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Piccoli giochi lungo la via della seta (un viaggio nell’arte da Istanbul alla Cina)
Parafrasando i due termini di maggior successo divulgativo ogni qual volta si parli di Asia Centrale, “grande gioco” e “via della seta”, la mostra intende presentare alcune opere di artisti che vivono e lavorano nei luoghi canonici della cosiddetta via della seta, cioè tra Istanbul (Turchia) e Xian (Cina).
Comunicato stampa
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Piccoli giochi lungo la via della seta
(un viaggio nell'arte da Istanbul alla Cina)
Parafrasando i due termini di maggior successo divulgativo ogni qual volta si parli di Asia Centrale, "grande gioco" e "via della seta", la mostra intende presentare alcune opere di artisti che vivono e lavorano nei luoghi canonici della cosiddetta via della seta, cioè tra Istanbul (Turchia) e Xian (Cina). Naturalmente, com'è ben noto a chi si è occupato delle questioni storiche dell'Asia Continentale, esistevano molteplici "vie della seta", intendendo con quel termine, sostanzialmente, ogni rotta carovaniera tra l'Europa e la Cina o tra due frazioni di tale polarità geografica. Il nostro itinerario è quindi uno tra i tanti che hanno connesso oriente e occidente, ma tra tutti è certamente il più classico e il più evocativo, riguardando il mondo persiano, l'Afghanistan, l'Asia Centrale e infine il Pakistan e la Cina. Iniziare da Istanbul diventa tuttavia quasi un dovere.
Trattandosi di un itinerario estetico e riguardando aree attualmente ricchissime di talenti artistici, si sono selezionate o commissionate opere che avessero come tema l'idea del viaggio, e insieme, per non scadere nell'inutilmente turistico, anche il tema della conflittualità, che fu riassunto da Rudyard Kipling nel termine "great game ("grande gioco"), cioè la lotta di spie e di destabilizzazioni reciproche che ebbe come attori l'Impero britannico e l'Impero zarista dell' ottocento e come teatro i paesi dell'asia centrale, quindi non soltanto le repubbliche già sovietiche come Uzbekistan, Kirgizistan, Tadjikistan, Kazakhstan e Turkmenistan, ma una sorta di "grande Asia Centrale", che va dalla Persia storica alle aree tribali del Pakistan attuale, al Xing-Xiang, attualmente area autonoma della Cina Popolare e già Turkestan Orientale.
L'Asia Centrale vera e propria costituirà lo zoccolo duro della mostra con artisti kazakhi come Said Atabekov (il suo video più famoso "The Nohe's Ark", racconta di un derviscio ubriaco e stanco che si trascina la propria famiglia come fosse la prua di una nave, in tal modo solcando un'Asia Centrale inquinata e piena dei relitti industriali dell'epoca sovietica). Di Said sarà inoltre esposto "Way to Rome", un lavoro recentissimo e complesso che consta di 41 foto, realizzato per questa mostra). Di Erbosyn Meldibekov, kazakho, una tra le sue installazioni più note: "Oriental Hospitality", dove l'ospitalità è davvero particolare, giacchè si dipana su piatti di ceramica in cui i cammelli sono muniti di rampa lancia razzi. Di Moldakul Narimbetov, kazakho, sono presenti due quadri che rappresentano i viaggiatori nella steppa in mezzo alle rovine in ferro dell'industrializzazione sovietica. Di Almagul Menlibaeva, kazakha, il suo ciclo di video e foto "Steppa barocca", che l'ha già imposta in Europa come uno degli artisti più sorprendenti dell'ultima generazione. L'uzbeko Vaslav Akhunov è presente con "Wandering Dunes": un'installazione sul viaggio e sulla memoria con vecchie valigie e foto di famiglia. Il tadjiko Gennady Ratushenko con un reportage sulla drammaturgia del viaggio in un Tadjikistan segmentato dalla guerra civile. L'Afghanistan sarà presente con un video del suo artista più celebre, Rahurow Omarzad (in cui i personaggi entrano e escono dalle finestre di una Kabul paradossale in cui i gesti, non meno delle vite, sembrano