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Paura
Collettiva che coinvolge artisti di varie parti del mondo su un sentimento intimo, biblico e mediatico.
Comunicato stampa
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³Di cosa hai paura?² - chiede Jasmila Zbanic¹ (Bosnia) ai bambini di una scuola elementare di Sarajevo nel video ³After After² (1997) - ³della strega² risponde uno, ³ho visto morire mio zio², risponde un altro, ³ho visto la tomba di mia mamma e di mio papà: lei è morta in casa per una granata, lui al fronte di Borije²...
Tacciono. La paura?
PAURA è il titolo della mostra curata da Manuela Gandini, che si inaugura mercoledì, 16 marzo alle h. 19.00 ad artandgallery, in via Arese 5, e coinvolge artisti di varie parti del mondo su un sentimento intimo, biblico e mediatico. Il generale Ratko Mladic¹ e il generale Radovan Karadzic¹ guardano la mostra dall¹alto: nell¹opera di Sejla Kameric (Bosnia), i loro volti riprodotti sui manifesti non riportano la scritta wanted ricercati, ma warrant autorizzati. I due criminali di guerra, a dieci anni dalla fine dell¹offensiva serba, camminano liberamente per strada. Le immagini di Sarajevo, nel video di Timur Makarevic¹ & Amer Mrzljak (Bosnia), sono sfocate. Tra le case bombardate del quartiere Dobrinja un cane nero abbaia, il suono si sdoppia, un bambino piange. Il cane in questa favola spaventosamente vera - diventa un lupo e il bambino un agnello. Cecilia Parlsberg (Svezia), in uno dei suoi viaggi alla ricerca di una realtà non mediata, ha chiesto ad alcuni bambini, figli di coloni israeliani residenti lungo la striscia di Gaza, di disegnare cosa vedessero al di là del muro attraverso un buco. Nel loro immaginario, anziché kamikaze e disperazione, c¹era il paradiso. Realtà o terrore inconscio?
Il black artist americano William Pope.L realizza, per Paura, una performance, intitolata Black bag piece a Lewiston nel Maine. Abbandona sulla strada un¹enorme valigia nera fuori dimensione contenente una persona. L¹unico testimone è l¹occhio della videocamera. Ciò che si genera attorno all¹oggetto è un sentimento di panico. Il performer, dai tratti somatici non wasp, è esso stesso in pericolo nel vulnerabile clima americano di sospetto.
Come un eremita, nella sua cucina o in soggiorno o a culo nudo, Jean Toche (Usa) usa l¹autoscatto per produrre ossessivamente cartoline, che spedisce agli amici, con commenti caustici sulla politica Usa e sulla falsificazione delle informazioni. La sua individuale ricerca di lucidità arriva ogni mattina nella cassetta delle lettere.
Se Eight people, sono otto soldati a grandezza naturale, realizzati da Xu Zhen (Cina), accovacciati uno accanto all¹altro in preda al panico, gli strumenti di tortura, realizzati da Tania Bruguera (Cuba), sono oggetti antichi come l¹uomo e contemporanei come Abu Ghraib. E l¹uso del terrore, nella politica delle democrazie, è oggetto delle installazioni di Arend Roelink (Olanda) che analizza modalità militari economiche industriali di colonizzazione. Guglielmo Aschieri Emilio ritrae, all¹opposto, l¹emorragia dei clandestini verso Occidente, sostituendo alla ³Zattera della Medusa² di Theodore Géricault, un gommone zeppo di clandestini.
Ma la paura è affrontata anche come micro-catastrofe individuale: bitch, alone, heaven sono parole tatuate dentro le labbra di giovani berlinesi, fotografati da Michelangelo Consani. Disagio, impotenza, panico ai limiti dell¹autismo collettivo. La parola ³ingoiata² è paura, paura del mondo. Anche nel video di Venera Kastrati (Albania) si percepisce una disperata fatica a crescere, il timore di trasformare l¹infanzia in una coriacea divisa militare.
Un muro divide due gruppi di immagini spaventose nell¹installazione di Vered Zaykovsky (Israele), intitolata ³D-Visione². Le foto sono diverse ma simmetriche: di qua Israele, di là Palestina. Le une non vedono le altre, le une non conoscono le altre, il cemento cade, gli autobus saltano, le persone muoiono. La paura dell¹altro è nel sangue, nella non conoscenza, nel buio pesto della ragione.
Un muro di stoffa multicolore, costruito da Libera Mazzoleni, ricorda, come un insieme di lapidi morbide e quadrate, le date e i luoghi di tragedie collettive e individuali: Bhopal, Beslan, Piazza Fontana, Rhuma.
