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Parti / Visioni del tutto
Una mostra e un percorso, tre artisti e tre ricerche, un bilancio e un futuro: si conclude così con un evento di verifica il progetto PARTI, che il MAON ha realizzato in questo inizio del 2016 e che ha visto toccare Roma, Bologna e ora Rende. Si è trattato di una proposta culturale, che ha attivato un circolo virtuoso di collegamenti fra il museo calabrese e due centri d’arte italiani aperti alle proposte del contemporaneo come il centro ;Di Sarro di Roma e il Forum Vittoria di Bologna, presentando tre giovani artisti diversi per ricerca linguistica ma collegati dalla medesima spinta intellettuale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Al MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende (Cosenza) si inaugura vebnerdì 10 giugno alle ore 18,30 la
mostra “PARTI / VISIONI DEL TUTTO – Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino, Antonella Rocca” curata da Tonino
Sicoli e da Gregorio Raspa.
Una mostra e un percorso, tre artisti e tre ricerche, un bilancio e un futuro: si conclude così con un evento di verifica il
progetto PARTI, che il MAON ha realizzato in questo inizio del 2016 e che ha visto toccare Roma, Bologna e ora Rende.
Si è trattato di una proposta culturale, che ha attivato un circolo virtuoso di collegamenti fra il museo calabrese e due
centri d'arte italiani aperti alle proposte del contemporaneo come il centro "Di Sarro" di Roma e il Forum Vittoria di
Bologna, presentando tre giovani artisti diversi per ricerca linguistica ma collegati dalla medesima spinta intellettuale.
Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino e Antonella Rocca sono prima di tutto i protagonisti di un'esperienza, che
li ha visti confrontarsi, oltre che fra di loro, con situazioni diverse, con artisti, collezionisti, galleristi, critici di varie
generazioni e con il pubblico di consolidate ma diverse tradizioni e contesti culturali.
Artisti che non fuggono né rimangono imprigionati in una geografia della cultura e dell'arte senza luoghi base e senza
fughe verso richiami metropolitani ormai depotenziati. Oggi non c'è più un centro unico e il mondo contemporaneo è
una grande città. Spostarsi è cercare un dialogo, mettere in discussione le proprie certezze, muoversi rispetto alla
fissità dei propri punti di vista, aprendosi verso modelli artistici nuovi e filoni di pensiero post-ideologici.
Il nomadismo culturale insieme al viavai per il mondo rappresenta un tipo di mobilità da villaggio globale, segnata da
una conoscenza e da una comunicazione mediate dalle moderne tecnologie dell'immagine, che abbattono distanze
unificando modelli e luoghi.
PARTI è uno spazio di confronto, un sistema complesso di attitudini creative eterogenee orientato alla comprensione
del mondo e delle sue dinamiche; aperto all'idea di revisione critica degli stilemi e degli stereotipi ereditati;
criticamente pronto a costruire i tratti di una nuova sensibilità. E se è vera la posizione teorica fondata sull'idea che le
proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti, allora è necessario
ricordare che dal punto di vista olistico "il tutto è più della somma delle sue parti". Solo assecondando una simile
prospettiva filosofica risulta possibile apprezzare - singolarmente prima e collettivamente poi - le proposte artistiche
in mostra e cogliere appièno il loro senso più autentico.
Francesca Ferraiuolo compone immagini digitali seguendo una sperimentazione linguistica che, seppur priva di
immediati referenti stilistici, ricorre ad un approccio marcatamente pittorico nella costruzione dell’impianto figurativo
e nella scelta dei bilanciamenti cromatici. La sorprendente resa finale di una simile ricerca si presta a suggestioni
ampie e trasversali, inclini alla contaminazione culturale e al trasversale attraversamento dei generi. È facile, infatti,
riconoscere in un simile lavoro tanto gli elementi tipici di una sequenzialità figurativa d’ispirazione cinematografica -
soprattutto sperimentale, quanto l’estetica psichedelica della morfologia biologica esplorata dalle osservazioni
scientifiche di laboratorio - si pensi, ad esempio, ai risultati raggiunti con la microscopia a fluorescenza. Mediante
l’utilizzo di una simile sintassi artistica, Ferraiuolo si muove, con andamento ondivago, dall’universale al particolare nel
tentativo di esplorare modalità inedite di rappresentazione dell’esistente.
Anche Domenico Mendicino si nutre del reale catturando nelle sue opere fotografiche frammenti di un mondo
immobile, sospeso, quasi colto in attesa (di un evento, di un segno?). Nel suo lavoro la natura diventa il pretesto per
un racconto intimo in cui la ricchezza straripante delle forme, così come create dalla luce e ritagliate dalle ombre,
viene opportunamente selezionata e collocata nello spazio di uno scatto per meglio evocarne la forza. Le immagini
prodotte da un simile approccio emergono sul supporto fotografico con prepotenza e vigore, stagliate in un nero
materico inciso nel bianco con andamento randomico, quasi calligrafico. Facendo ciò Mendicino attiva la sintassi di un
linguaggio - quello fotografico - nel quale l'inevitabile distanza fra riproduzione e interpretazione genera un'infinità di
mondi immaginari - più o meno lontani - in cui l'uomo e i suoi moti interiori mantengono inalterati il loro significato e
in cui solo l'essenziale appare utile agli occhi.
