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Otolab – Op7: la ricerca dell’orizzonte audiovisivo
Marco Mancuso presenterà in sala gli artisti del collettivo milanese introducendo alla ricerca dell’orizzonte audiovisivo
Comunicato stampa
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Dopo il successo di pubblico e critica della prima mostra personale di Otolab@Traffic Gallery, la Biblioteca Caversazzi ospiterà il progetto Op7 all’interno dei suoi antichi locali.
Dalle 19 in poi, presso la Sala ex Consiliare di via Torquato Tasso 4 (Bg), Marco Mancuso presenterà in sala gli artisti del collettivo milanese introducendoci alla ricerca dell’orizzonte audiovisivo.
Seguirà estratto video del progetto Op7 … (15’).
Artisti presenti in sala.
Evento patrocinato dal Comune di Bergamo e con il sostegno del Sistema Bibliotecario Urbano.
Traffic Gallery, lieta dell’invito, prolungherà la mostra Op7 all’interno dei propri spazi
fino al 23 Gennaio 2008
Otolab nasce nel 2001 a Milano da un gruppo di affinita' che vede musicisti, dj, vj, videoartisti, videomaker, web designer, grafici e architetti unirsi nell'affrontare un percorso comune nell'ambito della musica elettronica e della ricerca audiovisiva. I progetti di otolab si sviluppano attraverso il lavoro di laboratorio, i seminari e i liveset, secondo principi di mutuo confronto e sostegno, di libera circolazione dei saperi e di sperimentazione. Il gruppo di lavoro si compone di progetti individuali e collettivi per i quali sono stati utilizzati linguaggi che vanno dall'elettronica sperimentale alla techno, dal dub alle sonorità industriali, sempre alla ricerca di un rapporto simbiotico con l'immagine e il video, fino al live media e all'installazione interattiva. In questi anni di lavoro, otolab è stato ospitato in festival e manifestazioni nazionali e internazionali, tra cui:
2007: Sonar 07, Barcellona
2006: Dissonanze 06, Palazzo dei Congressi -EUR- Roma
2006: Mixed Media Festival, Hangar Bicocca, Milano
2006: Issue Project Room, Brooklyn, New York
2005: Bienal Internacional de Merida, Mexico
INFO: www.trafficgallery.org , www.otolab.net, www.digicult.it
**
op7: la ricerca dell’orizzonte audiovisivo
di Marco Mancuso
L’opera multimediale op7 del collettivo di sperimentazione elettronica audiovisiva otolab è un lavoro artisticamente ibrido, un progetto nato come spettacolo multisensoriale di live media ma in grado di esprimersi attraverso le modalità e i codici dell’installazione audio-video, così come della mostra-esibizione.
Op7 è un opera ontologicamente importante, che si colloca come trade-union tra la tradizione Italiana del progetto e la più attuale ricerca dei codici espressivi della sinestesia audiovisiva. Un nodo corticale tra certa musica elettronica colta e le moderne pratiche del campionamento e della sintesi sonora digitale. Una trasposizione, secondo le pratiche mix mediali, delle teorie decostruittiviste del secolo scorso in ambito interdisciplinare: nato infatti come commissione per il festival Mixed Media 2006 di Milano, op7 trae origine da un tentativo di re-intepretazione di un’ opera d’arte concettuale, la monumentale “I Sette Palazzi Celesti” dello scultore belga Anselm Kiefer, per giungere alla sua raffigurazione attraverso l’utilizzo di strumenti elettronici e codici espressivi derivanti da una rilettura in chiave audio-video dell’arte optical.
