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Paolo Serra – Guardare non è semplice come sembra
In mostra una selezione di opere recenti dell’artista Paolo Serra
Comunicato stampa
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“Guardare non è semplice come sembra, l’arte insegna come guardare”, accolti da questo
assunto di Ad Reinhardt si varca la soglia dello studio di Serra a Castelleale in Romagna. Un monito
ad aprire gli occhi, perché se vedere è fisico, guardare è mentale. Tutti sanno vedere, ma
guardare? Le opere di Serra sembrano porre proprio questa domanda. Dietro un seducente,
quanto apparente minimalismo cromatico, si nasconde una fitta rete di stratificazioni di colore che
lascia solo intravedere una più intima e misteriosa raffigurazione. E la monocromia è doppiamente
fittizia perché gli strati di pittura sono molteplici e tra loro diversi. Come un alchimista, infatti,
l’artista realizza i propri colori utilizzando tecniche desunte da antichi manuali, ma soprattutto
sperimentazioni personali. Tra i materiali utilizzati spiccano la tempera all’uovo e la foglia d’oro
degli artisti rinascimentali italiani, gli ossidi di ferro dei moderni del 900, ma anche le lacche. Antico
è invece il criterio con cui dispone le forme geometriche sulla superficie che si rapportano tra loro
come i numeri della serie di Fibonacci 3,5,8,13,18,21… successione il cui rapporto fra termini
adiacenti tende al rapporto aureo . Questa formula antica che è stata usata in modi diversi ed
originali da tanti artisti del passato e fino ai giorni nostri, per Paolo Serra non è una regola estetica
cui affidare la composizione nei propri lavori, ma la porta di accesso ad una legge universale che
interagisce con il continuo trasformarsi del tutto. “Ciò che per l’arte antica era la regola aurea –
spiega il critico Alberto Fiz, parlando dell’artista romagnolo – diventa per Serra elemento di assoluta
precarietà intorno al quale si sviluppano il mistero e l’incertezza della pittura e dei suoi limiti”.
Concentrando l’attenzione del suo lavoro sull’alfabeto della pittura, Serra costringe lo spettatore a
ripensare i fondamentali dell’arte, risalendo addirittura alle origini. Ma il risultato non è una
riproduzione pedissequa di un manuale mandato a memoria, piuttosto l’introiezione del concetto
dell’arte come “tecne” e quindi dell’unicità dell’opera perché “fatta a mano”. In un’epoca in cui
si discute sulla “morte della pittura” - gli anni ’60 dopo Manzoni e Klein - Serra decide di continuare
a dipingere e riscopre il valore del colore, del pigmento, come fosse un rito. “Ma non volevo
dipingere come nel Tredicesimo secolo – racconta l’artista – volevo dipingere cose del presente.
L’aspetto rituale dell’arte mi ha sempre affascinato. Ad esempio Pollock aveva una relazione quasi
fisica con l’opera, i suoi dipinti rappresentano il prodotto di questo rituale anche se noi spettatori
non lo vediamo.” La contemporaneità dell’arte di Serra sta proprio nello scarto che si ottiene tra il
vedere e il guardare, in una società come la nostra in cui siamo bombardati dalle immagini
immediate e superficiali dei mass media, Serra costringe lo spettatore all’elaborazione mentale del
quadro, ad un tempo di analisi che apre una riflessione sulla velocità – e fugacità – dell’immagine
contemporanea.
Cenni biografici
Paolo Serra nasce nel 1946 a Morciano di Romagna. Nel 1955 si trasferisce in Inghilterra, dove vive
per ventisette anni. Appena sedicenne, tiene la prima mostra personale nel 1962 presso la Century
Gallery di Northampton, dove viene notato dal Guardian che gli dedica un’ampia recensione. Dai
primi anni Settanta espone in Olanda e partecipa al Salon Des Réalités Nouvelles di Parigi. Nel 1973
presenta l’opera Light and Space alla XII Biennale di San Paolo del Brasile nel padiglione inglese.
Nel 1976 realizza un affresco di ventiquattro metri quadrati alla Chapel All Saints di Northampton.
Nel 1982 torna in Italia, nella sua Romagna. In questi anni viene invitato a numerose fiere d’arte
europee tra cui Fiac a Parigi, Art Cologne e Art Basel. Nel 1994 espone a Bologna nella mostra Anni
‘90 a cura di Renato Barilli e, nello stesso anno, presso la Galerie Triebold di Basilea in una personale
a cura di Francis Naumann. Nel 1995 Achille Bonito Oliva scrive di lui in occasione della mostra
presso la Galleria Ronchini Artecontemporanea di Terni. Nel 2007 si tiene una sua antologica alla
Rocca Albornoz di Narni. Del 2008 è la personale presso Marcorossi Spiralearte di Milano, seguita
nel 2010 da quella a Torino per Eventinove arte contemporanea. Recentemente ha esposto in
numerose gallerie svedesi e tedesche. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni pubbliche
e private, all’estero e in Italia: Stedelijk Museum, Amsterdam; Arts Council of Great Britain;
Rembrandt Society, Olanda; National Bank of the Netherlands; Amro Bank, Olanda; Westland
Utrecht Bank, Olanda; Galleria d’Arte Moderna, Bologna; National Versicherungen, Basilea;
Bâloise, BaslerVersicherungen, Basilea; UBS AG, Basilea; Banquiers Dreyfus & Cie, Parigi – Basilea.
