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Percezione e pensieri visivi
La galleria Ariele ha dedicato ampio spazio alla nuova figurazione ma non ha mai trattato un figurativo che fosse definito in base ad una scelta mirata al binomio “figure” e “paesaggi” nella pittura contemporanea.
Comunicato stampa
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La galleria Ariele ha dedicato ampio spazio alla nuova figurazione ma non ha mai trattato un figurativo che fosse definito in base ad una scelta mirata al binomio "figure" e "paesaggi" nella pittura contemporanea.
L'attuale criterio selettivo mette in luce sia le diverse percezioni così come i contrastanti vissuti rispetto allo stesso visibile trasposti nella figura dipinta, ossia nella forma artificiale, di cose, persone, paesaggi ( riduttivamente chiamati ambienti).
Infatti queste forme dipinte sono tutte figure, distinte nella vita del linguaggio ma legate in quanto rappresentazioni di una realtà sempre storica, mobile, delimitata, finita.
"Figurepaesaggi", come tema visuale nella cultura di Occidente, esprime una tensione verso l'immagine, ossia la forma naturale, non plasmata pertanto dal fare dell'artista; e ancora, forse, in questa rilevazione traspare un antico e sentito rapporto con la totalità, priva di contorni, generatrice, nella quale si raccoglievano le parti, i limiti, i confini, le forme in senso lato.
Ciò è nelle radici della nostra identità, allorquando il rapporto uomo-natura non viveva segni di netta separazione, e fa parte integrante dell' immaginario fragile e profondo che ci appartiene e si mostra come finestra aperta sul mondo.
Prima di chiudere questa opportuna ( a mio avviso ) parte della nota introduttiva, occorre ritornare al senso racchiuso, nello specifico, entro la figura di paesaggio.
Se per paesaggio si intende correttamente la natura modificata dall'uomo, lavoro quindi della sua libertà, inserito nella natura stessa con la sua dimensione umana, allora la figura pittorica di paesaggio è un' opera d'arte visiva nella quale l 'artista racconta la sua storia.
Anche l'architettura è paesaggistica, ha un valore estetico ed è ancorata alla sua epoca colorando con una continua e diversa espressione del tempo la mobilità del paesaggio: si tratta cioè di sottolineare che l'arte è memoria, ma anche sensibilità e visione in divenire, vale a dire è creativa, progettuale.
A proposito di progettualità, Angela Ippolito espone opere che, in poetica, interrogano sulle fragili condizioni di comunicazione e di vita in questo iniziale millennio un po' smarrito.
I suoi omini (e donne) sono senza sesso, replicati e anonimi; non si sa bene cosa cerchino ma sono frenetici, spesso in salita, soli o a grappolo. In ogni caso appaiono attivi, sembra provino ad inventare qualche forma d'aiuto.
Le composizioni sono strutturate su un unico piano ripartito, bilanciate nei pesi del colore steso piatto, la luce è irreale, il ritmo e il dinamismo creano un'atmosfera strana e magica.
Architettura e paesaggio si coniugano nei tranquilli squarci offerti dagli acquarelli di Maurizio Rossi.
Si propongono come angoli di quiete scorciati o frontali, frammenti architettonici di mura familiari.
Sono momenti che allontanano dal rumore e dal magma mediatico e vanno alla ricerca di un benessere e di una calma interiori in un girovagare arioso nella provincia,
La padronanza del mestiere, la qualità dei lavori delicati e "freschi", accompagnano un linguaggio inconsueto e rassicurante, quasi necessario proprio per la sua coraggiosa
inattualità.
La figura femminile e Simona Rei: parlano una pittura e un'artista inscenando una narrazione teatrale dai colori forti, emozionali.
Il messaggio lancia il suo progetto di positiva affermazione di sè, denuncia un'identità negata dalla maschera voluta dalle convenzioni e da un'alienazione nuovo-millennio.
La personalità non è, come vuole l'etimologia greca, la maschera: al contrario, occorre uscirne.
Il disvelamento è interpretato come liberazione.
Tecnicamente validi, i quadri di Simona Rei hanno un impianto dove è palese una felice contaminazione fra classico e moderno. Arditi tagli nell'inquadratura si affiancano ai solidi volumi delle figure presentando un complessivo disegno di forza espressiva e di calibrata composizione.
Diego Grangetti ha un passato di writer e la sua provenienza dalla street art ne fa una voce particolare che apporta un patrimonio figurativo nato su larghe superfici e con un cromatismo acceso e di rapido impatto.
È un artista che ha già esposto nella nostra galleria in qualità di fotografo e ora porta in mostra una serie di lavori pittorici realizzati su carta.
I soggetti sono paesaggi metropolitani, impressioni lasciate da volti visti o immaginati e da forme animali, cioè una sorta di schizzi colorati dal tratto rapido e capace di fermare il momento e di suggerire nel contempo la dinamicità.
A volte si scopre ancora una certa timidezza nel segno temperata da una poliedrica ricerca di stile e da una curiosità responsabile intorno al senso e al modo d'essere della realtà di oggi.
