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Petter Johannisson
Lo Spazio P21 è stato pensato per una programmazione sperimentale, di ricerca, snella e veloce. La sua superfice è di 90 metri quadri ed è situato nella stessa strada della galleria principale in via Paolini, 21
Comunicato stampa
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La mostra di Petter Johannisson, artista svedese, a cura di Stefania Palumbo, inaugurerà venerdì 22 giugno 2007 il nuovo spazio della Galleria Enrico Fornello di Prato. Lo Spazio P21 è stato pensato per una programmazione sperimentale, di ricerca, snella e veloce. La sua superfice è di 90 metri quadri ed è situato nella stessa strada della galleria principale in via Paolini, 21.
C’è qualcosa circa la dimensione metafisica della romantica necessità di costruire macchine e oggetti non-funzionali, o meglio funzionali-a-metà, di Petter Johannisson che sembra appartenere all’impossibilità dell’uomo di raggiungere il perfetto equilibrio della natura. Ma d’altra parte questo stato di cose è l’unico nel quale noi possiamo realmente vivere e dunque non c’è reazione drammatica o un reale disagio rispetto l’imperfezione che ci definisce. La natura rimane ancora la nostra origine, la nostra unica realtà imprescindibile e anche quando siamo di fronte a dei nonsensi, tutto sembra normale, ordinario, giusto un po’ folle, ma perfettamente sano nel suo mistero. Nella stessa dimensione sono i paesaggi impossibili di Petter Johannisson, edifici che sembrano bunker, località nascoste, isole indefinibili all’interno delle quali accade qualcosa che non è possibile sapere, ma questa impossibilità di penetrare la realtà, la sua realtà, di dare un senso e una funzione alle sue costruzioni, di non sapere cosa è nascosto dietro le centinaia di finestre della sua immaginazione, non ci pone in una posizione scomoda, al contrario ci rassicura. Il suo è un mistero necessario. Come è misteriosa la forma delle cose quando è astratta dal suo contesto originale, abbandonando la sua funzionalità oggettuale per acquisirne una esistenziale, come nel video Goal post season, dove una porta da calcio sembra non avere altra funzione e altra origine se non quella naturale di sorgere e spuntare direttamente dalla terra.
L’urgenza del lavoro di Petter Johannisson è mitigata dalla forma attraverso la quale egli si esprime; le piccole macchine di legno, costruite come i vecchi giocattoli di un tempo (I morgon är det för sent – Tomorrow it will be to late), sfruttano la loro componente sentimentale per depistarci dalla loro missione, quella di marcare il territorio, di delineare con un segno ben preciso il loro avanzamento, delle piccole inermi macchinine che, come l’esercito di tutte le cose alle quali non prestiamo la dovuta attenzione perché mascherate dietro un’immagine di inoffensività, sta per impossessarsi del mondo così come lo conosciamo e se non ce ne accorgeremo in tempo “domani sarà troppo tardi”…
Petter Johannisson vive e lavora tra Oslo e Stoccolma.
C’è qualcosa circa la dimensione metafisica della romantica necessità di costruire macchine e oggetti non-funzionali, o meglio funzionali-a-metà, di Petter Johannisson che sembra appartenere all’impossibilità dell’uomo di raggiungere il perfetto equilibrio della natura. Ma d’altra parte questo stato di cose è l’unico nel quale noi possiamo realmente vivere e dunque non c’è reazione drammatica o un reale disagio rispetto l’imperfezione che ci definisce. La natura rimane ancora la nostra origine, la nostra unica realtà imprescindibile e anche quando siamo di fronte a dei nonsensi, tutto sembra normale, ordinario, giusto un po’ folle, ma perfettamente sano nel suo mistero. Nella stessa dimensione sono i paesaggi impossibili di Petter Johannisson, edifici che sembrano bunker, località nascoste, isole indefinibili all’interno delle quali accade qualcosa che non è possibile sapere, ma questa impossibilità di penetrare la realtà, la sua realtà, di dare un senso e una funzione alle sue costruzioni, di non sapere cosa è nascosto dietro le centinaia di finestre della sua immaginazione, non ci pone in una posizione scomoda, al contrario ci rassicura. Il suo è un mistero necessario. Come è misteriosa la forma delle cose quando è astratta dal suo contesto originale, abbandonando la sua funzionalità oggettuale per acquisirne una esistenziale, come nel video Goal post season, dove una porta da calcio sembra non avere altra funzione e altra origine se non quella naturale di sorgere e spuntare direttamente dalla terra.
L’urgenza del lavoro di Petter Johannisson è mitigata dalla forma attraverso la quale egli si esprime; le piccole macchine di legno, costruite come i vecchi giocattoli di un tempo (I morgon är det för sent – Tomorrow it will be to late), sfruttano la loro componente sentimentale per depistarci dalla loro missione, quella di marcare il territorio, di delineare con un segno ben preciso il loro avanzamento, delle piccole inermi macchinine che, come l’esercito di tutte le cose alle quali non prestiamo la dovuta attenzione perché mascherate dietro un’immagine di inoffensività, sta per impossessarsi del mondo così come lo conosciamo e se non ce ne accorgeremo in tempo “domani sarà troppo tardi”…
Petter Johannisson vive e lavora tra Oslo e Stoccolma.
22
giugno 2007
Petter Johannisson
Dal 22 giugno al 04 settembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA ENRICOFORNELLO
Prato, Via Giuseppe Paolini, 21, (Prato)
Prato, Via Giuseppe Paolini, 21, (Prato)
Orario di apertura
dal Martedì al Sabato 11:00 - 13:00/15:00 - 20:00
Vernissage
22 Giugno 2007, ore 18
Autore
Curatore