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Ortographie: Provini d’autore
Uno spazio ben definito, uguale per tutti, uno schermo nero di 120 per 80 cm.
Trenta fotografie di piccolo formato, una dimensione che per scelta non può superare i 10 cm di lato, si aggettano verso l’esterno, si offrono allo sguardo, declinano in maniera uguale e al contempo diversa la forma di un’
Comunicato stampa
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Uno spazio ben definito, uguale per tutti, uno schermo nero di 120 per 80 cm.
Trenta fotografie di piccolo formato, una dimensione che per scelta non può superare i 10 cm di lato, si aggettano verso l'esterno, si offrono allo sguardo, declinano in maniera uguale e al contempo diversa la forma di un'idea, di un movimento, di una realtà.
La “grafia” che in questo modo emerge dallo spazio vuoto che si può concepire come un orto è quella della mente del fotografo che viene colta nell'atto del pensiero motivante, subito dopo la raccolta del materiale nel suo viaggio tra le pieghe della Realtà, subito prima di dargli una Forma definitiva con la Scelta che di norma è costretto a fare prima di un'esposizione pubblica, esattamente in quell'istante in cui l'occhio contempla la crescita dei semi che ha piantato valutandone il risultato, misurando il vigore e la compattezza e la bellezza dei frutti.
“Ortographie” è il progetto che un gruppo di fotografi ha ideato nel tentativo di uscire dagli schemi tradizionali espositivi per presentare al pubblico la fotografia non nella sua dimensione spettacolare e tendenzialmente individualistica, ma nella sua capacità di rappresentare da una parte la sostanza mutevole della Realtà, per cui le persone e i paesaggi e persino le rappresentzioni della realtà seguono seppure in tempi diversi lo stesso destino dei frutti della terra, destino di crescita maturazione e decadimento, e dall'altra di riflettere sulla sua stessa natura, principalmente in qualità di strumento per raccontare una storia, perché, questo ci comunica “Ortographie”, la forza dell'Arte, in questo caso della Fotografia, è quella di bloccare il Tempo per permettere di vedere meglio, di analizzare, di comprendere, o al limite di suggerire un percorso interpretativo che conduca ad epifanie illuminanti.
La scrittura nasce come simbolo. I primi segni inventati dall'Uomo, prima delle grammatica e dell'oratoria e della poesia, rimandavano direttamente a cose o concetti.
Le trenta fotografie che di volta in volta vediamo esposte sono come delle frasi. Ogni scatto una parola, una congiunzione, una sottolineatura, a formulare insieme con le altre un discorso compiuto intorno ad un'idea.
Malgrado non si possa rinunciare al gusto prettamente estetico dei singoli scatti, risultato dell'istinto e della perizia dell'occhio del fotografo quando inquadra un soggetto da fotografare, seguire con lo sguardo la disposizione delle fotografie sullo sfondo neutro e volutamente anonimo sulle quali sono state disposte significa immergersi nel racconto di una storia che, lavorando sull'immaginario simbolico, viene a risvegliare un'esperienza emotiva senza il filtro della parola detta e quindi del pensiero elaborante.
Il risultato finale è quindi che “Ortographie” riflettendo sulla natura della fotografia arriva direttamente alla radice della fotografia, così come di qualsiasi altra Arte, consistente nell'apertura di un dialogo diretto tra il reale attraverso la rappresentazione del reale e l'animo e il pensiero dell'Uomo.
Alessandro Baito
Trenta fotografie di piccolo formato, una dimensione che per scelta non può superare i 10 cm di lato, si aggettano verso l'esterno, si offrono allo sguardo, declinano in maniera uguale e al contempo diversa la forma di un'idea, di un movimento, di una realtà.
La “grafia” che in questo modo emerge dallo spazio vuoto che si può concepire come un orto è quella della mente del fotografo che viene colta nell'atto del pensiero motivante, subito dopo la raccolta del materiale nel suo viaggio tra le pieghe della Realtà, subito prima di dargli una Forma definitiva con la Scelta che di norma è costretto a fare prima di un'esposizione pubblica, esattamente in quell'istante in cui l'occhio contempla la crescita dei semi che ha piantato valutandone il risultato, misurando il vigore e la compattezza e la bellezza dei frutti.
“Ortographie” è il progetto che un gruppo di fotografi ha ideato nel tentativo di uscire dagli schemi tradizionali espositivi per presentare al pubblico la fotografia non nella sua dimensione spettacolare e tendenzialmente individualistica, ma nella sua capacità di rappresentare da una parte la sostanza mutevole della Realtà, per cui le persone e i paesaggi e persino le rappresentzioni della realtà seguono seppure in tempi diversi lo stesso destino dei frutti della terra, destino di crescita maturazione e decadimento, e dall'altra di riflettere sulla sua stessa natura, principalmente in qualità di strumento per raccontare una storia, perché, questo ci comunica “Ortographie”, la forza dell'Arte, in questo caso della Fotografia, è quella di bloccare il Tempo per permettere di vedere meglio, di analizzare, di comprendere, o al limite di suggerire un percorso interpretativo che conduca ad epifanie illuminanti.
La scrittura nasce come simbolo. I primi segni inventati dall'Uomo, prima delle grammatica e dell'oratoria e della poesia, rimandavano direttamente a cose o concetti.
Le trenta fotografie che di volta in volta vediamo esposte sono come delle frasi. Ogni scatto una parola, una congiunzione, una sottolineatura, a formulare insieme con le altre un discorso compiuto intorno ad un'idea.
Malgrado non si possa rinunciare al gusto prettamente estetico dei singoli scatti, risultato dell'istinto e della perizia dell'occhio del fotografo quando inquadra un soggetto da fotografare, seguire con lo sguardo la disposizione delle fotografie sullo sfondo neutro e volutamente anonimo sulle quali sono state disposte significa immergersi nel racconto di una storia che, lavorando sull'immaginario simbolico, viene a risvegliare un'esperienza emotiva senza il filtro della parola detta e quindi del pensiero elaborante.
Il risultato finale è quindi che “Ortographie” riflettendo sulla natura della fotografia arriva direttamente alla radice della fotografia, così come di qualsiasi altra Arte, consistente nell'apertura di un dialogo diretto tra il reale attraverso la rappresentazione del reale e l'animo e il pensiero dell'Uomo.
Alessandro Baito
25
febbraio 2012
Ortographie: Provini d’autore
Dal 25 febbraio all'undici marzo 2012
fotografia
Location
ZAMENHOF
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Orario di apertura
da mercoledì a domenica dalle 15 alle 19
Vernissage
25 Febbraio 2012, ore 18.00
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