assunto di Ad Reinhardt si varca la soglia dello studio di Serra a Castelleale in Romagna. Un monito
ad aprire gli occhi, perché se vedere è fisico, guardare è mentale. Tutti sanno vedere, ma
guardare? Le opere di Serra sembrano porre proprio questa domanda. Dietro un seducente,
quanto apparente minimalismo cromatico, si nasconde una fitta rete di stratificazioni di colore che
lascia solo intravedere una più intima e misteriosa raffigurazione. E la monocromia è doppiamente
fittizia perché gli strati di pittura sono molteplici e tra loro diversi. Come un alchimista, infatti,
l’artista realizza i propri colori utilizzando tecniche desunte da antichi manuali, ma soprattutto
sperimentazioni personali. Tra i materiali utilizzati spiccano la tempera all’uovo e la foglia d’oro
degli artisti rinascimentali italiani, gli ossidi di ferro dei moderni del 900, ma anche le lacche. Antico
è invece il criterio con cui dispone le forme geometriche sulla superficie che si rapportano tra loro
come i numeri della serie di Fibonacci 3,5,8,13,18,21… successione il cui rapporto fra termini
adiacenti tende al rapporto aureo . Questa formula antica che è stata usata in modi diversi ed
originali da tanti artisti del passato e fino ai giorni nostri, per Paolo Serra non è una regola estetica
cui affidare la composizione nei propri lavori, ma la porta di accesso ad una legge universale che
interagisce con il continuo trasformarsi del tutto. “Ciò che per l’arte antica era la regola aurea –
spiega il critico Alberto Fiz, parlando dell’artista romagnolo – diventa per Serra elemento di assoluta
precarietà intorno al quale si sviluppano il mistero e l’incertezza della pittura e dei suoi limiti”.
Concentrando l’attenzione del suo lavoro sull’alfabeto della pittura, Serra costringe lo spettatore a
ripensare i fondamentali dell’arte, risalendo addirittura alle origini. Ma il risultato non è una
riproduzione pedissequa di un manuale mandato a memoria, piuttosto l’introiezione del concetto
dell’arte come “tecne” e quindi dell’unicità dell’opera perché “fatta a mano”. In un’epoca in cui
si discute sulla “morte della pittura” - gli anni ’60 dopo Manzoni e Klein - Serra decide di continuare
a dipingere e riscopre il valore del colore, del pigmento, come fosse un rito. “Ma non volevo
dipingere come nel Tredicesimo secolo – racconta l’artista – volevo dipingere cose del presente.
L’aspetto rituale dell’arte mi ha sempre affascinato. Ad esempio Pollock aveva una relazione quasi
fisica con l’opera, i suoi dipinti rappresentano il prodotto di questo rituale anche se noi spettatori
non lo vediamo.” La contemporaneità dell’arte di Serra sta proprio nello scarto che si ottiene tra il
vedere e il guardare, in una società come la nostra in cui siamo bombardati dalle immagini
immediate e superficiali dei mass media, Serra costringe lo spettatore all’elaborazione mentale del
quadro, ad un tempo di analisi che apre una riflessione sulla velocità – e fugacità – dell’immagine
contemporanea.
Cenni biografici
Paolo Serra nasce nel 1946 a Morciano di Romagna. Nel 1955 si trasferisce in Inghilterra, dove vive
per ventisette anni. Appena sedicenne, tiene la prima mostra personale nel 1962 presso la Century
Gallery di Northampton, dove viene notato dal Guardian che gli dedica un’ampia recensione. Dai
primi anni Settanta espone in Olanda e partecipa al Salon Des Réalités Nouvelles di Parigi. Nel 1973
presenta l’opera Light and Space alla XII Biennale di San Paolo del Brasile nel padiglione inglese.
Nel 1976 realizza un affresco di ventiquattro metri quadrati alla Chapel All Saints di Northampton.
Nel 1982 torna in Italia, nella sua Romagna. In questi anni viene invitato a numerose fiere d’arte
europee tra cui Fiac a Parigi, Art Cologne e Art Basel. Nel 1994 espone a Bologna nella mostra Anni
‘90 a cura di Renato Barilli e, nello stesso anno, presso la Galerie Triebold di Basilea in una personale
a cura di Francis Naumann. Nel 1995 Achille Bonito Oliva scrive di lui in occasione della mostra
presso la Galleria Ronchini Artecontemporanea di Terni. Nel 2007 si tiene una sua antologica alla
Rocca Albornoz di Narni. Del 2008 è la personale presso Marcorossi Spiralearte di Milano, seguita
nel 2010 da quella a Torino per Eventinove arte contemporanea. Recentemente ha esposto in
numerose gallerie svedesi e tedesche. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni pubbliche
e private, all’estero e in Italia: Stedelijk Museum, Amsterdam; Arts Council of Great Britain;
Rembrandt Society, Olanda; National Bank of the Netherlands; Amro Bank, Olanda; Westland
Utrecht Bank, Olanda; Galleria d’Arte Moderna, Bologna; National Versicherungen, Basilea;
Bâloise, BaslerVersicherungen, Basilea; UBS AG, Basilea; Banquiers Dreyfus & Cie, Parigi – Basilea.
25
settembre 2010
Paolo Serra – Guardare non è semplice come sembra
Dal 25 settembre al 30 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA
Verona, Via Giuseppe Garibaldi, 18a, (Verona)
Verona, Via Giuseppe Garibaldi, 18a, (Verona)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10-12.30 15–19
Vernissage
25 Settembre 2010, ore 18.30
Autore