l'influenza di Cezanne diviene molto forte, e come conseguenza il piano percettivo viene affiancato da un piano intellettivo, in cui la veduta diventa anche specchio di uno stato d'animo, di un momento di familiarità dell'artista con un luogo, dove la luce grigiastra diventa malinconica e nostalgica.
Questa nuova atmosfera lo attrarrà così tanto da riportarlo in questa città nel 1947, anno in cui Tamburi si stabilirà definitivamente nella capitale francese, nonostante i molti viaggi. Ricordiamo tra tutti quello del 1957, in cui la rivista Fortune lo invita a ritrarre nove città statunitensi durante un viaggio di tre mesi, nascono così opere di grande successo a livello di pubblico e critica.
In questa mostra, oltre al nucleo principale di opere parigine, sono presenti anche delle opere della Bretagna, molto simili a quelle della capitale francese per quanto riguarda stile e contenuti, e due vedute di Milano.
Interessante è la differenza evidente tra le opere parigine e quelle milanesi: mentre in Francia Tamburi preferiva dedicarsi alle strade e agli angoli meno noti, ai luoghi della vita più umile ed intima, a Milano viene attratto dai due più grandi simboli della città lombarda, il Duomo ed il quartiere direzionale. Un'eccezione rispetto alle immagini delle altre città, come a dire che lo spirito della città di Milano sia per una volta legato proprio al suo stereotipo.
Ma non bisogna pensare che l'arte di un pittore come Tamburi si fermi a sole vedute di città e ad una prevalenza dell'opera grafica.
Tamburi nasce come disegnatore, e anche per lui come per Sassu, il disegno è appunto, è un modo di fermare un ricordo, un momento, una sensazione.
Ed aldilà del disegno, quando il mestiere di artista gli concede la possibilità di permettersi tele ed oli, Tamburi è un grande colorista, materico in uno schema geometrico, non solo nei paesaggi, ma anche negli innumerevoli ritratti (tra cui uno del 1946 di Aligi Sassu), nelle nature morte, nelle opere monumentali come Carnevale Romano del 1938.
E questa combinazione di geometria e colore deriva anch'essa dallo studio di Cezanne, specie negli olii, dove anche le tonalità si avvicinano di più a quelle cezanniane, rispetto alla grafica in cui Tamburi si distacca dal maestro francese per adoperare colori più accesi e maggiori contrasti.
Il suo essere pittore di emozioni e di ricordi trova ulteriore conferma dal 1965, quando Tamburi inizia ad accompagnare la creazione artistica con quella letteraria. Sono innumerevoli le testimonianze sulla sua vita, sulle sue abitudini, sui soggetti delle sue opere.
Può essere utile a tale proposito citare una delle frasi più note di Tamburi, che ci riassume impeccabilmente lo spirito della maggior parte delle opere in mostra: "mi piace il grigio di Parigi. Mi riposa e mi dà la necessaria calma al raccoglimento. La luce sale verso il cielo, è diffusa e mette in risalto i colori, il tocco rosso di un comignolo, un manifesto che grida... Il battello sulla Senna, un'insegna, la tenda di un negozio, la bandiera pubblicitaria, le insegne del metrò e dei negozi, dei cinema, i chioschi dei giornali, il tetto blu o grigio d'ardesia. Le ore non variano a Parigi. La luce del mattino assomiglia a quella della sera. E le stagioni anche." (Orfeo Tamburi, Opera dipinta, 1983, p.45).
Parliamo quindi di un artista completo, eclettico e girovago, ma comunque legato alla sua terra, al punto da trovare proprio lì, nel 1975, un sodalizio con la Galleria Gioacchini di Ancona, che ha gentilmente messo a disposizione l'intera selezione di grafica in mostra, e che dal 1990 mantiene l'esclusiva di archivio, autenticazione e distribuzione dell'opera di Tamburi.
30
ottobre 2010
Orfeo Tamburi – Opere grafiche
Dal 30 ottobre al 28 novembre 2010
disegno e grafica
Location
VILLA FILIPPINI
Besana In Brianza, Via Luigi Viarana, 14, (Monza E Brianza)
Besana In Brianza, Via Luigi Viarana, 14, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
Sabato e domenica: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
Giovedì 25 novembre, festa di Santa Caterina: dalle 10.00 alle 18.00
Dal martedì al venerdì su appuntamento
Vernissage
30 Ottobre 2010, ore 17
Autore
Curatore