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Paolo De Polo – E il disegno
Incisore e pittore, nato e residente a Bolzano, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua attività incisoria è legata prevalentemente alla tecnica del bulino.
Comunicato stampa
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PAOLO DE POLO
e il disegno
Il cielo notturno sulle città è povero, quando non privo, di stelle. Una calotta di pulviscolo le avvolge, sospensione d’inquinanti e luminosità dispersa. Da una stradina di montagna, appena fuori abitato, si riscopre invece il firmamento, un cielo di velluto scuro, fitto d’infiniti punti luminosi e palpitanti. Talvolta uno di essi percorre rapido un tratto di buio: meteora, stella cadente, “lacrima di San Lorenzo”.
Un punto che si muove diviene una linea: in cielo, sul foglio, sulla lastra. Il gesto dell’artista pare ripetere un miracolo cosmico, trasformando un punto in linea, tratto, segno. E il segno produce forme, significanti, siano o non siano citazioni di realtà oggettive e concrete. Ad essere fissata è un’idea: descrittiva, o evocativa di sentimenti, emozioni, riflessioni. Si parte dal reale, dalla sua percezione, da rendere visivamente, per poi lasciare sempre più spazio alla sua interpretazione: la mimesi, l’imitazione della realtà, cede il passo alla funzione espressiva, ad una creatività libera e disancorata.
Ecco, in estrema sintesi, la genesi della grafica d’arte. Le tecniche incisorie sono strumenti: alla base, comune, è il disegno, vero fondamento dell’arte tutta, come asserito da Petrarca già a metà Trecento, e in seguito da decine d’altri autorevoli mostri sacri.
Paolo De Polo, artista e docente bolzanino, è pittore e incisore di vaglia. Ma è anche disegnatore egregio. E per questa sua personale ha scelto come perno proprio un cospicuo nucleo di disegni a matita: l’ossatura della sua produzione tutta.
La capacità d’osservazione e l’esercizio dell’immaginazione confluiscono, a guidare l’abilità della mano nel tracciare segni: ma la centralità rimane all’intelletto. C’è una solida base filosofica al primato attribuito da artisti e pensatori rinascimentali al “disegno” rispetto al “colorito”. Un’idea, chiara e limpida, fa da ossatura, da struttura portante, anche a dipinti che in apparenza privilegiano, talora in esclusiva, il cromatismo.
De Polo riconosce apertamente tale priorità del disegno, che osa praticare esplicitamente, a dispetto dei pregiudizi diffusi che relegano la prima forma d’arte in un ruolo marginale e negletto.
Ecco quindi dei ritratti, analitici delle personalità ancor più che delle sembianze, e dei loro stati d’animo prevalenti; ecco delle visioni che trascendono le individualità, a fissare situazioni umane archetipe; ecco echi di simbolismo, a suggerire stratificazioni di letture possibili.
Un sommelier ama disquisire sui “sentori”, di frutti di bosco o di viola, tra gli altri. A maggior ragione, un’opera d’arte evoca “sentori” di storia dell’arte: affinità e preferenze dell’artista, nonché associazioni mentali personali del riguardante.
I disegni di De Polo richiamano la tradizione rinascimentale, e le riletture propostene dai Preraffaelliti e da neoclassicisti vari, ma la tentazione d’appiccicare un’etichetta di neomanierismo non trova spazio. Il linguaggio di De Polo è personale, e nelle sue opere serpeggia un’inquietudine tutta contemporanea. I nastri che talora avviluppano le figure sembrano alludere all’incomunicabilità, al disadattamento, alle costrizioni e ai condizionamenti, alle remore e agli intralci che ostacolano la libertà individuale, anche dall’interno: nevrosi, idiosincrasie, ossessioni, fobie…
Le parti di volto che compaiono qua e là, magari riflesse in uno specchio, paiono richiamare fantasmatiche presenze altrui, o ruoli che si è chiamati a impersonare, o ectoplasmi di schisi interiori, di dialettiche interne, di conflitti irrisolti, nella ricerca d’armonia cui tutti, consapevolmente o non, si tende.
Parti di congegni meccanici spuntano talora in qualche angolo, richiamando il conteso tecnologico in cui viviamo, o la “grande macchina” di cui facciamo parte.
Talora, specialmente nei dipinti, compaiono sui volti ritratti anche dei colpi di luce: illuminazioni improvvise, abbagliamenti, o quell’esistenziale “trafitto da un raggio di sole” immortalato da Quasimodo.
Di fatto, una tematica antropocentrica, se non esistenzialista, è costante nell’opera di De Polo, sia pure posta con discrezione e in modo velato: nel bene e nel male, l’essere umano è sempre protagonista della vita e della storia.
