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Orienti. Luoghi, persone e una lettera di Rimbaud
Le fotografie che compongono la mostra “Orienti” – una mostra da cassetto – appartengono all’universo delle passioni archeologiche individuali. Non raccontano storie di persone o di luoghi, sollecitano le radici della percezione.
Comunicato stampa
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Appartengono inoltre al tempo in cui la fotografia non era ancora così consumata come oggi, età in cui, con l’eccesso, si produce un insignificante delirio di immagini.
La serie dei “tipi egiziani”, realizzata da Omar Schoefft, che si presentava come fotografo della corte del Cairo, per noi non è più l’”oggetto folcloristico” che fu quando venne acquistato da un anonimo turista che lo recò con sé, retour d’Egypte, come souvenir di un pianeta diverso. Queste immagini di persone, nel loro chiuso e molto tipicizzato mondo, hanno la capacità di contagiare i sogni, sollecitando, fotografia dopo fotografia, l’evocazione di alcune pagine di Lawrence Durrell e di E.M.Forster, portando fin alla esoterica classicità di Constantinos Kavafis. Sono immagini che reintegrano la memoria. Non hanno la pretesa di meravigliare o di glorificare la scoperta dell’Oriente come le clamorose fotografie scattate davanti alle monumentali rovine dell’antichità egizia da Maxime du Camp, quando compì il viaggio in Egitto e in Medio Oriente con Gustave Flaubert.
Le fotografie di Omar Schoefft con le persone e quelle di Lehnert & Landrock – fotografi di Tunisi specialisti in memoires per ammalati d’Oriente che nella mostra “fanno vedere” alcuni scorci di Gerusalemme – sono delle sublimi forfore di viaggio collezionate tipo reliquia, tracce del tempo vissuto, come i biglietti del tram d’Alessandria d’Egitto, il depliant usurato del museo del Cairo, il menù sgualcito del ristorante di Giza, la pietruzza insensata raccolta davanti alla piramide di Saqqara.
Hanno la medesima forza evocativa di un foglio di carta, una lettera del 30 aprile 1889, proveniente dall’Harar. È il messaggio di un mercante che scrive da un altro Oriente, un uomo che “parla” quando da tempo si è lasciato alle spalle “la stramba Europa”. L’autore della lettera non si fa più coinvolgere dalle spire di un “battello ebbro”. Firma Arthur Rimbaud, è sempre Arthur Rimbaud, ma non è più Arthur Rimbaud.
La serie dei “tipi egiziani”, realizzata da Omar Schoefft, che si presentava come fotografo della corte del Cairo, per noi non è più l’”oggetto folcloristico” che fu quando venne acquistato da un anonimo turista che lo recò con sé, retour d’Egypte, come souvenir di un pianeta diverso. Queste immagini di persone, nel loro chiuso e molto tipicizzato mondo, hanno la capacità di contagiare i sogni, sollecitando, fotografia dopo fotografia, l’evocazione di alcune pagine di Lawrence Durrell e di E.M.Forster, portando fin alla esoterica classicità di Constantinos Kavafis. Sono immagini che reintegrano la memoria. Non hanno la pretesa di meravigliare o di glorificare la scoperta dell’Oriente come le clamorose fotografie scattate davanti alle monumentali rovine dell’antichità egizia da Maxime du Camp, quando compì il viaggio in Egitto e in Medio Oriente con Gustave Flaubert.
Le fotografie di Omar Schoefft con le persone e quelle di Lehnert & Landrock – fotografi di Tunisi specialisti in memoires per ammalati d’Oriente che nella mostra “fanno vedere” alcuni scorci di Gerusalemme – sono delle sublimi forfore di viaggio collezionate tipo reliquia, tracce del tempo vissuto, come i biglietti del tram d’Alessandria d’Egitto, il depliant usurato del museo del Cairo, il menù sgualcito del ristorante di Giza, la pietruzza insensata raccolta davanti alla piramide di Saqqara.
Hanno la medesima forza evocativa di un foglio di carta, una lettera del 30 aprile 1889, proveniente dall’Harar. È il messaggio di un mercante che scrive da un altro Oriente, un uomo che “parla” quando da tempo si è lasciato alle spalle “la stramba Europa”. L’autore della lettera non si fa più coinvolgere dalle spire di un “battello ebbro”. Firma Arthur Rimbaud, è sempre Arthur Rimbaud, ma non è più Arthur Rimbaud.
23
aprile 2004
Orienti. Luoghi, persone e una lettera di Rimbaud
Dal 23 aprile al 23 maggio 2004
fotografia
Location
LA FELTRINELLI
Genova, Via XX Settembre, 231r, (Genova)
Genova, Via XX Settembre, 231r, (Genova)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 09 alle 19.30 e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.30
Vernissage
23 Aprile 2004, ore 18