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Piero Toresella – Rivelare l’invisibile
I temi di questa personale riprendono quelli che Maria Campitelli e GianCarlo Pagliasso hanno affrontato nel volume, dallo stesso titolo della mostra, edito da Campanotto, nel quale, la ricerca di Toresella intorno al “Rivelare l’invisibile” si sviluppa lungo tre filoni concettuali: la (de)figurazione dell’Eros, Vanitas e Le retour à l’ordre
Comunicato stampa
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Stando a Lyotard, compito dell’artista postmoderno era ” inventare allusioni al concepibile che non può es sere rappresentato”, riprendendo in fondo ciò che Kant aveva articolato come dissidio/
accordo delle facoltà (ragione e immaginazione) all’opera nel sublime matematico e dinamico.
Lo sviluppo dell’arte digitale ha ribaltato, in appena vent’anni, la primazia che assegnava al concepibile il ruolo di primo corno del dilemma circa la sua impossibilità rappresentativa,
affidandolo invece al rappresentabile.
In una sorta di inversione di sublimità, oggi che l’immaginario sintetico del computer può creare
mondi virtuali, senza bisogno di appuntarsi su referenti ‘naturali’, tutto è rappresentabile senza per questo essere necessariamente concepito.
Se la modernità in pittura, ha significato il tentativo di adeguarsi al suo concetto puro destinalmente indirizzato verso l’astrazione, attualmente il nuovo avvento del sublime che balugina dalle possibilità ‘pittoriche’ computazionali esplora all’infinito il simulacro figurativo del reale, fondendolo con la s figurazione del suo opposto oggettivo numerico/ideale (gli algoritmi alla base dei programmi di sequenze di immagini) in una sorta di esaltazione visiva inquietante del senza fondo della grandezza e potenza di calcolo.
Senza più la natura a fargli da sfondo, questo ‘post-moderno’ sublime matematico ibrida
sensibilmente tut ti i possibili parametri astratto/figurativi dello spazio, presentandosi
topologicamente come un Über-Raum, un oltrespazio dell’immaginario. Scopo di questa esposizione è di render conto dei percorsi e delle direzioni che la ricerca ‘pittorica’ digitale odierna sta tentando, in vista della ridefinizione del sublime dopo che lo sbilanciamento immaginario è divenuto ormai il pane quotidiano percettivo di cui si nutre il soggetto della società global-spettacolarizzata.
All’interno di questo contesto, in cui il sensibile, all’opposto di quanto pensava Kant, ‘umilia’ la ragione perché carica le immagini di connotazioni simboliche inusitate, dove in gioco non vi è più solo la contempla zione ‘disinteressata’ del mondo ma la necessità sociale stessa dell’arte, la sublimità oggi percorre le strade secolarizzate del gusto polarizzando nell’oscillazione della forma gli elementi conoscitivi e pratici che hanno costituito da sempre l’orizzonte invalicabile del puro estetico.
Per esemplificare questi tragitti, che rimettono in gioco talvolta anche il rapporto tra arte e scienza, si è fatto riferimento ai lavori di Joseph Nechvatal, Pascal Dombis, Jean-Claude Meynard , Titus Hora e Johan nes Deutsch. Questi artisti esprimono bene il diapason di possibilità offerto dalle nuove tecnologie (utilizzo di virus informatici per contaminare ‘biologicamente’ le textures immaginali in Nechvatal; la definizione ologrammatica tridimensionale dei costrutti figurativo-semantici in Dombis; il ricorso alla geometria dei frattali per le costruzioni a scala polivalente di Meynard; la ricerca random per gli universi ‘impossibili’ di Hora, l’intreccio sinestetico di reale e virtuale nelle esamtkunstwerke di Deutsch).
Come contraltare dialettico a queste opere, si è tenuto conto invece della declinazione ‘minimalista’ del sublime perseguita da un gruppo di artisti che giocano la loro partita con mezzi apparentemente ‘tradizionali’ e, rispetto alla discrasia delle facoltà, dal suo versante
temporale. È quello che potremmo chiamare, con Schiller, il lato ‘contemplativo’ del sublime.
Anche in questa variante, l’immaginazione mantiene però un ruolo guida perché contribuisce a caricare
di tensione o a sbilanciare verso l’incoerenza il contenuto concepibile dell’immagine in sé conchiuso e riconoscibile. In realtà, anche per questi artisti, l’elemento referenziale (naturale o storico) è un simulacro, essendo estrapolato da fotografie, per lo più digitali, quindi copie che modellizzano il reale e in un certo senso lo svuotano della sua perspicuità di presenza.
Vengono qui presentati i lavori di Piero Toresella, Serse, Marcel Meyer, Alessio Delfino, Sergej Glinkov.
Similmente, a quanto espresso dai loro colleghi ‘informatici’, gli oli con sfasatura temporale di
immagini estrapolate da cataloghi o foto di Toresella, le ‘cristallizzate’ visioni naturali a grafite di Serse, i video di paesaggi a diverso ‘respiro’ di Meyer, gli allotropi corporali e retorici ottenuti da fusioni di immagini di Delfino e le architetture ‘turneriane’ costruite con la pura sintassi pittorica di Glinkov, ci offrono indizi che un nuovo salvifico dissidio sublime è sul punto di manifestarsi. Questa impresa ne è la tacita testimonianza.
