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Paolo Fiorentino
La sua statuaria classicheggiante e i suoi paesaggi urbani richiamano certamente l’arte antica ma quella già manipolata, presa cioè a modello da un’arte successiva, quella italiana e più ideologica degli anni ’20/’30.
Comunicato stampa
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Nella Galleria PiziArte( già Pizia Arte) a Teramo - Viale Crucioli 75/a - a cura di Manuela e Patrizia Cucinella mostra personale di Paolo Fiorentino.
Nel testo di accompagnamento alla mostra Barbara Martusciello scrive:
Nell'attuale panorama dell'arte italiana contemporanea assistiamo - oggi sempre più di ieri - a una tale molteplicità di linguaggi, stili e tecniche da rendere complessa la lettura delle diverse personalità autorali,la definizione delle loro scelte visive e le motivazioni alla base della propria ricerca. Questa vivacità di proposte, che da una parte può essere recepita come indice di vitalità del mondo dell'arte, dall'altra è un segno dei tempi dove regna il "troppo di tutto" il più delle volte superficiale, di facciata, generato o assorbito da un sistema di mercato onnovoro e
privo di discernimento. In questo allegro e disinvolto marasma si impone la necessità, per il pubblico e per gli studiosi dell'arte, di una sempre maggiore attenzione per trovare qualità e rigore effettivi, che durino nel tempo e non deperiscano come le mode più sensazionali ed effimere perchè l'arte è, davvero, un'altra cosa rispetto a tutto questo. Lo sa bene Paolo Fiorentino che, da molti anni, porta avanti una meticolosa pittura di immagine che affonda le proprie radici in una certa cultura classica ed è caratterizzata da scelte linguistiche e stilistiche raffinate, ad alto tasso intellettuale, che necessitano di tempi dilatati e di giusta concentrazione per essere compresi pienamente.
L'ossatura deel suo lavoro pittorico è stata inizialmente fortemente sorretta da una propensione alla citazione di una tradizione pittorica italiana classica che si è via via emancipata e confrontata con il proprio contesto metropolitano, multiculturale, tecnologico, super e plurimediale; questo ha portato a una fatale e quanto mai fertile trasformazione del lavoro di Fiorentino orientandolo oltre la citazione: verso una vera e propria reinterpretazione di quei canoni estetici, poetici e concettuali che egli ha mescolato a un vissuto più attuale e complesso. Questa modalità operativa è orientata a idealizzare e a universalizzare la sua figurazione per spostare l'attenzione dai soggetti prescelti ai significati che essi racchiudono e veicolano. I suoi luoghi sono visioni della mente, irreali
ma credibili allo stesso tempo, campo di una speculazione intellettuale essenziale e quanto mai meditata. Per intenderci: la scelta di Fiorentino è certamente legata alla memoria ma attraverso un'operazione che supera,
come abbiamo detto, la soglia della citazione, va oltre la bella pittura e approda a una più complessa contaminazione linguistica. Infatti, le sue messe in scena, potenti e discrete allo stesso tempo, giocano su molti piani, toccando l'arte classica, archetipi trecenteschi e
quattrocenteschi, arte del novecento e Metafisica, architettura e fotografia di quel
periodo, scenografia.... Soprattutto, è interessante l'uso, se non l'invenzione, di un triplice passaggio, di cui fa un uso interessante: La sua statuaria classicheggiante e i suoi paesaggi urbani richiamano certamente l'arte antica ma quella già manipolata, presa cioè a modello da un'arte successiva, quella italiana e più ideologica degli anni '20/'30 e, diversamente, da quella Metafisica. Nei suoi quadri c'é, più che il semplice -per quanto colto- richiamo all'estetica pittorica, fotografica urbana e architettonica del primo novecento, una più matura e attenta analisi che tende alla miscellanea e alla metabolizzazione di tutti questi e gli altri riferimenti in un unico prodotto visivo. Memoria si somma a memoria e dunque si complica nel fitto labirinto dei possibili contatti e referenti che vedono persino alcune rare prove del fumetto d'autore e l'estetica di alcuni videogiochi guardare indietro, recuperando strutture e panoramiche di quegli anni '20/'30, e diventare altre possibili tracce per Fiorentino. Non è un caso, quindi, che lo sguardo di quest'artista sia solidamente classico e tradizionale e parallelamente vitalissimo e moderno, saldamente compreso nel proprio tempo.
Tanto le sie teste e i suoi busti quanto i più distesi paesaggi urbani essenzializzati e rifiniti, che emergono come intarsi preziosi da sfondi bianchi luminosissimi oppure da un campo pittorico nero e notturno, hanno una medesima carca ambigua spiazzante e una forza espressiva
concretissima; le sue panoramiche cittadine, soprattutto: bellissime e silenziose,
abitate solo da se stesse, non sono troppo lontane dal clima di certi scenari filmici dove si attende che qualcosa accada e trasformi la trama colorandola a tinte fosche oppure surreali o, al contrario, dove non accade nulla
perché il bello della storia è nella quotidiana normalità di uno scorrere del tempo per una volta, e finalmente, sottratto al ritmo sincopato della realtà esterna. Mi si passi qui la citazione - per restare in tema- menzionando Schopenhauer ("Essai sur les Apparition", Felix Alcan, Parigi), che in fatto di uomini e di cose fatte da e per gli uomini se ne intendeva: "per avere delle idee originali e straordinarie e forse anche immortali, non si deve far altro che isolarsi dal mondo per pochi momenti in modo così completo che gli avvenimenti più comuni sembrino esser nuovi e rivelino in tal modo la loro vera essenza".
