Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Paul Thorel – Ritratti
Superato l’effetto astratto di migliaia di linee sovrapposte, nella messa a fuoco dell’immagine, emergono dei “ritratti”, dei volti – per lo più femminili – e da ognuno di questi volti, in un terzo tempo dello sguardo, la specificità di un’espressione
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra
Paul Thorel, artista fotografo francese, presenta dal 18 giugno al 03 ottobre 2009 all’Istituto francese di Firenze, “RITRATTI”, 10 opere fotografiche di grande formato (100x200 e 50x100) in bianco e nero.
Realizzate appositamente per questa mostra, le foto sono a tecnica mista, lavorate e stampate in digitale su carta fotografica, tecnica che Thorel utilizza da oltre 20 anni. Superato l’effetto astratto di migliaia di linee sovrapposte, nella messa a fuoco dell’immagine emergono dei volti e di ognuno di questi volti, in un terzo tempo dello sguardo, la specificità di un’espressione.
“I miei lavori – dice Thorel – sono fotografie a memoria. Tolgo tutti i dettagli naturalistici riconoscibili di un volto, ne elimino la forma; quel che rimane è soltanto l’espressione, è ciò di cui mi ricordo, un’espressione priva degli gli strati superficiali del volto, separata e separabile dalla propria materialità e da ogni carattere somatico”
“Paul Thorel – spiega Guido Costa – lavora esclusivamente, e da sempre, in digitale. Questa scelta gli permette un secondo livello di elaborazione, nata dalla composizione e scomposizione dell’immagine secondo modelli matematici. Proprio l’incrocio di queste due prospettive (quella squisitamente teorica, e quella pratica), avvicina i suoi ritratti più alla pittura che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così profonde e complesse, permettendogli un’elaborazione dell’immagine analoga per certi versi a quella operata con il pennello, con tanto di sovrapposizioni, velature e pentimenti.”
Nota biografica
Artista fotografo, nato nel 1956 a Londra ma di nazionalità Francese, Paul Thorel, dopo alcuni anni di pittura iniziati nel 1970, seguendo un corso da Carla Accardi a Roma, nel 1979 inizia la sua ricerca sulla creazione di immagini elettroniche all’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi.
Negli anni successivi, oltre al suo lavoro di artista, lavora su progetti sperimentali collaborando con la Rai, centri di produzione TV, industrie informatiche e università. Realizza progetti per il cinema e il teatro e collabora alla creazione di spot pubblicitari. Dal 1985 si dedica al trattamento digitale della fotografia. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste internazionali di fotografia come Aperture, Originale, Zoom, Photographies Magazine e su diversi quotidiani e settimanali italiani.
Espone in gallerie private e partecipa a mostre fotografiche in musei francesi, italiani e americani, a due edizioni della Biennale Internazionale della Fotografia di Torino e a diverse rassegne dedicate alla fotografia e ai nuovi media nell’arte. All’Istituto Francese di Firenze presenta 10 ritratti realizzati appositamente per questa mostra con tecniche miste fotografiche e digitali.
Personali e collettive
Mostre personali
2003 “Walk Like An Egyptian”, Museo Nazionale Archeologico, Napoli.
2002 “Ritratti e Paesaggi”, Arte Maggio Castello Svevo, Bari.
2000 “L’origine Des Inconnus”, Gallerie Taché Lévy, Bruxelles.
1998 “Derive”, Galleria Bonomo, Roma.
1998 “Sudio Trisorio”, Napoli.
1997 “Passaggi”, Galleria Neos, Santeramo.
1996 “In Vero Simili”, Incontri Internazionali d’Arte, Spoleto.
1995 “Art Media”, Galleria Paola Verrengia, Salerno.
1994 Depot Gallery, Bologna.
1993 “Lueurs Marginales”, Galleria Il Ponte, Firenze.
1992 “Condensazioni”, Galleria Extra, Taranto.