rovesciati dalla storia in atto). Omarzad è anche il fondatore de CCAA (centro per l'arte contemporanea di Kabul). Sempre di provenienza afghana sono un gruppo di tappeti di guerra e tappeti con il mondo: sorprendenti manufatti che rappresentano palinsesti di armi o la planimetria del mondo circondata dalle bandiere dei vari Paesi. Per l'Iran si è selezionato un ciclo di 10 lavori fotografici di Farzan Milani (il tema è la quotidianità post-guerra Iran-Iraq tra i profughi dell'interno del Paese, un viaggio drammatico che li ha condotti dal fronte sullo Shatt-al-Arab ai luoghi più impervi e remoti del Paese). Il Pakistan è rappresentato al meglio da uno tra i lavori maggiori di una sua artista di punta, Adeela Suleyman, la cui installazione "Falnama", che assembla vestiti orientali e apparati per l'estrazione di premi, propone un paradossale viaggio nella fortuna, ironizzando sul Pakistan contemporaneo, giacchè il premio per il vincitore è una moglie. Nadia Shaukat, artista pakistana residente a Londra, propone tre lavori fotografici, anch'essi, naturalmente, sul tema del viaggio. Zhao Bandi e Hai Bo sono tra i più noti artisti della Cina contemporanea. Zhao si è imposto con gli autoritratti fotografici che lo ritraggono insieme a un panda di peluche che, ausiliato da diciture fumettistiche, parla e straparla della Cina contemporanea, spesso nel caos urbanistico delle metropoli e in un perenne cambiamento di luoghi. Quello di Hai Bo è un vero e proprio viaggio nella memoria: sono ormai celebri i ritratti di gruppo dell'epoca della rivoluzione culturale, giustapposti a foto scattate oggi recuperando le medesime persone ormai invecchiate, sullo sfondo di una Cina radicalmente modernizzata.
L'incipit della mostra è appunto a Istanbul e in una installazione di Husseyin Alptekin, da poco scomparso, dal titolo "Ostility-Ospitality" e che rappresenta la quintessenza del viaggio (le insegne luminose di 36 alberghi di vari luoghi dell'Asia). Ad Alpetkin è dedicata la mostra.
La maggior parte di questi artisti ha esposto numerose volte in biennali (Venezia, Istanbul, Singapore.), musei (Haggerty Musum di Milwakee in USA, Centre d'art contemporaine di Ginevra e in Italia a Palazzo dei Sette di Orvieto) e gallerie private occidentali e orientali.
La mostra è a cura di Valeria Ibraeva (critico d'arte e direttore del Soros Centre for Contemporary Art di Almaty-Kazakhstan) ed Enrico Mascelloni (critico d'arte e curatore di varie mostre e pubblicazioni sull'Asia centrale, l'Afghanistan e il Pakistan).
L'organizzazione è a cura di Angela Dorazio per il Festival della Creatività, in collaborazione con Acas Eventi (Orvieto).
Artisti in mostra/ Artists on exhibition:
Said Atabekov
Adeela Suleyman
Aleksander Ugai
Amalgul Menlibaeva
Erbosyn Meldibekov
Fariba Ferdosi
Farzane Ferdosi
Gennady Ratuschenko
Hai Bo
Hussein Alptekin
Maksim Boronilov
Moldakul Narimbetov
Rahurow Omarzad
Roman Maskaliev
Vaslav Akhunov
Zhao Bandi
Small Power Games along the silk route
(a journey in art from Istanbul to China)
Paraphrasing the two terms that came to be identified with Central Asia in the mainstream consciousness, “The Great Game”, referring to the conflict between the British and the Russian Empires, and the “silk road”, the hypothetical caravan route between Europe and China, this exhibit will present works by artists who live and work in the canonic places of the so-called silk route between Istanbul (Turkey) and Xian (China). Basically of course “silk route” could be applied to every caravan route between Europe and China or between two fractions of these geographic poles. Our itinerary is therefore one of the many that connected East and West, but it is unquestionably the most classic and the most evocative, concerning the Persian world, Afghanistan, Central Asia, Pakistan and China. The logical starting point can only be Istanbul.