Attraverso un linguaggio scultoreo astratto, figlio di una cultura artistica post-pop, Antonella Rocca, invece, scompone
e ricompone forme materiali spingendo oggetti comuni - come posate e altri utensili - oltre i vincoli imposti dalla loro
destinazione d’uso. Questa costante ricerca di vitalità e significato nel mondo delle cose si esplica attraverso l’utilizzo
di “semplicità formale e solida materialità”, cifre essenziali di una poetica che rifugge dal banale e dalle sue
mortificanti conseguenze. Ne emergono sculture in rilievo formalmente complesse e volutamente asimmetriche, tal
volta vagamente astratte, tal’altra inequivocabilmente riconducibili a concetti/oggetti dall’identità nota, a simboli
materiali e/o sociali della contemporaneità. Davanti alle posate di Rocca - sarcastici moduli per sculture più complesse
- il pensiero corre infatti al catalogo scanzonato e geniale di atteggiamenti inventato da Munari per le sue forchette
parlanti, celebri elementi di un repertorio ideato per stabile il primato della fantasia sulla realtà, di “tutto ciò che
prima non c’era anche se irrealizzabile”.
A fronte di tanti artisti emigrati e metropolitani con sempre più evidenti ricadute nel provincialismo di ritorno e
chiusure in modelli stereotipati dalle mode e da un certo mercato pilotato, Ferraiuolo, Mendicino e Rocca
rappresentano una pagina di autenticità e di freschezza nella ricerca artistica ed esistenziale, con esiti
progressivamente brillanti, che danno loro pieno diritto di cittadinanza nel complesso mondo dell'arte
contemporanea.
(estratto dai testi in catalogo di Tonino Sicoli e Gregorio Raspa)
MAON - Museo d'Arte dell’Otto e Novecento
Via de Bartolo, 1, Palazzo Vitari - 87036 Rende (Cs)
0984 444113 – 392 7748505 – 347 8290566
Apertura da Martedì a Sabato, ore 10,00-13,30 /16,30-20:00. Chiuso i festivi e il lunedì.
www.maon.it
mostra “PARTI / VISIONI DEL TUTTO – Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino, Antonella Rocca” curata da Tonino
Sicoli e da Gregorio Raspa.
Una mostra e un percorso, tre artisti e tre ricerche, un bilancio e un futuro: si conclude così con un evento di verifica il
progetto PARTI, che il MAON ha realizzato in questo inizio del 2016 e che ha visto toccare Roma, Bologna e ora Rende.
Si è trattato di una proposta culturale, che ha attivato un circolo virtuoso di collegamenti fra il museo calabrese e due
centri d'arte italiani aperti alle proposte del contemporaneo come il centro "Di Sarro" di Roma e il Forum Vittoria di
Bologna, presentando tre giovani artisti diversi per ricerca linguistica ma collegati dalla medesima spinta intellettuale.
Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino e Antonella Rocca sono prima di tutto i protagonisti di un'esperienza, che
li ha visti confrontarsi, oltre che fra di loro, con situazioni diverse, con artisti, collezionisti, galleristi, critici di varie
generazioni e con il pubblico di consolidate ma diverse tradizioni e contesti culturali.
Artisti che non fuggono né rimangono imprigionati in una geografia della cultura e dell'arte senza luoghi base e senza
fughe verso richiami metropolitani ormai depotenziati. Oggi non c'è più un centro unico e il mondo contemporaneo è
una grande città. Spostarsi è cercare un dialogo, mettere in discussione le proprie certezze, muoversi rispetto alla
fissità dei propri punti di vista, aprendosi verso modelli artistici nuovi e filoni di pensiero post-ideologici.
Il nomadismo culturale insieme al viavai per il mondo rappresenta un tipo di mobilità da villaggio globale, segnata da
una conoscenza e da una comunicazione mediate dalle moderne tecnologie dell'immagine, che abbattono distanze
unificando modelli e luoghi.
PARTI è uno spazio di confronto, un sistema complesso di attitudini creative eterogenee orientato alla comprensione
del mondo e delle sue dinamiche; aperto all'idea di revisione critica degli stilemi e degli stereotipi ereditati;
criticamente pronto a costruire i tratti di una nuova sensibilità. E se è vera la posizione teorica fondata sull'idea che le
proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti, allora è necessario
ricordare che dal punto di vista olistico "il tutto è più della somma delle sue parti". Solo assecondando una simile
prospettiva filosofica risulta possibile apprezzare - singolarmente prima e collettivamente poi - le proposte artistiche
in mostra e cogliere appièno il loro senso più autentico.
