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Perduti nel paesaggio/Lost in Landscape
Non è certo un Eden quello raccontato nelle sale del Mart, e neanche un nuovo genere artistico, bensì uno sguardo appassionato e sofferto sul mondo, che scopre necessariamente anche i suoi angoli più drammatici e contraddittori
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto presenta
Perduti nel paesaggio/Lost in Landscape, un grande progetto espositivo dedicato al
paesaggio contemporaneo e ai suoi molti significati: spazio, ambiente, territorio, luogo in
cui si vive e da cui ci si allontana. Paesaggio naturale e paesaggio urbano.
La mostra, a cura di Gerardo Mosquera, affronta il tema attraverso le opere di oltre 60
artisti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali mai presentati in Italia.
In mostra oltre 170 fotografie, 84 opere pittoriche, 10 video, 4 video-installazioni, 4
installazioni, 4 interventi context specific (Gonzalo Diaz, Takahiro Iwasaki, Glexis
Novoa e Cristina Lucas), 1 progetto web specific (Simon Faithful), 1 libro d’artista
(Ed Ruscha).
Non è certo un Eden quello raccontato nelle sale del Mart, e neanche un nuovo
genere artistico, bensì uno sguardo appassionato e sofferto sul mondo, che scopre
necessariamente anche i suoi angoli più drammatici e contraddittori.
Gerardo Mosquera scrive infatti nel testo in catalogo (Edizioni Mart) che il significato
del termine "paesaggio" definisce allo stesso tempo "sia la percezione di un determinato
luogo, sia la sua rappresentazione", rendendo inseparibili fra loro l’oggetto dal soggetto,
l’ambiente dal suo abitante. Oggi, nella concezione del paesaggio del nostro tempo,
il grado di soggettività della percezione, infatti, coinvolge i protagonisti attivi delle
trasformazioni del territorio, ovvero, quelle strutture e coloro che agiscono su di esso e ne
definiscono la stessa nozione, ormai allargata a tutto ciò che ci circonda, dalle autostrade
alle foreste, dalle metropoli agli ambienti rurali.
La mostra intreccia tre differenti livelli di lettura: 1) Esaminare la propensione umana ad
appropriarsi dell’ambiente e ad identificarsi e dialogare con esso, che si plasma in qualsiasi
rappresentazione del paesaggio. 2)Affrontare il paesaggio non come genere artistico
ma come mezzo per la costruzione di un senso. 3) Offrire al visitatore un’esperienza al
contempo estetica e di riflessione mediante le opere esposte e il loro rapporto e la loro
articolazione nello spazio espositivo. Vissuto e costruito, contemplato e utilizzato, il
paesaggio è dunque inseparabile dall’uomo. Infatti, nel percepire, conoscere e descrivere
il paesaggio, l’uomo è al tempo stesso oggetto inscritto nella realtà e soggetto esterno e
narrante. Un dualismo che si evidenza per esempio nelle fotografie di Bae Bien-U. In
questo lavoro l’artista fotografa un pineto dal suo interno e il paesaggio raccontato non
è solo un panorama, una vista, una veduta. Gli alberi folti sembra quasi che circondino
e incombano sull’osservatore-artista, mentre in realtà è proprio lui a offrirci la sua
autonoma e intima visione del bosco. O ancora un dualismo che mostra tutte le nostre
contraddizioni: laddove la natura è ancora sublime, è l’uomo a infonderle il segno grave
del cambiamento traumatico. Nelle immagini fotografiche di Richard Mosse è presente
un forte contrasto tra l’immagine di un paesaggio irreale, dalle tinte fiabesche, e la violenta
presenza delle truppe militati che trasforma completamente il significato dell’immagine.
I colori squillanti, dovuti all’uso di una pellicola militare agli infrarossi, condizionano la
percezione dell’immagine di questi meravigliosi luoghi fotografati nell’est del Congo, dove
invece ha prevalso dolore e violenza.
