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Pablo Echaurren – Difforme
La mostra raccoglie alcuni dei lavori dedicati ai “mohicani romani”, una serie di tele inedite nate – come Pablo in una recente intervista ci ha raccontato – “per cancellare delle scritte fatte contro di me”. In mostra anche una serie di collage di recentissima produzione e lo “striscione” Liberté Egualité Elettricité realizzato per il presidio organizzato in occasione della prima udienza del processo contro Metropoliz, l’occupazione abitativa che ospita il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove
Comunicato stampa
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L’anno che sta per cominciare si appresta a ricordare tre date storiche, legate, mi si perdonerà il gioco
di parole, da un filo “rosso”: il centenario della rivoluzione d’Ottobre, la nascita del Situazionismo e,
non ultimo, il quarantennale del 1977, l’anno nono (dal 1968) che Pablo Echaurren, artista “impegnato”,
anche se mai allineato e conforme, cosi ricordava: “Era il 1977, tutt’intorno la città bruciava sconvolta
da gruppuscoli di rivoltosi, corpi speciali camuffati da pischelli, generici street fighting man, schegge
impazzite sfuggite di mano a questo e quello. La piazza era un vivaio talmente agitato e intorbidato da
ospitare ogni genere di deformazione impolitica: squinternazionalisti, trasversalisti, indiani
metropolitani & altro”. Pablo getta il pennello alle ortiche e impugna il pennarello dell’agit-pop, anche
se il suo rifiuto dell’arte dura poco più di un anno. Nonostante la parola “artista” infastidisca Pablo
anche oggi - divide gli esseri umani, dice, in due categorie, gli artisti e i non artisti (ma questo vale per
qualunque professione, la professione di meccanico dividendo il mondo tra meccanici e non
meccanici... e infatti anche “professione” non piace a Pablo) - dall’arte Echaurren non si è mai
separato, anche se sono pochi quelli che, come lui, l’hanno praticata in modi tanto diversi, e, agli occhi
di qualcuno, perfino inconciliabili, unendo l’alto e il basso, la cultura delle élite più intellettuali e quella
popolare e underground. Tutta la produzione di Pablo Echaurren può essere ricondotta ai principi
enunciati in un quaderno del 1977: “Siamo autonomi perché non ci piacciono le gabbie, le dipendenze, le
ingerenze. Non abbiamo guide spirituali né muscolari. Siamo senza collari, senza paraocchi, senza
para-ginocchi (ce li sbucciamo spesso, giocando, cadendo, inciampando). Saltelliamo da un
compartimento all’altro senza incasellamento. Ci va stretta ogni definizione. Anche ‘indiani
metropolitani’ è uno schema scemo, uno stereotipo, un dagherrotipo. Usciamo dalle riserve,
scavalchiamo i fili e i fossati che vorrebbero contenerci e controllarci... L’identità la cambiamo ogni
mattina quando ci svegliamo, la buttiamo via ogni sera quando ci addormentiamo. Non ci
assoggettiamo. Amiamo. Questo è il nostro modo di essere autonomi...”. Istanza anti-identitaria che
mentre fa dire a Pablo di essere duchampiano permette a Echaurren di farsi picassiano... Pablo vs
Echaurren, con uno che fa una cosa e l’altro che sempre a nega, per rifarla subito dopo: “io dico
Pablob! Cioé sono come un blob, che assorbe tutto, non sempre bene ovviamente, ma non credo che
l’arte sia un fine penso che sia solo un mezzo, un paio di occhiali che uno si mette per orientarsi nelle
nebbie”.
La mostra che si inaugura il 18 dicembre a Formello, nell’ambito delle attività del DIF, che tra gli artisti
in collezione già vanta un’opera di Echaurren, raccoglie alcuni dei lavori dedicati ai “mohicani
romani”, una serie di tele inedite nate - come Pablo in una recente intervista ci ha raccontato - “per
cancellare delle scritte fatte contro di me. Qualcuno quando feci una mostra al Chiostro del Bramante
scrisse sui muri del Lungotevere qui intono (credo anche di sapere chi sia stato!) ‘Echaurren artista di
regime’, falce e martello. Ed è intervenuto qualcun altro a cancellare ‘di regime’ e la falce e martello...
quindi rimase solo Echaurren artista. Mi è piaciuto l’intervento di quello che ha cancellato... Io non
sono per le affermazioni apodittiche e le scritte murali tendono ad essere apodittiche... Ce ne sono di
creative e bellissime, ma la maggioranza sono abbastanza idiote. Quindi tutti quelle che le cancellano,
in fondo, fanno bene e poi, cancellate, assumono delle forme estetiche a volte molto interessanti. Anche
se devo dire che nel riprendere questa idea della cancellazione delle scritte c’è proprio la voglia di
superare il muro contro muro, che le genera, e forse anche quella di superare il muro in quanto tale, la
divisione in sé”.
