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Photoreportage. Esistenze, resistenze, geografie umane
La rassegna vuole indagare i differenti stili connessi al fotogiornalismo, al reportage
sociale e geografico, facendo emergere stili e linguaggi espressivi che identificano gli
autori
Comunicato stampa
Segnala l'evento
PHOTOREPORTAGE
Esistenze, resistenze, geografie umane.
L’Afi- Archivio Fotografico Italiano con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del
Comune di Castellanza (Va), organizza dal 21 ottobre al 5 novembre 2017, presso la
storica villa Pomini, da tempo punto di riferimento per la fotografia d’autore, la
rassegna fotografica dal titolo:
PHOTOREPORTAGE. Esistenze, resistenze, geografie umane.
La rassegna vuole indagare i differenti stili connessi al fotogiornalismo, al reportage
sociale e geografico, facendo emergere stili e linguaggi espressivi che identificano gli
autori.
LE MOSTRE:
PIGI CIPELLI
STORIE DAL MONDO IN 30 IMMAGINI
Una selezione di immagini tratte dagli innumerevoli servizi realizzati per importanti
testate giornalistiche.
Pigi Cipelli, milanese,comincia a fotografare alla fine degli anni Ottanta.
Dopo pochi anni Mauro Galligani, storico fotoreporter e picture editor, lo chiama a
collaborare con il settimanale Epoca.
Per Epoca, dal 1992 pubblica reportages dall'Italia e dall'estero, segue l'assedio di
Sarajevo ed il conflitto nella ex Jugoslavia. Realizza uno dei primissimi reportages sul
dramma dell'Aids in Africa, firma il primo servizio fotografico al brigatista Renato
Curcio in carcere a Rebibbia, numerose copertine, ed un reportage sulla vita in
Yakuzia, il cuore della Siberia, a meno 40 gradi.
Dal 1994 collabora anche con il settimanale Panorama per i servizi di esteri, e
pubblica diversi lavori su testate internazionali come Stern,Newsweek, New York
Times.
Chiude Epoca nel '97 e Pigi inizia a fotografare per il magazine del Corriere della Sera.
Il primo servizio per Sette, è il viaggio in gommone con gli scafisti albanesi che da
Valona trasportano profughi e droga attraverso il canale d'Otranto.
Per questo lavoro, con l'inviato del Corriere Francesco Battistini vince il Premiolino,
importante riconoscimento giornalistico raramente assegnato ai fotografi.
Sempre da free lance continua la sua collaborazione con i settimanali d'informazione.
Negli ultimi, ha affiancato ai lavori di reportage, la realizzazione di servizi e copertine
su personaggi della musica della tv e dello spettacolo per il settimana Mondadori Tv
Sorrisi e Canzoni.
NINO CANNIZZARO
VUCCIRIA RELOAD
“Quannu s’asciucanu i balati ra Vucciria”
"Luci, ombre, anima e resistenza della Vucciria di Palermo, da mercato storico a centro
della movida notturna"
Al crocevia di culture e commerci per secoli, nel cuore di Palermo e dell'antico
quartiere della Loggia, la 'vanniata' della Vucciria e la confusione che porta nel nome
l'antico mercato della capitale siciliana, cambia profumo ma non l'anima, lasciando il
regno dell’abbondanza di frutti della terra e del mare nel dipinto di Renato Guttuso,
insieme alle pietre del suo lastricato, destinato ad asciugarsi solo per prefigurare
eventi improbabili.
«I balati ra Vucciria 'un s'asciucanu mai»
Il lastricato del groviglio di vicoli silenti e palazzi fatiscenti, botteghe chiuse e fontane
abbandonate anche dai coccodrilli ghiotti di picciriddi 'ra Vucciria', è ormai riarso dal
"cuore troppo caldo" di Palermo, mentre le ombre del crepuscolo rianimano il suo
ventre molle che 'profuma' di street food e resistenza ... alla crisi, alla modernità, al
ritmo del sound system di 'abbanniate' e djset a cielo aperto da movida alternativa.
