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Paolo Gubinelli –
Tutta la ricerca di Gubinelli rinvia al cammino, alla sua vera passione che è il ricercare nello spirito la strada “dell’in sù e dell’in giù” (come dice un frammento di Eraclito), un pellegrinare labirintico e indecidibile. Il racconto dei suoi disegni attraversa le contrade del colore preaurorale
Comunicato stampa
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“Un poeta nel tempo della povertà”: Paolo Gubinelli
Paolo Gubinelli ha il coraggio e non il culto della memoria. Nella sua opera scivolano -come un rivolo costante delicato e sottile - gli orizzonti e i paesaggi di tutta la più nobile delicata e raffinatissima arte del XX° secolo.
Con la sua ricerca Gubinelli impedisce al tempo presente di stagnare, rendendolo movimento. Egli cade nel tempo e lo riconosce, dando alla sua ricerca il senso del suo tempo. Guarda il presente dalle spalle dei giganti dell'arte del secolo scorso, e dall'alto delle loro spalle vede e guarda lontano riattualizzando le grandi conquiste degli artisti più raffinati del '900 europeo, con sguardo particolare ai maestri del Bauhaus.
L'opera di Gubinelli è un libro, un'unica opera che racconta una stagione storica della ricerca artistica attraverso un percorso autobiografico.
I fogli disseminati di questa autobiografia sono parte di un unico rotolo, ove in ogni frammento, in ogni pagina, Gubinelli - con spirito ascetico - narra il paesaggio del suo sguardo sull'arte, trasmuta in frammento un Cantico che è solo il suo personale commento all'avventura artistica del'900, prediligendo la ricerca intenta a ridurre l'armonia ultima dell'universo in filamenti di segni e optando per la geometria piuttosto che per la ruvida materia, trasforma il racconto in eco che si dissolve in una vaga rimembranza delle origini matematiche dell'universo.
Le sue opere sono brani ed echi di una poesia che appartiene a un unico corpo: quello della sottrazione, dell'eliminazione della materia per cogliere solo la luce. Tutto nella sua ricerca è architettura di segni, ove “un segno corregge un altro segno” ( P.P.Pasolini, in Teorema).
Lo sguardo di Gubinelli guarda l'universo e lo decifra nei segnidisegni riconducendo il cosmo in armonia. Il suo paesaggio si dissolve in ritmi, formule geometriche, proporzioni numeriche, ipotesi alchemiche di sentieri indecifrabili. L'universo dell'artista ci spinge a ricercare il centro. Ma oggi si può ricercare il centro? In sintonia con la ricerca scientifica e filosofica del XX° secolo, con la poesia più raffinata di poeti alessandrini come Edmond Jabès, e con la vertigine oscura della mistica, si può affermare che per l'artista (come per Paul Klee in “Strade principali e strade secondarie” e in quasi tutta la sua opera), il centro è la lontana periferia, la dispersione frantumata, l'assenza divenuta coscienza, l'oblio del sapere, la liturgia dell'anamnesi trasmutata in amnesia.
Queste sue opere non hanno centro, e senza centro non c'è né margine, né dorso, né forma, nè sigillo, solo la vaghezza di una traccia luminosa di acqua colorata, solo velo che ravvolge e allude.
Questi fogli registrano orme, tracce fragili per un cammino nel deserto. Queste opere di P. Gubinelli custodiscono la grazia del vuoto, così come richiede lo Zen, e cosi come la pittura orientale insieme alla calligrafia dell'ordine cino-giapponese testimoniano. Sono opere che esprimono un annuncio senza parole. Su di esse c'è solo l'alito della vita dell'artista, il mormorio del fragile e pudico girovagare-oscillare della sua mano. Una vita che si adagia sulle pagine che l'artista dipinge, che tenta di estendere un velo acquatico al fine di non sfilacciare, custodire e proteggere il tessuto della speranza del suo sguardo.
E se memoria appare è soltanto quella di ciò che non è più. Queste opere sono sempre tempio di silenzio, di vuoto, di primordiali paesaggi di malinconia, armonie che rinviano al cominciamento di ogni universo.
Tutta la ricerca di Gubinelli rinvia al cammino, alla sua vera passione che è il ricercare nello spirito la strada “dell'in sù e dell'in giù” (come dice un frammento di Eraclito), un pellegrinare labirintico e indecidibile. Il racconto dei suoi disegni attraversa le contrade del colore preaurorale.
Fragili fogli o supporti delicati di materia, questi quadri sono mantello in cui l'artista ravvolge le sue delicate e fragili architetture realizzate da filiere di segni. Ogni suo acquerello, ogni pagina di questo libro racconta il paesaggio del suo mondo, ogni foglio è uno schermo ove come in un fotogramma l'artista proietta e registra, come su una matrice, la sua immaginazione e il suo dialogo con il mondo.
Paolo Gubinelli guarda, scruta, mette a fuoco, ascolta, spia come un veggente-poeta, trasmuta il suo ricercare in un lirico racconto di linee fasciate di luce, occultata in tremula acqua colorata. Foglio dopo foglio, pagina su pagina, l'artista è intento a scorgere e descrivere “il sole di candida luce nel mezzo della notte” (Apuleio, Favola di Amore e Psiche).
