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Ottavio Pinarello – Profili, dal colore al bianco e nero
Nello storico spazio espositivo di Ca’ Lozzio (Oderzo, Treviso), già diretto da Gina Roma e ora sotto la direzione artistica di Cesco Magnolato, una nuova personale del pittore e fotografo Ottavio Pinarello
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Lo storico spazio espositivo di Ca' Lozzio (Oderzo),
già diretto in passato da Gina Roma e attualmente
sotto la direzione artistica di Cesco Magnolato,
presenta
"Ottavio Pinarello - Profili, dal colore al bianco e nero”
Mostra personale, dal 13 gennaio al 10 febbraio 2019
(aperto dal mercoledì alla domenica, dalle 15.00 alle 24.00)
Inaugurazione domenica 13 gennaio, dalle ore 11.00
Testo critico e presentazione di Diego A. Collovini
"Dal colore al bianco e nero" potrebbe essere un suggerimento per una lettura a ritroso della storia della fotografia o un originale, per l'artista, passaggio da una pittura cromatica al disegno. Potrebbe, se solo i due linguaggi in Pinarello fossero distinti e autonomi, ma poiché non lo sono, in quanto entrambi – soprattutto nelle ultime produzioni – strutturano il linguaggio espressivo dell'artista padovano, il suggerimento va nella direzione dell'individuazione di un comune denominatore. La luce. La luce è il tema della pittura, del disegno con il quale le idee prendono forma, assumono sostanza, si fanno volume; la luce in fotografia è essenziale affinché esista l'immagine e perché la rètina della macchina fotografica venga impressa. I linguaggi nelle opere di Pinarello si distinguono esclusivamente per il loro utilizzo, per il loro essere comunque una parte irrinunciabile dell'opera. Dal semplice contrasto tra bianco e nero dei profili/ritratti, ai giochi di profondità cromatica e prospettica di altre opere, come Scacco o ancora nei vari Profili nell’astrazione in rosso, Profili nell’astrazione in giallo, ecc. Un primo dialogo tra colore e materia si manifesta ne Il profilo e la sabbia (in rosso) del 2007. In quest'opera di sola pittura è percepibile la strutturazione di una figura più realista, più attenta all'effetto percettivo, ulteriormente rafforzata dalla vibrazione materico-cromatica. Un'apertura dunque alla duplice visione e interpretazione della realtà; da un lato l'immaginazione, propria della pittura, dall'altro la realtà che appartiene alla fotografia. Due aspetti che si avvicendano nel tempo, un alternarsi dell'azione temporale e meditativa della pittura con l'immediatezza della fotografia. "Tramite l'immagine fotografica voglio rappresentare ciò che non si vede ma si avverte all'interno dell'anima, mentre i profili pittorici, che la contengono o la osservano, possono rappresentare la realtà esteriore" Con queste parole l'artista ci introduce nel suo modo di vedere la realtà e nel suo modo di riproporcela, per cui non si limita alla semplice rappresentazione del profilo umano, ma ne enfatizza l'aspetto traslato e simbolico, concettualizzandolo per guardare alla realtà, non certo con lo spirito dell'identificazione della forma, ma con quello dell'interiorità, della sensazione, dell'intima percezione. La creatività ci appare quindi sostenuta da quell'immaginazione che nelle idee si identifica come possibilità di essere in un modo piuttosto che in un altro. Se poi si tratta di fotografia, ci sembra ancor più difficile pensare che ciò che l'artista riprende non possa appartenere alla realtà, a quella luce che ha illuminato e originato il soggetto dell'opera in un preciso momento. Per far dialogare realtà e immaginazione, Pinarello si avvale dell'astrazione, quel processo che, pur vivendo nel mondo chiuso nel sensibile, permette di pensare all'infinito. Ecco dunque l'artista estraniare l'oggetto dalla sua realtà, dal suo stato di esistenza materiale, per porlo sul piano della percezione, a volte comune con lo spettatore, altre