Il profumo di un cambiamento che resiste agli urti, 'ammucciato' negli anfratti di
Vucciria come 'lu Purpu vugghiutu' schivo di natura, scovato per la strada con tanto
limone, 'ciumi ri vinu' e schiuma di birra, fili volanti, venditori ambulanti, bombole del
gas, estetica del degrado urbano e locali notturni che hanno smarrito i confini tra
dentro e fuori, senza rinunciare ai segnali di fumo che arrivano dalle viscere di
mangiafuoco e da quell'anima cotta alla brace da 'u' stigghiolaru', o gustata sin dal
medioevo 'cu ‘u pani cu ‘a meusa' insieme a tradizioni e identità.
Glossario popolare palermitano:
Vuccirìa: in palermitano il termine è traducibile in "confusione" e da il nome al suo
storico mercato
“Quannu s’asciucanu i balati ra Vucciria”: espressione popolare per prefigurare gli
eventi più improbabili
Balati: le grosse pietre rettangolari che lastricano la strada
Abbanniata o vanniata: termini riferiti alla pratica di gridare notizie per la strada in
generale, al mercato in particolare
Picciriddi: ragazzini
Lu Purpu vugghiutu: il polpo bollito
Stigghiolaru: il venditore di stigghiuola, stigghiola o stigghiuole, ovvero la budellina di
agnello o di capretto cotta alla brace
Ciumi: fiumi
Pani cu ‘a meusa': il panino con la milza che si mangia per strada sin dal medioevo.
Nino Cannizzaro è un fotografo siciliano attento alle dinamiche che trasfigurano il
paesaggio, già esplorate con le ombre che si addensano sullo stretto di Messina e "Le
detroit perdu"; il cemento che si erge lungo i binari della "Palermo-Messina andata e
ritorno"; le tracce di storie d'Italia e guerra fredda inquadrate con le prospettive
inconsuete di "Quando Jupiter guardava a est", quelle più viscerali e introspettive di
"Hum -Ronzio", il ventre molle di Palermo che 'profuma' di street food e resistenza con
"Vucciria Reload".A questi progetti già esposti e premiati in diverse occasioni, si
aggiungono quelli in progress e di lungo respiro, diverse collaborazioni, il lavoro da
freelance e tutto quello che porta avanti come membro del collettivo Spontanea |
Italian Street Photography.
Website: www.ninocannizzaro.com
CLAUDIO ARESI
SP 40
Lo sfruttamento della prostituzione e i modelli di uno schiavismo moderno sono una
piaga sociale molto diffusa nel nostro Paese. Questo reportage è stato condotto su un
caso specifico che riguarda una strada provinciale di Milano e una periferia urbana
degradata e allarmante.
Strada Provinciale 40: è ormai piu di vent'anni che è frequentata da prostitute. Quasi
tutte le ragazze arrivano dalla Nigeria. vogliono sfuggire ad una situazione di estrema
miseria e degrado sociale oltre che umano. Vengono scelte giovanissime.
Fatta la scelta lo sponsor va dalla famiglia con dei regali dicendo che in
Europa hanno bisogno di belle ragazze per fare la modella, la parrucchiera, la
sarta, l’attrice.
Una volta arrivate in Italia vengono sbattute in strada, davanti ad un fuoco con le altre
ragazze vestite in mutande, si trovano a vivere la loro prima esperienza di strada sul
marciapiede su cui si lavora.
L’UNODC, agenzia ONU per la lotta al crimine organizzato, ha rilasciato numeri
scioccanti: oltre 6.000 donne nigeriane vengono portate ogni anno in Europa a scopo
di sfruttamento sessuale, per un giro d’affari annuo di oltre 228 milioni di dollari.
Claudio Aresi
Vivo in provincia di Milano, mi autodefinisco fotografo per vizio, in quanto non essendo
per me un lavoro è il mezzo che uso per appagare la mia curiosità nei confronti della
vita e di tutte le sue sfaccettature. Amante della fotografia street, considero la strada
un palcoscenico naturale dove gli attori sono i passanti che, inconsapevolmente
raccontano la nostra società, gli usi, i costumi, i propri bisogni e i propri sentimenti.
Negli ultimi anni mi sto dedicando a progetti a lungo termine di reportage sociale.
