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Pier Luigi Ghidini – La città ideale
Tutte le opere di Pier Luigi Ghidini constatano che la forza vitale della natura è inalienabile e trova sempre il modo per proclamare la sua sovranità, e risorgere forte. (Prof.ssa Marta Mai)
Comunicato stampa
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L’artista Pier Luigi Ghidini ritorna a Mantova con la personale “La città ideale”, realizzata alla Galleria Arianna Sartori nella sala di Via Cappello 17, dall’ 8 al 20 Ottobre 2016.
L’inaugurazione si svolgerà Sabato 8 ottobre alle ore 17.00 con presentazione in galleria di Marta Mai alla presen-za dell’artista.
La metafora dell’essere
Colori brillanti e ammalianti, linee precise sezionanti spazi, o armoniosamente attorcigliate in percorsi, paesaggi na-turali ed ambienti trasformati dall’uomo in cui la natura s’intrufola, s’inerpica e sporge rinata e generosa, caratteriz-zano la produzione artistica di Pier Luigi Ghidini.
È abbondante, e ci viene incontro annunciando da subito un artista entusiasta, che contempla con compiacimento un mondo naturale in perpetuo movimento, che si trasforma e non degrada, che concede spazio all’uomo e a tutte le sue esigenze abitative e lavorative, ma non si lascia soverchiare e spunta là, dove meno te l’aspetti, là dove domina il cemento ed il mattone si congiunge al mattone in un’ascesa verticale, che, metaforicamente resa da scale, indica la sua presenza ovunque le costruzioni hanno coperto prati e colline, o hanno addentato la montagna per farsi largo e dilatarsi.
Tutte le opere di Pier Luigi Ghidini constatano che la forza vitale della natura è inalienabile e trova sempre il modo per proclamare la sua sovranità, e risorgere forte. E allora…, ecco l’albero che cresce sul tetto, il fiore, che, gigante-sco, pencola da una feritoia, ecco mille variopinte corolle, che si ammassano dove la rugiada irrora il prato, o dove la mano operosa dell’uomo, nutrendo il seme, ne attende la sua esplosione; e ancora là, dove una fantasmagorica fiori-tura culmina in un gigantesco vaso, che, padrone della scena, quale cornucopia dell’abbondanza, varia la sua offerta, trasbordando frutti succosi ed esprimendo riconoscenza all’uomo che l’ha accudito con amore.
E dall’amore, filo guida della produzione artistica di Pier Luigi Ghidini, tutto consegue. L’artista lo dice con metafo-re, che, inconfondibili, appaiono ora appartate, ora in prima fila. Sono piccoli o grandi cuori, che proiettano qui un’aiuola profumata, là sono preziosa teca per i tesori della natura, e ancora altrove, quale cornice leggera, contorna-no una visione paesaggistica.
Se trafitti dalle frecce di Cupido, i cuori sono un simbolo universale: sussurrano le gioie del talamo e svelano il mi-stero della vita. E noi, presi d’amore, quali trottole aspirate nel vortice della danza, ci solleviamo leggeri ed esultiamo con l’artista per i doni della terra. E ancora, con lui, come aquila, voliamo per conquistare alte vette, simbolo di retti-tudine morale, e, da lassù, ammiriamo le bellezze del Creato con il cuore gonfio di soddisfazione, per contribuire a mantenerle.
Nell’azzurro squillante del cielo, raramente interrotto da affusolate e garbate nuvolette bianche, che non possono presagire burrasca, gli astri dominano incontrastati. Suggeriscono quiete e serenità. Concorrono a mostrare la sensi-bilità dell’artista, sempre affascinato dall’armonia della natura, che riserva infinite e inesauribili risorse.
Il sole, per la gradualità dei toni, che dal bianco, attraverso il giallo, divampa nel rosso, rimanda alle stagioni e ai rac-colti. La luna, spesso impressionata a falci degradanti, intenerisce il cuore e rinnova stupore e meraviglia. Nell’alternarsi delle sue fasi crescono le piante, si gonfiano le acque, si alternano gli umori degli esseri umani, che a lei si rivolgono per comunicare emozioni e decidere operazioni.
