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Pascal Hachem – In.nate.ness
Il suo lavoro sarà presentato contemporaneamente in Galleria e all’interno della Piramide Cestia. Il filo conduttore dei suoi interventi nasce da una riflessione sull’abuso di potere che mirerà a svelare gli ‘imperatori’ della contemporaneità, attraverso la costruzione di scenari spiazzanti.
Comunicato stampa
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Federica Schiavo Gallery è lieta di presentare la prima personale dell’artista libanese Pascal Hachem. L’artista presenterà contemporaneamente ai lavori in mostra, un’installazione all’interno della Piramide Cestia di Roma, aperta al pubblico in via eccezionale per questa occasione.
in.nate.ness
in- 1
prefix
1 (added to adjectives) not : inanimate | intolerant.
2 (added to nouns) without; lacking : inadvertence | inappreciation.
ORIGIN from Latin.
in- 2 |ɪn|
prefix
in; into; toward; within : induce | influx | inborn.
nates |ˈnāˌtēz|
plural noun Anatomy
the buttocks.
ORIGIN late 17th cent.: Latin, plural of natis ‘buttock, rump.’
innate |iˈnāt|
adjective
inborn; natural : her innate capacity for organization. See note at inherent .
• Philosophy originating in the mind.
DERIVATIVES
innately |1ˈneɪtli| adverb
innateness |1ˈneɪtn1s| noun
ORIGIN late Middle English : from Latin innatus, past participle of innasci, from in- ‘into’ + nasci ‘be born.’
Negli ultimi anni l’attività degli artisti mediorientali, e in particolare quelli libanesi, ha raccolto una grande attenzione a livello internazionale. Reduce dalla fiera Art Dubai e impegnato nella preparazione di una personale pubblica a Londra, nel lavoro di Hachem la sua formazione nell'industrial design si mette al servizio di una spiccata sensibilità e spirito di osservazione, che gli permettono di cogliere le contraddizioni più sottili presenti nei contesti sociali contemporanei. La sua attenzione maniacale a ciò che si nasconde nelle pieghe delle nostre comunità e nelle relazioni tra gli uomini è il frutto del particolare contesto che Hachem affronta quotidianamente: Beirut, città sospesa tra pericolo e speranza, tra entusiasmo e disillusione. Il suo lavoro si risolve nella costruzione di macchine e oggetti, spesso in movimento, elaborati con l'aiuto di artigiani libanesi, dalla straordinaria forza icastica, dove semplici gesti raccontano condizioni spesso drammatiche.
A Roma l'artista è stato invitato a lavorare nello spazio della Galleria Federica Schiavo e contemporaneamente all'interno della Piramide Cestia, monumento antico non accessibile regolarmente al pubblico. Il filo conduttore del suo intervento nasce da una riflessione sull'abuso di potere, fenomeno universale che trova un’espressione diversa a seconda dell’ambiente in cui si manifesta. Spesso lo sviluppo architettonico di una città è determinato dall'esercizio di poteri sociali, economici e politici. A Roma, a Beirut, in tutto il mondo. Molti dei monumenti di Roma costituiscono la manifestazione di un potere, sono nati in seguito a espropri di terreni e spesso dallo spoglio di materiali da altri edifici. Nel cuore di Beirut sorge la ‘fortezza’ della famiglia del primo ministro libanese, difesa da imponenti sistemi di sicurezza, anch'essa un abuso che dietro la necessità di sicurezza nasconde la sottrazione di una parte città ai suoi abitanti.
La Piramide Cestia non sfugge a queste categorie. Sorta nel primo secolo avanti Cristo, questo singolare sepolcro si affermò subito come segno esotico nella città, prova della ricchezza e dell'influenza del suo proprietario. Caio Cestio volle associare la sua memoria alla grandezza dei faraoni egiziani. In vita svolse il ruolo si Triumviro degli Epuloni, incaricato di organizzare i banchetti per i riti dell’imperatore. Da questa singolare attività è partito Hachem per elaborare la sua installazione, che evocherà un ‘banchetto’ per coloro che oggi non hanno accesso al benessere.
La condizione di subalternità e affermazione della propria superiorità ha contraddistinto ogni epoca e latitudine, è un’esigenza innata nell'uomo e i suoi segni restano spesso nei monumenti più celebri della storia. Presso la Galleria Schiavo, il lavoro di Hachem mirerà a svelare gli ‘imperatori’ della contemporaneità, attraverso la costruzione di scenari spiazzanti, dove elementi apparentemente innocui, raccolti dalla più intima quotidianità, si trasformano in metafore degli abusi sociali che viviamo ogni giorno, spesso inconsapevoli della loro drammaticità.
in.nate.ness
in- 1
prefix
1 (added to adjectives) not : inanimate | intolerant.