Amo sperimentare tecniche diverse come gli infrarossi e light painting. Dal 2016 sono
membro della LPWA (Light Painting World Alliance).
MONICA BONACINA
ANITYA
In principio è un suono: come eco di gong, denso e tendente all’infinito. Poi è una
visione: prateria di stelle alpine, fiume ad anse morbide, vette dal ghiaccio perenne,
cavalli selvaggi, tra l’asprezza delle montagne e la dolcezza dell’altopiano.
Zanskar, “terra di rame bianco”, nome di durezza e morbidità. Valle himalayana in
Ladakh, remota e minuta, timida tra i grandi, l’India che la contiene, la Cina e il
Pakistan che la incorniciano. Terra dove il vivere è fatica, d’estate il sole coltiva il
possibile, d’inverno l’isolamento gela l’impossibile.
Culla del misticismo buddhista, nei secoli e millenni, rifugio di asceti ed eremiti,
Naropa e Padmasambhava tra altri. Punteggiata di gompa, stupa, muri mani, ruote di
preghiera, bandiere di mantra al vento. Ovunque, a qualsiasi quota.
Ho attraversato lo Zanskar per la prima volta nel 2005: ogni giorno una tappa, in una
visione quasi dall’alto, come in volo. Sono tornata, sola, nel 2013, per fermarmi,
appoggiarmi, immergermi. Di monastero in monastero, con monaci e monache, nel
loro quotidiano vivere, spirituale e materiale. Così, semplicemente. Giorni passati in
silenzio, tra i confini temporali di ogni alba e tramonto, scanditi da gesti e riti. Dove la
luce è cordone ombelicale, ad un capo il piccolo dentro, all’altro l’immenso fuori.
Soprattutto tra le monache, le donne dello spirito, della preghiera, della protezione, ho
cercato di fermare nei miei scatti quel quotidiano vivere, quel dialogo, spesso senza
parole possibili, tra me, estranea e straniera, e loro, anime antiche in un antico
mondo. Accolta nel presente, il loro, di spazi, gesti, riti. Benedetta per il futuro, il mio,
così lontano da lì.
Anitya, l’Impermanenza, segno sanscrito dal suono femminile. Uno dei princìpi cardine
della dottrina buddhista: la percezione del costante divenire di sé e del mondo,
l’abbandono dell’attaccamento al materiale, la consapevolezza dell’essenza
immateriale del tutto.
L’ho cercata nel quotidiano dei monasteri di Dorje Dzong, Zangla, Karcha, Tungri.
Scandita da gesti che si ripetono quasi immutati nei giorni: in cucina, mentre si
impasta tsampa e si scioglie burro di yak nel te bollente, a scuola, dove monache
bambine imparano un poco di presente e futuro, nelle celle, minuscole e stipate di
beni essenziali, nei templi, della meditazione e preghiera.
L’ho cercata e lei, Anitya, l’Impermanenza, si è lasciata un po’ guardare. Forse anche
fotografare.
Monica Bonacina.
Il caso mi ha vista nascere sulle rive del Lario, terra dagli orizzonti solidi e verticali, le
montagne: il mio pensiero si è così formato, concreto come la pietra, veloce come
l’eco, protetto come in culla. Un cromosoma mi ha sempre fatta sentire esploratrice,
con l’irrefrenabile voglia di curiosare oltre quegli orizzonti: il mio pensiero ha potuto
così divenire anche astratto, lento e spazioso. Ringrazio quindi la mia terra e tutte le
terre d’altrove, per come oggi sono.
Mio nonno era fotografo amatoriale, io la sua piccola modella e curiosa aiutante in
camera oscura. Sono ora l’erede dei suoi album stampati, delle sue pellicole impresse,
dei suoi esperimenti con la luce, su cose, persone, paesaggi. Bianconero, solo
bianconero. A 8 anni mi ha regalato la macchina fotografica, un classico.
Scattare, dapprima solo per gioco e ricordo, si è poi pian piano trasformato in
passione.
Qualche anno fa persone molto care mi hanno caldamente invitata a divulgare le mie
immagini ad un pubblico che non mi (e non le) conoscesse, a cimentarmi in una
ricerca espressiva più attenta e meno timida. Perplessa e impaurita, ho ubbidito.