1991 “Condensazioni e Spostamenti”, Biennale Internazionale della Fotografia, Torino.
1985 Galleria Ferro Di Cavallo, Roma.
1980 Centre Culturel Français, Roma.
Mostre collettive
2008 “Una Storia Privata”, Museo Carlo Bilotti, Roma.
2008 “Una Storia Privata”, Photo Espana, Madrid.
2006 “Une Histoire Privée” , Maison Européenne de la Photographie, Paris.
2001 “Art Outsiders”, Maison Européenne de la Photographie, Paris
1999 “Felici Coincidenze”, Arte Maggio, Bari.
1998 “Natura Inurbata”, Palazzo Delle Esposizioni, Roma.
1997 “Photography In The Electronic Age”, Aperture Foudation, Ackland Art Museum, Chapel Hill, NC.
San José Museum of Art. Aperture Foundation.
Philadelphia Museum of Art, Aperture Foundation.
Tampa Museum of Art, Aperture Foundation.
1997 “Leda e il Cigno”. Galleria Weber, Torino.
Modena Per La Fotografia.
1995 “Il Ritratto Maltrattato”, Galleria Il Diaframma, Milano.
Blaffer Gallery Houston, Aperture Foundation.
1994 F.I.T. New York, Aperture Foundation.
1993 “Tremplin Pour Les Images”, Rencontres Internationales de la Photographie”, Arles.
1992 “Imprimatur”, San Carpoforo, Milano.
1992 “L’épreuve Numérique”, Palais de Tokyo, Paris.
1989 “Varianze”, Biennale Internazionale della Fotografia, Torino.
1989 “Tremplin pour les Images”, Palais de Tokyo. Paris.
1089 “Exposition Pixel”, Salon de la Photographie et de la Video, Paris.
1988 ”Pixim”, Conférence Annuele sur l’Image Numérique, Paris.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
Note sui ritratti di Paul Thorel
Di Guido Costa
Paul Thorel si dedica alla ritrattistica da più di due decenni. Per lui, fare ritratti è quasi una pratica di meditazione che penso lo aiuti a relazionarsi all’altro da sé, esercitando una disciplina su se stesso. La ritrattistica, genere quanto mai antico e quanto mai profondo, ha da sempre questo sottofondo eroico, dove l’estremo impossessarsi fa tutt’uno con l’assoluto spossessarsi nella rincorsa ideale del puro occhio. Impresa impossibile, la si potrebbe definire, in cui un bisogno estetico si trasforma in imperativo etico, orientato ad una paradossale rappresentazione dell’essenza.
Nel pensiero comune il ritratto perfetto è quello che coglie l’idea dell’individuo, senza essere inquinato, o deformato, dal punto di vista dell’artista. Un paradosso, potremmo dire, una sorta di imperativo categorico kantiano: qualcosa che mai e poi mai ci aspetteremmo laddove esiste un medesimo rapporto tra interprete e interpretato. Mai, infatti, penseremmo possibili un testo o una descrizione, che esauriscano totalmente il proprio oggetto, o un’interpretazione capace di cogliere per intero l’interpretato. Eppure, dal ritratto ci si aspetta esattamente questo, quasi esso viva al di fuori dei vincoli ermeneutici e abbia a che fare con un tipo del tutto particolare di testo, più attingibile, meno opaco. Quasi, insomma, che l’essere umano – di regola il soggetto privilegiato della ritrattistica – fosse un testo più leggibile della parola scritta, in assoluta contraddizione di ogni analisi del profondo, analitica o psicoanalitica, fenomenologia, sociologica, storica, mistica, o religiosa.