Since this is an aesthetic itinerary and concerns area that abound in art talents, works have been chosen or commissioned that have as their theme the idea of the journey, and at the same time, so as not to fall into the pitfall of tourist art, the theme of conflict, a concept summed up by Rudyard Kipling in his novel Kim. “The Great Game” refers to espionage and attempts at mutual destabilization played out by the British and the Russian Empires in the nineteenth century and staged in the countries of Central Asia. These included not only in the former Soviet republics of Uzbekistan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Kazakhstan and Turkmenistan, but in what can be thought of as “great Central Asia” ranging from historical Persia to the tribal areas of what is now Pakistan, to Xing-Xiang, currently an autonomous area of the People’s Republic of China and what was Eastern Turkestan.
Central Asia as such will be the hard core of the exhibition with Kazakh artists such as Said Atabekov (his most famous video “The Nohe’s Ark”, is the story of a drunken tired dervish who drags his family along as if he were the prow of a ship, fending through a polluted Central Asia filled with the industrial wrecks of the Soviet epoch). Also exhibited will be Said’s “Way to Rome”, a recent and complex work consisting of 41 photos, made expressly for this exhibit. One of Erbosyn Meldibekov’s best-known installations “Oriental Hospitality” will be included. The hospitality of this Kazakh artist is truly unique, since it moves over ceramic plates in which the camels are furnished with rocket pads. There are two pictures by Moldakul Narimbetov, Kazakh, representing the travelers in the steppe in the midst of the iron ruins of Soviet industrialization. Almagul Menlibaeva, Kazakh, represented by his video cycle and photos “Baroque Steppe”, previously made a name for himself in Europe as one of the most surprising artists of the current generation. The Uzbek Vaslav Akhunov is present with “Wandering Dunes”: an installation on the journey and memory with old suitcases and family photos. Gennady Ratushenko, who lives and works in Tajikistan, will be represented by a reportage on the drama of the journey in a Takjikistan broken up by civil war. Afghanistan will be present with a video by its most famous artist, Rahurow Omarzad (in which the personages enter and leave from windows in a paradoxal Kabul in which the gestures, no less than the lives, seem to be turned upside down by the on-going story). Omarzad is also the founder of CCAA (Center for Contemporary Art in Kabul). Also from Afghan are a group of war and world rugs: surprising handmade objects that represent a palimpsest of weapons or the map of the world surrounded by the flags of the various countries.
For Iran a cycle of 10 photographic works by Farzan Milani has been chosen (the theme is post-war daily life in Iran-Iraq among the refugees in the interior of the country, a dramatic journey that took them from the front on the Shatt-al-Arab to the most impervious and remote places in the country). Pakistan is best represented by one of the most important works of one of its leading artists, Adeela Suleyman, whose installation “Falnama”, consists of an assemblage of oriental clothing and apparata for the drawing of prizes, proposing a paradoxal journey of fortune, ironizing on contemporary Pakistan, for the prize to be won is a wife. Nadia Shaukat, a Pakistani artist residing in London, proposes three photographic works, also naturally on the theme of the journey. Zhao Bandi and Hai Bo are among the best known artists in contemporary China. Zhao has made a name for himself with his photographic self-portraits that show him with a furry toy panda, which, with the addition of speech bubbles, comments and raves about contemporary China, often in the urban chaos of the metropolises and continuously changing places. Hai Bo’s is a real journey in memory: his group portraits of the period of the cultural revolution, set next to photos taken today of the same persons now aged against a radically modernized China are famous.
The incipit of the exhibit is Istanbul and in the show is dedicated to Husseyin Alptkin, recently deceased, with his installation titled “Hostility-Hospitality”, the quintessence of the journey (neon hotel signs from various places in Asia).
Most of these artists have exhibited many times in biennials (Venice, Istanbul, Singapore), museums (Haggerty Museum in Milwaukee, the Centre d’art contemporaine in Geneva and in Italy in the Palazzo dei Sette in Orvieto) and private galleries in the west and in the east.
The exhibition is curated by Valeria Ibraeva (art critic and director of the Soros Center for Contemporary Art in Almaty-Kazakhstan) and Enrico Mascelloni (art critic and curator of various exhibits and publications on Central Asia, Afghanistan and Pakistan).
