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Paola Ricci – lati_sognanti
La scultura è formalmente una delimitazione dello spazio. Chiudendone una parte, se n’evidenzia un’altra. E’ come se si marcasse una zona per porre in evidenza ciò che ne rimane al di fuori.
Comunicato stampa
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Light Sculptures.
Vi è una palpabile e sostanziale leggerezza nelle sculture di Paola Ricci che l’allestimento nel Grand Hotel di Firenze mette chiaramente in luce. La scultura è formalmente una delimitazione dello spazio. Chiudendone una parte, se n’evidenzia un’altra. E’ come se si marcasse una zona per porre in evidenza ciò che ne rimane al di fuori. Certamente da Boccioni in avanti lo spazio diventa sempre più aperto e la scultura, basti pensare a Calder, si fa leggera, da muoversi addirittura al soffio del vento, alla minima corrente d’aria.
Paola Ricci appartiene a questa linea light che in Italia ha avuto un grandissimo testimone in Fausto Melotti, grande scultore friulano, che sapeva creare incanti e magie anche con del semplice filo di ferro. Ma lei riesce anche ad andare oltre non solo la negazione del volume a favore di un più ampio concetto di spazio, ma ad inserire un elemento etereo: parliamo dell’aria. A guardare i suoi lavori, a percepirli come sensazione, prima ancora che per analisi, ci si rende conto che nelle sue trame è l’aria, spesso frammista alla luce, che resta dentro la l’infinita serie di percorsi del metallo e gli dà vita. Tecnicamente le sue sculture declinano più verso l’installazione e quindi verso un’interazione totale nei confronti dell’ambiente. L’artista compone delle forme secondo gli spazi e si mette in costante relazione con i luoghi.
Lo si vede chiaramente in questo caso in cui gli ambienti dell’Hotel vengono segna-lati da queste sculture apparentemente quasi smaterializzate, ma al contrario molto presenti nella loro leggerezza. E’ una sorta di paradosso perché proprio la loro discrezione, il loro appartarsi e fondersi con gli arredi, le luci, le funzionalità che un luogo come un albergo possiede, serve a sottolinearne la presenza. E’ questo è certamente un gioco di sapienza installativa. Paola Ricci non cerca di imporre una sua visione dello spazio, ma ne suggerisce delle possibilità. Ogni proposta diventa qualcosa che mette in evidenza proprio ciò che gli sta vicino e per converso tutto tende rapidamente ad un’unitarietà visiva che è uno degli aspetti migliori di questo lavoro.
Si tratta di avere di fronte delle forme astratte che diventano luce e aria e quindi si poggiano nell’ambiente. Non si cercano delle impossibili invasioni di campo, ma sono come delle sottolineature nella pagina descrittiva degli spazi pubblici. Queste sculture se da un lato possiedono una propria compiuta autonomia, dall’altro esistono proprio nella relazione in cui sono state poste dall’artista. E’ questo il gioco importante perché in questo modo non si tratta di una mostra di sculture in uno spazio non canonico come un albergo, ma si tratta di far diventare l’intero albergo una sorta di grande installazione dell’artista. Una scelta forte e consapevole che non diventa mai decorativa proprio per la personalità dei lavori, ma nello stesso tempo questa personalità diventa per lo spettatore una sorta di scoperta, un percorso di rivelazione che attraversa spazi magari più ampiamente conosciuti.
Allora si comprende anche perché Paola Ricci abbia così a lungo lavorato attorno a questo progetto: si trattava di conquistare una dimensione spaziale già fortemente determinata perché è chiaro che gli spazi funzionali in luoghi del genere sono già sovra codificati da segni che spesso sono già in eccesso. Compreso tutto questo l’artista ha cercato con grande sensibilità di portare le sue opere che sanno di aria e di nuvole, dentro un luogo chiuso, e in questo modo aprirlo, liberarlo, dargli un’apertura inconsueta e originale. Si è creata una regione di confine tra l’ambiente, le sculture, la luce che permette una rilettura degli spazi. L’intervento artistico allora è proprio un marker che serve ad evidenziare l’arte proprio quando questa non vuole sovrapporsi allo spazio ma vi si vuole slegare in modo stretto e unico.