I sette tunnel, i sette percorsi e i cancelli-gates che li separano, costituiscono infatti elemento “ottico”, spesso claustrofobico, in cui lo spettatore è costretto a immergersi per intraprende un “viaggio” della durata complessiva di 50 minuti. Otolab stupisce nel momento in cui fa sì che la piattezza bidimensionale dell’immagine proiettata su schermo venga distrutta dagli elementi visivi (resi spesso tridimensionali) in movimento: come per le teorie dei maestri Victor Vasarely e Mead Schaeffer, op7 prende avvio dal superamento della bidimensionalità della superficie del quadro/schermo, trasformato in sollecitazione retinica, per giungere sino al coinvolgimento psicologico dello spettatore. Otolab espande il processo sperimentato da questi maestri nel momento in cui fa sue le potenzialità delle nuove tecnologie digitali, distrugge il piano dello schermo e distribuisce la stimolazione percettiva nello spazio: l’opera d’arte infatti non è più statica e il movimento non è solo illusione ottica risultante dalla composizione di forme. L’opera è di per se stessa un’animazione tridimensionale optical audiovisiva, sia nella sua componente video che in quella audio, distribuita nell’ambiente tridimensionale. La linea, moltiplicandosi e trasformandosi sul piano, diventa volume fino all'ottenimento del più coinvolgente trompe l'oeil. Come del resto ampiamente dimostrato dalla serie di stampe esposte nella mostra, che rappresentano delle stills ricavate dal lavoro video digitale, in grado di proiettare lo spettatore all’interno di un preciso punto focale di un ipotetico orizzonte elettronico.
Il concetto sotteso a op7 è proprio questa ricerca di un immaginario orizzonte, sia visivo che sonoro: la progettualità quasi fisica e architettonica alle spalle dell’opera è tale che la risultanza tende a determinare sull’osservatore uno stimolo ottico in grado di esplorare i limiti della visione umana. Andando oltre la teoria modernista del soggetto incarnato, inseguendo le categorie percettive del corpo elettronico, la cultura ricombinante del collettivo otolab fa sì che gli orizzonti ottici creati in ciascuno dei sette capitoli di op7, costituiscano la focale dell’ "intensità" e dei "flussi" teorizzati da Gilles Deleuze e Félix Guattari.
E sono proprio questi flussi audiovisivi la matrice che sottende tutto il lavoro sinestetico di otolab in op7: una corrente ininterrotta di suoni e immagini tali che una precisa modalità sensoriale possa indurre automaticamente una percezione in una seconda, in assenza di una sua stimolazione specifica (Baron-Cohen & Harrison). La sinestesia audiovisiva e il profondo livello di immersività sensoriale che ne deriva, rappresentano in op7, soprattutto nelle condizioni ideali di live media performance multi schermo e con impianto sonoro spazializzato, non una semplice forma di metafora cross-modale ma una vera e propria associazione audiovisiva, una più alta funzione corticale secondo le più moderne teorie di Richard Cytowic.
E ritornando in conclusione a quanto affermato all’inizio, è proprio nella costruzione della sua componente performativa che op7 traduce il suo linguaggio più efficace, secondo alcuni dei parametri più importanti della progettazione e della ricerca artistica elettronica contemporanea. Gestione dei tempi, rapporto con lo spazio, equilibri cromatici e formali, coerenza progettuale e compositiva, sincronia audiovisiva, sinestesia. La capacità di creare un ambiente multisensoriale che si distacchi radicalmente da “ciò che sta fuori”; un mondo a parte, fortemente esperienziale, una cesura netta con le possibilità percettive abituali, sono elementi che fanno di op7 una delle poche opere realmente mix-mediali in circolazione, in grado di esprimersi con eguale efficacia indipendentemente dal contesto in cui viene presentata. E citando le parole di Orgone, membro attivo del collettivo otolab: “La ricerca può avvenire in molte dimensioni, e può anche approfondire immaginari invece che scenari; delineare con sempre maggior precisione delle visioni e “materializzarle” con eleganza può essere un obiettivo interessantissimo. Ma sono, secondo me, tutte occasioni nelle quali si indaga esclusivamente sulla variazione estetica senza andare a intaccare la forma-tipo; la raffinatezza del lavoro diviene l'obiettivo principale. Molto più rare sono, invece, quelle performance nelle quali l'influsso disciplinare del design viene utilizzato come strumento per lavorare su qualcos'altro.”