L’artista, quando con il suo reiterante filo rosso e bianco allaccia la luna ad elementi del paesaggio naturale o a ogget-ti inseriti negli ambienti modificati, alla sua forza generatrice e misteriosa, alla sua luce magnetica, che aspira e fa cre-scere il seme, fa riferimento; nel contempo lascia intuire il profondo significato del saettante filo, che è metafora di forza. Si trascina, si arrotola su se stesso, avvolge, si distende, s’innalza e s’interra, per poi emergere come d’incanto e ricominciare il suo percorso fantasioso e sorprendente, che non ha fine.
Quel filo rosso e bianco è la linfa, che nutre ogni elemento della terra, è la natura che si risveglia e germoglia, è la speranza di vita, che alberga in tutti gli esseri viventi, che solo per il loro esistere assolvono una funzione, è l’uomo che opera con considerazione e coglie i frutti del suo lavoro in un ciclo incessante di corsi e ricorsi. E quando l’uomo appare nel quadro e domina o, quale sipario che si apre svela la scena per invitare allo spettacolo della natura, ha coscienza del suo ruolo determinante e della responsabilità dei suoi interventi.
Nella produzione di Pier Luigi Ghidini ci sono ancora immagini simbolo, che riportano all’infanzia, ai giochi all’aperto, ai posticipati momenti del rientro. La libertà attiva e creativa del bambino, che indaga la natura e la vive, rifugge dal chiuso delle pareti. La pittura dell’uomo adulto, che rivive la situazione e ricorda gli entusiasmi infaticabili e le restrizioni imposte, trova espressione in quelle grandi finestre aperte sulle facciate delle case, che mostrano astri, cielo, natura, e tutta la smania di chi, crescendo ed esplorando, sente attrazione ed interesse per gli alberi, i fiori, i frutti, i prati, gli animali compagni di gioco, o guardati con timore a distanza.
Quando Pier Luigi Ghidini seziona l’opera, e accosta molteplici scene ricomposte come in puzzle, indugia sui ricordi di una vita. Sono ricordi legati alla natura e alla sua trasformazione, immagini riaffiorate alla memoria e rese in un magico mosaico, che, rasentando il sogno e andando oltre il reale, proclamano la creativit. artistica.
Nella libera interpretazione ritornano le metafore. Le architetture pittoriche, quali piramidi, tendono a svettare verso l’alto e a sfondare in orizzontale la prospettiva: nell’elevazione c’è il richiamo al valore del rispetto, nella dilatazione c’è l’affettuoso abbraccio di ciò che l’occhio percepisce o intuisce. I toni pastello, sfumati sui muri esterni delle case, fanno affiorare sentimenti delicati: sono lusinghe di affetti e dolcezze domestiche, che le piccole finestre con infer-riate proteggono.
Nelle opere di Pier Luigi Ghidini non c’è mai tensione. Anche le ciminiere innalzano esili pennacchi di fumo bianco, che si dissolvono presto in quei cieli tersi, dove è bello sostare. È rassicurante concordare con l’artista che la natura, in forza dell’amore per cui è stata creata e grazie alla cura degli uomini, si rinnova e, puntualmente, rinasce per dona-re. È un messaggio di fede, che trova riscontro nel filo rosso e bianco, firma “artistica” di Pier Luigi Ghidini. Questo filo, in ultima analisi, è corrispondenza di “amorosi sensi”, è dialogo complice, che unisce l’essere umano al suo ha-bitat, in funzione di benessere reciproco.
A conclusione della presentazione, ci piace complimentarci con Pier Luigi Ghidini per la sua originale espressione artistica, di cui diffondiamo la comunicazione per coralmente condividerne la valenza.
Prof.ssa Marta Mai
Pier Luigi Ghidini. Pittore, nasce a Brescia il 26 giugno 1944. Le sue prime opere risalgono agli anni Sessanta ed inizia ad esporre nel 1969 presso La Tavolozza di Brescia. Da allora ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia. Nelle sue singolari visioni surreali trapela un forte senso “ecologista” e il concetto di Natura risulta in lui preponderante. Lasciando sedimentare le fasi di un’attività quasi cinquantennale, che dalle origini postimpressioniste è passata attraverso esperienze “metafisiche”, neo-cubiste e surrealiste, nell’ultimo decennio è approdato ad un’originale maniera in cui convivono questi stilemi, ma come “prosciugati” e reinterpretati da una sintesi estrema.
La recente produzione condensa una vita di scelte progressive. Ghidini utilizza i colori con sicurezza, così come impagina, con libertà e certezze, il suo mondo; mondo che frantuma in riquadri, per rendere e unificare la complessità del reale, su cui innesta i frutti dell’immaginazione. Anche la pittura si è adattata al sogno, piena di suggestioni e di riferimenti colti. Va a mano libera con i suoi simboli racchiusi da pennellate piene di colore e tuttavia stese e pulite come un’immagine ritagliata.