In mostra anche una serie di collage di recentissima produzione e lo “striscione” Liberté Egualité
Elettricité realizzato per il presidio organizzato in occasione della prima udienza del processo contro
Metropoliz, l’occupazione abitativa che ospita il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove.
Pablo Echaurren (nato a Roma nel 1951) frequenta l’ultimo anno di liceo classico quando, attraverso Gianfranco Baruchello, entra in
contatto con il critico e gallerista milanese Arturo Schwarz, patron del dadasurrealismo in Italia, che comincia a comprargli le prime
opere.
Intorno al 1970 ha già messo a punto una propria cifra stilistica, realizzando i primi «quadratini», acquerelli e smalti di piccole
dimensioni.
Tra il 1973 e il 1975 espone a Basilea, Philadephia, Zurigo, Berlino, New York, Bruxelles e nel 1975 è invitato alla Biennale di Parigi.
Nel 1976 utilizza la formula dei «quadratini» per l’immagine di copertina dei volumi della casa editrice di estrema sinistra
Savelli di cui Porci con le ali resta una sorta di icona generazionale.
Partecipa all’esperienza dei cosiddetti «indiani metropolitani», la corrente ironica e creativa del movimento giovanile sorto
nel 1977. Oggi il materiale di Pablo connesso con l’esperienza con gli “indiani” è raccolto presso il Beinecke Library
dell’Univeristà di Yale.
Dagli anni ’80 la sua produzione si distingue sempre più per una contaminazione di alto e basso, di arte pura e arte
applicata, nella convinzione che non vi siano confini tra generi espressivi. Ceramica, fumetto, scrittura, pittura, collage,
video, foto, tutto serve all’artista per esprimere la sua visione della realtà.
Le ultime mostre sono state tutte allestite in spazi pubblici e museali: Chiostro del Bramante, Roma (2004), Magazzini del Sale, Siena
(2008),
Auditorium Parco della musica, Roma (2006 e 2009), MACRO, Roma (2011), Palazzo Cipolla-museo Fondazione, Roma (2010-2011),
MAR, Ravenna (2011), Fondazione Querini Stampalia, Venezia (2013), Estorick Collection, Londra (2014), GNAM Galleria Nazionale d’arte
moderna,
Roma (2015-2016), Museo Nacional de Bellas Artes MNBA, Santiago de Chile (2016), Museo de Arte Contemporáneo MAC, Santiago de Chile
(2016).
di parole, da un filo “rosso”: il centenario della rivoluzione d’Ottobre, la nascita del Situazionismo e,
non ultimo, il quarantennale del 1977, l’anno nono (dal 1968) che Pablo Echaurren, artista “impegnato”,
anche se mai allineato e conforme, cosi ricordava: “Era il 1977, tutt’intorno la città bruciava sconvolta
da gruppuscoli di rivoltosi, corpi speciali camuffati da pischelli, generici street fighting man, schegge
impazzite sfuggite di mano a questo e quello. La piazza era un vivaio talmente agitato e intorbidato da
ospitare ogni genere di deformazione impolitica: squinternazionalisti, trasversalisti, indiani
metropolitani & altro”. Pablo getta il pennello alle ortiche e impugna il pennarello dell’agit-pop, anche
se il suo rifiuto dell’arte dura poco più di un anno. Nonostante la parola “artista” infastidisca Pablo
anche oggi - divide gli esseri umani, dice, in due categorie, gli artisti e i non artisti (ma questo vale per
qualunque professione, la professione di meccanico dividendo il mondo tra meccanici e non
meccanici... e infatti anche “professione” non piace a Pablo) - dall’arte Echaurren non si è mai
separato, anche se sono pochi quelli che, come lui, l’hanno praticata in modi tanto diversi, e, agli occhi
di qualcuno, perfino inconciliabili, unendo l’alto e il basso, la cultura delle élite più intellettuali e quella
popolare e underground. Tutta la produzione di Pablo Echaurren può essere ricondotta ai principi
enunciati in un quaderno del 1977: “Siamo autonomi perché non ci piacciono le gabbie, le dipendenze, le
ingerenze. Non abbiamo guide spirituali né muscolari. Siamo senza collari, senza paraocchi, senza
para-ginocchi (ce li sbucciamo spesso, giocando, cadendo, inciampando). Saltelliamo da un
compartimento all’altro senza incasellamento. Ci va stretta ogni definizione. Anche ‘indiani
metropolitani’ è uno schema scemo, uno stereotipo, un dagherrotipo. Usciamo dalle riserve,
scavalchiamo i fili e i fossati che vorrebbero contenerci e controllarci... L’identità la cambiamo ogni
mattina quando ci svegliamo, la buttiamo via ogni sera quando ci addormentiamo. Non ci
assoggettiamo. Amiamo. Questo è il nostro modo di essere autonomi...”. Istanza anti-identitaria che
mentre fa dire a Pablo di essere duchampiano permette a Echaurren di farsi picassiano... Pablo vs
Echaurren, con uno che fa una cosa e l’altro che sempre a nega, per rifarla subito dopo: “io dico
Pablob! Cioé sono come un blob, che assorbe tutto, non sempre bene ovviamente, ma non credo che
l’arte sia un fine penso che sia solo un mezzo, un paio di occhiali che uno si mette per orientarsi nelle
nebbie”.
