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Paolo Sacchi – Per l’ultima volta in fabbrica
Un progetto fotografico di
archeologia industriale eseguito all inizio degli anni Ottanta presso
lo stabilimento della Panizza, a Ghiffa (Lago Maggiore). Poco tempo
dopo la chiusura di una delle fabbriche di cappelli più famose in
Italia, Paolo Sacchi entra nel vecchio stabilimento e realizza una
serie di fotografie di rara intensità per raccontare un Italia che
non c è più.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La galleria ilbox/f:22 è lieta di presentare Per l ultima volta
fabbrica mostra personale di Paolo Sacchi. Un progetto fotografico di
archeologia industriale eseguito all inizio degli anni Ottanta presso
lo stabilimento della Panizza, a Ghiffa (Lago Maggiore). Poco tempo
dopo la chiusura di una delle fabbriche di cappelli più famose in
Italia, Paolo Sacchi entra nel vecchio stabilimento e realizza una
serie di fotografie di rara intensità per raccontare un Italia che
non c è più.
Strani tempi quelli odierni. La più grave crisi dal 1929 rischia di
mandare a rotoli l economia mondiale. Un azienda italiana si compra
una delle più grandi case automobilistiche americane. La
disoccupazione fa paura e la disperazione porta a gesti clamorosi,
come non se ne vedevano da tempo - operai che scalano ciminiere e
capannoni, o sequestrano il proprio (ex) datore di lavoro. Le
fabbriche chiudono, non è una novità. Sembra un processo triste e
inarrestabile, di cui però un giovane fotografo milanese si era già
accorto all inizio degli anni Ottanta.
La Panizza di Ghiffa produceva cappelli e costituiva una di quelle
eccellenze del cosiddetto made in Italy . Era specializzata nella
lavorazione del feltro di lepre. Oggi quasi nessuno porta più il
cappello, tanto meno in feltro di lepre. Il direttore della Panizza,
con un misto di amarezza e ironia, confrontando un immagine di una
manifestazione all inizio del Novecento con una degli anni Settanta,
soleva dire: guardate, tutti portavano il cappello una volta . Le
mode possono essere spietate.
La Panizza di Ghiffa era una fabbrica-città. Tutto il paese aveva
come riferimento, non solo economico, lo stabilimento. I suoi suoni,
i suoi tempi, i riti, la sua sagoma rassicurante. Senza falsi
romanticismi Paolo Sacchi ritrasse quello che era rimasto nella
fabbrica pochi giorni dopo la sua chiusura. Un approccio fotografico
discreto, pulito, di grande rigore formale, perché gli oggetti
parlino con la forza della loro stessa presenza.
Riproporre quelle fotografie oggi, in tempi di crisi economica,
politica e culturale, ha un significato preciso. Al di là di ogni
nostalgia o rimpianto, esse rappresentano una testimonianza. Ci
parlano di valori quali il lavoro, l eccellenza artigiana in un
contesto industriale, l identità di una comunità, il suo riconoscersi
in un prodotto, in un luogo, in pratiche quotidiane lontane
dall esperienza odierna. Le fotografie di Paolo Sacchi sono una boa
nell oceano della memoria. Un riferimento prezioso per riflettere su
un mondo che cambia. Un punto di partenza perché no? per
immaginare il futuro.
Giorgio Caione
fabbrica mostra personale di Paolo Sacchi. Un progetto fotografico di
archeologia industriale eseguito all inizio degli anni Ottanta presso
lo stabilimento della Panizza, a Ghiffa (Lago Maggiore). Poco tempo
dopo la chiusura di una delle fabbriche di cappelli più famose in
Italia, Paolo Sacchi entra nel vecchio stabilimento e realizza una
serie di fotografie di rara intensità per raccontare un Italia che
non c è più.
Strani tempi quelli odierni. La più grave crisi dal 1929 rischia di
mandare a rotoli l economia mondiale. Un azienda italiana si compra
una delle più grandi case automobilistiche americane. La
disoccupazione fa paura e la disperazione porta a gesti clamorosi,
come non se ne vedevano da tempo - operai che scalano ciminiere e
capannoni, o sequestrano il proprio (ex) datore di lavoro. Le
fabbriche chiudono, non è una novità. Sembra un processo triste e
inarrestabile, di cui però un giovane fotografo milanese si era già
accorto all inizio degli anni Ottanta.
La Panizza di Ghiffa produceva cappelli e costituiva una di quelle
eccellenze del cosiddetto made in Italy . Era specializzata nella
lavorazione del feltro di lepre. Oggi quasi nessuno porta più il
cappello, tanto meno in feltro di lepre. Il direttore della Panizza,
con un misto di amarezza e ironia, confrontando un immagine di una
manifestazione all inizio del Novecento con una degli anni Settanta,
soleva dire: guardate, tutti portavano il cappello una volta . Le
mode possono essere spietate.
La Panizza di Ghiffa era una fabbrica-città. Tutto il paese aveva
come riferimento, non solo economico, lo stabilimento. I suoi suoni,
i suoi tempi, i riti, la sua sagoma rassicurante. Senza falsi
romanticismi Paolo Sacchi ritrasse quello che era rimasto nella
fabbrica pochi giorni dopo la sua chiusura. Un approccio fotografico
discreto, pulito, di grande rigore formale, perché gli oggetti
parlino con la forza della loro stessa presenza.
Riproporre quelle fotografie oggi, in tempi di crisi economica,
politica e culturale, ha un significato preciso. Al di là di ogni
nostalgia o rimpianto, esse rappresentano una testimonianza. Ci
parlano di valori quali il lavoro, l eccellenza artigiana in un
contesto industriale, l identità di una comunità, il suo riconoscersi
in un prodotto, in un luogo, in pratiche quotidiane lontane
dall esperienza odierna. Le fotografie di Paolo Sacchi sono una boa
nell oceano della memoria. Un riferimento prezioso per riflettere su
un mondo che cambia. Un punto di partenza perché no? per
immaginare il futuro.
Giorgio Caione
12
settembre 2009
Paolo Sacchi – Per l’ultima volta in fabbrica
Dal 12 al 27 settembre 2009
fotografia
Location
ILBOX MOTORE PER L’ARTE – F:22 PHOTOGALLERY
Orta San Giulio, Via Olina, 22, (Novara)
Orta San Giulio, Via Olina, 22, (Novara)
Orario di apertura
sabato e domenica 15h00-19h00
da martedì a venerdì: su appuntamento
Vernissage
12 Settembre 2009, ore 18
Autore