Ma è proprio su questo paradosso che si spalanca la prospettiva etica, capace, probabilmente, di polverizzare i dubbi delle tante teorie dell’interpretazione. Credo che per un vero ritrattista, la verosimiglianza sia un aspetto del tutto trascurabile: dei grandi ritratti del passato, di cui non possediamo alcun documento che ne attesti l’aderenza al soggetto, ciò che ci colpisce è quel qualcosa di sottile, quel surplus di anima, che ce li fa essere parlanti. Parlanti un linguaggio del tutto particolare, che nel pensare comune fa tutt’uno con il mistero. I grandi ritratti sono degli enigmi, sono dei documenti che vanno al di la dell’interpretazione. Ma che cos’è questo qualcosa che mette in scacco la pura verosimiglianza, portandoci a parlare di trascendenza? Spesso sono dei particolari – uno sguardo, un sorriso, un atteggiarsi del viso –, quasi l’intero ritratto collassasse in quel punto e proprio da quel punto iniziasse a parlarci. Un particolare: ecco la leva, il punto di forza su cui si è esercitato l’imperativo etico dell’artista.
Ma veniamo a Paul Thorel e a come, nel suo lavoro di ritrattista si abbia a che fare proprio con questi paradigmi, e con grandissima precisione. Innanzitutto per la scelta del mezzo, quello fotografico, che più di ogni altro si presta alla moltiplicazione degli sforzi nella ricerca dell’essenza, grazie alla sua capacità di polverizzare il tempo e lo spazio, avvicinandosi per un soffio all’immagine in movimento e alla terza dimensione. La libertà di un fotografo di fronte al proprio soggetto (e di qui anche il suo enorme margine di errore), è innanzitutto teorica, anche se ad un osservazione superficiale apparirebbe squisitamente pratica e frutto delle qualità della macchina.
In secondo luogo, Paul Thorel lavora esclusivamente, e da sempre, in digitale. Questa scelta gli permette un secondo livello di elaborazione, nata dalla composizione e scomposizione dell’immagine secondo modelli matematici, in parte controllati, in parte risultato di eventi casuali, di cui si conoscono soltanto alcune costanti (l’avvicinarsi e l’allontanarsi dai propri limiti).
Proprio l’incrocio di queste due prospettive (quella squisitamente teorica, e quella pratica), avvicina i suoi ritratti più alla pittura che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così profonde e complesse, permettendogli un’elaborazione dell’immagine analoga per certi versi a quella operata con il pennello, con tanto di sovrapposizioni, velature e pentimenti.
Il suo procedimento, lento e riflessivo, da non confondere con quello corrivo e standardizzato dei programmi di trattamento dell’immagine, lo porta a concentrarsi su alcuni elementi, piuttosto che su altri, piegandoli al suo gusto e al suo sentire, lavorandoli minuziosamente fino ad amplificarli a cifre del ritratto. Solitamente in bianco e nero e dotati di una stupefacente profondità ai limiti della tridimensionalità, i ritratti di Paul Thorel giungono così ad un particolarissimo equilibrio tra realismo ed astrazione, organizzandosi intorno a quei pochi tratti fondamentali che sono l’essenza o il mistero del complesso rapporto tra ritrattista e modello.
In quei fasci di linee, in quelle ondulazioni, in quei rapporti di pieno e vuoto c’è per intero il soggetto, mai però suggerito simbolicamente, o trasformato in metafora: c’è realmente, così come potrebbe esserci in un tradizionalissimo ritratto fotografico, eppure pittoricamente sublimato e concentrato in un sol punto. E nel percorso che conduce a quel punto, e soltanto a quello, si riassume l’intero imperativo etico che l’ha portato a decidersi per un punto di vista piuttosto che un altro.
Un percorso che non risponde alle leggi della verosimiglianza o dello stile, ma a quelle della corrispondenza tra il sé e l’altro da sé. Un percorso combattuto per intero entro i confini della propria anima d’artista, come un pittore di fronte alla tela bianca.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
Paul Thorel, artista fotografo francese, presenta dal 18 giugno al 03 ottobre 2009 all’Istituto francese di Firenze, “RITRATTI”, 10 opere fotografiche di grande formato (100x200 e 50x100) in bianco e nero.
