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Orit Drori – Australia. Un muto dialogo. Anteprima di una ricognizione
Attraversando l’Australia, Orit Drori affronta un capitolo inusuale nella sua esistenza: il paesaggio. Drori è lo straniero che stabilisce un muto dialogo con il paesaggio inviolato, immaginando cosa significhi viverla in maniera totale e senza le interferenze della contaminazione sociale.
Comunicato stampa
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Orit Drori
Australia. Un muto dialogo
Anteprima di una ricognizione
A cura di Diletta Borromeo
Attraversando l’Australia, fra il 2016 e il 2017, Orit Drori affronta un capitolo inusuale nella sua esistenza: il paesaggio. Per il tramite della fotografia esperisce lo spazio del panorama, sonda il terreno, la calma del vento, il movimento dell’acqua e le variazioni di stato, così come usa fare quando entra nei luoghi abitati e nella vita quotidiana degli altri. Resta, prende il proprio tempo per accedere al significato. Il tempo della storia non appare negli sconfinati spazi della natura, e spesso neanche il vissuto. Al contrario di molte fotografie dell’artista australiana Tracey Moffatt, che si configurano come narrazioni istantanee in sequenza, le immagini scattate da Drori sono fisse, benché colte con immediatezza, brevi missive dal linguaggio incisivo, annotazioni raccolte nel corso di una ricerca. Nelle sue fotografie, al di là della spiaggia c’è il mare. O una distesa deserta. Nel finto documentario di Moffatt alla 57ma Biennale di Venezia la veduta del mare è la stessa, ma considerata da un punto di vista opposto: quello degli aborigeni che osservano l’approdo degli stranieri nella loro terra. Drori invece è lo straniero e guarda in senso contrario, conscia della vastità dell’oceano che si estende dalla costa australiana fino all’America del Sud. In quanto estranea all’ambiente, non ha bisogno di ricorrere alla fiction per interpretare la realtà. Riesce invece a stabilire un muto dialogo con il paesaggio inviolato, lo sguardo aperto verso la natura, immaginando cosa significhi viverla in maniera totale e senza le interferenze della contaminazione sociale. Il suo rapporto con i luoghi è diretto e solitario, isolati sono la stazione di rifornimento e la casa con il grande albero, appartata la figura di spalle nella veranda. Alla maniera dei dipinti fiamminghi, Drori rappresenta la minuziosità dei particolari in una distesa di alberi o in una immensa zona desertica. Nella calma, apparente semplicità del paesaggio, riprende il riflesso della vegetazione nell’acqua e diventa impossibile stabilire, o quasi, quale sia l’immagine reale. Raffigura un’ambiguità in cui alcune fotografie si sdoppiano e altre sembrano uguali, senza esserlo. Giunge da un altro mondo, per portare avanti una ricerca all’interno del territorio ma al di là del tempo, le immagini fissate in un momento in cui passato e futuro sono ugualmente presenti.
Diletta Borromeo
Orit Drori è nata in Israele a Be’er Sheva, la città più grande nel deserto del Negev. Vive da diversi anni a Chiang Mai, in Tailandia. Ha studiato fotografia a Roma, dove ha vissuto a lungo e ha collaborato, dal 1987 al 1993, con il Gruppo Editoriale La Repubblica-L’Espresso. Dal 1993 conduce una ricerca artistica personale nel corso di lunghi viaggi in Myanmar, Europa, Nord Corea e Israele. In Australia, sta portando a termine il progetto intrapreso nel 2016 e presentato qui in anteprima.
A Roma nel 1996 ha ideato una video installazione per i locali del Bar del Fico (a cura di Diletta Borromeo e Maria Rosa Sossai, con il sostegno tecnico di Rai2), mentre nel 2008, nell’ambito del Festival Internazionale della Fotografia, ha presentato il progetto “Burma. Between Us, Remember Me Always”, a cura di Enrica Scalfari presso il Museo di Roma in Trastevere. Nel 2009 ha vinto il FCCT Photo Contest. Ha partecipato a numerose esposizioni in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero. Fra questi: Santa Maria dello Spasimo, Palermo (1997), Istituto Italiano di Cultura, Praga (1999), Museo dell’Arte e dell’Archeologia, Vasto (1999), Palazzo delle Esposizioni, Roma (2002), Upperground, Vienna (2003), Università degli Studi “La Sapienza”, Roma (2004), Beth Hamidrash Tiferet, Gerusalemme (2005), Koi Gallery, Bangkok (2011), Photo Festival, Bangkok (2016).