Tacciono. La paura?
PAURA è il titolo della mostra curata da Manuela Gandini, che si inaugura mercoledì, 16 marzo alle h. 19.00 ad artandgallery, in via Arese 5, e coinvolge artisti di varie parti del mondo su un sentimento intimo, biblico e mediatico. Il generale Ratko Mladic¹ e il generale Radovan Karadzic¹ guardano la mostra dall¹alto: nell¹opera di Sejla Kameric (Bosnia), i loro volti riprodotti sui manifesti non riportano la scritta wanted ricercati, ma warrant autorizzati. I due criminali di guerra, a dieci anni dalla fine dell¹offensiva serba, camminano liberamente per strada. Le immagini di Sarajevo, nel video di Timur Makarevic¹ & Amer Mrzljak (Bosnia), sono sfocate. Tra le case bombardate del quartiere Dobrinja un cane nero abbaia, il suono si sdoppia, un bambino piange. Il cane in questa favola spaventosamente vera - diventa un lupo e il bambino un agnello. Cecilia Parlsberg (Svezia), in uno dei suoi viaggi alla ricerca di una realtà non mediata, ha chiesto ad alcuni bambini, figli di coloni israeliani residenti lungo la striscia di Gaza, di disegnare cosa vedessero al di là del muro attraverso un buco. Nel loro immaginario, anziché kamikaze e disperazione, c¹era il paradiso. Realtà o terrore inconscio?
Il black artist americano William Pope.L realizza, per Paura, una performance, intitolata Black bag piece a Lewiston nel Maine. Abbandona sulla strada un¹enorme valigia nera fuori dimensione contenente una persona. L¹unico testimone è l¹occhio della videocamera. Ciò che si genera attorno all¹oggetto è un sentimento di panico. Il performer, dai tratti somatici non wasp, è esso stesso in pericolo nel vulnerabile clima americano di sospetto.
Come un eremita, nella sua cucina o in soggiorno o a culo nudo, Jean Toche (Usa) usa l¹autoscatto per produrre ossessivamente cartoline, che spedisce agli amici, con commenti caustici sulla politica Usa e sulla falsificazione delle informazioni. La sua individuale ricerca di lucidità arriva ogni mattina nella cassetta delle lettere.
Se Eight people, sono otto soldati a grandezza naturale, realizzati da Xu Zhen (Cina), accovacciati uno accanto all¹altro in preda al panico, gli strumenti di tortura, realizzati da Tania Bruguera (Cuba), sono oggetti antichi come l¹uomo e contemporanei come Abu Ghraib. E l¹uso del terrore, nella politica delle democrazie, è oggetto delle installazioni di Arend Roelink (Olanda) che analizza modalità militari economiche industriali di colonizzazione. Guglielmo Aschieri Emilio ritrae, all¹opposto, l¹emorragia dei clandestini verso Occidente, sostituendo alla ³Zattera della Medusa² di Theodore Géricault, un gommone zeppo di clandestini.
Ma la paura è affrontata anche come micro-catastrofe individuale: bitch, alone, heaven sono parole tatuate dentro le labbra di giovani berlinesi, fotografati da Michelangelo Consani. Disagio, impotenza, panico ai limiti dell¹autismo collettivo. La parola ³ingoiata² è paura, paura del mondo. Anche nel video di Venera Kastrati (Albania) si percepisce una disperata fatica a crescere, il timore di trasformare l¹infanzia in una coriacea divisa militare.
Un muro divide due gruppi di immagini spaventose nell¹installazione di Vered Zaykovsky (Israele), intitolata ³D-Visione². Le foto sono diverse ma simmetriche: di qua Israele, di là Palestina. Le une non vedono le altre, le une non conoscono le altre, il cemento cade, gli autobus saltano, le persone muoiono. La paura dell¹altro è nel sangue, nella non conoscenza, nel buio pesto della ragione.
Un muro di stoffa multicolore, costruito da Libera Mazzoleni, ricorda, come un insieme di lapidi morbide e quadrate, le date e i luoghi di tragedie collettive e individuali: Bhopal, Beslan, Piazza Fontana, Rhuma.
16
marzo 2005
Paura
Dal 16 marzo al 15 maggio 2005
arte contemporanea
Location
ARTANDGALLERY
Milano, Via Francesco Arese, 5, (Milano)
Milano, Via Francesco Arese, 5, (Milano)
Orario di apertura
tutti i giorni 15-21
Vernissage
16 Marzo 2005, ore 19-23
Autore
Curatore