Dalle 19 in poi, presso la Sala ex Consiliare di via Torquato Tasso 4 (Bg), Marco Mancuso presenterà in sala gli artisti del collettivo milanese introducendoci alla ricerca dell’orizzonte audiovisivo.
Seguirà estratto video del progetto Op7 … (15’).
Artisti presenti in sala.
Evento patrocinato dal Comune di Bergamo e con il sostegno del Sistema Bibliotecario Urbano.
Traffic Gallery, lieta dell’invito, prolungherà la mostra Op7 all’interno dei propri spazi
fino al 23 Gennaio 2008
Otolab nasce nel 2001 a Milano da un gruppo di affinita' che vede musicisti, dj, vj, videoartisti, videomaker, web designer, grafici e architetti unirsi nell'affrontare un percorso comune nell'ambito della musica elettronica e della ricerca audiovisiva. I progetti di otolab si sviluppano attraverso il lavoro di laboratorio, i seminari e i liveset, secondo principi di mutuo confronto e sostegno, di libera circolazione dei saperi e di sperimentazione. Il gruppo di lavoro si compone di progetti individuali e collettivi per i quali sono stati utilizzati linguaggi che vanno dall'elettronica sperimentale alla techno, dal dub alle sonorità industriali, sempre alla ricerca di un rapporto simbiotico con l'immagine e il video, fino al live media e all'installazione interattiva. In questi anni di lavoro, otolab è stato ospitato in festival e manifestazioni nazionali e internazionali, tra cui:
2007: Sonar 07, Barcellona
2006: Dissonanze 06, Palazzo dei Congressi -EUR- Roma
2006: Mixed Media Festival, Hangar Bicocca, Milano
2006: Issue Project Room, Brooklyn, New York
2005: Bienal Internacional de Merida, Mexico
INFO: www.trafficgallery.org , www.otolab.net, www.digicult.it
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op7: la ricerca dell’orizzonte audiovisivo
di Marco Mancuso
L’opera multimediale op7 del collettivo di sperimentazione elettronica audiovisiva otolab è un lavoro artisticamente ibrido, un progetto nato come spettacolo multisensoriale di live media ma in grado di esprimersi attraverso le modalità e i codici dell’installazione audio-video, così come della mostra-esibizione.
Op7 è un opera ontologicamente importante, che si colloca come trade-union tra la tradizione Italiana del progetto e la più attuale ricerca dei codici espressivi della sinestesia audiovisiva. Un nodo corticale tra certa musica elettronica colta e le moderne pratiche del campionamento e della sintesi sonora digitale. Una trasposizione, secondo le pratiche mix mediali, delle teorie decostruittiviste del secolo scorso in ambito interdisciplinare: nato infatti come commissione per il festival Mixed Media 2006 di Milano, op7 trae origine da un tentativo di re-intepretazione di un’ opera d’arte concettuale, la monumentale “I Sette Palazzi Celesti” dello scultore belga Anselm Kiefer, per giungere alla sua raffigurazione attraverso l’utilizzo di strumenti elettronici e codici espressivi derivanti da una rilettura in chiave audio-video dell’arte optical.
I sette tunnel, i sette percorsi e i cancelli-gates che li separano, costituiscono infatti elemento “ottico”, spesso claustrofobico, in cui lo spettatore è costretto a immergersi per intraprende un “viaggio” della durata complessiva di 50 minuti. Otolab stupisce nel momento in cui fa sì che la piattezza bidimensionale dell’immagine proiettata su schermo venga distrutta dagli elementi visivi (resi spesso tridimensionali) in movimento: come per le teorie dei maestri Victor Vasarely e Mead Schaeffer, op7 prende avvio dal superamento della bidimensionalità della superficie del quadro/schermo, trasformato in sollecitazione retinica, per giungere sino al coinvolgimento psicologico dello spettatore. Otolab espande il processo sperimentato da questi maestri nel momento in cui fa sue le potenzialità delle nuove tecnologie digitali, distrugge il piano dello schermo e distribuisce la stimolazione percettiva nello spazio: l’opera d’arte infatti non è più statica e il movimento non è solo illusione ottica risultante dalla composizione di forme. L’opera è di per se stessa un’animazione tridimensionale optical audiovisiva, sia nella sua componente video che in quella audio, distribuita nell’ambiente tridimensionale. La linea, moltiplicandosi e trasformandosi sul piano, diventa volume fino all'ottenimento del più coinvolgente trompe l'oeil. Come del resto ampiamente dimostrato dalla serie di stampe esposte nella mostra, che rappresentano delle stills ricavate dal lavoro video digitale, in grado di proiettare lo spettatore all’interno di un preciso punto focale di un ipotetico orizzonte elettronico.