La nostra esperienza, cultura e stato sociale allora non smettono di condizionare il
modo in cui percepiamo e organizziamo il paesaggio. Gabriel Orozco ricrea questa
visione direttamente nella strada, nella periferia, costruendo una piccola città nella città:
rifiuti e materiali trovati sul luogo concorrono ad una rappresentazione effimera, povera
dell’ambiente metropolitano.
A questo nodo problematico, va aggiunto il tema dei fenomeni di trasformazione e
urbanizzazione del paesaggio, centrali nell’analisi degli artisti contemporanei, interessati
più allo spazio urbano che a quello naturale, rappresentato soprattutto attraverso il mezzo
fotografico e il video: Du Zhenjun immagina l’esplosione urbana in termini apocalittici,
Michael Wolf ne mette in risalto la vastità infinita della proliferazione edilizia, David
Stephenson riscopre nella metropoli una bellezza primitiva e cristallina attraverso la sua
luce artificiale, mentre nel video di Junebum Park la città corrisponde alle sue insegne
luminose e l’affollamento pubblicitario è il suo unico criterio di sviluppo.
Infine, in un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui è sempre più
pressante l'urgenza di salvaguardare il territorio dai rischi di un consumo inconsapevole
e spesso rivolto alla distruzione, con la mostra Perduti nel paesaggio/Lost in
Landscape, il Mart propone un percorso espositivo che, attraverso le migliori esperienze
artistiche, apre una discussione sulla necessità di ritrovare, e rinnovare, gli antichi equilibri
tra l'uomo e il suo ambiente.
Perduti nel paesaggio/Lost in Ladscape si apre con “The microwave sky as seen by
planck” la prima immagine completa dell’universo, catturata nel 2010 con il telescopio
satellitare Planck (©ESA/ LFI & HFI Consortia). Si tratta di una rappresentazione che,
delineando il paesaggio totale, descrive la più ambiziosa appropriazione dell’ambiente
mai realizzata. L’immagine dell’ universo è accostata all’antico Disco Celeste di Nebra
(1.600 a.C.) che è invece la prima sua rappresentazione conosciuta. La raffigurazione di
un paesaggio assoluto, conferma il desiderio di sfidare l’infinito e l’espansione permanente
del cosmo, contenendolo, descrivendolo, possedendolo.
In mezzo a questi due estremi della storia, l’esposizione del Mart propone numerose
interpretazioni contemporanee, provenienti da diverse latitudini, attraverso una
molteplicità di linguaggi, tecniche e media differenti. Dai lavori di forte denuncia sociale
come i paesaggi fotografati del messicano Fernando Brito alle opere intime di Glenda
León e alle rappresentazioni oniriche di Hong Lei, che si alternano agli scenari naturali
di Analía Amaya. I luoghi dei conflitti narrati da Vandy Rattana, Gabriele Basilico,
Kang Yong-Suk e Rula Halawani, dialogano con gli scenari di trasformazione urbana
di Iosif Kiraly, e Guillermo Santos. Immagini surreali, mappe, paesaggi urbani e lunari si
sommano in una mostra che esplora la dialettica tra distanza e appartenenza e costruisce
messaggi, innesca esperienze, propone indagini.
La mostra parte dall’ immensità dell’universo per arrivare alla semplicità del volto di un
individuo trasformato in paesaggio: un atto di appropriazione forse ancora più estremo
della cattura dello spazio illimitato, nell’opera dell’uruguaiano Luis Camnitzer.