(un viaggio nell'arte da Istanbul alla Cina)
Parafrasando i due termini di maggior successo divulgativo ogni qual volta si parli di Asia Centrale, "grande gioco" e "via della seta", la mostra intende presentare alcune opere di artisti che vivono e lavorano nei luoghi canonici della cosiddetta via della seta, cioè tra Istanbul (Turchia) e Xian (Cina). Naturalmente, com'è ben noto a chi si è occupato delle questioni storiche dell'Asia Continentale, esistevano molteplici "vie della seta", intendendo con quel termine, sostanzialmente, ogni rotta carovaniera tra l'Europa e la Cina o tra due frazioni di tale polarità geografica. Il nostro itinerario è quindi uno tra i tanti che hanno connesso oriente e occidente, ma tra tutti è certamente il più classico e il più evocativo, riguardando il mondo persiano, l'Afghanistan, l'Asia Centrale e infine il Pakistan e la Cina. Iniziare da Istanbul diventa tuttavia quasi un dovere.
Trattandosi di un itinerario estetico e riguardando aree attualmente ricchissime di talenti artistici, si sono selezionate o commissionate opere che avessero come tema l'idea del viaggio, e insieme, per non scadere nell'inutilmente turistico, anche il tema della conflittualità, che fu riassunto da Rudyard Kipling nel termine "great game ("grande gioco"), cioè la lotta di spie e di destabilizzazioni reciproche che ebbe come attori l'Impero britannico e l'Impero zarista dell' ottocento e come teatro i paesi dell'asia centrale, quindi non soltanto le repubbliche già sovietiche come Uzbekistan, Kirgizistan, Tadjikistan, Kazakhstan e Turkmenistan, ma una sorta di "grande Asia Centrale", che va dalla Persia storica alle aree tribali del Pakistan attuale, al Xing-Xiang, attualmente area autonoma della Cina Popolare e già Turkestan Orientale.
L'Asia Centrale vera e propria costituirà lo zoccolo duro della mostra con artisti kazakhi come Said Atabekov (il suo video più famoso "The Nohe's Ark", racconta di un derviscio ubriaco e stanco che si trascina la propria famiglia come fosse la prua di una nave, in tal modo solcando un'Asia Centrale inquinata e piena dei relitti industriali dell'epoca sovietica). Di Said sarà inoltre esposto "Way to Rome", un lavoro recentissimo e complesso che consta di 41 foto, realizzato per questa mostra). Di Erbosyn Meldibekov, kazakho, una tra le sue installazioni più note: "Oriental Hospitality", dove l'ospitalità è davvero particolare, giacchè si dipana su piatti di ceramica in cui i cammelli sono muniti di rampa lancia razzi. Di Moldakul Narimbetov, kazakho, sono presenti due quadri che rappresentano i viaggiatori nella steppa in mezzo alle rovine in ferro dell'industrializzazione sovietica. Di Almagul Menlibaeva, kazakha, il suo ciclo di video e foto "Steppa barocca", che l'ha già imposta in Europa come uno degli artisti più sorprendenti dell'ultima generazione. L'uzbeko Vaslav Akhunov è presente con "Wandering Dunes": un'installazione sul viaggio e sulla memoria con vecchie valigie e foto di famiglia. Il tadjiko Gennady Ratushenko con un reportage sulla drammaturgia del viaggio in un Tadjikistan segmentato dalla guerra civile. L'Afghanistan sarà presente con un video del suo artista più celebre, Rahurow Omarzad (in cui i personaggi entrano e escono dalle finestre di una Kabul paradossale in cui i gesti, non meno delle vite, sembrano rovesciati dalla storia in atto). Omarzad è anche il fondatore de CCAA (centro per l'arte contemporanea di Kabul). Sempre di provenienza afghana sono un gruppo di tappeti di guerra e tappeti con il mondo: sorprendenti manufatti che rappresentano palinsesti di armi o la planimetria del mondo circondata dalle bandiere dei vari Paesi. Per l'Iran si è selezionato un ciclo di 10 lavori fotografici di Farzan Milani (il tema è la quotidianità post-guerra Iran-Iraq tra i profughi dell'interno del Paese, un viaggio drammatico che li ha condotti dal fronte sullo Shatt-al-Arab ai luoghi più impervi e remoti del Paese). Il Pakistan è rappresentato al meglio da uno tra i lavori maggiori di una sua artista di punta, Adeela Suleyman, la