Paesaggi sospesi, reimpostati prospetticamente, spesso inseriti all’interno di fiori, vasi, frutti, cuori: sono configurazioni che creano una realtà tra invenzione e sguardo, attraverso cui Ghidini tende a definire la sua visione poetica, viaggi onirici che diventano possibili solo per chi osserva con attenzione i suoi intriganti dipinti.
Vive da anni in Franciacorta a Cellatica (Bs).
Principali mostre personali:
1969 – La Tavolozza, Brescia. 1972 – La Simonetta, Bergamo. 1973 – Ca Vegia, Lecco (Co). 1974 – San Luca, Verona. 1976 – Numero, Venezia. 1978 – San Michele, Brescia. 1984 – Galleria Fumagalli, Bergamo. 1991 – Studio Palazzi, Spoleto (Pg). 1994 – San Michele, Brescia. 2001 – Galleria Duomo, Verona. 2007 – Palazzo della Cultura, Cellatica (Bs). 2011 – Arianna Sartori Arte, Mantova. 2013 – Villa Fenaroli, Rezzato (Bs). 2013 – Arianna Sartori Arte, Mantova. 2015 – ab/arte, Brescia. 2016 – Musil, Rodengo Saiano (Bs). 2016 – Galleria Arianna Sartori, Mantova.
Principali recensioni:
M. Pezzotta - “Giornale di Bergamo”, 1974.
A. Morucci - “Gazzettino Bresciano”, 1978.
“Dizionario Comanducci”, 1980.
“Dizionario Pittori Bresciani”, 1983.
L. Spiazzi - “Giornale di Brescia”, 1978, 1988.
L. Scardino - Presentazione catalogo, 2001.
F. Lorenzi - “Giornale di Brescia”, 1991, 2006.
M. Corradini - Presentazione catalogo, 2008.
M. Corradini - “Bresciaoggi”, 2009.
M. Mai - Presentazione catalogo, 2011.
M. Corradini - “Bresciaoggi”, 2013.
F. Bonalumi - “Avvenire”, 2013.
G. Galli - “Giornale di Brescia”, 2013.
A. Barretta - Presentazione catalogo, 2015.
L’inaugurazione si svolgerà Sabato 8 ottobre alle ore 17.00 con presentazione in galleria di Marta Mai alla presen-za dell’artista.
La metafora dell’essere
Colori brillanti e ammalianti, linee precise sezionanti spazi, o armoniosamente attorcigliate in percorsi, paesaggi na-turali ed ambienti trasformati dall’uomo in cui la natura s’intrufola, s’inerpica e sporge rinata e generosa, caratteriz-zano la produzione artistica di Pier Luigi Ghidini.
È abbondante, e ci viene incontro annunciando da subito un artista entusiasta, che contempla con compiacimento un mondo naturale in perpetuo movimento, che si trasforma e non degrada, che concede spazio all’uomo e a tutte le sue esigenze abitative e lavorative, ma non si lascia soverchiare e spunta là, dove meno te l’aspetti, là dove domina il cemento ed il mattone si congiunge al mattone in un’ascesa verticale, che, metaforicamente resa da scale, indica la sua presenza ovunque le costruzioni hanno coperto prati e colline, o hanno addentato la montagna per farsi largo e dilatarsi.
Tutte le opere di Pier Luigi Ghidini constatano che la forza vitale della natura è inalienabile e trova sempre il modo per proclamare la sua sovranità, e risorgere forte. E allora…, ecco l’albero che cresce sul tetto, il fiore, che, gigante-sco, pencola da una feritoia, ecco mille variopinte corolle, che si ammassano dove la rugiada irrora il prato, o dove la mano operosa dell’uomo, nutrendo il seme, ne attende la sua esplosione; e ancora là, dove una fantasmagorica fiori-tura culmina in un gigantesco vaso, che, padrone della scena, quale cornucopia dell’abbondanza, varia la sua offerta, trasbordando frutti succosi ed esprimendo riconoscenza all’uomo che l’ha accudito con amore.