Artisti in mostra
Marina Abramović, Tarek Al Ghoussein, Lara Almárcegui, Analía Amaya,
Carlo Alberto Andreasi, Massimo Bartolini, Gabriele Basilico, Bae Bien-U, Bleda y Rosa,
Fernando Brito, Luis Camnitzer, Pablo Cardoso, Jordi Colomer, Russell Crotty, Gonzalo
Dìaz, Simon Faithfull, Fischli & Weiss, Carlos Garaicoa, Emmet Gowin, Carlo Guaita,
Andreas Gursky, Rula Halawani, Todd Hido, Huang Yan, Carlos Irijalba, Takahiro
Iwasaki, Isaac Julien, Anselm Kiefer, Iosif Kiraly, Hong Lei, Glenda Leòn, Yao Lu,
Cristina Lucas, Armando Lulaj, Rubens Mano, Arno Rafael Minkkinen, Richard Mosse,
Sohei Nishino, Glexis Novoa, Sherman Ong, Gabriel Orozco, Alain Paiement, Junebum
Park, Paul Ramìrez Jonas, Vandy Rattana, Szymon Roginski, Ed Ruscha, Guillermo
Santos, George Shaw, Gao Shiqiang, David Stephenson, Davide Tranchina, Carlos
Uribe, Agnès Varda, Verne Dawson, Michael Wolf, Catherine Yass, Kang Yong-Suk, Du
Zhenjun.
Saggi in catalogo
Gerardo Mosquera, curatore
Yrjö Haila, docente di politica ambientale presso l’Università di Tampere
Sophie Bonin, docente presso l’Ecole Nationale Supérieure du Paysage di Versailles
Willy Thayer, docente di Filosofia presso Universidad Metropolitana de las Ciencias de
la Educación di Santiago del Cile
Joao Ferreira Nunes, architetto paesaggista
Giovanni Maria Filindeu, architetto
Veronica Caciolli, curatore Mart
Denis Viva, curatore Mart
Simon Faithfull, artista
Takahiro Iwasaki, artista
Cristina Lucas, artista
Glexis Novoa, artista
Progetto di allestimento di Giovanni Maria Filindeu
Il Mart ringrazia
Provincia Autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto
In partnership con
Altemasi di Cavit
Main Sponsor
Re.Al. Service
Con il supporto di
Premio Terna
Partner tecnici
Patiflex
Trentino Sviluppo
Per le attività didattiche
Casse Rurali Trentine
Perduti nel paesaggio/Lost in Landscape, un grande progetto espositivo dedicato al
paesaggio contemporaneo e ai suoi molti significati: spazio, ambiente, territorio, luogo in
cui si vive e da cui ci si allontana. Paesaggio naturale e paesaggio urbano.
La mostra, a cura di Gerardo Mosquera, affronta il tema attraverso le opere di oltre 60
artisti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali mai presentati in Italia.
In mostra oltre 170 fotografie, 84 opere pittoriche, 10 video, 4 video-installazioni, 4
installazioni, 4 interventi context specific (Gonzalo Diaz, Takahiro Iwasaki, Glexis
Novoa e Cristina Lucas), 1 progetto web specific (Simon Faithful), 1 libro d’artista
(Ed Ruscha).
Non è certo un Eden quello raccontato nelle sale del Mart, e neanche un nuovo
genere artistico, bensì uno sguardo appassionato e sofferto sul mondo, che scopre
necessariamente anche i suoi angoli più drammatici e contraddittori.
Gerardo Mosquera scrive infatti nel testo in catalogo (Edizioni Mart) che il significato
del termine "paesaggio" definisce allo stesso tempo "sia la percezione di un determinato
luogo, sia la sua rappresentazione", rendendo inseparibili fra loro l’oggetto dal soggetto,
l’ambiente dal suo abitante. Oggi, nella concezione del paesaggio del nostro tempo,
il grado di soggettività della percezione, infatti, coinvolge i protagonisti attivi delle
trasformazioni del territorio, ovvero, quelle strutture e coloro che agiscono su di esso e ne
definiscono la stessa nozione, ormai allargata a tutto ciò che ci circonda, dalle autostrade
alle foreste, dalle metropoli agli ambienti rurali.