cui installazione "Falnama", che assembla vestiti orientali e apparati per l'estrazione di premi, propone un paradossale viaggio nella fortuna, ironizzando sul Pakistan contemporaneo, giacchè il premio per il vincitore è una moglie. Nadia Shaukat, artista pakistana residente a Londra, propone tre lavori fotografici, anch'essi, naturalmente, sul tema del viaggio. Zhao Bandi e Hai Bo sono tra i più noti artisti della Cina contemporanea. Zhao si è imposto con gli autoritratti fotografici che lo ritraggono insieme a un panda di peluche che, ausiliato da diciture fumettistiche, parla e straparla della Cina contemporanea, spesso nel caos urbanistico delle metropoli e in un perenne cambiamento di luoghi. Quello di Hai Bo è un vero e proprio viaggio nella memoria: sono ormai celebri i ritratti di gruppo dell'epoca della rivoluzione culturale, giustapposti a foto scattate oggi recuperando le medesime persone ormai invecchiate, sullo sfondo di una Cina radicalmente modernizzata.
L'incipit della mostra è appunto a Istanbul e in una installazione di Husseyin Alptekin, da poco scomparso, dal titolo "Ostility-Ospitality" e che rappresenta la quintessenza del viaggio (le insegne luminose di 36 alberghi di vari luoghi dell'Asia). Ad Alpetkin è dedicata la mostra.
La maggior parte di questi artisti ha esposto numerose volte in biennali (Venezia, Istanbul, Singapore.), musei (Haggerty Musum di Milwakee in USA, Centre d'art contemporaine di Ginevra e in Italia a Palazzo dei Sette di Orvieto) e gallerie private occidentali e orientali.
La mostra è a cura di Valeria Ibraeva (critico d'arte e direttore del Soros Centre for Contemporary Art di Almaty-Kazakhstan) ed Enrico Mascelloni (critico d'arte e curatore di varie mostre e pubblicazioni sull'Asia centrale, l'Afghanistan e il Pakistan).
L'organizzazione è a cura di Angela Dorazio per il Festival della Creatività, in collaborazione con Acas Eventi (Orvieto).
Artisti in mostra/ Artists on exhibition:
Said Atabekov
Adeela Suleyman
Aleksander Ugai
Amalgul Menlibaeva
Erbosyn Meldibekov
Fariba Ferdosi
Farzane Ferdosi
Gennady Ratuschenko
Hai Bo
Hussein Alptekin
Maksim Boronilov
Moldakul Narimbetov
Rahurow Omarzad
Roman Maskaliev
Vaslav Akhunov
Zhao Bandi
Small Power Games along the silk route
(a journey in art from Istanbul to China)
Paraphrasing the two terms that came to be identified with Central Asia in the mainstream consciousness, “The Great Game”, referring to the conflict between the British and the Russian Empires, and the “silk road”, the hypothetical caravan route between Europe and China, this exhibit will present works by artists who live and work in the canonic places of the so-called silk route between Istanbul (Turkey) and Xian (China). Basically of course “silk route” could be applied to every caravan route between Europe and China or between two fractions of these geographic poles. Our itinerary is therefore one of the many that connected East and West, but it is unquestionably the most classic and the most evocative, concerning the Persian world, Afghanistan, Central Asia, Pakistan and China. The logical starting point can only be Istanbul.
Since this is an aesthetic itinerary and concerns area that abound in art talents, works have been chosen or commissioned that have as their theme the idea of the journey, and at the same time, so as not to fall into the pitfall of tourist art, the theme of conflict, a concept summed up by Rudyard Kipling in his novel Kim. “The Great Game” refers to espionage and attempts at mutual destabilization played out by the British and the Russian Empires in the nineteenth century and staged in the countries of Central Asia. These included not only in the former Soviet republics of Uzbekistan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Kazakhstan and Turkmenistan, but in what can be thought of as “great Central Asia” ranging from historical Persia to the tribal areas of what is now Pakistan, to Xing-Xiang, currently an autonomous area of the People’s Republic of China and what was Eastern Turkestan.