soggettivamente più intima. Profilo dunque come interpretazione del sé, come essenza di un personale essere nel mondo sensibile; profilo senza identità, figura pura e impersonale che pur appartiene al mondo finito, quel mondo che Pinarello relega nel vuoto, nel buio dello sfondo, nell'assenza totale di luce, in quel buio dove ogni fotografia si rende impossibile, ma rende attuale ogni possibilità della pittura. Se dunque da un lato il profilo fotografico pone in evidenza il visibile, la pittura prima con il colore, ora con il nero (che, come il bianco, non è un colore; bianco presenza assoluta di luce, nero assenza totale di luce) nasconde ogni identità concreta, ponendo il ritratto/profilo in uno stato di sospensione, estraneo ad ogni collocazione realistica. Attraverso la luce Pinarello alterna percezione reale e immaginazione del reale. Questa ci appare essere l'azione che guida l'artista: la ricerca della realtà come percettiva sensazione dell'essere e del suo manifestarsi come forma o nel suo sgretolarsi, per poi farsi nuovamente immaginazione, corpo che si perde in quello spazio nel quale prima si è affermato. Credo che la creatività di Ottavio Pinarello, artista particolarmente riflessivo e sintetico nelle sue opere, abbia compiuto un percorso ellittico al tema dell'essere che sta al centro del suo lavoro; a volte avvicinandosi nell'esaltare l'aspetto materiale – nel caso dei ritratti – a volte allontanandosi preferendo l'idea e la sua concettualizzazione. Certo che il dialogo tra la recente opera Fusione... (in nero) del 2018 e Il buio, l'acqua, la luce... del 2007 si articola nella dialettica del dis-farsi e del ri-farsi. Se nell'opera del 2007 la luce scendendo dall'alto origina, nel suo contrasto di luce, il profilo, lo stesso profilo divenuto ritratto nella Fusione sgretolandosi ritorna materia, per alienarsi nell'infinito, ritornando esclusivamente idea. Resta la luce o la sua assenza che nasconde o manifesta ogni materialità percettiva. Cosicché le opere di Pinarello non hanno né spazio né tempo; ogni realtà viene nascosta, ogni storia che ricostruisce le immagini si perde nel vuoto e rimane solo il profilo come puro atto fenomenologico. (Diego A. Collovini, nel mese di dicembre 2018)
Ottavio Pinarello (Padova, 1971), è pittore e fotografo. Nelle sue opere, tramite l’uso particolarmente forte del simbolo stilizzato del profilo umano, inserito in scenari tra l’informale e il metafisico, si addentra nel complesso ambito dell’indagine concettuale. Oltre a lavori strettamente pittorici realizza tele in cui attua una commistione di pittura e fotografia, creando un gioco di scambio di ruoli tra realtà pittorica e fotografica. Pinarello, che ha collaborato anche col critico Gillo Dorfles (con cui ha tenuto diverse presentazioni) e tra l’altro, per molti anni, col recentemente scomparso Paolo Barozzi (già assistente personale di Peggy Guggenheim e noto gallerista), ha esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero in gallerie e spazi istituzionali, come quelle al Museo d’Arte Moderna MUSINF (2012) e al Museo MD’N (2013) nelle Marche o la retrospettiva che gli hanno dedicato il Comune e i Musei Civici di Padova (2015), e in esposizioni come Arte Padova, l’Arte Fiera di Bologna, o come Open, la rassegna internazionale collaterale della Biennale di Venezia e della Mostra del Cinema. Le sue tele, oggetto di numerose pubblicazioni nel corso degli anni, sono presenti in diverse collezioni private e museali, nel 2016 anche la Fondazione Cini di Venezia ha acquisito sue opere. Oltre ad aver realizzato numerosi scritti e articoli sul mondo dell’arte e i suoi personaggi, Ottavio Pinarello è autore del libro fotografico “Paolo Barozzi, una passione per l’arte”, con la prefazione di Gillo Dorfles, un volume pubblicato nel 2011 oggetto di numerose presentazioni, dalla Biennale di Venezia, allo Spazio Krizia a Milano.