Settembre 2002
Carmine Benincasa
Paolo Gubinelli ha il coraggio e non il culto della memoria. Nella sua opera scivolano -come un rivolo costante delicato e sottile - gli orizzonti e i paesaggi di tutta la più nobile delicata e raffinatissima arte del XX° secolo.
Con la sua ricerca Gubinelli impedisce al tempo presente di stagnare, rendendolo movimento. Egli cade nel tempo e lo riconosce, dando alla sua ricerca il senso del suo tempo. Guarda il presente dalle spalle dei giganti dell'arte del secolo scorso, e dall'alto delle loro spalle vede e guarda lontano riattualizzando le grandi conquiste degli artisti più raffinati del '900 europeo, con sguardo particolare ai maestri del Bauhaus.
L'opera di Gubinelli è un libro, un'unica opera che racconta una stagione storica della ricerca artistica attraverso un percorso autobiografico.
I fogli disseminati di questa autobiografia sono parte di un unico rotolo, ove in ogni frammento, in ogni pagina, Gubinelli - con spirito ascetico - narra il paesaggio del suo sguardo sull'arte, trasmuta in frammento un Cantico che è solo il suo personale commento all'avventura artistica del'900, prediligendo la ricerca intenta a ridurre l'armonia ultima dell'universo in filamenti di segni e optando per la geometria piuttosto che per la ruvida materia, trasforma il racconto in eco che si dissolve in una vaga rimembranza delle origini matematiche dell'universo.
Le sue opere sono brani ed echi di una poesia che appartiene a un unico corpo: quello della sottrazione, dell'eliminazione della materia per cogliere solo la luce. Tutto nella sua ricerca è architettura di segni, ove “un segno corregge un altro segno” ( P.P.Pasolini, in Teorema).
Lo sguardo di Gubinelli guarda l'universo e lo decifra nei segnidisegni riconducendo il cosmo in armonia. Il suo paesaggio si dissolve in ritmi, formule geometriche, proporzioni numeriche, ipotesi alchemiche di sentieri indecifrabili. L'universo dell'artista ci spinge a ricercare il centro. Ma oggi si può ricercare il centro? In sintonia con la ricerca scientifica e filosofica del XX° secolo, con la poesia più raffinata di poeti alessandrini come Edmond Jabès, e con la vertigine oscura della mistica, si può affermare che per l'artista (come per Paul Klee in “Strade principali e strade secondarie” e in quasi tutta la sua opera), il centro è la lontana periferia, la dispersione frantumata, l'assenza divenuta coscienza, l'oblio del sapere, la liturgia dell'anamnesi trasmutata in amnesia.
Queste sue opere non hanno centro, e senza centro non c'è né margine, né dorso, né forma, nè sigillo, solo la vaghezza di una traccia luminosa di acqua colorata, solo velo che ravvolge e allude.
Questi fogli registrano orme, tracce fragili per un cammino nel deserto. Queste opere di P. Gubinelli custodiscono la grazia del vuoto, così come richiede lo Zen, e cosi come la pittura orientale insieme alla calligrafia dell'ordine cino-giapponese testimoniano. Sono opere che esprimono un annuncio senza parole. Su di esse c'è solo l'alito della vita dell'artista, il mormorio del fragile e pudico girovagare-oscillare della sua mano. Una vita che si adagia sulle pagine che l'artista dipinge, che tenta di estendere un velo acquatico al fine di non sfilacciare, custodire e proteggere il tessuto della speranza del suo sguardo.
E se memoria appare è soltanto quella di ciò che non è più. Queste opere sono sempre tempio di silenzio, di vuoto, di primordiali paesaggi di malinconia, armonie che rinviano al cominciamento di ogni universo.
Tutta la ricerca di Gubinelli rinvia al cammino, alla sua vera passione che è il ricercare nello spirito la strada “dell'in sù e dell'in giù” (come dice un frammento di Eraclito), un pellegrinare labirintico e indecidibile. Il racconto dei suoi disegni attraversa le contrade del colore preaurorale.
Fragili fogli o supporti delicati di materia, questi quadri sono mantello in cui l'artista ravvolge le sue delicate e fragili architetture realizzate da filiere di segni. Ogni suo acquerello, ogni pagina di questo libro racconta il paesaggio del suo mondo, ogni foglio è uno schermo ove come in un fotogramma l'artista proietta e registra, come su una matrice, la sua immaginazione e il suo dialogo con il mondo.
Paolo Gubinelli guarda, scruta, mette a fuoco, ascolta, spia come un veggente-poeta, trasmuta il suo ricercare in un lirico racconto di linee fasciate di luce, occultata in tremula acqua colorata. Foglio dopo foglio, pagina su pagina, l'artista è intento a scorgere e descrivere “il sole di candida luce nel mezzo della notte” (Apuleio, Favola di Amore e Psiche).
Settembre 2002
Carmine Benincasa
19
settembre 2003
Paolo Gubinelli –
Dal 19 al 28 settembre 2003
Location
PALAZZO PANCIATICHI
Firenze, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 2, (Firenze)
Firenze, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 2, (Firenze)
Vernissage
19 Settembre 2003, h 18, con presentazione di CARMINE BENINCASA e lettura di una poesia inedita di NICO ORENGO