Il risultato è affascinante e si tratta certamente di un progetto riuscito perché non si banalizza l’arte fuori del contesto istituzionale delle gallerie e dei musei, e non si banalizza un luogo di gusto e di bellezza come il Grand Hotel. Tutto questo è potuto accadere attraverso un’arte raffinata e sensibile, leggera come un’idea, ma anche tenace a conquistarsi uno spazio di vita ovunque se ne creassero le condizioni. Un’arte lenta, complessa che fa della leggerezza un punto d’arrivo di una riflessione e di un lavoro che cerca di portare la scultura ad un limite originale e senz’altro personale.
Valerio Dehò
La mostra lati_sognanti è curata dal Prof. Valerio Dehò, Direttore e Curatore del Kunst Merano Arte e Professore di Estetica all'Accademia di Carrara.
Paola Ricci nasce a Mestre nel 1961. Nel corso degli anni porta avanti un percorso artistico personale che la porta ad esporre le sue opere in varie gallerie in Italia e all’estero.
Nel febbraio del 1998 partecipa all'esposizione a cura di Marco Goldin "Palazzo Sarcinelli 1988-1998 con un’opera“Formazione XXIV” del 1997 che è presente nella collezione permanente a Palazzo Sarcinelli di Conegliano. Nel maggio 2001 è stata selezionata per la VI edizione del premio Morlotti Imbersago, partecipando alla mostra a cura di Marina Pizzaiolo. Nel novembre 2001 organizza la sua prima esposizione personale presso la galleria Verifica 8+1 di Mestre, nel quale presenta il catalogo "Il colore dopo il nero" con testi di Manlio Brusatin. Nell’ottobre 2003 organizza la mostra personale " Intra-vedere" al Brolo Centro D’Arte Cultura di Mogliano Veneto, Venezia in concomitanza con la mostra di Henri Matisse "La luce del nero".Nel marzo 2006 l’Istituto Tecnologia di Tralee in Irlanda gli commissiona un’opera da collocare in modo permanente nella hall del college. L’opera intitolata “Filo Arboreo” viene istallata nell’agosto dello stesso anno.
Vi è una palpabile e sostanziale leggerezza nelle sculture di Paola Ricci che l’allestimento nel Grand Hotel di Firenze mette chiaramente in luce. La scultura è formalmente una delimitazione dello spazio. Chiudendone una parte, se n’evidenzia un’altra. E’ come se si marcasse una zona per porre in evidenza ciò che ne rimane al di fuori. Certamente da Boccioni in avanti lo spazio diventa sempre più aperto e la scultura, basti pensare a Calder, si fa leggera, da muoversi addirittura al soffio del vento, alla minima corrente d’aria.
Paola Ricci appartiene a questa linea light che in Italia ha avuto un grandissimo testimone in Fausto Melotti, grande scultore friulano, che sapeva creare incanti e magie anche con del semplice filo di ferro. Ma lei riesce anche ad andare oltre non solo la negazione del volume a favore di un più ampio concetto di spazio, ma ad inserire un elemento etereo: parliamo dell’aria. A guardare i suoi lavori, a percepirli come sensazione, prima ancora che per analisi, ci si rende conto che nelle sue trame è l’aria, spesso frammista alla luce, che resta dentro la l’infinita serie di percorsi del metallo e gli dà vita. Tecnicamente le sue sculture declinano più verso l’installazione e quindi verso un’interazione totale nei confronti dell’ambiente. L’artista compone delle forme secondo gli spazi e si mette in costante relazione con i luoghi.
Lo si vede chiaramente in questo caso in cui gli ambienti dell’Hotel vengono segna-lati da queste sculture apparentemente quasi smaterializzate, ma al contrario molto presenti nella loro leggerezza. E’ una sorta di paradosso perché proprio la loro discrezione, il loro appartarsi e fondersi con gli arredi, le luci, le funzionalità che un luogo come un albergo possiede, serve a sottolinearne la presenza. E’ questo è certamente un gioco di sapienza installativa. Paola Ricci non cerca di imporre una sua visione dello spazio, ma ne suggerisce delle possibilità. Ogni proposta diventa qualcosa che mette in evidenza proprio ciò che gli sta vicino e per converso tutto tende rapidamente ad un’unitarietà visiva che è uno degli aspetti migliori di questo lavoro.