già diretto in passato da Gina Roma e attualmente
sotto la direzione artistica di Cesco Magnolato,
presenta
"Ottavio Pinarello - Profili, dal colore al bianco e nero”
Mostra personale, dal 13 gennaio al 10 febbraio 2019
(aperto dal mercoledì alla domenica, dalle 15.00 alle 24.00)
Inaugurazione domenica 13 gennaio, dalle ore 11.00
Testo critico e presentazione di Diego A. Collovini
"Dal colore al bianco e nero" potrebbe essere un suggerimento per una lettura a ritroso della storia della fotografia o un originale, per l'artista, passaggio da una pittura cromatica al disegno. Potrebbe, se solo i due linguaggi in Pinarello fossero distinti e autonomi, ma poiché non lo sono, in quanto entrambi – soprattutto nelle ultime produzioni – strutturano il linguaggio espressivo dell'artista padovano, il suggerimento va nella direzione dell'individuazione di un comune denominatore. La luce. La luce è il tema della pittura, del disegno con il quale le idee prendono forma, assumono sostanza, si fanno volume; la luce in fotografia è essenziale affinché esista l'immagine e perché la rètina della macchina fotografica venga impressa. I linguaggi nelle opere di Pinarello si distinguono esclusivamente per il loro utilizzo, per il loro essere comunque una parte irrinunciabile dell'opera. Dal semplice contrasto tra bianco e nero dei profili/ritratti, ai giochi di profondità cromatica e prospettica di altre opere, come Scacco o ancora nei vari Profili nell’astrazione in rosso, Profili nell’astrazione in giallo, ecc. Un primo dialogo tra colore e materia si manifesta ne Il profilo e la sabbia (in rosso) del 2007. In quest'opera di sola pittura è percepibile la strutturazione di una figura più realista, più attenta all'effetto percettivo, ulteriormente rafforzata dalla vibrazione materico-cromatica. Un'apertura dunque alla duplice visione e interpretazione della realtà; da un lato l'immaginazione, propria della pittura, dall'altro la realtà che appartiene alla fotografia. Due aspetti che si avvicendano nel tempo, un alternarsi dell'azione temporale e meditativa della pittura con l'immediatezza della fotografia. "Tramite l'immagine fotografica voglio rappresentare ciò che non si vede ma si avverte all'interno dell'anima, mentre i profili pittorici, che la contengono o la osservano, possono rappresentare la realtà esteriore" Con queste parole l'artista ci introduce nel suo modo di vedere la realtà e nel suo modo di riproporcela, per cui non si limita alla semplice rappresentazione del profilo umano, ma ne enfatizza l'aspetto traslato e simbolico, concettualizzandolo per guardare alla realtà, non certo con lo spirito dell'identificazione della forma, ma con quello dell'interiorità, della sensazione, dell'intima percezione. La creatività ci appare quindi sostenuta da quell'immaginazione che nelle idee si identifica come possibilità di essere in un modo piuttosto che in un altro. Se poi si tratta di fotografia, ci sembra ancor più difficile pensare che ciò che l'artista riprende non possa appartenere alla realtà, a quella luce che ha illuminato e originato il soggetto dell'opera in un preciso momento. Per far dialogare realtà e immaginazione, Pinarello si avvale dell'astrazione, quel processo che, pur vivendo nel mondo chiuso nel sensibile, permette di pensare all'infinito. Ecco dunque l'artista estraniare l'oggetto dalla sua realtà, dal suo stato di esistenza materiale, per porlo sul piano della percezione, a volte comune con lo spettatore, altre soggettivamente più intima. Profilo dunque come interpretazione del sé, come essenza di un personale essere nel mondo sensibile; profilo senza identità, figura pura e impersonale che pur appartiene al mondo finito, quel mondo che Pinarello relega nel vuoto, nel buio dello sfondo, nell'assenza totale di luce, in quel buio dove ogni fotografia si rende impossibile, ma rende attuale ogni possibilità