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Perduto padre/Lost father
Il progetto nasce da una sofferenza di Fabiola Faidiga, quella provocata dalla perdita del padre. E dalla necessità di elaborarla nella condivisione con altri soggetti/artisti sì da costruire una trama di evocazioni, ricordi, affermazioni, analisi che producessero comunque una riflessione su una mancanza, un venire meno di ciò che era e non sarà più, facendosi opera
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Venerdì 20 novembre 2015, alle ore 19, verrà inaugurata presso gli spazi
espositivi del Museo d’Arte Moderna "Ugo Carà", in via Roma 9 a Muggia, la
mostra collettiva internazionale "Perduto padre/Lost father", curata da Maria
Campitelli, nata da un'idea di Fabiola Faidiga e organizzata dal Gruppo78
international contemporary art e l’Assessorato alla Cultura del Comune di
Muggia, nell'ambito del progetto PRACC (Progetto Arte Contemporanea Museo
Carà). In mostra 10 artisti accomunati dalla perdita del padre, 4 artisti londinesi:
Liz Harrison, Paul Malone, Chris Marshall e Nicola Rae, e 6 artisti residenti a
Trieste: Carlo Alberto Andreasi, Maria Campitelli, Fabiola Faidiga, Guillermo
Giampietro, Cristina Lombardo, e Femi e Maria Cristina Vilardo.
PERDUTO PADRE | LOST FATHER
Il progetto nasce da una sofferenza di Fabiola Faidiga, quella provocata dalla
perdita del padre. E dalla necessità di elaborarla nella condivisione con altri
soggetti/artisti sì da costruire una trama di evocazioni, ricordi, affermazioni, analisi
che producessero comunque una riflessione su una mancanza, un venire meno di ciò
che era e non sarà più, facendosi opera. Divenendo cioè una concreta testimonianza
di un’esperienza ineludibile, quella della morte, che si traduce però in affermazione
costruttiva, in una serie di proposizioni, accampate nella complessa sfera dell’arte,
che ribadiscono la vita, la continuità storica nello svolgersi delle generazioni.
I dieci artisti che rispondono all’invito e alla sollecitazione di Faidiga forniscono
indicazioni diverse. La rievocazione di ciò che i rispettivi padri hanno fatto, e di ciò in
cui più si sono riconosciuti, o che i figli hanno riconosciuto di essi, è seguita ad
esempio da Paul Malone che ricorda il padre in quanto addetto della RAF nel periodo
1943/46, utilizzando il suo diario di bordo, documentando i passaggi da aeroporto in
aeroporto e divenendo di conseguenza documento storico. Di particolare intensità
emotiva è la “coperta da culla” lavorata a maglia di Liz Harrison che riproduce il
testo di una lettera del padre del 1940 in cui si descrive l’orrore di un
bombardamento. Ancora storia, la seconda guerra mondiale che ha condizionato e
determinato gli sviluppi successivi, assorbiti e trasformati, spesso per contrasto, dai
figli. Perché certamente, nella cosiddetta “evaporazione” del padre, caratteristica del
nostro tempo, ciò che resta di lui è ciò che lui ha fatto e che ineludibilmente s’incarna
Anche Chris Marshall ricorda il padre per quello che più gli era caro e congeniale,
l’allevamento e la conservazione di uccelli in gabbia, che comportava qualche
dissesto nei giardini di famiglia, e lo fa con un’installazione dove il terreno della
gabbia diventa “microcosmo” di paesaggi devastati, metafora cioè di più ampi dissesti
a livello planetario. E anche il padre di Nicola Rae viene evocato per la sua passione
dell’immagine fotografica o filmata che lo portava a documentare tutto ciò che per lui
Nel gruppo di artisti locali troviamo l’identità padre/figlio, cioè il riconoscersi
nell’identità paterna al punto da sostituirsi e confondersi con l’immagine del padre
come fa, con evidente trasporto affettivo, ma con la consapevolezza di un’eredità
irriducibile, Fabiola Faidiga. E lo fa anche Guillermo Giampietro, in forma
fantasmatica, come se lo sguardo spettrale del padre inseguisse il figlio nel suo
lavoro evocativo svelandosi al suo posto. Cristina Lombardo racconta il padre con
una storia per immagini che, attraverso oggetti ed azioni, rivive il momento della
dipartita, permettendole, nell’iterazione dello sguardo su questo accadimento, di
consumare l’evento fino a superarlo. Il ricordo di un padre con cui Carlo Alberto
Andreasi ha dipanato un ridotto rapporto comunicativo, fluito per altro dopo la
morte, si esplica attraverso lucide visioni rastremate e frammentate.
Femi e Maria Cristina Vilardo condensano in pochi segni esplosivi su tessuti e in
una poesia,il mistero della morte
Ed io, riconoscendomi in lui per quello che faccio, ribadisco con Massimo Recalcati (v.
Cosa resta del padre? Raffaello Cortina Editore) che il lutto del padre significa
accettare la sua eredità. La mia “devozione” per l’arte, discende da lui, direi quasi
carnalmente, non tanto per educazione o formazione. E’ una cosa che ho dentro di
me e che lui mi ha dato.