La mostra intreccia tre differenti livelli di lettura: 1) Esaminare la propensione umana ad
appropriarsi dell’ambiente e ad identificarsi e dialogare con esso, che si plasma in qualsiasi
rappresentazione del paesaggio. 2)Affrontare il paesaggio non come genere artistico
ma come mezzo per la costruzione di un senso. 3) Offrire al visitatore un’esperienza al
contempo estetica e di riflessione mediante le opere esposte e il loro rapporto e la loro
articolazione nello spazio espositivo. Vissuto e costruito, contemplato e utilizzato, il
paesaggio è dunque inseparabile dall’uomo. Infatti, nel percepire, conoscere e descrivere
il paesaggio, l’uomo è al tempo stesso oggetto inscritto nella realtà e soggetto esterno e
narrante. Un dualismo che si evidenza per esempio nelle fotografie di Bae Bien-U. In
questo lavoro l’artista fotografa un pineto dal suo interno e il paesaggio raccontato non
è solo un panorama, una vista, una veduta. Gli alberi folti sembra quasi che circondino
e incombano sull’osservatore-artista, mentre in realtà è proprio lui a offrirci la sua
autonoma e intima visione del bosco. O ancora un dualismo che mostra tutte le nostre
contraddizioni: laddove la natura è ancora sublime, è l’uomo a infonderle il segno grave
del cambiamento traumatico. Nelle immagini fotografiche di Richard Mosse è presente
un forte contrasto tra l’immagine di un paesaggio irreale, dalle tinte fiabesche, e la violenta
presenza delle truppe militati che trasforma completamente il significato dell’immagine.
I colori squillanti, dovuti all’uso di una pellicola militare agli infrarossi, condizionano la
percezione dell’immagine di questi meravigliosi luoghi fotografati nell’est del Congo, dove
invece ha prevalso dolore e violenza.
La nostra esperienza, cultura e stato sociale allora non smettono di condizionare il
modo in cui percepiamo e organizziamo il paesaggio. Gabriel Orozco ricrea questa
visione direttamente nella strada, nella periferia, costruendo una piccola città nella città:
rifiuti e materiali trovati sul luogo concorrono ad una rappresentazione effimera, povera
dell’ambiente metropolitano.
A questo nodo problematico, va aggiunto il tema dei fenomeni di trasformazione e
urbanizzazione del paesaggio, centrali nell’analisi degli artisti contemporanei, interessati
più allo spazio urbano che a quello naturale, rappresentato soprattutto attraverso il mezzo
fotografico e il video: Du Zhenjun immagina l’esplosione urbana in termini apocalittici,
Michael Wolf ne mette in risalto la vastità infinita della proliferazione edilizia, David
Stephenson riscopre nella metropoli una bellezza primitiva e cristallina attraverso la sua
luce artificiale, mentre nel video di Junebum Park la città corrisponde alle sue insegne
luminose e l’affollamento pubblicitario è il suo unico criterio di sviluppo.
Infine, in un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui è sempre più
pressante l'urgenza di salvaguardare il territorio dai rischi di un consumo inconsapevole
e spesso rivolto alla distruzione, con la mostra Perduti nel paesaggio/Lost in
Landscape, il Mart propone un percorso espositivo che, attraverso le migliori esperienze
artistiche, apre una discussione sulla necessità di ritrovare, e rinnovare, gli antichi equilibri
tra l'uomo e il suo ambiente.
Perduti nel paesaggio/Lost in Ladscape si apre con “The microwave sky as seen by
planck” la prima immagine completa dell’universo, catturata nel 2010 con il telescopio
satellitare Planck (©ESA/ LFI & HFI Consortia). Si tratta di una rappresentazione che,
delineando il paesaggio totale, descrive la più ambiziosa appropriazione dell’ambiente
mai realizzata. L’immagine dell’ universo è accostata all’antico Disco Celeste di Nebra
(1.600 a.C.) che è invece la prima sua rappresentazione conosciuta. La raffigurazione di
un paesaggio assoluto, conferma il desiderio di sfidare l’infinito e l’espansione permanente
del cosmo, contenendolo, descrivendolo, possedendolo.
