Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Paolo Bazzocchi – Scorrimenti
Bazzocchi presenta un’installazione in vetroresina, al cui interno traspaiono tubi colorati ed elementi naturali, che corre lungo le pareti dei due piani della galleria 3g. L’opera così fortemente materica, colore e oggetti imbrigliati, emerge dalla parete rendendo vivo e pulsante l’ambiente fisico
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La galleria 3g arte contemporanea presenta Scorrimenti, opera di Paolo Bazzocchi, a cura di Martina Cavallarin e Massimo Donà. L’esposizione inaugura venerdì 16 maggio, alle 18.00, nella galleria udinese, in Via della Rosta, 44, in occasione della manifestazione Vicino/lontano.
L’installazione si sviluppa lungo le due pareti laterali, vetroresina al cui interno traspaiono tubi di plastica con acqua colorata su un lato, canne di legno sull’altro, mentre al piano inferiore l’opera si estende dal pavimento al soffitto, in struttura duale su entrambi i lati, con matasse di ciniglia colorata che fuoriescono dal metacrilato.
Due interventi che insistono sul bipolarismo nella struttura, verticale/orizzontale, nei materiali, naturali/sintetici, nella composizione. L’opera così fortemente materica, colore e oggetti imbrigliati, emerge dalla parete rendendo vivo e pulsante l’ambiente fisico che dovrebbe contenerla, in un rapporto fisico con lo spettatore che va oltre ogni interpretazione concettuale.
Ciò che preme all’artista, dalle parole di Cavallarin: è l’operazione stessa, non la metafora di qualcosa, ma l’uso stesso della metafora, il procedere con fare artistico, il piegare i materiali alla sua volontà, il deformare la luce, governare i riflessi e giungere ad uno stato empatico con il luogo e le persone che lo abitano.
Dopo i lavori definiti da Donà fragili specchi di un quasi-nulla, Bazzocchi volge ora la propria opera verso il possibile non dato, in una ricerca senza meta definita, se non la ricerca in se stessa. L’artista comprende infatti come una qualsiasi meta sarebbe ingannevole, pregiudiziale.
Porta all’estremo il proprio percorso, non concede materia al ricordo, alla somiglianza, alla condivisione; il gesto è essenziale indicazione.
Impera l’incerto, a discapito d’ogni ricerca di rassicurazione, fondamento, riferimento.
Bazzocchi si spoglia da codici già praticati che potrebbero pacificare l’incontro con il suo operare; non traduce, richiama, ricorda. E in questo, come rileva Cavallarin: lontano dai linguaggi più usuali e “di tendenza”, il lavoro di Paolo Bazzocchi (..) occupa un territorio di originalità che lo pone di diritto nello spazio limitato della pratica artistica davvero contemporanea.
L’artista procede verso l’indeterminazione originaria, territorio di ogni possibile, e in questo comprensiva di ciascuna esperienza. La sua opera diviene indicatrice dello spazio esistenziale, vanifica limiti o distinzioni consegnandoci all’errare (assenza di via e verità), una condizione che per l’uomo della conoscenza è ineludibilmente devastante; intollerabile e defatigante, come afferma Donà, e prosegue: da ciò la necessità di un gesto come quello ‘artistico’ (..) la provvidenziale segnatura che un artista come Bazzocchi è finalmente riuscito a decifrare e tradurre nella forma di un’esistenza ‘sospesa’, come quella che qui ci invita appunto ad abitare. Invitandoci a scorrere lungo tracciati ossessivamente volti ad indicare non questa o quella meta, ma sempre ed innanzitutto una ‘disposizione’: una possibile nuova disposizione nei confronti della vanità dell’esistere.
L’opera così modifica la percezione anche dello spazio circostante, non è contenuta dalla galleria, ma la trasforma nell’infinita possibilità dell’origine.
L’installazione si sviluppa lungo le due pareti laterali, vetroresina al cui interno traspaiono tubi di plastica con acqua colorata su un lato, canne di legno sull’altro, mentre al piano inferiore l’opera si estende dal pavimento al soffitto, in struttura duale su entrambi i lati, con matasse di ciniglia colorata che fuoriescono dal metacrilato.
Due interventi che insistono sul bipolarismo nella struttura, verticale/orizzontale, nei materiali, naturali/sintetici, nella composizione. L’opera così fortemente materica, colore e oggetti imbrigliati, emerge dalla parete rendendo vivo e pulsante l’ambiente fisico che dovrebbe contenerla, in un rapporto fisico con lo spettatore che va oltre ogni interpretazione concettuale.
Ciò che preme all’artista, dalle parole di Cavallarin: è l’operazione stessa, non la metafora di qualcosa, ma l’uso stesso della metafora, il procedere con fare artistico, il piegare i materiali alla sua volontà, il deformare la luce, governare i riflessi e giungere ad uno stato empatico con il luogo e le persone che lo abitano.
Dopo i lavori definiti da Donà fragili specchi di un quasi-nulla, Bazzocchi volge ora la propria opera verso il possibile non dato, in una ricerca senza meta definita, se non la ricerca in se stessa. L’artista comprende infatti come una qualsiasi meta sarebbe ingannevole, pregiudiziale.
Porta all’estremo il proprio percorso, non concede materia al ricordo, alla somiglianza, alla condivisione; il gesto è essenziale indicazione.
Impera l’incerto, a discapito d’ogni ricerca di rassicurazione, fondamento, riferimento.
Bazzocchi si spoglia da codici già praticati che potrebbero pacificare l’incontro con il suo operare; non traduce, richiama, ricorda. E in questo, come rileva Cavallarin: lontano dai linguaggi più usuali e “di tendenza”, il lavoro di Paolo Bazzocchi (..) occupa un territorio di originalità che lo pone di diritto nello spazio limitato della pratica artistica davvero contemporanea.
L’artista procede verso l’indeterminazione originaria, territorio di ogni possibile, e in questo comprensiva di ciascuna esperienza. La sua opera diviene indicatrice dello spazio esistenziale, vanifica limiti o distinzioni consegnandoci all’errare (assenza di via e verità), una condizione che per l’uomo della conoscenza è ineludibilmente devastante; intollerabile e defatigante, come afferma Donà, e prosegue: da ciò la necessità di un gesto come quello ‘artistico’ (..) la provvidenziale segnatura che un artista come Bazzocchi è finalmente riuscito a decifrare e tradurre nella forma di un’esistenza ‘sospesa’, come quella che qui ci invita appunto ad abitare. Invitandoci a scorrere lungo tracciati ossessivamente volti ad indicare non questa o quella meta, ma sempre ed innanzitutto una ‘disposizione’: una possibile nuova disposizione nei confronti della vanità dell’esistere.
L’opera così modifica la percezione anche dello spazio circostante, non è contenuta dalla galleria, ma la trasforma nell’infinita possibilità dell’origine.
16
maggio 2008
Paolo Bazzocchi – Scorrimenti
Dal 16 maggio al 21 giugno 2008
arte contemporanea
Location
3G ARTE CONTEMPORANEA
Udine, Via Della Rosta, 44, (Udine)
Udine, Via Della Rosta, 44, (Udine)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16.00 - 20.00
Vernissage
16 Maggio 2008, 18.00
Autore