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Pat(s)to a 4
Il progetto “Pat(s)to a 4” è il patto di 4 artisti di essere anfitrioni per un pasto. Per questo i quattro artisti che compongono il gruppo SEDNA, dal nome dell’ultimo pianeta scoperto: novità assoluta in campo planetario, presentano delle opere, le quali attraverso un’analisi antropologica e socio-comportamentale, colgono la relazione esistente tra la dimensione alimentare e del pasto, rovistando nella mitologia e reinterpretando il mito, con citazioni pseudostoriche, senza dimenticare la realtà che ci circonda.
Comunicato stampa
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”Pat(s)to a 4” è il titolo della mostra del Gruppo SEDNA che l’Accademia dei Ravvivati del Comune di Piombino propone al pubblico dal 4 al 22 settembre 2010.
Il progetto “Pat(s)to a 4” è il patto di 4 artisti di essere anfitrioni per un pasto. Per questo i quattro artisti che compongono il gruppo SEDNA, dal nome dell’ultimo pianeta scoperto: novità assoluta in campo planetario, presentano delle opere, le quali attraverso un’analisi antropologica e socio-comportamentale, colgono la relazione esistente tra la dimensione alimentare e del pasto, rovistando nella mitologia e reinterpretando il mito, con citazioni pseudostoriche, senza dimenticare la realtà che ci circonda. A questa premessa seguono le opere, specchio della visione della natura di ogni singolo artista, per la quale si potranno immaginare i differenti sapori, profumi e odori secondo un ordine individuale e preferenziale. Il gruppo SEDNA vuole che questa mostra venga non solo guardata, ma metaforicamente assaggiata, gustata e digerita.
Il motivo centrale dell’esposizione è messo a fuoco e dilatato dalla comunicazione personale dei singoli artisti, che con il loro lavoro ragguagliano i visitatori sui diversi aspetti dell’atto del mangiare, ovvero:
1) L’aggressività – del masticare, del tagliare la carne, del rompere i pezzi di pane, dello spezzare i grissini, ma anche il rumore della masticatura, come “fanfara” di guerra, chewing-gum per stemperare l’ansia. L’aggressività può essere rappresentata degnamente dal colore nero delle posate, dai piatti neri, dai segni espressivi di dolore della tovaglia d’artista, per richiamare gli esiti funerei che ogni aggressione comporta;
2) La se(ns)sualità – come “raggiungimento di piacere”, delizia della degustazione, come estensione temporale che si manifesta nei momenti dell’assaporare o nella fragranza del cibo. Sessualità intesa anche come “riempimento di un vuoto” – quello della pancia - che riporta agli stadi infantili e alla situazione di pace e ben-essere del primordiale rapporto madre-bambino e al godimento di un bisogno naturale.
3) il visionario - tale dimensione si coniuga perfettamente con il mito di Dioniso-Bacco, raccontato nella scenografia dalle opere di: Paride Bianco, con le sue ricche installazioni e la tovaglia d’artista, di Sylvia Cossich Goodman, con la fragilità delle sue ceramiche, dalla problematicità delle tele di Ivano Emilio Zanetti e dai pannelli di Milena Pedrollo che circondano la tavola e propongono dei nudi sezionati e interpretati con i segni che delimitano le parti di un animale macellato (come in “Quarto di bue”). Ma è soprattutto di Dioniso, per tutta una storia umana che lo vede protagonista, suo malgrado, di vicende alterne, il recupero del mito dove Zeus (Giove, o la Fortuna) gli risolve tutti i problemi.
I contenuti richiamano la rivisitazione della mitologia e della storia ed offrono altri “appetitosi” soggetti culinari che cibarono e dissetarono generosamente Dioniso, dio e bambino, allevato dalle Ninfe nella valle di Nisa.
La collocazione attorno alla tavola di una sala da pranzo di un fondale formato da pannelli che presentano interventi pittorici di sezioni anatomiche femminili, riconduce freudianamente ai sapori che ognuno altrimenti stenta a confessare, se non coinvolto da un’atmosfera orgiastica. Altri corpi femminili che accompagnano lungo il percorso della mostra riportano a diverse versioni del peccato originale, più modernamente interpretato.
In tale consesso il visitatore-ospite fruisce dei piaceri fisici, psicologici ed estetici e finisce per essere elemento attivo e cosciente della grande installazione.
Il “Gruppo SEDNA” - formato da: Paride Bianco, Sylvia Cossich Goodman, Milena Pedrollo, Ivano Emilio Zanetti - nasce con lo scopo di promuovere nell’ambito dell’arte contemporanea una comune ricerca linguistica, all’interno della quale la parola e il linguaggio sono affidati all’uso del colore e di supporti di ogni tipo, assunti a determinare e costituire l’individualità del singolo.
