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Paolo Manaresi – I colori dell’inquietudine. Oli, tempere e pastelli inediti di un grande artista bolognese
La mostra, realizzata con la collaborazione di Donatella Agostoni Manaresi, nipote dell’artista, riscopre la pittura di Paolo Manaresi (1908-1991), protagonista dell’arte bolognese del Novecento. Sono infatti esposte un centinaio di opere (oli, tempere e pastelli), in gran parte inedite.
Comunicato stampa
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Con la mostra "Paolo Manaresi. I colori dell’inquietudine", a cura di Andrea Dall’Asta SJ e Francesca Passerini con la collaborazione di Donatella Agostoni Manaresi, la Raccolta Lercaro ricorda Paolo Manaresi (1908-1991), protagonista dell’arte bolognese del Novecento, di cui è stato Maestro nel campo dell’incisione.
Rispetto alle precedenti esposizioni che hanno celebrato l’artista, la mostra della Raccolta Lercaro si presenta in modo inusuale: non sono infatti esposte (solo) le sue straordinarie incisioni, ma soprattutto le opere pittoriche, per lo più sconosciute al grande pubblico. All’interno del percorso espositivo vengono alla luce un centinaio di oli, pastelli e tempere, in gran parte inediti. Una vera e propria scoperta, che permetterà un’immersione nel lungo arco temporale che va dagli anni Trenta all’inizio degli anni Novanta, quando Manaresi concluderà la sua esperienza di vita.
Se la mostra si presenta in modo articolato e complesso, un filo rosso unifica le diverse sezioni: che si tratti di paesaggi, di scene religiose o, ancora, di nature morte realizzate in periodi diversi, il denominatore comune è sempre una profonda inquietudine. Nei primi ritratti o nelle scene d’interni degli anni Trenta i tratti sono ancora distesi, ma con l’arrivo della Seconda guerra mondiale la mano inizia a farsi nervosa. I lavori degli anni Cinquanta e Sessanta – siano essi paesaggi o periferie cittadine, che risentono delle lezioni metafisiche di Carrà e di Sironi – sono orientati da una ricerca estetica che privilegia il contrasto chiaroscurale: è la proiezione, in pittura, delle strade tortuose percorse interiormente dall’artista.
Nel succedersi delle diverse sale della mostra emergono infatti i suoi interrogativi sul senso della vita, espressi con grande intensità soprattutto nelle scene di carattere religioso.
Facendo uso di colori accesi e di segni forti che ricordano l’arte nord-europea, in particolare Munch e Nolde, Manaresi mostra come la sua ricerca esistenziale sia inseparabile da una riflessione sulla fede. In particolare si concentra sulle scene di Crocifissione, che dipinge in infinite varianti. Al centro, sempre la rappresentazione del Christus patiens: la sofferenza del Figlio Dio sembra rivelare il dolore stesso dell’artista. Oltre a Cristo, il personaggio maggiormente ricorrente è la Maddalena, rappresentata come una macchia cromatica di colore rosso vivo che, ai piedi della croce, grida dolore e amore.
Sono questi gli stessi anni in cui la Chiesa vive il concilio Vaticano II, anni di grandi aperture, ma anche di dolorosi scontri tra diverse visioni del mondo. Manaresi partecipa a questo dibattito attraverso la sua pittura: nel Cristo morto e nella Maddalena riversa il suo grido muto di uomo ferito dalla vita ma, nonostante tutto, ancora tenacemente capace di cercare risposte e riconciliazioni.
Questa irrequietezza si presenta in tutta la sua potenza espressiva nelle ultime composizioni, realizzate tra fine anni Ottanta e inizio Novanta: dopo una progressiva compressione dei volumi, una sintesi delle forme e un’intensificazione dei contrasti cromatici, alla fine della vita Manaresi elabora composizioni in cui le visioni dell’anima si mescolano e si fondono con la realtà naturale. Da un lato recupera elementi appartenenti alle precedenti ricerche formali, dall’altro risolve l’urgenza espressiva ricorrendo all’astrazione, via inedita per lui. Queste «opere nuove» – come lui stesso le definisce – appaiono quasi implodere su loro stesse. Il tratto nervoso e acuto sembra perdersi nell’iterazione. Qual è il senso di queste forme “informi”, nate da un urlo senza suoni e da un gesto colmo di energia, ma irretito e immobilizzato da un segno agitato? Tutto sembra perdersi in un buio esistenziale, in una sofferta sconfitta, come nella Composizione rosso-nera che chiude la mostra. Questi inediti lavori segnano il drammatico esito di un artista che ha ancora tanto da rivelare e che la mostra indaga da un punto di vista nuovo. Una riflessione sul senso delle cose e della vita.