È da aggiungere che i suoi interessi si estendono fino a comprendere la scrittura di cui ci lascia traccia nel suo ultimo libro in prosa e in versi.
L'attuale criterio selettivo mette in luce sia le diverse percezioni così come i contrastanti vissuti rispetto allo stesso visibile trasposti nella figura dipinta, ossia nella forma artificiale, di cose, persone, paesaggi ( riduttivamente chiamati ambienti).
Infatti queste forme dipinte sono tutte figure, distinte nella vita del linguaggio ma legate in quanto rappresentazioni di una realtà sempre storica, mobile, delimitata, finita.
"Figurepaesaggi", come tema visuale nella cultura di Occidente, esprime una tensione verso l'immagine, ossia la forma naturale, non plasmata pertanto dal fare dell'artista; e ancora, forse, in questa rilevazione traspare un antico e sentito rapporto con la totalità, priva di contorni, generatrice, nella quale si raccoglievano le parti, i limiti, i confini, le forme in senso lato.
Ciò è nelle radici della nostra identità, allorquando il rapporto uomo-natura non viveva segni di netta separazione, e fa parte integrante dell' immaginario fragile e profondo che ci appartiene e si mostra come finestra aperta sul mondo.
Prima di chiudere questa opportuna ( a mio avviso ) parte della nota introduttiva, occorre ritornare al senso racchiuso, nello specifico, entro la figura di paesaggio.
Se per paesaggio si intende correttamente la natura modificata dall'uomo, lavoro quindi della sua libertà, inserito nella natura stessa con la sua dimensione umana, allora la figura pittorica di paesaggio è un' opera d'arte visiva nella quale l 'artista racconta la sua storia.
Anche l'architettura è paesaggistica, ha un valore estetico ed è ancorata alla sua epoca colorando con una continua e diversa espressione del tempo la mobilità del paesaggio: si tratta cioè di sottolineare che l'arte è memoria, ma anche sensibilità e visione in divenire, vale a dire è creativa, progettuale.
A proposito di progettualità, Angela Ippolito espone opere che, in poetica, interrogano sulle fragili condizioni di comunicazione e di vita in questo iniziale millennio un po' smarrito.
I suoi omini (e donne) sono senza sesso, replicati e anonimi; non si sa bene cosa cerchino ma sono frenetici, spesso in salita, soli o a grappolo. In ogni caso appaiono attivi, sembra provino ad inventare qualche forma d'aiuto.
Le composizioni sono strutturate su un unico piano ripartito, bilanciate nei pesi del colore steso piatto, la luce è irreale, il ritmo e il dinamismo creano un'atmosfera strana e magica.
Architettura e paesaggio si coniugano nei tranquilli squarci offerti dagli acquarelli di Maurizio Rossi.
Si propongono come angoli di quiete scorciati o frontali, frammenti architettonici di mura familiari.
Sono momenti che allontanano dal rumore e dal magma mediatico e vanno alla ricerca di un benessere e di una calma interiori in un girovagare arioso nella provincia,
La padronanza del mestiere, la qualità dei lavori delicati e "freschi", accompagnano un linguaggio inconsueto e rassicurante, quasi necessario proprio per la sua coraggiosa
inattualità.
La figura femminile e Simona Rei: parlano una pittura e un'artista inscenando una narrazione teatrale dai colori forti, emozionali.
Il messaggio lancia il suo progetto di positiva affermazione di sè, denuncia un'identità negata dalla maschera voluta dalle convenzioni e da un'alienazione nuovo-millennio.
La personalità non è, come vuole l'etimologia greca, la maschera: al contrario, occorre uscirne.
Il disvelamento è interpretato come liberazione.
Tecnicamente validi, i quadri di Simona Rei hanno un impianto dove è palese una felice contaminazione fra classico e moderno. Arditi tagli nell'inquadratura si affiancano ai solidi volumi delle figure presentando un complessivo disegno di forza espressiva e di calibrata composizione.
Diego Grangetti ha un passato di writer e la sua provenienza dalla street art ne fa una voce particolare che apporta un patrimonio figurativo nato su larghe superfici e con un cromatismo acceso e di rapido impatto.
È un artista che ha già esposto nella nostra galleria in qualità di fotografo e ora porta in mostra una serie di lavori pittorici realizzati su carta.
I soggetti sono paesaggi metropolitani, impressioni lasciate da volti visti o immaginati e da forme animali, cioè una sorta di schizzi colorati dal tratto rapido e capace di fermare il momento e di suggerire nel contempo la dinamicità.
A volte si scopre ancora una certa timidezza nel segno temperata da una poliedrica ricerca di stile e da una curiosità responsabile intorno al senso e al modo d'essere della realtà di oggi.
È da aggiungere che i suoi interessi si estendono fino a comprendere la scrittura di cui ci lascia traccia nel suo ultimo libro in prosa e in versi.
10
marzo 2012
Percezione e pensieri visivi
Dal 10 al 24 marzo 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIELE
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 16 - 19,30
Vernissage
10 Marzo 2012, ore 18,00
Autore
Curatore