Alcuni incontri importanti hanno poi segnato il mio percorso. Sara Munari (Lecco) e
Antonio Manta (Arezzo), due bravi fotografi, artisti e professionisti affermati, che
stimo, a cui sono grata ed affezionata, a cui riconosco l’avermi formata e spronata,
con la sapienza e semplicità che li caratterizza.
Thierry Maindrault (Avignon), curatore di esposizioni fotografiche in Francia, che ha
guardato oltreconfine, intravisto e creduto nelle mie opere, con affettuosa severità e
competenza.
Una volta scattavo esclusivamente per istinto, quasi senza pensiero, ancor meno
premeditazione. Ora, rispetto al passato, fotografo con un po’ più di consapevolezza,
intenzione, conoscenza, sia quando mi muove l’intuito, sia quando mi muove la
ragione, indissolubilmente fusi, pur che possa prevalere l’uno o l’altra.
A volte colgo l’attimo, a volte aspetto.
Non ho sempre la macchina fotografica con me, mi capita di dimenticarla anche per
mesi. Ho imparato a “vedere” una fotografia e a rinunciare a farla, una sensazione
bellissima.
Non sono una professionista. E non vorrei esserlo. Adoro il senso di libertà e
leggerezza che mi dà l’essere una fotografa appassionata, semplicemente curiosa, a
volte attiva ricercatrice, a volte pigra osservatrice. Mi succede a volte di esser colta da
un’ispirazione imprevista o da un’idea fugace, che poi pian piano, lasciando che anche
il caso, la fantasia, l’improvvisazione facciano il loro corso, prendono la forma di un
tutt’uno narrativo coerente, pensato, voluto.
Propendo per il bianconero, netto e profondo, ma al colore, vivo e vivace, non ho mai
rinunciato. Pur privilegiando i generi Reportage e Street Photography, amo
sperimentarmi anche in altro: soggetti, locations, tecniche, ogni volta diverse, in
un’aperta ricerca di ogni aspetto della realtà che possa attrarre l’occhio ed
emozionare, senza alcun cliche’ predeterminato.
Le mie mostre principali, anitya, fantas(m)ie, NEROcomeNEVE, marEmosso,
rappresentano la mia strada, fotografica, artistica, umana, fin qui. Un reportage
classico che lascia spazio ad un reportage concettuale, un reportage concettuale che
inaspettatamente evolve verso un puro astrattismo naturalistico, un tutto e sempre
bianconero che approda ad un cromatico astrattismo quasi pittorico.
A chiunque offro le mie immagini e chiunque ne potrà trarre impressioni, emozioni,
considerazioni, valutazioni, dettate dal proprio soggettivo ed indiscutibile punto di
vista. Il mio, molto quietamente, può affiancarsi, fondersi, addirittura scomparire.
Credo sia proprio questa la bellezza dell’espressione artistica: libera per l’autore,
libera per il fruitore.
CONFERENZE E PROIEZIONI:
SABATO 21 OTTOBRE ore 18:
IL MESTIERE DEL FOTOREPORTER OGGI
Incontro-dibattito con il fotografo PIGI CIPELLI
Proiezione di servizi e reportage dal mondo
GIOVEDI 26 NOVEMBRE ore 21,15:
REPORTAGE GEOGRAFICO E NATURALISTICO
Incontro con il fotografo MARCO URSO.
Proiezione e presentazione del suo nuovo libro
Informazioni sulla rassegna
Luogo: Villa Pomini – Via Don Luigi Testori, 14 – Castellanza (Va)
Periodo espositivo: 21 ottobre – 5 novembre 2017
Inaugurazione: 21 OTTOBRE 2107 ORE 18 – visita guidata alle mostre e cocktail
Orari di visita. venerdì e sabato 15/19 – domenica 10/12 – 15/19 - Ingresso libero
Segreteria organizzativa: afi.foto.it@gmail.com / afi.fotoarchivio@gmail.com
Sito web: www.archiviofotografico.org
Informazioni: Claudio Argentiero T.347 5902640 - curatore
Esistenze, resistenze, geografie umane.
