Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Paolo Spinoglio – Femminilità
Nasce Torino nel 1956.Muore ad Asti nel 2002.Apprende i primi rudimenti dell’arte in famiglia,impara le tecniche del disegno dal Prof. Carlo Giuliano ed in seguito sotto la guida del Prof. Riccardo Cordero trova quello che veramente cerca: la Scultura.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
PAOLO SPINOGLIO nasce a Torino nel 1956. Muore ad Asti nel 2002.
Apprende i primi rudimenti dell’arte in famiglia, attratto fin da ragazzo dalla
bravura del padre Tullio, appassionato pittore ed acquerellista. Dopo gli studi
classici si iscrive ad Architettura e successivamente ad Archeologia, ma non
sono queste le sue strade; impara le tecniche del disegno dal Prof. Carlo
Giuliano ed in seguito sotto la guida del Prof. Riccardo Cordero trova quello
che veramente cerca: la Scultura. Fin dagli esordi le riflessioni plastiche, di
natura figurativa, trovano nella terracotta il materiale ideale. Nel 1989 si
trasferisce nell’astigiano: compra un grande forno e nel suo studio laboratorio
tra disegni, attrezzi, scritte su muri, bozzetti e musica nascono le sue opere,
o meglio le sue “creature” come amava chiamarle. Negli anni il suo stile si
evolve verso l’astrazione con l’eliminazione progressiva dei particolari
descrittivi sino a giungere a quei visi che sorridono ad occhi chiusi
La sua prima mostra nel 1974 è la Collettiva per Giovani Artisti alla
Promotrice delle Belle Arti di Torino. La sua attività espositiva prosegue con
personali in gallerie private e spazi pubblici fino al 2001.
Presentazione di Gianfranco Schialvino :
«Ho visto la creta
obbligare i personaggi a seguirla
nella sua purezza
e fatalità immutabile».
Così Arturo Martini, trentaduenne, nel pieno delle speranze. Così Paolo
Spinoglio, quando lo conobbi agli esordi, e mi incuriosì con la semplicità
delle sue linee, tese con naturalezza sconcertante nel concorrere a dar
forma alla folla di idee che si ammassavano sotto una massa irta di capelli
stopposi; e così ancora, tardi, al Battistero di Asti, dove, nei gruppi bianchi
delle “Pietà”, quasi un testamento, l’unico movimento della materia lo davano
l’onda d’un lino inanimato e l’incontro col dolore.
Un lavoro breve, troppo. Ed intenso. Concluso per mala ventura sull’orlo
dell’abbrivo alla forma assoluta, nel fascino seducente dell’incognita brancusiana.
Alla soglia dell’astrazione.
Un viaggio deciso alla ricerca della leggerezza, quella che Calvino indicava
nella “sottrazione di peso”. Anche Paolo ha cercato di togliere gravità alle
figure: ogni volta il superfluo della polvere, un’increspatura, il sibilo della
vibrazione acuta, uno spigolo, il bordone della piega, la zavorra della citazione,
il dialogo con la tradizione, l’ossequio ai maestri. Per ambire alla dissoluzione
della realtà, l’annullamento della materia, la conquista della poesia che
sola, invisibile, imbibisce il corpo, spogliandolo della pesantezza di vivere.
Per inscrivere il sentimento in una figura che perde la fisicità impietrendosi
nella sua stessa essenza immemoriale, nella ieraticità del simbolo cui è infallibilmente
votata.
Sta qui la differenza tra uno scultore - o un pittore, bravi, abili, virtuosi persino,
tutto quel che si vuole - e un artista.
Ciò che Spinoglio ha inseguito (accuratamente, istintivamente direi, quasi
per evitarne il fastidio) è uno stile, scarno ed esclusivo, che nella sapienza
tecnica e nella perfezione grammaticale esaltasse il valore lirico dell’anima
significante. Ha progressivamente allungato il busto delle sue statue, delle
sue donne, sino al limite dell’incongruenza, per dare alla figura, singola o
gruppo, una dimensione ieratica, totemica, solenne. Per decidere l’intima
tensione verso un desiderio, un sogno, un’aspirazione. Racchiusa in una
prospettiva che si sostiene equilibrandosi come una struttura architettonica,
nel rispetto dei valori del vuoto, considerando i volumi della materia e dello
spazio come unico elemento. Senza trascurare il ritmo, che si sublima nell’andamento
orizzontale di quelle carole di manti che, a due e tre e oltre,
fanno da contrappunto alla verticalità delle teste.
Le figure di Spinoglio giovane guardano lontano.
Anche i ritratti. I volti che appoggiano la gota alla mano, i visi sostenuti dai
capelli che si rovesciano all’indietro a fissare il cielo. Indicano qualcosa che
non riusciamo a scorgere, insolito e inaspettato. Un presagio, un accadimento,
una sorpresa. Qualcuno si sporge da un teatrino ritmato dal traforo
della finestra, da una quinta teatrale che unisce gli spazi.
Gli occhi delle opere di un’inespressa maturità non hanno speranza.
Sono velati, spesso nascosti, senza pupilla e senza luce; non ti osservano,
non li vedi. Sfingi immobili, sacerdotesse del mistero, testimoni della sofferenza,
dell’inutilità di resistere al destino che tutto ha - perché tutto è - scritto,
e non puoi farci niente, e allora resti a fissare il vuoto, ad immergerti nella
profondità inesplorata del nulla.