Realizzate appositamente per questa mostra, le foto sono a tecnica mista, lavorate e stampate in digitale su carta fotografica, tecnica che Thorel utilizza da oltre 20 anni. Superato l’effetto astratto di migliaia di linee sovrapposte, nella messa a fuoco dell’immagine emergono dei volti e di ognuno di questi volti, in un terzo tempo dello sguardo, la specificità di un’espressione.
“I miei lavori – dice Thorel – sono fotografie a memoria. Tolgo tutti i dettagli naturalistici riconoscibili di un volto, ne elimino la forma; quel che rimane è soltanto l’espressione, è ciò di cui mi ricordo, un’espressione priva degli gli strati superficiali del volto, separata e separabile dalla propria materialità e da ogni carattere somatico”
“Paul Thorel – spiega Guido Costa – lavora esclusivamente, e da sempre, in digitale. Questa scelta gli permette un secondo livello di elaborazione, nata dalla composizione e scomposizione dell’immagine secondo modelli matematici. Proprio l’incrocio di queste due prospettive (quella squisitamente teorica, e quella pratica), avvicina i suoi ritratti più alla pittura che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così profonde e complesse, permettendogli un’elaborazione dell’immagine analoga per certi versi a quella operata con il pennello, con tanto di sovrapposizioni, velature e pentimenti.”
Nota biografica
Artista fotografo, nato nel 1956 a Londra ma di nazionalità Francese, Paul Thorel, dopo alcuni anni di pittura iniziati nel 1970, seguendo un corso da Carla Accardi a Roma, nel 1979 inizia la sua ricerca sulla creazione di immagini elettroniche all’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi.
Negli anni successivi, oltre al suo lavoro di artista, lavora su progetti sperimentali collaborando con la Rai, centri di produzione TV, industrie informatiche e università. Realizza progetti per il cinema e il teatro e collabora alla creazione di spot pubblicitari. Dal 1985 si dedica al trattamento digitale della fotografia. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste internazionali di fotografia come Aperture, Originale, Zoom, Photographies Magazine e su diversi quotidiani e settimanali italiani.
Espone in gallerie private e partecipa a mostre fotografiche in musei francesi, italiani e americani, a due edizioni della Biennale Internazionale della Fotografia di Torino e a diverse rassegne dedicate alla fotografia e ai nuovi media nell’arte. All’Istituto Francese di Firenze presenta 10 ritratti realizzati appositamente per questa mostra con tecniche miste fotografiche e digitali.
Personali e collettive
Mostre personali
2003 “Walk Like An Egyptian”, Museo Nazionale Archeologico, Napoli.
2002 “Ritratti e Paesaggi”, Arte Maggio Castello Svevo, Bari.
2000 “L’origine Des Inconnus”, Gallerie Taché Lévy, Bruxelles.
1998 “Derive”, Galleria Bonomo, Roma.
1998 “Sudio Trisorio”, Napoli.
1997 “Passaggi”, Galleria Neos, Santeramo.
1996 “In Vero Simili”, Incontri Internazionali d’Arte, Spoleto.
1995 “Art Media”, Galleria Paola Verrengia, Salerno.
1994 Depot Gallery, Bologna.
1993 “Lueurs Marginales”, Galleria Il Ponte, Firenze.
1992 “Condensazioni”, Galleria Extra, Taranto.
1991 “Condensazioni e Spostamenti”, Biennale Internazionale della Fotografia, Torino.
1985 Galleria Ferro Di Cavallo, Roma.
1980 Centre Culturel Français, Roma.
Mostre collettive
2008 “Una Storia Privata”, Museo Carlo Bilotti, Roma.
2008 “Una Storia Privata”, Photo Espana, Madrid.
2006 “Une Histoire Privée” , Maison Européenne de la Photographie, Paris.