Maria Campitelli
La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile sino a domenica 6 dicembre con il
seguente orario: da martedì a venerdì dalle 17 alle 19, sabato dalle 10 alle 12 e dalle
17 alle 19, domenica e festivi dalle 10 alle 12.
espositivi del Museo d’Arte Moderna "Ugo Carà", in via Roma 9 a Muggia, la
mostra collettiva internazionale "Perduto padre/Lost father", curata da Maria
Campitelli, nata da un'idea di Fabiola Faidiga e organizzata dal Gruppo78
international contemporary art e l’Assessorato alla Cultura del Comune di
Muggia, nell'ambito del progetto PRACC (Progetto Arte Contemporanea Museo
Carà). In mostra 10 artisti accomunati dalla perdita del padre, 4 artisti londinesi:
Liz Harrison, Paul Malone, Chris Marshall e Nicola Rae, e 6 artisti residenti a
Trieste: Carlo Alberto Andreasi, Maria Campitelli, Fabiola Faidiga, Guillermo
Giampietro, Cristina Lombardo, e Femi e Maria Cristina Vilardo.
PERDUTO PADRE | LOST FATHER
Il progetto nasce da una sofferenza di Fabiola Faidiga, quella provocata dalla
perdita del padre. E dalla necessità di elaborarla nella condivisione con altri
soggetti/artisti sì da costruire una trama di evocazioni, ricordi, affermazioni, analisi
che producessero comunque una riflessione su una mancanza, un venire meno di ciò
che era e non sarà più, facendosi opera. Divenendo cioè una concreta testimonianza
di un’esperienza ineludibile, quella della morte, che si traduce però in affermazione
costruttiva, in una serie di proposizioni, accampate nella complessa sfera dell’arte,
che ribadiscono la vita, la continuità storica nello svolgersi delle generazioni.
I dieci artisti che rispondono all’invito e alla sollecitazione di Faidiga forniscono
indicazioni diverse. La rievocazione di ciò che i rispettivi padri hanno fatto, e di ciò in
cui più si sono riconosciuti, o che i figli hanno riconosciuto di essi, è seguita ad
esempio da Paul Malone che ricorda il padre in quanto addetto della RAF nel periodo
1943/46, utilizzando il suo diario di bordo, documentando i passaggi da aeroporto in
aeroporto e divenendo di conseguenza documento storico. Di particolare intensità
emotiva è la “coperta da culla” lavorata a maglia di Liz Harrison che riproduce il
testo di una lettera del padre del 1940 in cui si descrive l’orrore di un
bombardamento. Ancora storia, la seconda guerra mondiale che ha condizionato e
determinato gli sviluppi successivi, assorbiti e trasformati, spesso per contrasto, dai
figli. Perché certamente, nella cosiddetta “evaporazione” del padre, caratteristica del
nostro tempo, ciò che resta di lui è ciò che lui ha fatto e che ineludibilmente s’incarna
Anche Chris Marshall ricorda il padre per quello che più gli era caro e congeniale,
l’allevamento e la conservazione di uccelli in gabbia, che comportava qualche
dissesto nei giardini di famiglia, e lo fa con un’installazione dove il terreno della
gabbia diventa “microcosmo” di paesaggi devastati, metafora cioè di più ampi dissesti
a livello planetario. E anche il padre di Nicola Rae viene evocato per la sua passione
dell’immagine fotografica o filmata che lo portava a documentare tutto ciò che per lui
Nel gruppo di artisti locali troviamo l’identità padre/figlio, cioè il riconoscersi
nell’identità paterna al punto da sostituirsi e confondersi con l’immagine del padre
come fa, con evidente trasporto affettivo, ma con la consapevolezza di un’eredità
irriducibile, Fabiola Faidiga. E lo fa anche Guillermo Giampietro, in forma
fantasmatica, come se lo sguardo spettrale del padre inseguisse il figlio nel suo
lavoro evocativo svelandosi al suo posto. Cristina Lombardo racconta il padre con
una storia per immagini che, attraverso oggetti ed azioni, rivive il momento della
dipartita, permettendole, nell’iterazione dello sguardo su questo accadimento, di
consumare l’evento fino a superarlo. Il ricordo di un padre con cui Carlo Alberto
Andreasi ha dipanato un ridotto rapporto comunicativo, fluito per altro dopo la
morte, si esplica attraverso lucide visioni rastremate e frammentate.
Femi e Maria Cristina Vilardo condensano in pochi segni esplosivi su tessuti e in
una poesia,il mistero della morte
Ed io, riconoscendomi in lui per quello che faccio, ribadisco con Massimo Recalcati (v.
Cosa resta del padre? Raffaello Cortina Editore) che il lutto del padre significa
accettare la sua eredità. La mia “devozione” per l’arte, discende da lui, direi quasi
carnalmente, non tanto per educazione o formazione. E’ una cosa che ho dentro di
me e che lui mi ha dato.
Maria Campitelli
La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile sino a domenica 6 dicembre con il
seguente orario: da martedì a venerdì dalle 17 alle 19, sabato dalle 10 alle 12 e dalle
17 alle 19, domenica e festivi dalle 10 alle 12.
20
novembre 2015
Perduto padre/Lost father
Dal 20 novembre al 06 dicembre 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
MUSEO D’ARTE MODERNA UGO CARA’
Muggia, Via Roma, 9, (Trieste)
Muggia, Via Roma, 9, (Trieste)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 17-19 / sabato 10-12 e 17-19, domenica e festivi 10-12
Vernissage
20 Novembre 2015, h 19
Autore
Curatore