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Paola Foppiani – Coincidenze e destini
Paola Foppiani scultrice che vive e lavora a Piacenza, espone le sue opere in terracotta patinata in nero e policrome.
Comunicato stampa
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Paola Foppiani scultrice che vive e lavora a Piacenza, espone le sue opere in terracotta patinata in nero e policrome. Attraverso la ricerca formale e cromatica l'artista piacentina riesce a trasferire sulla materia le tensioni interiori dei suoi personaggi; la"scena" così creata restituisce gli atteggiamenti dei personaggi che interagiscono tra loro con forte impatto emotivo o di curiosa e ficcante ironia. La mostra di Paola Foppiani rimarrà visitabile fino a Domenica 27 marzo 2005.
Morbide e sensuali, chiacchierone e solitarie, iperrealistiche e sfaldate, le intriganti creature di Paola Foppiani catturano lo spettatore coinvolgendolo nella loro storia personale. Costituiscono una piccola folla plasmata nella terracotta che in primo luogo attira per le sue valenze cromatiche.
A un primo colpo d’occhio le sculture della Foppiani si possono infatti dividere in due categorie, quelle nere e quelle colorate. Più eleganti e raffinate quelle dipinte di nero, più leziose e descrittive quelle colorate. Una dicotomia da sempre presente nel lavoro della giovane scultrice piacentina, che da anni porta avanti, in parallelo, questi due registri espressivi.
A essere rivestite di una vivace policromia sono soprattutto le donne, donne gioiose e tenere, sicure e soddisfatte nella loro femminilità esibita e trionfante, in cui viene voglia di tuffarsi. L’uomo, che appare raramente, è invece sempre caratterizzato da colori scuri: rannicchiato in posizione fetale, sofferente e timoroso, con lo sguardo terrorizzato e l’espressione contrita, rappresenta l’altra sfera dell’umanità, quella più drammaticamente vicina alla plastica di Medardo Rosso e Rodin. Eternato in un dolore universale, è una figura dalla scultorea essenzialità che vive in una dimensione atemporale.
Al contrario, la donna è calata in una quotidianità minuscola e dettagliata, fatta di piccole cose. Ama chiacchierare con le amiche, indulgere in pettegolezzi e frivolezze. La vediamo quindi in una dimensione domestica, intenta in convenevoli borghesi con il cappellino calato sulla testa e la borsetta stretta tra le dita. La vediamo poi, civettuola e con le gambe accavallate, scambiarsi confidenze con le vicine di casa. E ancora, appesantita dagli anni che passano, bionda e avvolta in imbarazzanti abiti color confetto, conversare amabilmente con l’amica, mollemente appoggiata sul divano.
"In tutte le mie sculture -spiega Paola- c’è un riflesso del mio vissuto. Sono tutti flash di destini che si sono incrociati con il mio, in questa vita o forse in una precedente. Queste donnine pettegole ricordano le contadine che da piccola incontravo per strada. Sono sempre inserite in un preciso contesto, spaziale e temporale. La loro epoca sono infatti gli anni Venti e Trenta, periodo che adoro e a cui riconduco il loro abbigliamento. Mio papà, che era il noto pittore piacentino Gustavo Foppiani, maestro del Fantastico padano, era un collezionista di oggetti antichi, e nei suoi cassetti segreti ho ritrovato tanti oggetti di quegli anni, dai libri, ai rossetti, alle ciprie".
Ogni opera nasce dunque da una serie di coincidenze particolari, in cui ha sempre un forte peso l’aspetto autobiografico. Nella scultura intitolata Io, ad esempio, è la stessa scultrice quella donna sensuale che cavalca il possente animale, simbolo del suo segno zodiacale: "Ho un occhio aperto e uno chiuso -spiega l’artista- perché da una parte ho voglia di lottare, di domare la vita, di vedere chi vincerà, ma dall’altra ho anche una terribile paura".
La paura di chi ha consapevolezza che la vita è fatta anche di dolore e sofferenza, come ben sa anche la Partigiana, una donna che ha lottato tanto ma che ora, fiera, continua a guardare avanti. Anche L’Indiana nasconde una storia personale, forse, dice la scultrice, legata a una sua vita passata. "Dentro di me c’è una forte componente selvaggia -racconta Paola-: a volte mi piace mangiare con le mani, camminare scalza, e, pur desiderando una vita agiata e stabile, comprendo la vita dei senzatetto, e li amo moltissimo, tanto che ho appena finito una scultura dedicata a un noto barbone di Piacenza. Da piccola giocavo spesso a ‘fare la barbona’: immaginavo che la casa fosse allagata e per mezza giornata me ne stavo rannicchiata sul divano con una bambola da accudire e alcune provviste".
Ma il bisogno di certezze e stabilità è comunque irrinunciabile, ed ecco, nella scultura dedicata al noto architetto Terragni, esponente del razionalismo italiano, un’umanità che disperatamente cerca la salvezza ancorandosi a un edificio stilizzato, simbolo della sicurezza domestica.
Echi del primitivismo espressionista di Marino Marini sembrano invece emergere in alcune sculture dedicate al tema del teatro e della commedia umana, come nell’opera Manichino. "Nella vita riconosco subito chi recita, chi finge, chi vuole apparire come non è -spiega-. Non sopporto le persone che si mettono le maschere, e questa opera rappresenta un inno alla maschera sincera, denudata: infatti si distingue da tutte le altre perché è bianca".
Irruenta e vivace, travolgente nel suo vortice vitale, Paola Foppiani è così, come si racconta attraverso le sue sculture, che rappresentano la sua visione del mondo. Un mondo in cui c’è bisogno di serietà ma anche di tanta ironia, come racconta la sua scultura intitolata Uovo e scarpa, dall’intenso sapore casoratiano: una donna sembra soppesare su un tavolo un uovo e una scarpa. Mentre il primo oggetto rappresenta la vita pratica, i bisogni primari, il secondo è simbolo di una frivolezza sentita comunque come rassicurante e necessaria.