“La loro – scrive il critico Maurizio Scudiero - è un’Arte contro-tendenza, che non si riconosce cioè con un’arte troppo asservita al mercato: causa prima di quella che il filosofo del Novecento Hans Sedlmayr definiva come “la perdita del centro”, cioè la perdita del “pensiero” e dei “valori fondanti” dell’arte, ma un’Arte che ricorre piuttosto ai meccanismi dell’analogia universale. “E, cosa ancora più importante, tutto ciò non è visto come una certezza, come una “verità rivelata”, come un assioma eterno, ma piuttosto come un mezzo per giungere ad una risposta che, per l’artista, è “esistenziale”, e cioè la ‘ricerca del significato del senso di fare arte’ (…)“Questi presupposti teorici, fondamenti sostanziali e non effimeri, permettono dunque al gruppo di potersi “confrontare” di volta in volta, con ambiti e ricerche anche differenti tra loro, ma accomunati da questo dato fondante che è la ricerca del “significato”. Ricerca che nella fattispecie di questa mostra si è focalizzata sul “pasto”, sulla bocca, sul nutrirsi, sia fisicamente, sia virtualmente, sia culturalmente. Di qui il titolo ambivalente, “Pat(s)to a 4”, che vuole sottintendere sia il “tema” della mostra (il “pasto”), sia l’adesione, l’impegnarsi su questo tema, da parte degli artisti (il “patto”). E questo, per inciso, è un altro “segno” importante, cioè “pensante”, di questo gruppo, un segno che va a contestare uno dei capisaldi della contemporaneità, che è appunto la “riconoscibilità”, la serialità d’un segno, che diventa un marchio di fabbrica, una griffe (…). Vale a dire artisti “prigionieri” del proprio “segno vincente”, cioè del “mercato”, che non li comprerebbe più se non li riconoscesse. In altre parole, la “tomba della creatività”.
SEDNA, invece, si prende la libertà di agire in perfetta “mimesi”. Ed è per questo che chi conosce, ad esempio, il lavoro di Paride Bianco, che potremmo definire genericamente di “astrazione cromatica”, farà qui un salto sulla sedia scoprendolo invece “figurativo”. Un figurativo ironico, allusivo ma, ovviamente, solo “temporaneo”. Sulla “corporeità”, ridotta all’essenzialità di un’interpretazione plastica, opera invece Sylvia Cossich Goodman, con una serie di ceramiche e porcellane. Mentre, invece di natura visivamente più impattante sono le opere di Milena Pedrollo e Ivano Emilio Zanetti. La prima con interventi pittorici su basi fotografiche, fa dell’allusione al tema del pasto, e della carnalità, il suo leitmotiv, il secondo opera invece su continue sovrapposizioni cromatiche che “alterano” la visione in un gioco di livelli, appunto, visivi.
Si tratta, insomma, di una mostra che fa dell’eterogeneità di stile il proprio fil rouge, e dove semmai, e appunto per quanto detto sopra, è una comune “filosofia di fondo” che ne determina la coralità.”
Il progetto “Pat(s)to a 4” è il patto di 4 artisti di essere anfitrioni per un pasto. Per questo i quattro artisti che compongono il gruppo SEDNA, dal nome dell’ultimo pianeta scoperto: novità assoluta in campo planetario, presentano delle opere, le quali attraverso un’analisi antropologica e socio-comportamentale, colgono la relazione esistente tra la dimensione alimentare e del pasto, rovistando nella mitologia e reinterpretando il mito, con citazioni pseudostoriche, senza dimenticare la realtà che ci circonda. A questa premessa seguono le opere, specchio della visione della natura di ogni singolo artista, per la quale si potranno immaginare i differenti sapori, profumi e odori secondo un ordine individuale e preferenziale. Il gruppo SEDNA vuole che questa mostra venga non solo guardata, ma metaforicamente assaggiata, gustata e digerita.
Il motivo centrale dell’esposizione è messo a fuoco e dilatato dalla comunicazione personale dei singoli artisti, che con il loro lavoro ragguagliano i visitatori sui diversi aspetti dell’atto del mangiare, ovvero:
1) L’aggressività – del masticare, del tagliare la carne, del rompere i pezzi di pane, dello spezzare i grissini, ma anche il rumore della masticatura, come “fanfara” di guerra, chewing-gum per stemperare l’ansia. L’aggressività può essere rappresentata degnamente dal colore nero delle posate, dai piatti neri, dai segni espressivi di dolore della tovaglia d’artista, per richiamare gli esiti funerei che ogni aggressione comporta;
2) La se(ns)sualità – come “raggiungimento di piacere”, delizia della degustazione, come estensione temporale che si manifesta nei momenti dell’assaporare o nella fragranza del cibo. Sessualità intesa anche come “riempimento di un vuoto” – quello della pancia - che riporta agli stadi infantili e alla situazione di pace e ben-essere del primordiale rapporto madre-bambino e al godimento di un bisogno naturale.
3) il visionario - tale dimensione si coniuga perfettamente con il mito di Dioniso-Bacco, raccontato nella scenografia dalle opere di: Paride Bianco, con le sue ricche installazioni e la tovaglia d’artista, di Sylvia Cossich Goodman, con la fragilità delle sue ceramiche, dalla problematicità delle tele di Ivano Emilio Zanetti e dai pannelli di Milena Pedrollo che circondano la tavola e propongono dei nudi sezionati e interpretati con i segni che delimitano le parti di un animale macellato (come in “Quarto di bue”). Ma è soprattutto di Dioniso, per tutta una storia umana che lo vede protagonista, suo malgrado, di vicende alterne, il recupero del mito dove Zeus (Giove, o la Fortuna) gli risolve tutti i problemi.