Australia. Un muto dialogo
Anteprima di una ricognizione
A cura di Diletta Borromeo
Attraversando l’Australia, fra il 2016 e il 2017, Orit Drori affronta un capitolo inusuale nella sua esistenza: il paesaggio. Per il tramite della fotografia esperisce lo spazio del panorama, sonda il terreno, la calma del vento, il movimento dell’acqua e le variazioni di stato, così come usa fare quando entra nei luoghi abitati e nella vita quotidiana degli altri. Resta, prende il proprio tempo per accedere al significato. Il tempo della storia non appare negli sconfinati spazi della natura, e spesso neanche il vissuto. Al contrario di molte fotografie dell’artista australiana Tracey Moffatt, che si configurano come narrazioni istantanee in sequenza, le immagini scattate da Drori sono fisse, benché colte con immediatezza, brevi missive dal linguaggio incisivo, annotazioni raccolte nel corso di una ricerca. Nelle sue fotografie, al di là della spiaggia c’è il mare. O una distesa deserta. Nel finto documentario di Moffatt alla 57ma Biennale di Venezia la veduta del mare è la stessa, ma considerata da un punto di vista opposto: quello degli aborigeni che osservano l’approdo degli stranieri nella loro terra. Drori invece è lo straniero e guarda in senso contrario, conscia della vastità dell’oceano che si estende dalla costa australiana fino all’America del Sud. In quanto estranea all’ambiente, non ha bisogno di ricorrere alla fiction per interpretare la realtà. Riesce invece a stabilire un muto dialogo con il paesaggio inviolato, lo sguardo aperto verso la natura, immaginando cosa significhi viverla in maniera totale e senza le interferenze della contaminazione sociale. Il suo rapporto con i luoghi è diretto e solitario, isolati sono la stazione di rifornimento e la casa con il grande albero, appartata la figura di spalle nella veranda. Alla maniera dei dipinti fiamminghi, Drori rappresenta la minuziosità dei particolari in una distesa di alberi o in una immensa zona desertica. Nella calma, apparente semplicità del paesaggio, riprende il riflesso della vegetazione nell’acqua e diventa impossibile stabilire, o quasi, quale sia l’immagine reale. Raffigura un’ambiguità in cui alcune fotografie si sdoppiano e altre sembrano uguali, senza esserlo. Giunge da un altro mondo, per portare avanti una ricerca all’interno del territorio ma al di là del tempo, le immagini fissate in un momento in cui passato e futuro sono ugualmente presenti.
Diletta Borromeo
Orit Drori è nata in Israele a Be’er Sheva, la città più grande nel deserto del Negev. Vive da diversi anni a Chiang Mai, in Tailandia. Ha studiato fotografia a Roma, dove ha vissuto a lungo e ha collaborato, dal 1987 al 1993, con il Gruppo Editoriale La Repubblica-L’Espresso. Dal 1993 conduce una ricerca artistica personale nel corso di lunghi viaggi in Myanmar, Europa, Nord Corea e Israele. In Australia, sta portando a termine il progetto intrapreso nel 2016 e presentato qui in anteprima.
A Roma nel 1996 ha ideato una video installazione per i locali del Bar del Fico (a cura di Diletta Borromeo e Maria Rosa Sossai, con il sostegno tecnico di Rai2), mentre nel 2008, nell’ambito del Festival Internazionale della Fotografia, ha presentato il progetto “Burma. Between Us, Remember Me Always”, a cura di Enrica Scalfari presso il Museo di Roma in Trastevere. Nel 2009 ha vinto il FCCT Photo Contest. Ha partecipato a numerose esposizioni in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero. Fra questi: Santa Maria dello Spasimo, Palermo (1997), Istituto Italiano di Cultura, Praga (1999), Museo dell’Arte e dell’Archeologia, Vasto (1999), Palazzo delle Esposizioni, Roma (2002), Upperground, Vienna (2003), Università degli Studi “La Sapienza”, Roma (2004), Beth Hamidrash Tiferet, Gerusalemme (2005), Koi Gallery, Bangkok (2011), Photo Festival, Bangkok (2016).
07
aprile 2018
Orit Drori – Australia. Un muto dialogo. Anteprima di una ricognizione
Dal 07 aprile al 03 maggio 2018
fotografia
Location
GALLERIA UNICORNO ROMA
Roma, Rampa Mignanelli, 10, (Roma)
Roma, Rampa Mignanelli, 10, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10:30 - 19 orario continuato
Vernissage
7 Aprile 2018, dalle 18:30 alle 21:00
Autore
Curatore