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Pier Paolo Quaglia – I was Here
14 lavori su tavola, di grande dimensione.
Comunicato stampa
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I Was Here
La storia di questi lavori affonda solide radici nella creatività grafica che agitava la Firenze degli anni Ottanta. Sulle grandi tele sono riportati con una minuzia certosina immagini, dettagli, pattern, scritte di cui Pier Paolo Quaglia si appropria per farne strumento di lavoro. Al pari di pennelli, spatole e colori, queste figure sottratte al mondo della comunicazione vengono utilizzate per creare una cosa nuova, completamente diversa dall’originale.
Lo sguardo di Pier Paolo Quaglia, sollecitato dai messaggi frenetici che popolano da tempo le nostre visioni pubbliche e private, riesce a bloccare fotogrammi diversi, congelarli e accostarli in maniera inedita. E filtrarli, rielaborarli, renderli assolutamente altro. Fedele al sempre valido principio di Marshall McLuhan per cui il mezzo è il messaggio, i suoi quadri sono carichi di un significato radicale, molteplice e, al tempo stesso, universale. Niente a che vedere con concettualismi astrusi. In questo caso, semplicemente, il re è nudo. Con una buona dose di amoralità, visto che con i suoi lavori Pier Paolo Quaglia non pretende di dare lezioni a nessuno, la società viene svelata per quello che è. Messa di fronte ai suoi drammi, alle sue contraddizioni, alla dolorosa e fragile umanità che si legge fra le righe di queste tele. Da accostare insieme, volendo, in un gioco che invita a pensieri complessi e civetta con l’idea della riproducibilità dell’opera. In realtà niente è più lontano del concetto di automatismo dalla pratica manuale, dalla sapienza artigiana che sta dietro alla concreta fattura di questi lavori.
Tra le luci e i riflessi colorati che ricordano quelli della pubblicità e una certa estetica pop, risulta chiaro come la merce abbia un’anima. E come la nostra essenza di uomini e donne del nostro tempo tenda a mimetizzarsi e anestetizzarsi nelle giostre vorticose della comunicazione. Pier Paolo Quaglia, che a lungo ha frequentato ambienti capaci di frivolezze e di assoluta dedizione alla materia come quelli della moda, conosce bene le sfaccettature che si annidano in questo messaggio. Semplicemente, generosamente, le mette in luce. Porta in superficie pensieri che sono di tutti. Universali. In fondo, a pensarci bene, la sua ansia esistenziale, il suo sguardo intenerito dalle pochezze umane, la malinconia e il suo alto senso etico non appartengono solo al qui e ora del suo essere un artista europeo della prima decade del secondo millennio. Ma appartengono all’umanità tutta, di ogni epoca e luogo.
Il lavoro di Pier Paolo Quaglia è una disamina della società in chiave politica, nel senso più nobile del termine, e una lunga analisi dell’individuo. Con l’aggiunta – non irrilevante – di uno sguardo buono, che non giudica ma osserva con interesse profondo il mondo che, ancora e sempre, continua a vorticare.
Annalisa Rosso
La storia di questi lavori affonda solide radici nella creatività grafica che agitava la Firenze degli anni Ottanta. Sulle grandi tele sono riportati con una minuzia certosina immagini, dettagli, pattern, scritte di cui Pier Paolo Quaglia si appropria per farne strumento di lavoro. Al pari di pennelli, spatole e colori, queste figure sottratte al mondo della comunicazione vengono utilizzate per creare una cosa nuova, completamente diversa dall’originale.
Lo sguardo di Pier Paolo Quaglia, sollecitato dai messaggi frenetici che popolano da tempo le nostre visioni pubbliche e private, riesce a bloccare fotogrammi diversi, congelarli e accostarli in maniera inedita. E filtrarli, rielaborarli, renderli assolutamente altro. Fedele al sempre valido principio di Marshall McLuhan per cui il mezzo è il messaggio, i suoi quadri sono carichi di un significato radicale, molteplice e, al tempo stesso, universale. Niente a che vedere con concettualismi astrusi. In questo caso, semplicemente, il re è nudo. Con una buona dose di amoralità, visto che con i suoi lavori Pier Paolo Quaglia non pretende di dare lezioni a nessuno, la società viene svelata per quello che è. Messa di fronte ai suoi drammi, alle sue contraddizioni, alla dolorosa e fragile umanità che si legge fra le righe di queste tele. Da accostare insieme, volendo, in un gioco che invita a pensieri complessi e civetta con l’idea della riproducibilità dell’opera. In realtà niente è più lontano del concetto di automatismo dalla pratica manuale, dalla sapienza artigiana che sta dietro alla concreta fattura di questi lavori.
Tra le luci e i riflessi colorati che ricordano quelli della pubblicità e una certa estetica pop, risulta chiaro come la merce abbia un’anima. E come la nostra essenza di uomini e donne del nostro tempo tenda a mimetizzarsi e anestetizzarsi nelle giostre vorticose della comunicazione. Pier Paolo Quaglia, che a lungo ha frequentato ambienti capaci di frivolezze e di assoluta dedizione alla materia come quelli della moda, conosce bene le sfaccettature che si annidano in questo messaggio. Semplicemente, generosamente, le mette in luce. Porta in superficie pensieri che sono di tutti. Universali. In fondo, a pensarci bene, la sua ansia esistenziale, il suo sguardo intenerito dalle pochezze umane, la malinconia e il suo alto senso etico non appartengono solo al qui e ora del suo essere un artista europeo della prima decade del secondo millennio. Ma appartengono all’umanità tutta, di ogni epoca e luogo.
Il lavoro di Pier Paolo Quaglia è una disamina della società in chiave politica, nel senso più nobile del termine, e una lunga analisi dell’individuo. Con l’aggiunta – non irrilevante – di uno sguardo buono, che non giudica ma osserva con interesse profondo il mondo che, ancora e sempre, continua a vorticare.
Annalisa Rosso
06
dicembre 2008
Pier Paolo Quaglia – I was Here
Dal 06 dicembre 2008 al 31 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
M’ARTE
Taggia, Via San Giuseppe, 22, (Imperia)
Taggia, Via San Giuseppe, 22, (Imperia)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16-19
Vernissage
6 Dicembre 2008, ore 18,30
Autore
Curatore