E dall’amore, filo guida della produzione artistica di Pier Luigi Ghidini, tutto consegue. L’artista lo dice con metafo-re, che, inconfondibili, appaiono ora appartate, ora in prima fila. Sono piccoli o grandi cuori, che proiettano qui un’aiuola profumata, là sono preziosa teca per i tesori della natura, e ancora altrove, quale cornice leggera, contorna-no una visione paesaggistica.
Se trafitti dalle frecce di Cupido, i cuori sono un simbolo universale: sussurrano le gioie del talamo e svelano il mi-stero della vita. E noi, presi d’amore, quali trottole aspirate nel vortice della danza, ci solleviamo leggeri ed esultiamo con l’artista per i doni della terra. E ancora, con lui, come aquila, voliamo per conquistare alte vette, simbolo di retti-tudine morale, e, da lassù, ammiriamo le bellezze del Creato con il cuore gonfio di soddisfazione, per contribuire a mantenerle.
Nell’azzurro squillante del cielo, raramente interrotto da affusolate e garbate nuvolette bianche, che non possono presagire burrasca, gli astri dominano incontrastati. Suggeriscono quiete e serenità. Concorrono a mostrare la sensi-bilità dell’artista, sempre affascinato dall’armonia della natura, che riserva infinite e inesauribili risorse.
Il sole, per la gradualità dei toni, che dal bianco, attraverso il giallo, divampa nel rosso, rimanda alle stagioni e ai rac-colti. La luna, spesso impressionata a falci degradanti, intenerisce il cuore e rinnova stupore e meraviglia. Nell’alternarsi delle sue fasi crescono le piante, si gonfiano le acque, si alternano gli umori degli esseri umani, che a lei si rivolgono per comunicare emozioni e decidere operazioni.
L’artista, quando con il suo reiterante filo rosso e bianco allaccia la luna ad elementi del paesaggio naturale o a ogget-ti inseriti negli ambienti modificati, alla sua forza generatrice e misteriosa, alla sua luce magnetica, che aspira e fa cre-scere il seme, fa riferimento; nel contempo lascia intuire il profondo significato del saettante filo, che è metafora di forza. Si trascina, si arrotola su se stesso, avvolge, si distende, s’innalza e s’interra, per poi emergere come d’incanto e ricominciare il suo percorso fantasioso e sorprendente, che non ha fine.
Quel filo rosso e bianco è la linfa, che nutre ogni elemento della terra, è la natura che si risveglia e germoglia, è la speranza di vita, che alberga in tutti gli esseri viventi, che solo per il loro esistere assolvono una funzione, è l’uomo che opera con considerazione e coglie i frutti del suo lavoro in un ciclo incessante di corsi e ricorsi. E quando l’uomo appare nel quadro e domina o, quale sipario che si apre svela la scena per invitare allo spettacolo della natura, ha coscienza del suo ruolo determinante e della responsabilità dei suoi interventi.
Nella produzione di Pier Luigi Ghidini ci sono ancora immagini simbolo, che riportano all’infanzia, ai giochi all’aperto, ai posticipati momenti del rientro. La libertà attiva e creativa del bambino, che indaga la natura e la vive, rifugge dal chiuso delle pareti. La pittura dell’uomo adulto, che rivive la situazione e ricorda gli entusiasmi infaticabili e le restrizioni imposte, trova espressione in quelle grandi finestre aperte sulle facciate delle case, che mostrano astri, cielo, natura, e tutta la smania di chi, crescendo ed esplorando, sente attrazione ed interesse per gli alberi, i fiori, i frutti, i prati, gli animali compagni di gioco, o guardati con timore a distanza.
Quando Pier Luigi Ghidini seziona l’opera, e accosta molteplici scene ricomposte come in puzzle, indugia sui ricordi di una vita. Sono ricordi legati alla natura e alla sua trasformazione, immagini riaffiorate alla memoria e rese in un magico mosaico, che, rasentando il sogno e andando oltre il reale, proclamano la creativit. artistica.
Nella libera interpretazione ritornano le metafore. Le architetture pittoriche, quali piramidi, tendono a svettare verso l’alto e a sfondare in orizzontale la prospettiva: nell’elevazione c’è il richiamo al valore del rispetto, nella dilatazione c’è l’affettuoso abbraccio di ciò che l’occhio percepisce o intuisce. I toni pastello, sfumati sui muri esterni delle case, fanno affiorare sentimenti delicati: sono lusinghe di affetti e dolcezze domestiche, che le piccole finestre con infer-riate proteggono.