La mostra resterà aperta fino al 2 luglio 2017
Catalogo disponibile in museo
Il progetto è stato realizzato con il contributo di:
Banca Popolare dell’Emilia Romagna
UniCredit
Ambos-Accessori per il mobile, Valsamoggia (Bologna)
Cantina Manaresi, Zola Predosa (Bologna)
Allestimento e direzione lavori: Paolo Capponcelli, PANSTUDIO architetti associati, Bologna
Responsabile tecnico: Claudio Calari
Rispetto alle precedenti esposizioni che hanno celebrato l’artista, la mostra della Raccolta Lercaro si presenta in modo inusuale: non sono infatti esposte (solo) le sue straordinarie incisioni, ma soprattutto le opere pittoriche, per lo più sconosciute al grande pubblico. All’interno del percorso espositivo vengono alla luce un centinaio di oli, pastelli e tempere, in gran parte inediti. Una vera e propria scoperta, che permetterà un’immersione nel lungo arco temporale che va dagli anni Trenta all’inizio degli anni Novanta, quando Manaresi concluderà la sua esperienza di vita.
Se la mostra si presenta in modo articolato e complesso, un filo rosso unifica le diverse sezioni: che si tratti di paesaggi, di scene religiose o, ancora, di nature morte realizzate in periodi diversi, il denominatore comune è sempre una profonda inquietudine. Nei primi ritratti o nelle scene d’interni degli anni Trenta i tratti sono ancora distesi, ma con l’arrivo della Seconda guerra mondiale la mano inizia a farsi nervosa. I lavori degli anni Cinquanta e Sessanta – siano essi paesaggi o periferie cittadine, che risentono delle lezioni metafisiche di Carrà e di Sironi – sono orientati da una ricerca estetica che privilegia il contrasto chiaroscurale: è la proiezione, in pittura, delle strade tortuose percorse interiormente dall’artista.
Nel succedersi delle diverse sale della mostra emergono infatti i suoi interrogativi sul senso della vita, espressi con grande intensità soprattutto nelle scene di carattere religioso.
Facendo uso di colori accesi e di segni forti che ricordano l’arte nord-europea, in particolare Munch e Nolde, Manaresi mostra come la sua ricerca esistenziale sia inseparabile da una riflessione sulla fede. In particolare si concentra sulle scene di Crocifissione, che dipinge in infinite varianti. Al centro, sempre la rappresentazione del Christus patiens: la sofferenza del Figlio Dio sembra rivelare il dolore stesso dell’artista. Oltre a Cristo, il personaggio maggiormente ricorrente è la Maddalena, rappresentata come una macchia cromatica di colore rosso vivo che, ai piedi della croce, grida dolore e amore.
Sono questi gli stessi anni in cui la Chiesa vive il concilio Vaticano II, anni di grandi aperture, ma anche di dolorosi scontri tra diverse visioni del mondo. Manaresi partecipa a questo dibattito attraverso la sua pittura: nel Cristo morto e nella Maddalena riversa il suo grido muto di uomo ferito dalla vita ma, nonostante tutto, ancora tenacemente capace di cercare risposte e riconciliazioni.
Questa irrequietezza si presenta in tutta la sua potenza espressiva nelle ultime composizioni, realizzate tra fine anni Ottanta e inizio Novanta: dopo una progressiva compressione dei volumi, una sintesi delle forme e un’intensificazione dei contrasti cromatici, alla fine della vita Manaresi elabora composizioni in cui le visioni dell’anima si mescolano e si fondono con la realtà naturale. Da un lato recupera elementi appartenenti alle precedenti ricerche formali, dall’altro risolve l’urgenza espressiva ricorrendo all’astrazione, via inedita per lui. Queste «opere nuove» – come lui stesso le definisce – appaiono quasi implodere su loro stesse. Il tratto nervoso e acuto sembra perdersi nell’iterazione. Qual è il senso di queste forme “informi”, nate da un urlo senza suoni e da un gesto colmo di energia, ma irretito e immobilizzato da un segno agitato? Tutto sembra perdersi in un buio esistenziale, in una sofferta sconfitta, come nella Composizione rosso-nera che chiude la mostra. Questi inediti lavori segnano il drammatico esito di un artista che ha ancora tanto da rivelare e che la mostra indaga da un punto di vista nuovo. Una riflessione sul senso delle cose e della vita.
La mostra resterà aperta fino al 2 luglio 2017
Catalogo disponibile in museo
Il progetto è stato realizzato con il contributo di:
Banca Popolare dell’Emilia Romagna
UniCredit
Ambos-Accessori per il mobile, Valsamoggia (Bologna)
Cantina Manaresi, Zola Predosa (Bologna)
Allestimento e direzione lavori: Paolo Capponcelli, PANSTUDIO architetti associati, Bologna
Responsabile tecnico: Claudio Calari
01
aprile 2017
Paolo Manaresi – I colori dell’inquietudine. Oli, tempere e pastelli inediti di un grande artista bolognese
Dal primo aprile al 02 luglio 2017
arte moderna e contemporanea
Location
RACCOLTA LERCARO
Bologna, Via Riva Di Reno, 57, (Bologna)
Bologna, Via Riva Di Reno, 57, (Bologna)
Orario di apertura
giovedì e venerdì, 10-13
sabato e domenica, 11-18.30
Chiuso il 15 e 16 aprile (Sabato Santo e Pasqua), il 25 aprile, il 1° maggio;
Aperto il 13 e 14 aprile (Giovedì e Venerdì Santo) con orario ordinario (10-13), il 17 aprile (Lunedì dell’Angelo) con orario festivo (11-18.30), il 2 giugno con orario ordinario (10-13)
Vernissage
1 Aprile 2017, Ore 18
Autore
Curatore