L’Afi- Archivio Fotografico Italiano con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del
Comune di Castellanza (Va), organizza dal 21 ottobre al 5 novembre 2017, presso la
storica villa Pomini, da tempo punto di riferimento per la fotografia d’autore, la
rassegna fotografica dal titolo:
PHOTOREPORTAGE. Esistenze, resistenze, geografie umane.
La rassegna vuole indagare i differenti stili connessi al fotogiornalismo, al reportage
sociale e geografico, facendo emergere stili e linguaggi espressivi che identificano gli
autori.
LE MOSTRE:
PIGI CIPELLI
STORIE DAL MONDO IN 30 IMMAGINI
Una selezione di immagini tratte dagli innumerevoli servizi realizzati per importanti
testate giornalistiche.
Pigi Cipelli, milanese,comincia a fotografare alla fine degli anni Ottanta.
Dopo pochi anni Mauro Galligani, storico fotoreporter e picture editor, lo chiama a
collaborare con il settimanale Epoca.
Per Epoca, dal 1992 pubblica reportages dall'Italia e dall'estero, segue l'assedio di
Sarajevo ed il conflitto nella ex Jugoslavia. Realizza uno dei primissimi reportages sul
dramma dell'Aids in Africa, firma il primo servizio fotografico al brigatista Renato
Curcio in carcere a Rebibbia, numerose copertine, ed un reportage sulla vita in
Yakuzia, il cuore della Siberia, a meno 40 gradi.
Dal 1994 collabora anche con il settimanale Panorama per i servizi di esteri, e
pubblica diversi lavori su testate internazionali come Stern,Newsweek, New York
Times.
Chiude Epoca nel '97 e Pigi inizia a fotografare per il magazine del Corriere della Sera.
Il primo servizio per Sette, è il viaggio in gommone con gli scafisti albanesi che da
Valona trasportano profughi e droga attraverso il canale d'Otranto.
Per questo lavoro, con l'inviato del Corriere Francesco Battistini vince il Premiolino,
importante riconoscimento giornalistico raramente assegnato ai fotografi.
Sempre da free lance continua la sua collaborazione con i settimanali d'informazione.
Negli ultimi, ha affiancato ai lavori di reportage, la realizzazione di servizi e copertine
su personaggi della musica della tv e dello spettacolo per il settimana Mondadori Tv
Sorrisi e Canzoni.
NINO CANNIZZARO
VUCCIRIA RELOAD
“Quannu s’asciucanu i balati ra Vucciria”
"Luci, ombre, anima e resistenza della Vucciria di Palermo, da mercato storico a centro
della movida notturna"
Al crocevia di culture e commerci per secoli, nel cuore di Palermo e dell'antico
quartiere della Loggia, la 'vanniata' della Vucciria e la confusione che porta nel nome
l'antico mercato della capitale siciliana, cambia profumo ma non l'anima, lasciando il
regno dell’abbondanza di frutti della terra e del mare nel dipinto di Renato Guttuso,
insieme alle pietre del suo lastricato, destinato ad asciugarsi solo per prefigurare
eventi improbabili.
«I balati ra Vucciria 'un s'asciucanu mai»
Il lastricato del groviglio di vicoli silenti e palazzi fatiscenti, botteghe chiuse e fontane
abbandonate anche dai coccodrilli ghiotti di picciriddi 'ra Vucciria', è ormai riarso dal
"cuore troppo caldo" di Palermo, mentre le ombre del crepuscolo rianimano il suo
ventre molle che 'profuma' di street food e resistenza ... alla crisi, alla modernità, al
ritmo del sound system di 'abbanniate' e djset a cielo aperto da movida alternativa.
Il profumo di un cambiamento che resiste agli urti, 'ammucciato' negli anfratti di
Vucciria come 'lu Purpu vugghiutu' schivo di natura, scovato per la strada con tanto
limone, 'ciumi ri vinu' e schiuma di birra, fili volanti, venditori ambulanti, bombole del
gas, estetica del degrado urbano e locali notturni che hanno smarrito i confini tra
dentro e fuori, senza rinunciare ai segnali di fumo che arrivano dalle viscere di
mangiafuoco e da quell'anima cotta alla brace da 'u' stigghiolaru', o gustata sin dal
medioevo 'cu ‘u pani cu ‘a meusa' insieme a tradizioni e identità.