2 (added to nouns) without; lacking : inadvertence | inappreciation.
ORIGIN from Latin.
in- 2 |ɪn|
prefix
in; into; toward; within : induce | influx | inborn.
nates |ˈnāˌtēz|
plural noun Anatomy
the buttocks.
ORIGIN late 17th cent.: Latin, plural of natis ‘buttock, rump.’
innate |iˈnāt|
adjective
inborn; natural : her innate capacity for organization. See note at inherent .
• Philosophy originating in the mind.
DERIVATIVES
innately |1ˈneɪtli| adverb
innateness |1ˈneɪtn1s| noun
ORIGIN late Middle English : from Latin innatus, past participle of innasci, from in- ‘into’ + nasci ‘be born.’
Negli ultimi anni l’attività degli artisti mediorientali, e in particolare quelli libanesi, ha raccolto una grande attenzione a livello internazionale. Reduce dalla fiera Art Dubai e impegnato nella preparazione di una personale pubblica a Londra, nel lavoro di Hachem la sua formazione nell'industrial design si mette al servizio di una spiccata sensibilità e spirito di osservazione, che gli permettono di cogliere le contraddizioni più sottili presenti nei contesti sociali contemporanei. La sua attenzione maniacale a ciò che si nasconde nelle pieghe delle nostre comunità e nelle relazioni tra gli uomini è il frutto del particolare contesto che Hachem affronta quotidianamente: Beirut, città sospesa tra pericolo e speranza, tra entusiasmo e disillusione. Il suo lavoro si risolve nella costruzione di macchine e oggetti, spesso in movimento, elaborati con l'aiuto di artigiani libanesi, dalla straordinaria forza icastica, dove semplici gesti raccontano condizioni spesso drammatiche.
A Roma l'artista è stato invitato a lavorare nello spazio della Galleria Federica Schiavo e contemporaneamente all'interno della Piramide Cestia, monumento antico non accessibile regolarmente al pubblico. Il filo conduttore del suo intervento nasce da una riflessione sull'abuso di potere, fenomeno universale che trova un’espressione diversa a seconda dell’ambiente in cui si manifesta. Spesso lo sviluppo architettonico di una città è determinato dall'esercizio di poteri sociali, economici e politici. A Roma, a Beirut, in tutto il mondo. Molti dei monumenti di Roma costituiscono la manifestazione di un potere, sono nati in seguito a espropri di terreni e spesso dallo spoglio di materiali da altri edifici. Nel cuore di Beirut sorge la ‘fortezza’ della famiglia del primo ministro libanese, difesa da imponenti sistemi di sicurezza, anch'essa un abuso che dietro la necessità di sicurezza nasconde la sottrazione di una parte città ai suoi abitanti.
La Piramide Cestia non sfugge a queste categorie. Sorta nel primo secolo avanti Cristo, questo singolare sepolcro si affermò subito come segno esotico nella città, prova della ricchezza e dell'influenza del suo proprietario. Caio Cestio volle associare la sua memoria alla grandezza dei faraoni egiziani. In vita svolse il ruolo si Triumviro degli Epuloni, incaricato di organizzare i banchetti per i riti dell’imperatore. Da questa singolare attività è partito Hachem per elaborare la sua installazione, che evocherà un ‘banchetto’ per coloro che oggi non hanno accesso al benessere.
La condizione di subalternità e affermazione della propria superiorità ha contraddistinto ogni epoca e latitudine, è un’esigenza innata nell'uomo e i suoi segni restano spesso nei monumenti più celebri della storia. Presso la Galleria Schiavo, il lavoro di Hachem mirerà a svelare gli ‘imperatori’ della contemporaneità, attraverso la costruzione di scenari spiazzanti, dove elementi apparentemente innocui, raccolti dalla più intima quotidianità, si trasformano in metafore degli abusi sociali che viviamo ogni giorno, spesso inconsapevoli della loro drammaticità.
24
giugno 2010
Pascal Hachem – In.nate.ness
Dal 24 giugno al 18 settembre 2010
arte contemporanea
Location
FEDERICA SCHIAVO GALLERY
Roma, Piazza Di Montevecchio, 16, (Roma)
Roma, Piazza Di Montevecchio, 16, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato 11-19
Vernissage
24 Giugno 2010, ore 19 - 21
Autore
Curatore