Francesca Ferraiuolo compone immagini digitali seguendo una sperimentazione linguistica che, seppur priva di
immediati referenti stilistici, ricorre ad un approccio marcatamente pittorico nella costruzione dell’impianto figurativo
e nella scelta dei bilanciamenti cromatici. La sorprendente resa finale di una simile ricerca si presta a suggestioni
ampie e trasversali, inclini alla contaminazione culturale e al trasversale attraversamento dei generi. È facile, infatti,
riconoscere in un simile lavoro tanto gli elementi tipici di una sequenzialità figurativa d’ispirazione cinematografica -
soprattutto sperimentale, quanto l’estetica psichedelica della morfologia biologica esplorata dalle osservazioni
scientifiche di laboratorio - si pensi, ad esempio, ai risultati raggiunti con la microscopia a fluorescenza. Mediante
l’utilizzo di una simile sintassi artistica, Ferraiuolo si muove, con andamento ondivago, dall’universale al particolare nel
tentativo di esplorare modalità inedite di rappresentazione dell’esistente.
Anche Domenico Mendicino si nutre del reale catturando nelle sue opere fotografiche frammenti di un mondo
immobile, sospeso, quasi colto in attesa (di un evento, di un segno?). Nel suo lavoro la natura diventa il pretesto per
un racconto intimo in cui la ricchezza straripante delle forme, così come create dalla luce e ritagliate dalle ombre,
viene opportunamente selezionata e collocata nello spazio di uno scatto per meglio evocarne la forza. Le immagini
prodotte da un simile approccio emergono sul supporto fotografico con prepotenza e vigore, stagliate in un nero
materico inciso nel bianco con andamento randomico, quasi calligrafico. Facendo ciò Mendicino attiva la sintassi di un
linguaggio - quello fotografico - nel quale l'inevitabile distanza fra riproduzione e interpretazione genera un'infinità di
mondi immaginari - più o meno lontani - in cui l'uomo e i suoi moti interiori mantengono inalterati il loro significato e
in cui solo l'essenziale appare utile agli occhi.
Attraverso un linguaggio scultoreo astratto, figlio di una cultura artistica post-pop, Antonella Rocca, invece, scompone
e ricompone forme materiali spingendo oggetti comuni - come posate e altri utensili - oltre i vincoli imposti dalla loro
destinazione d’uso. Questa costante ricerca di vitalità e significato nel mondo delle cose si esplica attraverso l’utilizzo
di “semplicità formale e solida materialità”, cifre essenziali di una poetica che rifugge dal banale e dalle sue
mortificanti conseguenze. Ne emergono sculture in rilievo formalmente complesse e volutamente asimmetriche, tal
volta vagamente astratte, tal’altra inequivocabilmente riconducibili a concetti/oggetti dall’identità nota, a simboli
materiali e/o sociali della contemporaneità. Davanti alle posate di Rocca - sarcastici moduli per sculture più complesse
- il pensiero corre infatti al catalogo scanzonato e geniale di atteggiamenti inventato da Munari per le sue forchette
parlanti, celebri elementi di un repertorio ideato per stabile il primato della fantasia sulla realtà, di “tutto ciò che
prima non c’era anche se irrealizzabile”.
A fronte di tanti artisti emigrati e metropolitani con sempre più evidenti ricadute nel provincialismo di ritorno e
chiusure in modelli stereotipati dalle mode e da un certo mercato pilotato, Ferraiuolo, Mendicino e Rocca
rappresentano una pagina di autenticità e di freschezza nella ricerca artistica ed esistenziale, con esiti
progressivamente brillanti, che danno loro pieno diritto di cittadinanza nel complesso mondo dell'arte
contemporanea.
(estratto dai testi in catalogo di Tonino Sicoli e Gregorio Raspa)
MAON - Museo d'Arte dell’Otto e Novecento
Via de Bartolo, 1, Palazzo Vitari - 87036 Rende (Cs)
0984 444113 – 392 7748505 – 347 8290566
Apertura da Martedì a Sabato, ore 10,00-13,30 /16,30-20:00. Chiuso i festivi e il lunedì.
www.maon.it
10
giugno 2016
Parti / Visioni del tutto
Dal 10 giugno al 16 luglio 2016
arte contemporanea
Location
MAON – MUSEO D’ARTE DELL’OTTO E NOVECENTO
Rende, Via Raffaele De Bartolo, 1, (Cosenza)
Rende, Via Raffaele De Bartolo, 1, (Cosenza)
Orario di apertura
da Martedì a Sabato, ore 10,00-13,30 /16,30-20:00. Chiuso i festivi e il lunedì
Vernissage
10 Giugno 2016, ore 18.30
Autore
Curatore