La mostra che si inaugura il 18 dicembre a Formello, nell’ambito delle attività del DIF, che tra gli artisti
in collezione già vanta un’opera di Echaurren, raccoglie alcuni dei lavori dedicati ai “mohicani
romani”, una serie di tele inedite nate - come Pablo in una recente intervista ci ha raccontato - “per
cancellare delle scritte fatte contro di me. Qualcuno quando feci una mostra al Chiostro del Bramante
scrisse sui muri del Lungotevere qui intono (credo anche di sapere chi sia stato!) ‘Echaurren artista di
regime’, falce e martello. Ed è intervenuto qualcun altro a cancellare ‘di regime’ e la falce e martello...
quindi rimase solo Echaurren artista. Mi è piaciuto l’intervento di quello che ha cancellato... Io non
sono per le affermazioni apodittiche e le scritte murali tendono ad essere apodittiche... Ce ne sono di
creative e bellissime, ma la maggioranza sono abbastanza idiote. Quindi tutti quelle che le cancellano,
in fondo, fanno bene e poi, cancellate, assumono delle forme estetiche a volte molto interessanti. Anche
se devo dire che nel riprendere questa idea della cancellazione delle scritte c’è proprio la voglia di
superare il muro contro muro, che le genera, e forse anche quella di superare il muro in quanto tale, la
divisione in sé”.
In mostra anche una serie di collage di recentissima produzione e lo “striscione” Liberté Egualité
Elettricité realizzato per il presidio organizzato in occasione della prima udienza del processo contro
Metropoliz, l’occupazione abitativa che ospita il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove.
Pablo Echaurren (nato a Roma nel 1951) frequenta l’ultimo anno di liceo classico quando, attraverso Gianfranco Baruchello, entra in
contatto con il critico e gallerista milanese Arturo Schwarz, patron del dadasurrealismo in Italia, che comincia a comprargli le prime
opere.
Intorno al 1970 ha già messo a punto una propria cifra stilistica, realizzando i primi «quadratini», acquerelli e smalti di piccole
dimensioni.
Tra il 1973 e il 1975 espone a Basilea, Philadephia, Zurigo, Berlino, New York, Bruxelles e nel 1975 è invitato alla Biennale di Parigi.
Nel 1976 utilizza la formula dei «quadratini» per l’immagine di copertina dei volumi della casa editrice di estrema sinistra
Savelli di cui Porci con le ali resta una sorta di icona generazionale.
Partecipa all’esperienza dei cosiddetti «indiani metropolitani», la corrente ironica e creativa del movimento giovanile sorto
nel 1977. Oggi il materiale di Pablo connesso con l’esperienza con gli “indiani” è raccolto presso il Beinecke Library
dell’Univeristà di Yale.
Dagli anni ’80 la sua produzione si distingue sempre più per una contaminazione di alto e basso, di arte pura e arte
applicata, nella convinzione che non vi siano confini tra generi espressivi. Ceramica, fumetto, scrittura, pittura, collage,
video, foto, tutto serve all’artista per esprimere la sua visione della realtà.
Le ultime mostre sono state tutte allestite in spazi pubblici e museali: Chiostro del Bramante, Roma (2004), Magazzini del Sale, Siena
(2008),
Auditorium Parco della musica, Roma (2006 e 2009), MACRO, Roma (2011), Palazzo Cipolla-museo Fondazione, Roma (2010-2011),
MAR, Ravenna (2011), Fondazione Querini Stampalia, Venezia (2013), Estorick Collection, Londra (2014), GNAM Galleria Nazionale d’arte
moderna,
Roma (2015-2016), Museo Nacional de Bellas Artes MNBA, Santiago de Chile (2016), Museo de Arte Contemporáneo MAC, Santiago de Chile
(2016).
18
dicembre 2016
Pablo Echaurren – Difforme
Dal 18 dicembre 2016 al 06 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
MUSEO DELL’AGRO VEIENTANO – PALAZZO CHIGI
Formello, Piazza San Lorenzo, 7, (Roma)
Formello, Piazza San Lorenzo, 7, (Roma)
Orario di apertura
mart e giov - ore 10-12/16-18
sab 24 e 31 dic - ore 10-12
6 gennaio - ore 10-12/16-18
Vernissage
18 Dicembre 2016, h 12
Autore
Curatore