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Paolo Ciregia – REPLICA
Come in un leitmotiv ricorrente che si insinua nelle opere assumendo le forme più svariate, REPLICA si autodefinisce sintesi e raccolta dei lavori in mostra.
Comunicato stampa
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REPLICA. Il loop della storia nelle opere di Paolo Ciregia
di Carlo Sala
Lo spiazzante inizio del saggio Duty Free Art di Hito Steyerl riporta l’episodio di un gruppo di separatisti russi che nell’Ucraina orientale si appropriano, e rimettono in funzione, un carro armato che era collocato sul basamento di un monumento celebrativo della seconda guerra mondiale: il mezzo, che sembrava destinato a una funzione memoriale, torna inaspettatamente a essere utilizzato in un teatro di guerra.
Questa vicenda incarna per l’artista una visione della storia intesa come un “attore proteiforme, quando non un combattente irregolare” che “attacca sempre alle spalle. Preclude qualunque futuro”(1) conducendo così a uno stato di loop. Quest’ultimo è uno dei temi con cui da anni si confronta l’artista Paolo Ciregia (Viareggio 1987) descrivendo in chiave allegorica le reiterazioni delle strutture ideologiche e propagandistiche del Novecento che cercano di insinuarsi nel nostro presente.
Nelle opere video della serie Positions (2022) appaiono dei gesti basilari compiuti in un clima di voluta stasi, dove il loop assurge a principio formale scandagliando il terreno della biopolitica. I movimenti delle gambe e delle braccia mostrati in primo piano (tratti da materiali vernacolari presenti in rete) rimandano inconsciamente alla disciplina che le dittature del secolo scorso tentavano di inculcare nel popolo imponendo una rigida ‘grammatica’ del corpo attraverso dei veri Istituti disciplinari di energia(2) dove compiere una serie di ritualità all’apparenza innocue per preparare i giovani alla guerra e forgiarli al rispetto cieco verso la catena di comando. Questi processi di educazione del corpo e della mente oggi passano attraverso gli strumenti digitali di carattere ludico come i tutorial amatoriali caricati su Youtube di cui Ciregia si è appropriato per realizzare le opere: in essi vediamo persone comuni intente a insegnare a sparare alla moltitudine indistinta di utenti che popolano il web. Il lavoro dell’artista è una chiara riflessione su come l’uso delle armi e il suo portato simbolico siano ormai penetrati dentro le coscienze attraverso la cultura di massa, sospinta dalla retorica politica che inneggia al diritto alla difesa della propria incolumità personale e accentuata da una assuefazione all’immaginario della violenza.
In mostra vi sono vari lavori che ragionano sulla situazione geopolitica internazionale a partire da EU (2018), uno still life di grandi dimensioni che monumentalizza l’aspetto di una moneta da un euro. Il soldo fotografato dall’autore è però un errore di conio dalle fattezze informi che sembra racchiudere nella sua materia tutta la tensione del momento attuale con la messa in crisi del modello (culturale, economico e valoriale) europeo e con l’insorgere di nuovi nazionalismi, populismi e conflitti nel continente. In tal senso, una parte centrale della ricerca di Paolo Ciregia è legata all’esperienza diretta vissuta dal 2011 al 2015 come fotoreporter nel conflitto russo-ucraino, da cui ha tratto una serie di esperienze e riflessioni che lo hanno guidato nella realizzazione di opere che spaziano tra installazione, video e fotografia di ricerca. Il lavoro Pugni (2019) è stato realizzato alterando una fotografia scattata a un gruppo di militari nella Guerra del Donbass; l’immagine è il frutto di un netto taglio visivo che cela i volti - e le identità delle persone - e mira ad amplificare la tensione dei loro corpi entro cui viene ingabbiato lo sguardo del fruitore. Impressions 2.0 (2023) è invece un ciclo che risente della sfiducia verso il sistema dell’informazione - che ha portato Ciregia a lasciare la fotografia di reportage - dove sotto una presunta oggettività dei fatti, viene semplificata o alterata la narrazione degli avvenimenti, come lui stesso ha potuto constatare nel teatro di guerra ucraino. In questo lavoro