2001 “Art Outsiders”, Maison Européenne de la Photographie, Paris
1999 “Felici Coincidenze”, Arte Maggio, Bari.
1998 “Natura Inurbata”, Palazzo Delle Esposizioni, Roma.
1997 “Photography In The Electronic Age”, Aperture Foudation, Ackland Art Museum, Chapel Hill, NC.
San José Museum of Art. Aperture Foundation.
Philadelphia Museum of Art, Aperture Foundation.
Tampa Museum of Art, Aperture Foundation.
1997 “Leda e il Cigno”. Galleria Weber, Torino.
Modena Per La Fotografia.
1995 “Il Ritratto Maltrattato”, Galleria Il Diaframma, Milano.
Blaffer Gallery Houston, Aperture Foundation.
1994 F.I.T. New York, Aperture Foundation.
1993 “Tremplin Pour Les Images”, Rencontres Internationales de la Photographie”, Arles.
1992 “Imprimatur”, San Carpoforo, Milano.
1992 “L’épreuve Numérique”, Palais de Tokyo, Paris.
1989 “Varianze”, Biennale Internazionale della Fotografia, Torino.
1989 “Tremplin pour les Images”, Palais de Tokyo. Paris.
1089 “Exposition Pixel”, Salon de la Photographie et de la Video, Paris.
1988 ”Pixim”, Conférence Annuele sur l’Image Numérique, Paris.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
Note sui ritratti di Paul Thorel
Di Guido Costa
Paul Thorel si dedica alla ritrattistica da più di due decenni. Per lui, fare ritratti è quasi una pratica di meditazione che penso lo aiuti a relazionarsi all’altro da sé, esercitando una disciplina su se stesso. La ritrattistica, genere quanto mai antico e quanto mai profondo, ha da sempre questo sottofondo eroico, dove l’estremo impossessarsi fa tutt’uno con l’assoluto spossessarsi nella rincorsa ideale del puro occhio. Impresa impossibile, la si potrebbe definire, in cui un bisogno estetico si trasforma in imperativo etico, orientato ad una paradossale rappresentazione dell’essenza.
Nel pensiero comune il ritratto perfetto è quello che coglie l’idea dell’individuo, senza essere inquinato, o deformato, dal punto di vista dell’artista. Un paradosso, potremmo dire, una sorta di imperativo categorico kantiano: qualcosa che mai e poi mai ci aspetteremmo laddove esiste un medesimo rapporto tra interprete e interpretato. Mai, infatti, penseremmo possibili un testo o una descrizione, che esauriscano totalmente il proprio oggetto, o un’interpretazione capace di cogliere per intero l’interpretato. Eppure, dal ritratto ci si aspetta esattamente questo, quasi esso viva al di fuori dei vincoli ermeneutici e abbia a che fare con un tipo del tutto particolare di testo, più attingibile, meno opaco. Quasi, insomma, che l’essere umano – di regola il soggetto privilegiato della ritrattistica – fosse un testo più leggibile della parola scritta, in assoluta contraddizione di ogni analisi del profondo, analitica o psicoanalitica, fenomenologia, sociologica, storica, mistica, o religiosa.
Ma è proprio su questo paradosso che si spalanca la prospettiva etica, capace, probabilmente, di polverizzare i dubbi delle tante teorie dell’interpretazione. Credo che per un vero ritrattista, la verosimiglianza sia un aspetto del tutto trascurabile: dei grandi ritratti del passato, di cui non possediamo alcun documento che ne attesti l’aderenza al soggetto, ciò che ci colpisce è quel qualcosa di sottile, quel surplus di anima, che ce li fa essere parlanti. Parlanti un linguaggio del tutto particolare, che nel pensare comune fa tutt’uno con il mistero. I grandi ritratti sono degli enigmi, sono dei documenti che vanno al di la dell’interpretazione. Ma che cos’è questo qualcosa che mette in scacco la pura verosimiglianza, portandoci a parlare di trascendenza? Spesso sono dei particolari – uno sguardo, un sorriso, un atteggiarsi del viso –, quasi l’intero ritratto collassasse in quel punto e proprio da quel punto iniziasse a parlarci. Un particolare: ecco la leva, il punto di forza su cui si è esercitato l’imperativo etico dell’artista.