Nel testo di accompagnamento alla mostra Barbara Martusciello scrive:
Nell'attuale panorama dell'arte italiana contemporanea assistiamo - oggi sempre più di ieri - a una tale molteplicità di linguaggi, stili e tecniche da rendere complessa la lettura delle diverse personalità autorali,la definizione delle loro scelte visive e le motivazioni alla base della propria ricerca. Questa vivacità di proposte, che da una parte può essere recepita come indice di vitalità del mondo dell'arte, dall'altra è un segno dei tempi dove regna il "troppo di tutto" il più delle volte superficiale, di facciata, generato o assorbito da un sistema di mercato onnovoro e
privo di discernimento. In questo allegro e disinvolto marasma si impone la necessità, per il pubblico e per gli studiosi dell'arte, di una sempre maggiore attenzione per trovare qualità e rigore effettivi, che durino nel tempo e non deperiscano come le mode più sensazionali ed effimere perchè l'arte è, davvero, un'altra cosa rispetto a tutto questo. Lo sa bene Paolo Fiorentino che, da molti anni, porta avanti una meticolosa pittura di immagine che affonda le proprie radici in una certa cultura classica ed è caratterizzata da scelte linguistiche e stilistiche raffinate, ad alto tasso intellettuale, che necessitano di tempi dilatati e di giusta concentrazione per essere compresi pienamente.
L'ossatura deel suo lavoro pittorico è stata inizialmente fortemente sorretta da una propensione alla citazione di una tradizione pittorica italiana classica che si è via via emancipata e confrontata con il proprio contesto metropolitano, multiculturale, tecnologico, super e plurimediale; questo ha portato a una fatale e quanto mai fertile trasformazione del lavoro di Fiorentino orientandolo oltre la citazione: verso una vera e propria reinterpretazione di quei canoni estetici, poetici e concettuali che egli ha mescolato a un vissuto più attuale e complesso. Questa modalità operativa è orientata a idealizzare e a universalizzare la sua figurazione per spostare l'attenzione dai soggetti prescelti ai significati che essi racchiudono e veicolano. I suoi luoghi sono visioni della mente, irreali
ma credibili allo stesso tempo, campo di una speculazione intellettuale essenziale e quanto mai meditata. Per intenderci: la scelta di Fiorentino è certamente legata alla memoria ma attraverso un'operazione che supera,
come abbiamo detto, la soglia della citazione, va oltre la bella pittura e approda a una più complessa contaminazione linguistica. Infatti, le sue messe in scena, potenti e discrete allo stesso tempo, giocano su molti piani, toccando l'arte classica, archetipi trecenteschi e
quattrocenteschi, arte del novecento e Metafisica, architettura e fotografia di quel
periodo, scenografia.... Soprattutto, è interessante l'uso, se non l'invenzione, di un triplice passaggio, di cui fa un uso interessante: La sua statuaria classicheggiante e i suoi paesaggi urbani richiamano certamente l'arte antica ma quella già manipolata, presa cioè a modello da un'arte successiva, quella italiana e più ideologica degli anni '20/'30 e, diversamente, da quella Metafisica. Nei suoi quadri c'é, più che il semplice -per quanto colto- richiamo all'estetica pittorica, fotografica urbana e architettonica del primo novecento, una più matura e attenta analisi che tende alla miscellanea e alla metabolizzazione di tutti questi e gli altri riferimenti in un unico prodotto visivo. Memoria si somma a memoria e dunque si complica nel fitto labirinto dei possibili contatti e referenti che vedono persino alcune rare prove del fumetto d'autore e l'estetica di alcuni videogiochi guardare indietro, recuperando strutture e panoramiche di quegli anni '20/'30, e diventare altre possibili tracce per Fiorentino. Non è un caso, quindi, che lo sguardo di quest'artista sia solidamente classico e tradizionale e parallelamente vitalissimo e moderno, saldamente compreso nel proprio tempo.
Tanto le sie teste e i suoi busti quanto i più distesi paesaggi urbani essenzializzati e rifiniti, che emergono come intarsi preziosi da sfondi bianchi luminosissimi oppure da un campo pittorico nero e notturno, hanno una medesima carca ambigua spiazzante e una forza espressiva
concretissima; le sue panoramiche cittadine, soprattutto: bellissime e silenziose,
abitate solo da se stesse, non sono troppo lontane dal clima di certi scenari filmici dove si attende che qualcosa accada e trasformi la trama colorandola a tinte fosche oppure surreali o, al contrario, dove non accade nulla
perché il bello della storia è nella quotidiana normalità di uno scorrere del tempo per una volta, e finalmente, sottratto al ritmo sincopato della realtà esterna. Mi si passi qui la citazione - per restare in tema- menzionando Schopenhauer ("Essai sur les Apparition", Felix Alcan, Parigi), che in fatto di uomini e di cose fatte da e per gli uomini se ne intendeva: "per avere delle idee originali e straordinarie e forse anche immortali, non si deve far altro che isolarsi dal mondo per pochi momenti in modo così completo che gli avvenimenti più comuni sembrino esser nuovi e rivelino in tal modo la loro vera essenza".
15
aprile 2004
Paolo Fiorentino
Dal 15 al 30 aprile 2004
arte contemporanea
Location
PIZIARTE
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Orario di apertura
dal martedi al sabato ore 10/13 -16/20. lunedì riposo. domenica per appuntamento