viene meno la mediazione compiuta dall’ Operator nella rappresentazione del reale e l’atto creativo è delegato alle persone che hanno vissuto le esperienze da indagare. L’artista si è infatti limitato a spedire in zone di guerra, tra cui Irpin e Bucha delle lastre di zinco e cera molle ad alcuni conoscenti che poi vi hanno impresso autonomamente alcune porzioni del corpo per dare forma visiva alla loro quotidianità segnata dal conflitto. La resa finale stampata sul foglio - una volta che le lastre sono tornate nello studio dell’autore - ha dei tratti lievi, a simboleggiare il senso di precarietà che connatura l’esistenza di questi uomini e donne che vivono in città come Bucha, diventata tristemente famosa per la scoperta di una serie di fosse comuni. Anche i lavori Mass media 1 e 2 (2023) sono una meditazione sul carattere fallace e tendenzioso di una parte dell’informazione: le opere sono infatti composte da fotografie (la prima scattata dall’artista in Ucraina e la seconda prelevata da una rivista) sormontate da una pellicola generalmente utilizzata nei televisori che porta a vedere l’immagine solo da determinate angolazioni, inscenando così la parzialità degli strumenti contemporanei della comunicazione.
La mostra Replica avrebbe dovuto tenersi tre anni fa alla galleria l’Elefante di Treviso, ma la pandemia ne ha impedito l’apertura e i venti di guerra in Ucraina ne hanno radicalmente modificato il significato rendendo necessaria una pausa. Paolo Ciregia ha infatti visto prendere corpo i ‘fantasmi’ ideologici, l’insorgere nazionalista e in generale la visione ciclica della storia su cui da anni sta meditando attraverso la sua ricerca. Nella prima stesura del febbraio 2020 questo testo era intitolato I semi dell’incertezza: embrioni che abbiamo visto drammaticamente germogliare in una situazione che allora appariva tuttalpiù come l’ammonimento di una moderna Cassandra.
di Carlo Sala
Lo spiazzante inizio del saggio Duty Free Art di Hito Steyerl riporta l’episodio di un gruppo di separatisti russi che nell’Ucraina orientale si appropriano, e rimettono in funzione, un carro armato che era collocato sul basamento di un monumento celebrativo della seconda guerra mondiale: il mezzo, che sembrava destinato a una funzione memoriale, torna inaspettatamente a essere utilizzato in un teatro di guerra.
Questa vicenda incarna per l’artista una visione della storia intesa come un “attore proteiforme, quando non un combattente irregolare” che “attacca sempre alle spalle. Preclude qualunque futuro”(1) conducendo così a uno stato di loop. Quest’ultimo è uno dei temi con cui da anni si confronta l’artista Paolo Ciregia (Viareggio 1987) descrivendo in chiave allegorica le reiterazioni delle strutture ideologiche e propagandistiche del Novecento che cercano di insinuarsi nel nostro presente.
Nelle opere video della serie Positions (2022) appaiono dei gesti basilari compiuti in un clima di voluta stasi, dove il loop assurge a principio formale scandagliando il terreno della biopolitica. I movimenti delle gambe e delle braccia mostrati in primo piano (tratti da materiali vernacolari presenti in rete) rimandano inconsciamente alla disciplina che le dittature del secolo scorso tentavano di inculcare nel popolo imponendo una rigida ‘grammatica’ del corpo attraverso dei veri Istituti disciplinari di energia(2) dove compiere una serie di ritualità all’apparenza innocue per preparare i giovani alla guerra e forgiarli al rispetto cieco verso la catena di comando. Questi processi di educazione del corpo e della mente oggi passano attraverso gli strumenti digitali di carattere ludico come i tutorial amatoriali caricati su Youtube di cui Ciregia si è appropriato per realizzare le opere: in essi vediamo persone comuni intente a insegnare a sparare alla moltitudine indistinta di utenti che popolano il web. Il lavoro dell’artista è una chiara riflessione su come l’uso delle armi e il suo portato simbolico siano ormai penetrati dentro le coscienze attraverso la cultura di massa, sospinta dalla retorica politica che inneggia al diritto alla difesa della propria incolumità personale e accentuata da una assuefazione all’immaginario della violenza.