Nelle opere di Pier Luigi Ghidini non c’è mai tensione. Anche le ciminiere innalzano esili pennacchi di fumo bianco, che si dissolvono presto in quei cieli tersi, dove è bello sostare. È rassicurante concordare con l’artista che la natura, in forza dell’amore per cui è stata creata e grazie alla cura degli uomini, si rinnova e, puntualmente, rinasce per dona-re. È un messaggio di fede, che trova riscontro nel filo rosso e bianco, firma “artistica” di Pier Luigi Ghidini. Questo filo, in ultima analisi, è corrispondenza di “amorosi sensi”, è dialogo complice, che unisce l’essere umano al suo ha-bitat, in funzione di benessere reciproco.
A conclusione della presentazione, ci piace complimentarci con Pier Luigi Ghidini per la sua originale espressione artistica, di cui diffondiamo la comunicazione per coralmente condividerne la valenza.
Prof.ssa Marta Mai
Pier Luigi Ghidini. Pittore, nasce a Brescia il 26 giugno 1944. Le sue prime opere risalgono agli anni Sessanta ed inizia ad esporre nel 1969 presso La Tavolozza di Brescia. Da allora ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia. Nelle sue singolari visioni surreali trapela un forte senso “ecologista” e il concetto di Natura risulta in lui preponderante. Lasciando sedimentare le fasi di un’attività quasi cinquantennale, che dalle origini postimpressioniste è passata attraverso esperienze “metafisiche”, neo-cubiste e surrealiste, nell’ultimo decennio è approdato ad un’originale maniera in cui convivono questi stilemi, ma come “prosciugati” e reinterpretati da una sintesi estrema.
La recente produzione condensa una vita di scelte progressive. Ghidini utilizza i colori con sicurezza, così come impagina, con libertà e certezze, il suo mondo; mondo che frantuma in riquadri, per rendere e unificare la complessità del reale, su cui innesta i frutti dell’immaginazione. Anche la pittura si è adattata al sogno, piena di suggestioni e di riferimenti colti. Va a mano libera con i suoi simboli racchiusi da pennellate piene di colore e tuttavia stese e pulite come un’immagine ritagliata.
Paesaggi sospesi, reimpostati prospetticamente, spesso inseriti all’interno di fiori, vasi, frutti, cuori: sono configurazioni che creano una realtà tra invenzione e sguardo, attraverso cui Ghidini tende a definire la sua visione poetica, viaggi onirici che diventano possibili solo per chi osserva con attenzione i suoi intriganti dipinti.
Vive da anni in Franciacorta a Cellatica (Bs).
Principali mostre personali:
1969 – La Tavolozza, Brescia. 1972 – La Simonetta, Bergamo. 1973 – Ca Vegia, Lecco (Co). 1974 – San Luca, Verona. 1976 – Numero, Venezia. 1978 – San Michele, Brescia. 1984 – Galleria Fumagalli, Bergamo. 1991 – Studio Palazzi, Spoleto (Pg). 1994 – San Michele, Brescia. 2001 – Galleria Duomo, Verona. 2007 – Palazzo della Cultura, Cellatica (Bs). 2011 – Arianna Sartori Arte, Mantova. 2013 – Villa Fenaroli, Rezzato (Bs). 2013 – Arianna Sartori Arte, Mantova. 2015 – ab/arte, Brescia. 2016 – Musil, Rodengo Saiano (Bs). 2016 – Galleria Arianna Sartori, Mantova.
Principali recensioni:
M. Pezzotta - “Giornale di Bergamo”, 1974.
A. Morucci - “Gazzettino Bresciano”, 1978.
“Dizionario Comanducci”, 1980.
“Dizionario Pittori Bresciani”, 1983.
L. Spiazzi - “Giornale di Brescia”, 1978, 1988.
L. Scardino - Presentazione catalogo, 2001.
F. Lorenzi - “Giornale di Brescia”, 1991, 2006.
M. Corradini - Presentazione catalogo, 2008.
M. Corradini - “Bresciaoggi”, 2009.
M. Mai - Presentazione catalogo, 2011.
M. Corradini - “Bresciaoggi”, 2013.
F. Bonalumi - “Avvenire”, 2013.
G. Galli - “Giornale di Brescia”, 2013.
A. Barretta - Presentazione catalogo, 2015.
08
ottobre 2016
Pier Luigi Ghidini – La città ideale
Dall'otto al 20 ottobre 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso festivi
Vernissage
8 Ottobre 2016, ore 17.00
Autore
Curatore