Glossario popolare palermitano:
Vuccirìa: in palermitano il termine è traducibile in "confusione" e da il nome al suo
storico mercato
“Quannu s’asciucanu i balati ra Vucciria”: espressione popolare per prefigurare gli
eventi più improbabili
Balati: le grosse pietre rettangolari che lastricano la strada
Abbanniata o vanniata: termini riferiti alla pratica di gridare notizie per la strada in
generale, al mercato in particolare
Picciriddi: ragazzini
Lu Purpu vugghiutu: il polpo bollito
Stigghiolaru: il venditore di stigghiuola, stigghiola o stigghiuole, ovvero la budellina di
agnello o di capretto cotta alla brace
Ciumi: fiumi
Pani cu ‘a meusa': il panino con la milza che si mangia per strada sin dal medioevo.
Nino Cannizzaro è un fotografo siciliano attento alle dinamiche che trasfigurano il
paesaggio, già esplorate con le ombre che si addensano sullo stretto di Messina e "Le
detroit perdu"; il cemento che si erge lungo i binari della "Palermo-Messina andata e
ritorno"; le tracce di storie d'Italia e guerra fredda inquadrate con le prospettive
inconsuete di "Quando Jupiter guardava a est", quelle più viscerali e introspettive di
"Hum -Ronzio", il ventre molle di Palermo che 'profuma' di street food e resistenza con
"Vucciria Reload".A questi progetti già esposti e premiati in diverse occasioni, si
aggiungono quelli in progress e di lungo respiro, diverse collaborazioni, il lavoro da
freelance e tutto quello che porta avanti come membro del collettivo Spontanea |
Italian Street Photography.
Website: www.ninocannizzaro.com
CLAUDIO ARESI
SP 40
Lo sfruttamento della prostituzione e i modelli di uno schiavismo moderno sono una
piaga sociale molto diffusa nel nostro Paese. Questo reportage è stato condotto su un
caso specifico che riguarda una strada provinciale di Milano e una periferia urbana
degradata e allarmante.
Strada Provinciale 40: è ormai piu di vent'anni che è frequentata da prostitute. Quasi
tutte le ragazze arrivano dalla Nigeria. vogliono sfuggire ad una situazione di estrema
miseria e degrado sociale oltre che umano. Vengono scelte giovanissime.
Fatta la scelta lo sponsor va dalla famiglia con dei regali dicendo che in
Europa hanno bisogno di belle ragazze per fare la modella, la parrucchiera, la
sarta, l’attrice.
Una volta arrivate in Italia vengono sbattute in strada, davanti ad un fuoco con le altre
ragazze vestite in mutande, si trovano a vivere la loro prima esperienza di strada sul
marciapiede su cui si lavora.
L’UNODC, agenzia ONU per la lotta al crimine organizzato, ha rilasciato numeri
scioccanti: oltre 6.000 donne nigeriane vengono portate ogni anno in Europa a scopo
di sfruttamento sessuale, per un giro d’affari annuo di oltre 228 milioni di dollari.
Claudio Aresi
Vivo in provincia di Milano, mi autodefinisco fotografo per vizio, in quanto non essendo
per me un lavoro è il mezzo che uso per appagare la mia curiosità nei confronti della
vita e di tutte le sue sfaccettature. Amante della fotografia street, considero la strada
un palcoscenico naturale dove gli attori sono i passanti che, inconsapevolmente
raccontano la nostra società, gli usi, i costumi, i propri bisogni e i propri sentimenti.
Negli ultimi anni mi sto dedicando a progetti a lungo termine di reportage sociale.
Amo sperimentare tecniche diverse come gli infrarossi e light painting. Dal 2016 sono
membro della LPWA (Light Painting World Alliance).
MONICA BONACINA
ANITYA
In principio è un suono: come eco di gong, denso e tendente all’infinito. Poi è una
visione: prateria di stelle alpine, fiume ad anse morbide, vette dal ghiaccio perenne,
cavalli selvaggi, tra l’asprezza delle montagne e la dolcezza dell’altopiano.