GianCarlo Pagliasso
accordo delle facoltà (ragione e immaginazione) all’opera nel sublime matematico e dinamico.
Lo sviluppo dell’arte digitale ha ribaltato, in appena vent’anni, la primazia che assegnava al concepibile il ruolo di primo corno del dilemma circa la sua impossibilità rappresentativa,
affidandolo invece al rappresentabile.
In una sorta di inversione di sublimità, oggi che l’immaginario sintetico del computer può creare
mondi virtuali, senza bisogno di appuntarsi su referenti ‘naturali’, tutto è rappresentabile senza per questo essere necessariamente concepito.
Se la modernità in pittura, ha significato il tentativo di adeguarsi al suo concetto puro destinalmente indirizzato verso l’astrazione, attualmente il nuovo avvento del sublime che balugina dalle possibilità ‘pittoriche’ computazionali esplora all’infinito il simulacro figurativo del reale, fondendolo con la s figurazione del suo opposto oggettivo numerico/ideale (gli algoritmi alla base dei programmi di sequenze di immagini) in una sorta di esaltazione visiva inquietante del senza fondo della grandezza e potenza di calcolo.
Senza più la natura a fargli da sfondo, questo ‘post-moderno’ sublime matematico ibrida
sensibilmente tut ti i possibili parametri astratto/figurativi dello spazio, presentandosi
topologicamente come un Über-Raum, un oltrespazio dell’immaginario. Scopo di questa esposizione è di render conto dei percorsi e delle direzioni che la ricerca ‘pittorica’ digitale odierna sta tentando, in vista della ridefinizione del sublime dopo che lo sbilanciamento immaginario è divenuto ormai il pane quotidiano percettivo di cui si nutre il soggetto della società global-spettacolarizzata.
All’interno di questo contesto, in cui il sensibile, all’opposto di quanto pensava Kant, ‘umilia’ la ragione perché carica le immagini di connotazioni simboliche inusitate, dove in gioco non vi è più solo la contempla zione ‘disinteressata’ del mondo ma la necessità sociale stessa dell’arte, la sublimità oggi percorre le strade secolarizzate del gusto polarizzando nell’oscillazione della forma gli elementi conoscitivi e pratici che hanno costituito da sempre l’orizzonte invalicabile del puro estetico.
Per esemplificare questi tragitti, che rimettono in gioco talvolta anche il rapporto tra arte e scienza, si è fatto riferimento ai lavori di Joseph Nechvatal, Pascal Dombis, Jean-Claude Meynard , Titus Hora e Johan nes Deutsch. Questi artisti esprimono bene il diapason di possibilità offerto dalle nuove tecnologie (utilizzo di virus informatici per contaminare ‘biologicamente’ le textures immaginali in Nechvatal; la definizione ologrammatica tridimensionale dei costrutti figurativo-semantici in Dombis; il ricorso alla geometria dei frattali per le costruzioni a scala polivalente di Meynard; la ricerca random per gli universi ‘impossibili’ di Hora, l’intreccio sinestetico di reale e virtuale nelle esamtkunstwerke di Deutsch).
Come contraltare dialettico a queste opere, si è tenuto conto invece della declinazione ‘minimalista’ del sublime perseguita da un gruppo di artisti che giocano la loro partita con mezzi apparentemente ‘tradizionali’ e, rispetto alla discrasia delle facoltà, dal suo versante
temporale. È quello che potremmo chiamare, con Schiller, il lato ‘contemplativo’ del sublime.
Anche in questa variante, l’immaginazione mantiene però un ruolo guida perché contribuisce a caricare
di tensione o a sbilanciare verso l’incoerenza il contenuto concepibile dell’immagine in sé conchiuso e riconoscibile. In realtà, anche per questi artisti, l’elemento referenziale (naturale o storico) è un simulacro, essendo estrapolato da fotografie, per lo più digitali, quindi copie che modellizzano il reale e in un certo senso lo svuotano della sua perspicuità di presenza.
Vengono qui presentati i lavori di Piero Toresella, Serse, Marcel Meyer, Alessio Delfino, Sergej Glinkov.
Similmente, a quanto espresso dai loro colleghi ‘informatici’, gli oli con sfasatura temporale di
immagini estrapolate da cataloghi o foto di Toresella, le ‘cristallizzate’ visioni naturali a grafite di Serse, i video di paesaggi a diverso ‘respiro’ di Meyer, gli allotropi corporali e retorici ottenuti da fusioni di immagini di Delfino e le architetture ‘turneriane’ costruite con la pura sintassi pittorica di Glinkov, ci offrono indizi che un nuovo salvifico dissidio sublime è sul punto di manifestarsi. Questa impresa ne è la tacita testimonianza.
GianCarlo Pagliasso
13
marzo 2014
Piero Toresella – Rivelare l’invisibile
Dal 13 marzo al 02 aprile 2014
arte contemporanea
Location
LUX ART GALLERY
Trieste, Via Cecilia De Rittmeyer, 7/d, (Trieste)
Trieste, Via Cecilia De Rittmeyer, 7/d, (Trieste)
Orario di apertura
17- 20 - sabato 10 – 13 e 17- 20, mercoledì e festivi chiuso
Vernissage
13 Marzo 2014, h 18.30
Autore
Curatore