In mezzo a questi due estremi della storia, l’esposizione del Mart propone numerose
interpretazioni contemporanee, provenienti da diverse latitudini, attraverso una
molteplicità di linguaggi, tecniche e media differenti. Dai lavori di forte denuncia sociale
come i paesaggi fotografati del messicano Fernando Brito alle opere intime di Glenda
León e alle rappresentazioni oniriche di Hong Lei, che si alternano agli scenari naturali
di Analía Amaya. I luoghi dei conflitti narrati da Vandy Rattana, Gabriele Basilico,
Kang Yong-Suk e Rula Halawani, dialogano con gli scenari di trasformazione urbana
di Iosif Kiraly, e Guillermo Santos. Immagini surreali, mappe, paesaggi urbani e lunari si
sommano in una mostra che esplora la dialettica tra distanza e appartenenza e costruisce
messaggi, innesca esperienze, propone indagini.
La mostra parte dall’ immensità dell’universo per arrivare alla semplicità del volto di un
individuo trasformato in paesaggio: un atto di appropriazione forse ancora più estremo
della cattura dello spazio illimitato, nell’opera dell’uruguaiano Luis Camnitzer.
Artisti in mostra
Marina Abramović, Tarek Al Ghoussein, Lara Almárcegui, Analía Amaya,
Carlo Alberto Andreasi, Massimo Bartolini, Gabriele Basilico, Bae Bien-U, Bleda y Rosa,
Fernando Brito, Luis Camnitzer, Pablo Cardoso, Jordi Colomer, Russell Crotty, Gonzalo
Dìaz, Simon Faithfull, Fischli & Weiss, Carlos Garaicoa, Emmet Gowin, Carlo Guaita,
Andreas Gursky, Rula Halawani, Todd Hido, Huang Yan, Carlos Irijalba, Takahiro
Iwasaki, Isaac Julien, Anselm Kiefer, Iosif Kiraly, Hong Lei, Glenda Leòn, Yao Lu,
Cristina Lucas, Armando Lulaj, Rubens Mano, Arno Rafael Minkkinen, Richard Mosse,
Sohei Nishino, Glexis Novoa, Sherman Ong, Gabriel Orozco, Alain Paiement, Junebum
Park, Paul Ramìrez Jonas, Vandy Rattana, Szymon Roginski, Ed Ruscha, Guillermo
Santos, George Shaw, Gao Shiqiang, David Stephenson, Davide Tranchina, Carlos
Uribe, Agnès Varda, Verne Dawson, Michael Wolf, Catherine Yass, Kang Yong-Suk, Du
Zhenjun.
Saggi in catalogo
Gerardo Mosquera, curatore
Yrjö Haila, docente di politica ambientale presso l’Università di Tampere
Sophie Bonin, docente presso l’Ecole Nationale Supérieure du Paysage di Versailles
Willy Thayer, docente di Filosofia presso Universidad Metropolitana de las Ciencias de
la Educación di Santiago del Cile
Joao Ferreira Nunes, architetto paesaggista
Giovanni Maria Filindeu, architetto
Veronica Caciolli, curatore Mart
Denis Viva, curatore Mart
Simon Faithfull, artista
Takahiro Iwasaki, artista
Cristina Lucas, artista
Glexis Novoa, artista
Progetto di allestimento di Giovanni Maria Filindeu
Il Mart ringrazia
Provincia Autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto
In partnership con
Altemasi di Cavit
Main Sponsor
Re.Al. Service
Con il supporto di
Premio Terna
Partner tecnici
Patiflex
Trentino Sviluppo
Per le attività didattiche
Casse Rurali Trentine
04
aprile 2014
Perduti nel paesaggio/Lost in Landscape
Dal 04 aprile al 31 agosto 2014
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Vernissage
4 Aprile 2014, ore 18
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