Zanskar, “terra di rame bianco”, nome di durezza e morbidità. Valle himalayana in
Ladakh, remota e minuta, timida tra i grandi, l’India che la contiene, la Cina e il
Pakistan che la incorniciano. Terra dove il vivere è fatica, d’estate il sole coltiva il
possibile, d’inverno l’isolamento gela l’impossibile.
Culla del misticismo buddhista, nei secoli e millenni, rifugio di asceti ed eremiti,
Naropa e Padmasambhava tra altri. Punteggiata di gompa, stupa, muri mani, ruote di
preghiera, bandiere di mantra al vento. Ovunque, a qualsiasi quota.
Ho attraversato lo Zanskar per la prima volta nel 2005: ogni giorno una tappa, in una
visione quasi dall’alto, come in volo. Sono tornata, sola, nel 2013, per fermarmi,
appoggiarmi, immergermi. Di monastero in monastero, con monaci e monache, nel
loro quotidiano vivere, spirituale e materiale. Così, semplicemente. Giorni passati in
silenzio, tra i confini temporali di ogni alba e tramonto, scanditi da gesti e riti. Dove la
luce è cordone ombelicale, ad un capo il piccolo dentro, all’altro l’immenso fuori.
Soprattutto tra le monache, le donne dello spirito, della preghiera, della protezione, ho
cercato di fermare nei miei scatti quel quotidiano vivere, quel dialogo, spesso senza
parole possibili, tra me, estranea e straniera, e loro, anime antiche in un antico
mondo. Accolta nel presente, il loro, di spazi, gesti, riti. Benedetta per il futuro, il mio,
così lontano da lì.
Anitya, l’Impermanenza, segno sanscrito dal suono femminile. Uno dei princìpi cardine
della dottrina buddhista: la percezione del costante divenire di sé e del mondo,
l’abbandono dell’attaccamento al materiale, la consapevolezza dell’essenza
immateriale del tutto.
L’ho cercata nel quotidiano dei monasteri di Dorje Dzong, Zangla, Karcha, Tungri.
Scandita da gesti che si ripetono quasi immutati nei giorni: in cucina, mentre si
impasta tsampa e si scioglie burro di yak nel te bollente, a scuola, dove monache
bambine imparano un poco di presente e futuro, nelle celle, minuscole e stipate di
beni essenziali, nei templi, della meditazione e preghiera.
L’ho cercata e lei, Anitya, l’Impermanenza, si è lasciata un po’ guardare. Forse anche
fotografare.
Monica Bonacina.
Il caso mi ha vista nascere sulle rive del Lario, terra dagli orizzonti solidi e verticali, le
montagne: il mio pensiero si è così formato, concreto come la pietra, veloce come
l’eco, protetto come in culla. Un cromosoma mi ha sempre fatta sentire esploratrice,
con l’irrefrenabile voglia di curiosare oltre quegli orizzonti: il mio pensiero ha potuto
così divenire anche astratto, lento e spazioso. Ringrazio quindi la mia terra e tutte le
terre d’altrove, per come oggi sono.
Mio nonno era fotografo amatoriale, io la sua piccola modella e curiosa aiutante in
camera oscura. Sono ora l’erede dei suoi album stampati, delle sue pellicole impresse,
dei suoi esperimenti con la luce, su cose, persone, paesaggi. Bianconero, solo
bianconero. A 8 anni mi ha regalato la macchina fotografica, un classico.
Scattare, dapprima solo per gioco e ricordo, si è poi pian piano trasformato in
passione.
Qualche anno fa persone molto care mi hanno caldamente invitata a divulgare le mie
immagini ad un pubblico che non mi (e non le) conoscesse, a cimentarmi in una
ricerca espressiva più attenta e meno timida. Perplessa e impaurita, ho ubbidito.
Alcuni incontri importanti hanno poi segnato il mio percorso. Sara Munari (Lecco) e
Antonio Manta (Arezzo), due bravi fotografi, artisti e professionisti affermati, che
stimo, a cui sono grata ed affezionata, a cui riconosco l’avermi formata e spronata,
con la sapienza e semplicità che li caratterizza.