Ma veniamo a Paul Thorel e a come, nel suo lavoro di ritrattista si abbia a che fare proprio con questi paradigmi, e con grandissima precisione. Innanzitutto per la scelta del mezzo, quello fotografico, che più di ogni altro si presta alla moltiplicazione degli sforzi nella ricerca dell’essenza, grazie alla sua capacità di polverizzare il tempo e lo spazio, avvicinandosi per un soffio all’immagine in movimento e alla terza dimensione. La libertà di un fotografo di fronte al proprio soggetto (e di qui anche il suo enorme margine di errore), è innanzitutto teorica, anche se ad un osservazione superficiale apparirebbe squisitamente pratica e frutto delle qualità della macchina.
In secondo luogo, Paul Thorel lavora esclusivamente, e da sempre, in digitale. Questa scelta gli permette un secondo livello di elaborazione, nata dalla composizione e scomposizione dell’immagine secondo modelli matematici, in parte controllati, in parte risultato di eventi casuali, di cui si conoscono soltanto alcune costanti (l’avvicinarsi e l’allontanarsi dai propri limiti).
Proprio l’incrocio di queste due prospettive (quella squisitamente teorica, e quella pratica), avvicina i suoi ritratti più alla pittura che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così profonde e complesse, permettendogli un’elaborazione dell’immagine analoga per certi versi a quella operata con il pennello, con tanto di sovrapposizioni, velature e pentimenti.
Il suo procedimento, lento e riflessivo, da non confondere con quello corrivo e standardizzato dei programmi di trattamento dell’immagine, lo porta a concentrarsi su alcuni elementi, piuttosto che su altri, piegandoli al suo gusto e al suo sentire, lavorandoli minuziosamente fino ad amplificarli a cifre del ritratto. Solitamente in bianco e nero e dotati di una stupefacente profondità ai limiti della tridimensionalità, i ritratti di Paul Thorel giungono così ad un particolarissimo equilibrio tra realismo ed astrazione, organizzandosi intorno a quei pochi tratti fondamentali che sono l’essenza o il mistero del complesso rapporto tra ritrattista e modello.
In quei fasci di linee, in quelle ondulazioni, in quei rapporti di pieno e vuoto c’è per intero il soggetto, mai però suggerito simbolicamente, o trasformato in metafora: c’è realmente, così come potrebbe esserci in un tradizionalissimo ritratto fotografico, eppure pittoricamente sublimato e concentrato in un sol punto. E nel percorso che conduce a quel punto, e soltanto a quello, si riassume l’intero imperativo etico che l’ha portato a decidersi per un punto di vista piuttosto che un altro.
Un percorso che non risponde alle leggi della verosimiglianza o dello stile, ma a quelle della corrispondenza tra il sé e l’altro da sé. Un percorso combattuto per intero entro i confini della propria anima d’artista, come un pittore di fronte alla tela bianca.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
18
giugno 2009
Paul Thorel – Ritratti
Dal 18 giugno al 03 ottobre 2009
fotografia
Location
PALAZZO LENZI – ISTITUTO FRANCESE DI FIRENZE
Firenze, Piazza D'ognissanti, 2, (Firenze)
Firenze, Piazza D'ognissanti, 2, (Firenze)
Orario di apertura
(apertura straordinaria in occasione della
“Giornata del contemporaneo”)
Visite dal lunedì al venerdì
dalle 10h alle 18h
Vernissage
18 Giugno 2009, ore 18
Editore
POLISTAMPA
Autore