Immenso come l’infinito.
Apprende i primi rudimenti dell’arte in famiglia, attratto fin da ragazzo dalla
bravura del padre Tullio, appassionato pittore ed acquerellista. Dopo gli studi
classici si iscrive ad Architettura e successivamente ad Archeologia, ma non
sono queste le sue strade; impara le tecniche del disegno dal Prof. Carlo
Giuliano ed in seguito sotto la guida del Prof. Riccardo Cordero trova quello
che veramente cerca: la Scultura. Fin dagli esordi le riflessioni plastiche, di
natura figurativa, trovano nella terracotta il materiale ideale. Nel 1989 si
trasferisce nell’astigiano: compra un grande forno e nel suo studio laboratorio
tra disegni, attrezzi, scritte su muri, bozzetti e musica nascono le sue opere,
o meglio le sue “creature” come amava chiamarle. Negli anni il suo stile si
evolve verso l’astrazione con l’eliminazione progressiva dei particolari
descrittivi sino a giungere a quei visi che sorridono ad occhi chiusi
La sua prima mostra nel 1974 è la Collettiva per Giovani Artisti alla
Promotrice delle Belle Arti di Torino. La sua attività espositiva prosegue con
personali in gallerie private e spazi pubblici fino al 2001.
Presentazione di Gianfranco Schialvino :
«Ho visto la creta
obbligare i personaggi a seguirla
nella sua purezza
e fatalità immutabile».
Così Arturo Martini, trentaduenne, nel pieno delle speranze. Così Paolo
Spinoglio, quando lo conobbi agli esordi, e mi incuriosì con la semplicità
delle sue linee, tese con naturalezza sconcertante nel concorrere a dar
forma alla folla di idee che si ammassavano sotto una massa irta di capelli
stopposi; e così ancora, tardi, al Battistero di Asti, dove, nei gruppi bianchi
delle “Pietà”, quasi un testamento, l’unico movimento della materia lo davano
l’onda d’un lino inanimato e l’incontro col dolore.
Un lavoro breve, troppo. Ed intenso. Concluso per mala ventura sull’orlo
dell’abbrivo alla forma assoluta, nel fascino seducente dell’incognita brancusiana.
Alla soglia dell’astrazione.
Un viaggio deciso alla ricerca della leggerezza, quella che Calvino indicava
nella “sottrazione di peso”. Anche Paolo ha cercato di togliere gravità alle
figure: ogni volta il superfluo della polvere, un’increspatura, il sibilo della
vibrazione acuta, uno spigolo, il bordone della piega, la zavorra della citazione,
il dialogo con la tradizione, l’ossequio ai maestri. Per ambire alla dissoluzione
della realtà, l’annullamento della materia, la conquista della poesia che
sola, invisibile, imbibisce il corpo, spogliandolo della pesantezza di vivere.
Per inscrivere il sentimento in una figura che perde la fisicità impietrendosi
nella sua stessa essenza immemoriale, nella ieraticità del simbolo cui è infallibilmente
votata.
Sta qui la differenza tra uno scultore - o un pittore, bravi, abili, virtuosi persino,
tutto quel che si vuole - e un artista.
Ciò che Spinoglio ha inseguito (accuratamente, istintivamente direi, quasi
per evitarne il fastidio) è uno stile, scarno ed esclusivo, che nella sapienza
tecnica e nella perfezione grammaticale esaltasse il valore lirico dell’anima
significante. Ha progressivamente allungato il busto delle sue statue, delle
sue donne, sino al limite dell’incongruenza, per dare alla figura, singola o
gruppo, una dimensione ieratica, totemica, solenne. Per decidere l’intima
tensione verso un desiderio, un sogno, un’aspirazione. Racchiusa in una
prospettiva che si sostiene equilibrandosi come una struttura architettonica,
nel rispetto dei valori del vuoto, considerando i volumi della materia e dello
spazio come unico elemento. Senza trascurare il ritmo, che si sublima nell’andamento
orizzontale di quelle carole di manti che, a due e tre e oltre,
fanno da contrappunto alla verticalità delle teste.
Le figure di Spinoglio giovane guardano lontano.
Anche i ritratti. I volti che appoggiano la gota alla mano, i visi sostenuti dai
capelli che si rovesciano all’indietro a fissare il cielo. Indicano qualcosa che
non riusciamo a scorgere, insolito e inaspettato. Un presagio, un accadimento,
una sorpresa. Qualcuno si sporge da un teatrino ritmato dal traforo
della finestra, da una quinta teatrale che unisce gli spazi.
Gli occhi delle opere di un’inespressa maturità non hanno speranza.
Sono velati, spesso nascosti, senza pupilla e senza luce; non ti osservano,
non li vedi. Sfingi immobili, sacerdotesse del mistero, testimoni della sofferenza,
dell’inutilità di resistere al destino che tutto ha - perché tutto è - scritto,
e non puoi farci niente, e allora resti a fissare il vuoto, ad immergerti nella
profondità inesplorata del nulla.
Immenso come l’infinito.
26
maggio 2010
Paolo Spinoglio – Femminilità
Dal 26 maggio al 18 giugno 2010
arte contemporanea
Location
STUDIO LABORATORIO ANNA VIRANDO
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 16,30 alle 20,00
Fuori orario su appuntamento
Vernissage
26 Maggio 2010, dalle ore 18,30 alle ore 23,00
Autore
Curatore