della pittura. Se dunque da un lato il profilo fotografico pone in evidenza il visibile, la pittura prima con il colore, ora con il nero (che, come il bianco, non è un colore; bianco presenza assoluta di luce, nero assenza totale di luce) nasconde ogni identità concreta, ponendo il ritratto/profilo in uno stato di sospensione, estraneo ad ogni collocazione realistica. Attraverso la luce Pinarello alterna percezione reale e immaginazione del reale. Questa ci appare essere l'azione che guida l'artista: la ricerca della realtà come percettiva sensazione dell'essere e del suo manifestarsi come forma o nel suo sgretolarsi, per poi farsi nuovamente immaginazione, corpo che si perde in quello spazio nel quale prima si è affermato. Credo che la creatività di Ottavio Pinarello, artista particolarmente riflessivo e sintetico nelle sue opere, abbia compiuto un percorso ellittico al tema dell'essere che sta al centro del suo lavoro; a volte avvicinandosi nell'esaltare l'aspetto materiale – nel caso dei ritratti – a volte allontanandosi preferendo l'idea e la sua concettualizzazione. Certo che il dialogo tra la recente opera Fusione... (in nero) del 2018 e Il buio, l'acqua, la luce... del 2007 si articola nella dialettica del dis-farsi e del ri-farsi. Se nell'opera del 2007 la luce scendendo dall'alto origina, nel suo contrasto di luce, il profilo, lo stesso profilo divenuto ritratto nella Fusione sgretolandosi ritorna materia, per alienarsi nell'infinito, ritornando esclusivamente idea. Resta la luce o la sua assenza che nasconde o manifesta ogni materialità percettiva. Cosicché le opere di Pinarello non hanno né spazio né tempo; ogni realtà viene nascosta, ogni storia che ricostruisce le immagini si perde nel vuoto e rimane solo il profilo come puro atto fenomenologico. (Diego A. Collovini, nel mese di dicembre 2018)
Ottavio Pinarello (Padova, 1971), è pittore e fotografo. Nelle sue opere, tramite l’uso particolarmente forte del simbolo stilizzato del profilo umano, inserito in scenari tra l’informale e il metafisico, si addentra nel complesso ambito dell’indagine concettuale. Oltre a lavori strettamente pittorici realizza tele in cui attua una commistione di pittura e fotografia, creando un gioco di scambio di ruoli tra realtà pittorica e fotografica. Pinarello, che ha collaborato anche col critico Gillo Dorfles (con cui ha tenuto diverse presentazioni) e tra l’altro, per molti anni, col recentemente scomparso Paolo Barozzi (già assistente personale di Peggy Guggenheim e noto gallerista), ha esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero in gallerie e spazi istituzionali, come quelle al Museo d’Arte Moderna MUSINF (2012) e al Museo MD’N (2013) nelle Marche o la retrospettiva che gli hanno dedicato il Comune e i Musei Civici di Padova (2015), e in esposizioni come Arte Padova, l’Arte Fiera di Bologna, o come Open, la rassegna internazionale collaterale della Biennale di Venezia e della Mostra del Cinema. Le sue tele, oggetto di numerose pubblicazioni nel corso degli anni, sono presenti in diverse collezioni private e museali, nel 2016 anche la Fondazione Cini di Venezia ha acquisito sue opere. Oltre ad aver realizzato numerosi scritti e articoli sul mondo dell’arte e i suoi personaggi, Ottavio Pinarello è autore del libro fotografico “Paolo Barozzi, una passione per l’arte”, con la prefazione di Gillo Dorfles, un volume pubblicato nel 2011 oggetto di numerose presentazioni, dalla Biennale di Venezia, allo Spazio Krizia a Milano.
13
gennaio 2019
Ottavio Pinarello – Profili, dal colore al bianco e nero
Dal 13 gennaio al 10 febbraio 2019
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CA’ LOZZIO
Oderzo, Via Maggiore Di Piavon, 23, (Treviso)
Oderzo, Via Maggiore Di Piavon, 23, (Treviso)
Orario di apertura
dal mercoledì alla domenica, dalle 15.00 alle 24.00
Vernissage
13 Gennaio 2019, ore 11
Autore
Curatore