Si tratta di avere di fronte delle forme astratte che diventano luce e aria e quindi si poggiano nell’ambiente. Non si cercano delle impossibili invasioni di campo, ma sono come delle sottolineature nella pagina descrittiva degli spazi pubblici. Queste sculture se da un lato possiedono una propria compiuta autonomia, dall’altro esistono proprio nella relazione in cui sono state poste dall’artista. E’ questo il gioco importante perché in questo modo non si tratta di una mostra di sculture in uno spazio non canonico come un albergo, ma si tratta di far diventare l’intero albergo una sorta di grande installazione dell’artista. Una scelta forte e consapevole che non diventa mai decorativa proprio per la personalità dei lavori, ma nello stesso tempo questa personalità diventa per lo spettatore una sorta di scoperta, un percorso di rivelazione che attraversa spazi magari più ampiamente conosciuti.
Allora si comprende anche perché Paola Ricci abbia così a lungo lavorato attorno a questo progetto: si trattava di conquistare una dimensione spaziale già fortemente determinata perché è chiaro che gli spazi funzionali in luoghi del genere sono già sovra codificati da segni che spesso sono già in eccesso. Compreso tutto questo l’artista ha cercato con grande sensibilità di portare le sue opere che sanno di aria e di nuvole, dentro un luogo chiuso, e in questo modo aprirlo, liberarlo, dargli un’apertura inconsueta e originale. Si è creata una regione di confine tra l’ambiente, le sculture, la luce che permette una rilettura degli spazi. L’intervento artistico allora è proprio un marker che serve ad evidenziare l’arte proprio quando questa non vuole sovrapporsi allo spazio ma vi si vuole slegare in modo stretto e unico.
Il risultato è affascinante e si tratta certamente di un progetto riuscito perché non si banalizza l’arte fuori del contesto istituzionale delle gallerie e dei musei, e non si banalizza un luogo di gusto e di bellezza come il Grand Hotel. Tutto questo è potuto accadere attraverso un’arte raffinata e sensibile, leggera come un’idea, ma anche tenace a conquistarsi uno spazio di vita ovunque se ne creassero le condizioni. Un’arte lenta, complessa che fa della leggerezza un punto d’arrivo di una riflessione e di un lavoro che cerca di portare la scultura ad un limite originale e senz’altro personale.
Valerio Dehò
La mostra lati_sognanti è curata dal Prof. Valerio Dehò, Direttore e Curatore del Kunst Merano Arte e Professore di Estetica all'Accademia di Carrara.
Paola Ricci nasce a Mestre nel 1961. Nel corso degli anni porta avanti un percorso artistico personale che la porta ad esporre le sue opere in varie gallerie in Italia e all’estero.
Nel febbraio del 1998 partecipa all'esposizione a cura di Marco Goldin "Palazzo Sarcinelli 1988-1998 con un’opera“Formazione XXIV” del 1997 che è presente nella collezione permanente a Palazzo Sarcinelli di Conegliano. Nel maggio 2001 è stata selezionata per la VI edizione del premio Morlotti Imbersago, partecipando alla mostra a cura di Marina Pizzaiolo. Nel novembre 2001 organizza la sua prima esposizione personale presso la galleria Verifica 8+1 di Mestre, nel quale presenta il catalogo "Il colore dopo il nero" con testi di Manlio Brusatin. Nell’ottobre 2003 organizza la mostra personale " Intra-vedere" al Brolo Centro D’Arte Cultura di Mogliano Veneto, Venezia in concomitanza con la mostra di Henri Matisse "La luce del nero".Nel marzo 2006 l’Istituto Tecnologia di Tralee in Irlanda gli commissiona un’opera da collocare in modo permanente nella hall del college. L’opera intitolata “Filo Arboreo” viene istallata nell’agosto dello stesso anno.
25
ottobre 2007
Paola Ricci – lati_sognanti
Dal 25 ottobre al 18 novembre 2007
arte contemporanea
Location
GRAND HOTEL IN-CANTO
Firenze, Piazza D'ognissanti, 1, (Firenze)
Firenze, Piazza D'ognissanti, 1, (Firenze)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 9.30 alle 22.30
Vernissage
25 Ottobre 2007, 19.30 – 22.00
Autore
Curatore