In mostra vi sono vari lavori che ragionano sulla situazione geopolitica internazionale a partire da EU (2018), uno still life di grandi dimensioni che monumentalizza l’aspetto di una moneta da un euro. Il soldo fotografato dall’autore è però un errore di conio dalle fattezze informi che sembra racchiudere nella sua materia tutta la tensione del momento attuale con la messa in crisi del modello (culturale, economico e valoriale) europeo e con l’insorgere di nuovi nazionalismi, populismi e conflitti nel continente. In tal senso, una parte centrale della ricerca di Paolo Ciregia è legata all’esperienza diretta vissuta dal 2011 al 2015 come fotoreporter nel conflitto russo-ucraino, da cui ha tratto una serie di esperienze e riflessioni che lo hanno guidato nella realizzazione di opere che spaziano tra installazione, video e fotografia di ricerca. Il lavoro Pugni (2019) è stato realizzato alterando una fotografia scattata a un gruppo di militari nella Guerra del Donbass; l’immagine è il frutto di un netto taglio visivo che cela i volti - e le identità delle persone - e mira ad amplificare la tensione dei loro corpi entro cui viene ingabbiato lo sguardo del fruitore. Impressions 2.0 (2023) è invece un ciclo che risente della sfiducia verso il sistema dell’informazione - che ha portato Ciregia a lasciare la fotografia di reportage - dove sotto una presunta oggettività dei fatti, viene semplificata o alterata la narrazione degli avvenimenti, come lui stesso ha potuto constatare nel teatro di guerra ucraino. In questo lavoro viene meno la mediazione compiuta dall’ Operator nella rappresentazione del reale e l’atto creativo è delegato alle persone che hanno vissuto le esperienze da indagare. L’artista si è infatti limitato a spedire in zone di guerra, tra cui Irpin e Bucha delle lastre di zinco e cera molle ad alcuni conoscenti che poi vi hanno impresso autonomamente alcune porzioni del corpo per dare forma visiva alla loro quotidianità segnata dal conflitto. La resa finale stampata sul foglio - una volta che le lastre sono tornate nello studio dell’autore - ha dei tratti lievi, a simboleggiare il senso di precarietà che connatura l’esistenza di questi uomini e donne che vivono in città come Bucha, diventata tristemente famosa per la scoperta di una serie di fosse comuni. Anche i lavori Mass media 1 e 2 (2023) sono una meditazione sul carattere fallace e tendenzioso di una parte dell’informazione: le opere sono infatti composte da fotografie (la prima scattata dall’artista in Ucraina e la seconda prelevata da una rivista) sormontate da una pellicola generalmente utilizzata nei televisori che porta a vedere l’immagine solo da determinate angolazioni, inscenando così la parzialità degli strumenti contemporanei della comunicazione.
La mostra Replica avrebbe dovuto tenersi tre anni fa alla galleria l’Elefante di Treviso, ma la pandemia ne ha impedito l’apertura e i venti di guerra in Ucraina ne hanno radicalmente modificato il significato rendendo necessaria una pausa. Paolo Ciregia ha infatti visto prendere corpo i ‘fantasmi’ ideologici, l’insorgere nazionalista e in generale la visione ciclica della storia su cui da anni sta meditando attraverso la sua ricerca. Nella prima stesura del febbraio 2020 questo testo era intitolato I semi dell’incertezza: embrioni che abbiamo visto drammaticamente germogliare in una situazione che allora appariva tuttalpiù come l’ammonimento di una moderna Cassandra.
01
aprile 2023
Paolo Ciregia – REPLICA
Dal primo aprile al 10 maggio 2023
arte contemporanea
Location
SEDI VARIE – Treviso
Treviso, (Treviso)
Treviso, (Treviso)
Orario di apertura
Da martedì a sabato 15-19 o su appuntamento.
Vernissage
1 Aprile 2023, Ore 18.00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico