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Paolo Minioni / Natale Zoppis
Minioni adopera il mezzo fotografico in una dimensione mediana tra l’analisi concettuale e la narrazione di spazi ed ambienti intimi e domestici; Zoppis è impegnato in una rigorosa e coerente ricerca attorno alla fotografia vista non come reportage o visione in presa diretta del reale ma come pratica concettuale ed analisi sui suoi meccanismi costitutivi e sulla possibilità di dialogo con altri linguaggi
Comunicato stampa
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Paolo Minioni (Verbania 1965) ha allestito personali presso le gallerie VSV e Modena 55 di Torino, alla Fondazione Italiana di Fotografia ed al Brunitoio di Ghiffa (Vb). Ha partecipato a due edizioni della BAM – Biennale d’Arte Moderna e Contemporanea del Piemonte.
Natale Zoppis (Verbania 1952) espone dal 1983 e vanta un importante curriculum dove, in sintesi, si citano le personali alla galleria Diaframma di Milano, da Artifex e Forma Libera a Torino, Foro Boario a Modena, Fondazione Studio Marangoni a Firenze. Tra le molte collettive presenze alla Fondazione Peggy Gugguenheim di Venezia ed alla Fondazione Sandretto a Guarene. Sue opere compaiono nelle collezioni, tra le altre, della Bibliotèque National di Parigi, della International Polaroid Collection, della Galleria Civica di Modena, della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.
La fotografia, nell’ultimo trentennio, si è avvalsa della disinibizione formale cifra stilistica del postmoderno per riversarsi massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l’oggetto e diventando, negli anni ’80 ma ancora di più nel decennio successivo e fino ai giorni nostri, la dimensione narrativa maggioritaria, in compagnia di quello che è stato il suo secondo derivato tecnologico dopo il cinema, il video. L’atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione “fredda”, tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell’esistente e della banalità quotidiana, ed un’altra dimensione “calda”, “psicologica”, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di affettuosa partecipazione. Paolo Minioni adopera il mezzo fotografico in una dimensione mediana tra l’analisi concettuale e la narrazione di spazi ed ambienti intimi e domestici, quindi avvalendosi, mantenendo uno stile coerente e riconoscibile, di entrambe le possibilità. L’installazione presso la Fusion Art Gallery privilegia il primo ambito e consiste in due serie di lavori poste frontalmente l’una all’altra. Da un lato avremo dodici immagini in bianco e nero raffiguranti un elemento ricorrente della poetica di Minioni, il vaso, contenitore dalla forte valenza simbolica. Nella serie degli “Still life” l’artista rivolgeva l’attenzione sull’alternarsi dei cicli vitali della natura, in questo caso il vaso è inquadrato nella sua nudità emblematica di oggetto in cerca di autore. Nella parete opposta altre tre immagini in bianco e nero cercano di colmare questa mancanza. Si tratta di tre enormi cumuli di terra di recupero rappresentati nella loro immanente dimensione di natura artefatta, sorta di montagne generatesi per effetto umano, sedimenti dalla notevole potenza espressiva.
Edoardo Di Mauro
Lungo il corso del Novecento tra fotografia e pittura prende corpo quello che alcuni teorici definirono un vero e proprio “combattimento per un’immagine”. In realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi essendo essa dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà apparentabile semmai alle modalità “extra –artistiche” in voga tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, con la fuga dell’arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura in direzione di una volontà di contaminazione con l’ambiente esterno inteso come piena omologia con il mondo per perseguire un’esperienza estetica e sensoriale totalizzante, dove anche il corpo umano con la body art si imponeva come autonomo ed autoreferenziale strumento di poetica e di narrazione. Caratteristiche, quelle prima descritte, che si abbinano assai armonicamente al lavoro di Natale Zoppis. L’artista è infatti da anni impegnato in una rigorosa e coerente ricerca attorno alla fotografia vista non come reportage o visione in presa diretta del reale, ma come pratica concettuale ed analisi sui suoi meccanismi costitutivi e sulla possibilità di dialogo con altri linguaggi, come testimoniato dall’uso di uno strumento atto a svelare la materia concreta della fotografia come la polaroid. L’immagine per Zoppis è concepita nella sua valenza di ricettrice e stratificatrice di memoria, per la sua capacità di serbare il ricordo di esperienze passate e giacenti nell’oblio ma improvvisamente in grado di riconnettersi al “qui ed ora”. Centrale anche l’ attenzione nei confronti del linguaggio del corpo, suo e di altri, esaltato in una sorta di mistica e di attrazione nei confronti della religiosità popolare, in particolare quella degli “ex voto” che, considerati oggetti alieni dall’arte ufficiale, sono in realtà forme di sublimazione simbolica del mondo e dell’esperienza. In mostra alla Fusion Art Gallery una serie fotografica in bianco e nero rappresentante dodici piedi, in cornici realizzate con materiali di recupero, con alla base catino ed asciugatoio, chiara citazione evangelica, e “reliquiari”, polaroid di ritratti a tecnica mista custoditi dentro teche di legno naturale.
Edoardo Di Mauro
Natale Zoppis (Verbania 1952) espone dal 1983 e vanta un importante curriculum dove, in sintesi, si citano le personali alla galleria Diaframma di Milano, da Artifex e Forma Libera a Torino, Foro Boario a Modena, Fondazione Studio Marangoni a Firenze. Tra le molte collettive presenze alla Fondazione Peggy Gugguenheim di Venezia ed alla Fondazione Sandretto a Guarene. Sue opere compaiono nelle collezioni, tra le altre, della Bibliotèque National di Parigi, della International Polaroid Collection, della Galleria Civica di Modena, della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.
La fotografia, nell’ultimo trentennio, si è avvalsa della disinibizione formale cifra stilistica del postmoderno per riversarsi massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l’oggetto e diventando, negli anni ’80 ma ancora di più nel decennio successivo e fino ai giorni nostri, la dimensione narrativa maggioritaria, in compagnia di quello che è stato il suo secondo derivato tecnologico dopo il cinema, il video. L’atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione “fredda”, tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell’esistente e della banalità quotidiana, ed un’altra dimensione “calda”, “psicologica”, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di affettuosa partecipazione. Paolo Minioni adopera il mezzo fotografico in una dimensione mediana tra l’analisi concettuale e la narrazione di spazi ed ambienti intimi e domestici, quindi avvalendosi, mantenendo uno stile coerente e riconoscibile, di entrambe le possibilità. L’installazione presso la Fusion Art Gallery privilegia il primo ambito e consiste in due serie di lavori poste frontalmente l’una all’altra. Da un lato avremo dodici immagini in bianco e nero raffiguranti un elemento ricorrente della poetica di Minioni, il vaso, contenitore dalla forte valenza simbolica. Nella serie degli “Still life” l’artista rivolgeva l’attenzione sull’alternarsi dei cicli vitali della natura, in questo caso il vaso è inquadrato nella sua nudità emblematica di oggetto in cerca di autore. Nella parete opposta altre tre immagini in bianco e nero cercano di colmare questa mancanza. Si tratta di tre enormi cumuli di terra di recupero rappresentati nella loro immanente dimensione di natura artefatta, sorta di montagne generatesi per effetto umano, sedimenti dalla notevole potenza espressiva.
Edoardo Di Mauro
Lungo il corso del Novecento tra fotografia e pittura prende corpo quello che alcuni teorici definirono un vero e proprio “combattimento per un’immagine”. In realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi essendo essa dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà apparentabile semmai alle modalità “extra –artistiche” in voga tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, con la fuga dell’arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura in direzione di una volontà di contaminazione con l’ambiente esterno inteso come piena omologia con il mondo per perseguire un’esperienza estetica e sensoriale totalizzante, dove anche il corpo umano con la body art si imponeva come autonomo ed autoreferenziale strumento di poetica e di narrazione. Caratteristiche, quelle prima descritte, che si abbinano assai armonicamente al lavoro di Natale Zoppis. L’artista è infatti da anni impegnato in una rigorosa e coerente ricerca attorno alla fotografia vista non come reportage o visione in presa diretta del reale, ma come pratica concettuale ed analisi sui suoi meccanismi costitutivi e sulla possibilità di dialogo con altri linguaggi, come testimoniato dall’uso di uno strumento atto a svelare la materia concreta della fotografia come la polaroid. L’immagine per Zoppis è concepita nella sua valenza di ricettrice e stratificatrice di memoria, per la sua capacità di serbare il ricordo di esperienze passate e giacenti nell’oblio ma improvvisamente in grado di riconnettersi al “qui ed ora”. Centrale anche l’ attenzione nei confronti del linguaggio del corpo, suo e di altri, esaltato in una sorta di mistica e di attrazione nei confronti della religiosità popolare, in particolare quella degli “ex voto” che, considerati oggetti alieni dall’arte ufficiale, sono in realtà forme di sublimazione simbolica del mondo e dell’esperienza. In mostra alla Fusion Art Gallery una serie fotografica in bianco e nero rappresentante dodici piedi, in cornici realizzate con materiali di recupero, con alla base catino ed asciugatoio, chiara citazione evangelica, e “reliquiari”, polaroid di ritratti a tecnica mista custoditi dentro teche di legno naturale.
Edoardo Di Mauro
24
aprile 2009
Paolo Minioni / Natale Zoppis
Dal 24 aprile al 15 giugno 2009
fotografia
Location
FUSION ART GALLERY
Torino, Piazza Amedeo Peyron, 9G, (Torino)
Torino, Piazza Amedeo Peyron, 9G, (Torino)
Orario di apertura
martedì, giovedì e venerdì 16.30 – 19.30 o su appuntamento
Vernissage
24 Aprile 2009, dalle 19 alle 23
Autore
Curatore