PIER LUIGI SENNA
e il disegno
Il cielo notturno sulle città è povero, quando non privo, di stelle. Una calotta di pulviscolo le avvolge, sospensione d’inquinanti e luminosità dispersa. Da una stradina di montagna, appena fuori abitato, si riscopre invece il firmamento, un cielo di velluto scuro, fitto d’infiniti punti luminosi e palpitanti. Talvolta uno di essi percorre rapido un tratto di buio: meteora, stella cadente, “lacrima di San Lorenzo”.
Un punto che si muove diviene una linea: in cielo, sul foglio, sulla lastra. Il gesto dell’artista pare ripetere un miracolo cosmico, trasformando un punto in linea, tratto, segno. E il segno produce forme, significanti, siano o non siano citazioni di realtà oggettive e concrete. Ad essere fissata è un’idea: descrittiva, o evocativa di sentimenti, emozioni, riflessioni. Si parte dal reale, dalla sua percezione, da rendere visivamente, per poi lasciare sempre più spazio alla sua interpretazione: la mimesi, l’imitazione della realtà, cede il passo alla funzione espressiva, ad una creatività libera e disancorata.
Ecco, in estrema sintesi, la genesi della grafica d’arte. Le tecniche incisorie sono strumenti: alla base, comune, è il disegno, vero fondamento dell’arte tutta, come asserito da Petrarca già a metà Trecento, e in seguito da decine d’altri autorevoli mostri sacri.
Paolo De Polo, artista e docente bolzanino, è pittore e incisore di vaglia. Ma è anche disegnatore egregio. E per questa sua personale ha scelto come perno proprio un cospicuo nucleo di disegni a matita: l’ossatura della sua produzione tutta.
La capacità d’osservazione e l’esercizio dell’immaginazione confluiscono, a guidare l’abilità della mano nel tracciare segni: ma la centralità rimane all’intelletto. C’è una solida base filosofica al primato attribuito da artisti e pensatori rinascimentali al “disegno” rispetto al “colorito”. Un’idea, chiara e limpida, fa da ossatura, da struttura portante, anche a dipinti che in apparenza privilegiano, talora in esclusiva, il cromatismo.
De Polo riconosce apertamente tale priorità del disegno, che osa praticare esplicitamente, a dispetto dei pregiudizi diffusi che relegano la prima forma d’arte in un ruolo marginale e negletto.
Ecco quindi dei ritratti, analitici delle personalità ancor più che delle sembianze, e dei loro stati d’animo prevalenti; ecco delle visioni che trascendono le individualità, a fissare situazioni umane archetipe; ecco echi di simbolismo, a suggerire stratificazioni di letture possibili.
Un sommelier ama disquisire sui “sentori”, di frutti di bosco o di viola, tra gli altri. A maggior ragione, un’opera d’arte evoca “sentori” di storia dell’arte: affinità e preferenze dell’artista, nonché associazioni mentali personali del riguardante.
I disegni di De Polo richiamano la tradizione rinascimentale, e le riletture propostene dai Preraffaelliti e da neoclassicisti vari, ma la tentazione d’appiccicare un’etichetta di neomanierismo non trova spazio. Il linguaggio di De Polo è personale, e nelle sue opere serpeggia un’inquietudine tutta contemporanea. I nastri che talora avviluppano le figure sembrano alludere all’incomunicabilità, al disadattamento, alle costrizioni e ai condizionamenti, alle remore e agli intralci che ostacolano la libertà individuale, anche dall’interno: nevrosi, idiosincrasie, ossessioni, fobie…
Le parti di volto che compaiono qua e là, magari riflesse in uno specchio, paiono richiamare fantasmatiche presenze altrui, o ruoli che si è chiamati a impersonare, o ectoplasmi di schisi interiori, di dialettiche interne, di conflitti irrisolti, nella ricerca d’armonia cui tutti, consapevolmente o non, si tende.
Parti di congegni meccanici spuntano talora in qualche angolo, richiamando il conteso tecnologico in cui viviamo, o la “grande macchina” di cui facciamo parte.
Talora, specialmente nei dipinti, compaiono sui volti ritratti anche dei colpi di luce: illuminazioni improvvise, abbagliamenti, o quell’esistenziale “trafitto da un raggio di sole” immortalato da Quasimodo.
Di fatto, una tematica antropocentrica, se non esistenzialista, è costante nell’opera di De Polo, sia pure posta con discrezione e in modo velato: nel bene e nel male, l’essere umano è sempre protagonista della vita e della storia.
PIER LUIGI SENNA
21
ottobre 2010
Paolo De Polo – E il disegno
Dal 21 ottobre al 03 novembre 2010
disegno e grafica
Location
CENTRO DELL’INCISIONE – ALZAIA NAVIGLIO GRANDE
Milano, Alzaia Naviglio Grande, 66, (Milano)
Milano, Alzaia Naviglio Grande, 66, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle ore 16 alle 19 domenica 31 ottobre dalle 9 alle 19
Vernissage
21 Ottobre 2010, ore 18
Autore