Central Asia as such will be the hard core of the exhibition with Kazakh artists such as Said Atabekov (his most famous video “The Nohe’s Ark”, is the story of a drunken tired dervish who drags his family along as if he were the prow of a ship, fending through a polluted Central Asia filled with the industrial wrecks of the Soviet epoch). Also exhibited will be Said’s “Way to Rome”, a recent and complex work consisting of 41 photos, made expressly for this exhibit. One of Erbosyn Meldibekov’s best-known installations “Oriental Hospitality” will be included. The hospitality of this Kazakh artist is truly unique, since it moves over ceramic plates in which the camels are furnished with rocket pads. There are two pictures by Moldakul Narimbetov, Kazakh, representing the travelers in the steppe in the midst of the iron ruins of Soviet industrialization. Almagul Menlibaeva, Kazakh, represented by his video cycle and photos “Baroque Steppe”, previously made a name for himself in Europe as one of the most surprising artists of the current generation. The Uzbek Vaslav Akhunov is present with “Wandering Dunes”: an installation on the journey and memory with old suitcases and family photos. Gennady Ratushenko, who lives and works in Tajikistan, will be represented by a reportage on the drama of the journey in a Takjikistan broken up by civil war. Afghanistan will be present with a video by its most famous artist, Rahurow Omarzad (in which the personages enter and leave from windows in a paradoxal Kabul in which the gestures, no less than the lives, seem to be turned upside down by the on-going story). Omarzad is also the founder of CCAA (Center for Contemporary Art in Kabul). Also from Afghan are a group of war and world rugs: surprising handmade objects that represent a palimpsest of weapons or the map of the world surrounded by the flags of the various countries.
For Iran a cycle of 10 photographic works by Farzan Milani has been chosen (the theme is post-war daily life in Iran-Iraq among the refugees in the interior of the country, a dramatic journey that took them from the front on the Shatt-al-Arab to the most impervious and remote places in the country). Pakistan is best represented by one of the most important works of one of its leading artists, Adeela Suleyman, whose installation “Falnama”, consists of an assemblage of oriental clothing and apparata for the drawing of prizes, proposing a paradoxal journey of fortune, ironizing on contemporary Pakistan, for the prize to be won is a wife. Nadia Shaukat, a Pakistani artist residing in London, proposes three photographic works, also naturally on the theme of the journey. Zhao Bandi and Hai Bo are among the best known artists in contemporary China. Zhao has made a name for himself with his photographic self-portraits that show him with a furry toy panda, which, with the addition of speech bubbles, comments and raves about contemporary China, often in the urban chaos of the metropolises and continuously changing places. Hai Bo’s is a real journey in memory: his group portraits of the period of the cultural revolution, set next to photos taken today of the same persons now aged against a radically modernized China are famous.
The incipit of the exhibit is Istanbul and in the show is dedicated to Husseyin Alptkin, recently deceased, with his installation titled “Hostility-Hospitality”, the quintessence of the journey (neon hotel signs from various places in Asia).
Most of these artists have exhibited many times in biennials (Venice, Istanbul, Singapore), museums (Haggerty Museum in Milwaukee, the Centre d’art contemporaine in Geneva and in Italy in the Palazzo dei Sette in Orvieto) and private galleries in the west and in the east.
The exhibition is curated by Valeria Ibraeva (art critic and director of the Soros Center for Contemporary Art in Almaty-Kazakhstan) and Enrico Mascelloni (art critic and curator of various exhibits and publications on Central Asia, Afghanistan and Pakistan).
23
ottobre 2008
Piccoli giochi lungo la via della seta (un viaggio nell’arte da Istanbul alla Cina)
Dal 23 al 26 ottobre 2008
arte contemporanea
Location
FLORENCE BIENNALE – FORTEZZA DA BASSO
Firenze, Viale Filippo Strozzi, 1, (Firenze)
Firenze, Viale Filippo Strozzi, 1, (Firenze)
Vernissage
23 Ottobre 2008, ore 15,30
Ufficio stampa
ACAS SERVICES
Autore
Curatore