Il concetto sotteso a op7 è proprio questa ricerca di un immaginario orizzonte, sia visivo che sonoro: la progettualità quasi fisica e architettonica alle spalle dell’opera è tale che la risultanza tende a determinare sull’osservatore uno stimolo ottico in grado di esplorare i limiti della visione umana. Andando oltre la teoria modernista del soggetto incarnato, inseguendo le categorie percettive del corpo elettronico, la cultura ricombinante del collettivo otolab fa sì che gli orizzonti ottici creati in ciascuno dei sette capitoli di op7, costituiscano la focale dell’ "intensità" e dei "flussi" teorizzati da Gilles Deleuze e Félix Guattari.
E sono proprio questi flussi audiovisivi la matrice che sottende tutto il lavoro sinestetico di otolab in op7: una corrente ininterrotta di suoni e immagini tali che una precisa modalità sensoriale possa indurre automaticamente una percezione in una seconda, in assenza di una sua stimolazione specifica (Baron-Cohen & Harrison). La sinestesia audiovisiva e il profondo livello di immersività sensoriale che ne deriva, rappresentano in op7, soprattutto nelle condizioni ideali di live media performance multi schermo e con impianto sonoro spazializzato, non una semplice forma di metafora cross-modale ma una vera e propria associazione audiovisiva, una più alta funzione corticale secondo le più moderne teorie di Richard Cytowic.
E ritornando in conclusione a quanto affermato all’inizio, è proprio nella costruzione della sua componente performativa che op7 traduce il suo linguaggio più efficace, secondo alcuni dei parametri più importanti della progettazione e della ricerca artistica elettronica contemporanea. Gestione dei tempi, rapporto con lo spazio, equilibri cromatici e formali, coerenza progettuale e compositiva, sincronia audiovisiva, sinestesia. La capacità di creare un ambiente multisensoriale che si distacchi radicalmente da “ciò che sta fuori”; un mondo a parte, fortemente esperienziale, una cesura netta con le possibilità percettive abituali, sono elementi che fanno di op7 una delle poche opere realmente mix-mediali in circolazione, in grado di esprimersi con eguale efficacia indipendentemente dal contesto in cui viene presentata. E citando le parole di Orgone, membro attivo del collettivo otolab: “La ricerca può avvenire in molte dimensioni, e può anche approfondire immaginari invece che scenari; delineare con sempre maggior precisione delle visioni e “materializzarle” con eleganza può essere un obiettivo interessantissimo. Ma sono, secondo me, tutte occasioni nelle quali si indaga esclusivamente sulla variazione estetica senza andare a intaccare la forma-tipo; la raffinatezza del lavoro diviene l'obiettivo principale. Molto più rare sono, invece, quelle performance nelle quali l'influsso disciplinare del design viene utilizzato come strumento per lavorare su qualcos'altro.”
18
gennaio 2008
Otolab – Op7: la ricerca dell’orizzonte audiovisivo
18 gennaio 2008
incontro - conferenza
Location
BIBLIOTECA CAVERSAZZI
Bergamo, Via Torquato Tasso, 4, (Bergamo)
Bergamo, Via Torquato Tasso, 4, (Bergamo)
Vernissage
18 Gennaio 2008, ore 19
Sito web
www.trafficgallery.org
Autore
Curatore