Thierry Maindrault (Avignon), curatore di esposizioni fotografiche in Francia, che ha
guardato oltreconfine, intravisto e creduto nelle mie opere, con affettuosa severità e
competenza.
Una volta scattavo esclusivamente per istinto, quasi senza pensiero, ancor meno
premeditazione. Ora, rispetto al passato, fotografo con un po’ più di consapevolezza,
intenzione, conoscenza, sia quando mi muove l’intuito, sia quando mi muove la
ragione, indissolubilmente fusi, pur che possa prevalere l’uno o l’altra.
A volte colgo l’attimo, a volte aspetto.
Non ho sempre la macchina fotografica con me, mi capita di dimenticarla anche per
mesi. Ho imparato a “vedere” una fotografia e a rinunciare a farla, una sensazione
bellissima.
Non sono una professionista. E non vorrei esserlo. Adoro il senso di libertà e
leggerezza che mi dà l’essere una fotografa appassionata, semplicemente curiosa, a
volte attiva ricercatrice, a volte pigra osservatrice. Mi succede a volte di esser colta da
un’ispirazione imprevista o da un’idea fugace, che poi pian piano, lasciando che anche
il caso, la fantasia, l’improvvisazione facciano il loro corso, prendono la forma di un
tutt’uno narrativo coerente, pensato, voluto.
Propendo per il bianconero, netto e profondo, ma al colore, vivo e vivace, non ho mai
rinunciato. Pur privilegiando i generi Reportage e Street Photography, amo
sperimentarmi anche in altro: soggetti, locations, tecniche, ogni volta diverse, in
un’aperta ricerca di ogni aspetto della realtà che possa attrarre l’occhio ed
emozionare, senza alcun cliche’ predeterminato.
Le mie mostre principali, anitya, fantas(m)ie, NEROcomeNEVE, marEmosso,
rappresentano la mia strada, fotografica, artistica, umana, fin qui. Un reportage
classico che lascia spazio ad un reportage concettuale, un reportage concettuale che
inaspettatamente evolve verso un puro astrattismo naturalistico, un tutto e sempre
bianconero che approda ad un cromatico astrattismo quasi pittorico.
A chiunque offro le mie immagini e chiunque ne potrà trarre impressioni, emozioni,
considerazioni, valutazioni, dettate dal proprio soggettivo ed indiscutibile punto di
vista. Il mio, molto quietamente, può affiancarsi, fondersi, addirittura scomparire.
Credo sia proprio questa la bellezza dell’espressione artistica: libera per l’autore,
libera per il fruitore.
CONFERENZE E PROIEZIONI:
SABATO 21 OTTOBRE ore 18:
IL MESTIERE DEL FOTOREPORTER OGGI
Incontro-dibattito con il fotografo PIGI CIPELLI
Proiezione di servizi e reportage dal mondo
GIOVEDI 26 NOVEMBRE ore 21,15:
REPORTAGE GEOGRAFICO E NATURALISTICO
Incontro con il fotografo MARCO URSO.
Proiezione e presentazione del suo nuovo libro
Informazioni sulla rassegna
Luogo: Villa Pomini – Via Don Luigi Testori, 14 – Castellanza (Va)
Periodo espositivo: 21 ottobre – 5 novembre 2017
Inaugurazione: 21 OTTOBRE 2107 ORE 18 – visita guidata alle mostre e cocktail
Orari di visita. venerdì e sabato 15/19 – domenica 10/12 – 15/19 - Ingresso libero
Segreteria organizzativa: afi.foto.it@gmail.com / afi.fotoarchivio@gmail.com
Sito web: www.archiviofotografico.org
Informazioni: Claudio Argentiero T.347 5902640 - curatore
21
ottobre 2017
Photoreportage. Esistenze, resistenze, geografie umane
Dal 21 ottobre al 05 novembre 2017
fotografia
incontro - conferenza
incontro - conferenza
Location
VILLA POMINI
Castellanza, Via Don Luigi Testori, 14, (Varese)
Castellanza, Via Don Luigi Testori, 14, (Varese)
Orario di apertura
venerdì e sabato 15/19 – domenica 10/12 – 15/19
Vernissage
21 Ottobre 2017, h 18
Sito web
www.archiviofotografico.org
Autore
Curatore