I contenuti richiamano la rivisitazione della mitologia e della storia ed offrono altri “appetitosi” soggetti culinari che cibarono e dissetarono generosamente Dioniso, dio e bambino, allevato dalle Ninfe nella valle di Nisa.
La collocazione attorno alla tavola di una sala da pranzo di un fondale formato da pannelli che presentano interventi pittorici di sezioni anatomiche femminili, riconduce freudianamente ai sapori che ognuno altrimenti stenta a confessare, se non coinvolto da un’atmosfera orgiastica. Altri corpi femminili che accompagnano lungo il percorso della mostra riportano a diverse versioni del peccato originale, più modernamente interpretato.
In tale consesso il visitatore-ospite fruisce dei piaceri fisici, psicologici ed estetici e finisce per essere elemento attivo e cosciente della grande installazione.
Il “Gruppo SEDNA” - formato da: Paride Bianco, Sylvia Cossich Goodman, Milena Pedrollo, Ivano Emilio Zanetti - nasce con lo scopo di promuovere nell’ambito dell’arte contemporanea una comune ricerca linguistica, all’interno della quale la parola e il linguaggio sono affidati all’uso del colore e di supporti di ogni tipo, assunti a determinare e costituire l’individualità del singolo.
“La loro – scrive il critico Maurizio Scudiero - è un’Arte contro-tendenza, che non si riconosce cioè con un’arte troppo asservita al mercato: causa prima di quella che il filosofo del Novecento Hans Sedlmayr definiva come “la perdita del centro”, cioè la perdita del “pensiero” e dei “valori fondanti” dell’arte, ma un’Arte che ricorre piuttosto ai meccanismi dell’analogia universale. “E, cosa ancora più importante, tutto ciò non è visto come una certezza, come una “verità rivelata”, come un assioma eterno, ma piuttosto come un mezzo per giungere ad una risposta che, per l’artista, è “esistenziale”, e cioè la ‘ricerca del significato del senso di fare arte’ (…)“Questi presupposti teorici, fondamenti sostanziali e non effimeri, permettono dunque al gruppo di potersi “confrontare” di volta in volta, con ambiti e ricerche anche differenti tra loro, ma accomunati da questo dato fondante che è la ricerca del “significato”. Ricerca che nella fattispecie di questa mostra si è focalizzata sul “pasto”, sulla bocca, sul nutrirsi, sia fisicamente, sia virtualmente, sia culturalmente. Di qui il titolo ambivalente, “Pat(s)to a 4”, che vuole sottintendere sia il “tema” della mostra (il “pasto”), sia l’adesione, l’impegnarsi su questo tema, da parte degli artisti (il “patto”). E questo, per inciso, è un altro “segno” importante, cioè “pensante”, di questo gruppo, un segno che va a contestare uno dei capisaldi della contemporaneità, che è appunto la “riconoscibilità”, la serialità d’un segno, che diventa un marchio di fabbrica, una griffe (…). Vale a dire artisti “prigionieri” del proprio “segno vincente”, cioè del “mercato”, che non li comprerebbe più se non li riconoscesse. In altre parole, la “tomba della creatività”.
SEDNA, invece, si prende la libertà di agire in perfetta “mimesi”. Ed è per questo che chi conosce, ad esempio, il lavoro di Paride Bianco, che potremmo definire genericamente di “astrazione cromatica”, farà qui un salto sulla sedia scoprendolo invece “figurativo”. Un figurativo ironico, allusivo ma, ovviamente, solo “temporaneo”. Sulla “corporeità”, ridotta all’essenzialità di un’interpretazione plastica, opera invece Sylvia Cossich Goodman, con una serie di ceramiche e porcellane. Mentre, invece di natura visivamente più impattante sono le opere di Milena Pedrollo e Ivano Emilio Zanetti. La prima con interventi pittorici su basi fotografiche, fa dell’allusione al tema del pasto, e della carnalità, il suo leitmotiv, il secondo opera invece su continue sovrapposizioni cromatiche che “alterano” la visione in un gioco di livelli, appunto, visivi.
Si tratta, insomma, di una mostra che fa dell’eterogeneità di stile il proprio fil rouge, e dove semmai, e appunto per quanto detto sopra, è una comune “filosofia di fondo” che ne determina la coralità.”
04
settembre 2010
Pat(s)to a 4
Dal 04 al 22 settembre 2010
arte contemporanea
Location
ACCADEMIA DEI RAVVIVATI
Piombino, Via Leonardo Da Vinci, 7, (Livorno)
Piombino, Via Leonardo Da Vinci, 7, (Livorno)
Orario di apertura
ore 15:30 – 19:30 Chiusi i festivi
Vernissage
4 Settembre 2010, ore 18
Autore
Curatore