Morbide e sensuali, chiacchierone e solitarie, iperrealistiche e sfaldate, le intriganti creature di Paola Foppiani catturano lo spettatore coinvolgendolo nella loro storia personale. Costituiscono una piccola folla plasmata nella terracotta che in primo luogo attira per le sue valenze cromatiche.
A un primo colpo d’occhio le sculture della Foppiani si possono infatti dividere in due categorie, quelle nere e quelle colorate. Più eleganti e raffinate quelle dipinte di nero, più leziose e descrittive quelle colorate. Una dicotomia da sempre presente nel lavoro della giovane scultrice piacentina, che da anni porta avanti, in parallelo, questi due registri espressivi.
A essere rivestite di una vivace policromia sono soprattutto le donne, donne gioiose e tenere, sicure e soddisfatte nella loro femminilità esibita e trionfante, in cui viene voglia di tuffarsi. L’uomo, che appare raramente, è invece sempre caratterizzato da colori scuri: rannicchiato in posizione fetale, sofferente e timoroso, con lo sguardo terrorizzato e l’espressione contrita, rappresenta l’altra sfera dell’umanità, quella più drammaticamente vicina alla plastica di Medardo Rosso e Rodin. Eternato in un dolore universale, è una figura dalla scultorea essenzialità che vive in una dimensione atemporale.
Al contrario, la donna è calata in una quotidianità minuscola e dettagliata, fatta di piccole cose. Ama chiacchierare con le amiche, indulgere in pettegolezzi e frivolezze. La vediamo quindi in una dimensione domestica, intenta in convenevoli borghesi con il cappellino calato sulla testa e la borsetta stretta tra le dita. La vediamo poi, civettuola e con le gambe accavallate, scambiarsi confidenze con le vicine di casa. E ancora, appesantita dagli anni che passano, bionda e avvolta in imbarazzanti abiti color confetto, conversare amabilmente con l’amica, mollemente appoggiata sul divano.
"In tutte le mie sculture -spiega Paola- c’è un riflesso del mio vissuto. Sono tutti flash di destini che si sono incrociati con il mio, in questa vita o forse in una precedente. Queste donnine pettegole ricordano le contadine che da piccola incontravo per strada. Sono sempre inserite in un preciso contesto, spaziale e temporale. La loro epoca sono infatti gli anni Venti e Trenta, periodo che adoro e a cui riconduco il loro abbigliamento. Mio papà, che era il noto pittore piacentino Gustavo Foppiani, maestro del Fantastico padano, era un collezionista di oggetti antichi, e nei suoi cassetti segreti ho ritrovato tanti oggetti di quegli anni, dai libri, ai rossetti, alle ciprie".
Ogni opera nasce dunque da una serie di coincidenze particolari, in cui ha sempre un forte peso l’aspetto autobiografico. Nella scultura intitolata Io, ad esempio, è la stessa scultrice quella donna sensuale che cavalca il possente animale, simbolo del suo segno zodiacale: "Ho un occhio aperto e uno chiuso -spiega l’artista- perché da una parte ho voglia di lottare, di domare la vita, di vedere chi vincerà, ma dall’altra ho anche una terribile paura".
La paura di chi ha consapevolezza che la vita è fatta anche di dolore e sofferenza, come ben sa anche la Partigiana, una donna che ha lottato tanto ma che ora, fiera, continua a guardare avanti. Anche L’Indiana nasconde una storia personale, forse, dice la scultrice, legata a una sua vita passata. "Dentro di me c’è una forte componente selvaggia -racconta Paola-: a volte mi piace mangiare con le mani, camminare scalza, e, pur desiderando una vita agiata e stabile, comprendo la vita dei senzatetto, e li amo moltissimo, tanto che ho appena finito una scultura dedicata a un noto barbone di Piacenza. Da piccola giocavo spesso a ‘fare la barbona’: immaginavo che la casa fosse allagata e per mezza giornata me ne stavo rannicchiata sul divano con una bambola da accudire e alcune provviste".
Ma il bisogno di certezze e stabilità è comunque irrinunciabile, ed ecco, nella scultura dedicata al noto architetto Terragni, esponente del razionalismo italiano, un’umanità che disperatamente cerca la salvezza ancorandosi a un edificio stilizzato, simbolo della sicurezza domestica.
Echi del primitivismo espressionista di Marino Marini sembrano invece emergere in alcune sculture dedicate al tema del teatro e della commedia umana, come nell’opera Manichino. "Nella vita riconosco subito chi recita, chi finge, chi vuole apparire come non è -spiega-. Non sopporto le persone che si mettono le maschere, e questa opera rappresenta un inno alla maschera sincera, denudata: infatti si distingue da tutte le altre perché è bianca".
Irruenta e vivace, travolgente nel suo vortice vitale, Paola Foppiani è così, come si racconta attraverso le sue sculture, che rappresentano la sua visione del mondo. Un mondo in cui c’è bisogno di serietà ma anche di tanta ironia, come racconta la sua scultura intitolata Uovo e scarpa, dall’intenso sapore casoratiano: una donna sembra soppesare su un tavolo un uovo e una scarpa. Mentre il primo oggetto rappresenta la vita pratica, i bisogni primari, il secondo è simbolo di una frivolezza sentita comunque come rassicurante e necessaria.
05
marzo 2005
Paola Foppiani – Coincidenze e destini
Dal 05 al 27 marzo 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL CARBONE
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 17-20. Sabato e festivi 11-12,30 e 17-20, chiuso il martedì
Vernissage
5 Marzo 2005, ore 17
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