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Pierre Klossowski – Il Bafometto
La Fondazione Bevilacqua La Masa mostra per la prima volta al pubblico un momento saliente della collaborazione e della profonda amicizia tra Carmelo Bene e Pierre Klossowski, cioè il ciclo completo – 17 disegni e 4 studi – che quest’ultimo dedicò a una commedia su Bafometto
Comunicato stampa
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La Fondazione Bevilacqua La Masa mostra per la prima volta al pubblico un momento saliente della collaborazione e della profonda amicizia tra Carmelo Bene e Pierre Klossowski, cioè il ciclo completo –
17 disegni e 4 studi – che quest’ultimo dedicò a una commedia su Bafometto di cui lui stesso aveva scritto il testo, e che Carmelo Bene avrebbe dovuto mettere in scena in occasione della Biennale Teatro da lui diretta: un sogno rimasto chiuso, dal momento che l’istrione italiano decise di abbandonare bruscamente l’incarico.
Appena dopo la celebrazione di Klossowski offerta dalla Whitechapel di Londra, nonché prima di quella che gli tributerà il Centre Pompidou di Parigi, la BLM di Venezia è fiera di potere portare a conoscenza del pubblico anche questo nucleo compatto e inedito di disegni.
Affilato mistico e religioso, paura dell’omosessualità, del desiderio erotico perverso; omaggia Sade e a Foucault, due diversi maestri della liberazione dal potere e dalle sue catene; gioventù e suicidio… questi e altri temi scandalosi sono al centro della mostra.
Il soggetto attorno a cui si svolgono i grandi cartoni a matita, infatti, in cui le figure hanno quasi sempre dimensione reale, è quello di un giovane attraente, un efebo vestito alla medievale – la vicenda è ambientata nel Medioevo più oscuro come metafora dell’inconscio e del represso. Il giovane è continuamente preda dei Templari medesimi, che lo adorano ma al contempo lo torturano e lo inducono all’impiccagione. A ispirarli è Bafometto, il loro idolo e la divinità delle streghe, il centro del Sabbat. Il nome è composto di tre abbreviazioni, che insieme significano “Il padre del tempio della pace universale tra gli uomini”. Alcuni teologi pensarono che Bafometto fosse una figura allegorica e magica dell’Assoluto. Simboli come la triade, i corni, la torcia ne sottolineano l’intelligenza. Per altri aspetti, quelli più legati alla materialità, esso sembra anche legato al regno animale e al mondo della riproduzione. Le sue mani bianche mostrano la santità del lavoro. Figura androgina, ci parla della rivelazione che ciascuno può avere attraverso l’uso dell’intelligenza.
Molti templari confessarono di aver visto questo idolo, dalla testa deforme e dagli occhi fiammeggianti. Altri hanno detto che si accompagnava a un teschio umano. Per tutti – e di qui il suo scandalo – egli era la rappresentazione di un sapere che poteva raggiungere la divinità tramite il solo pensiero, o comunque soltanto l’uso di facoltà umane. Era il simbolo di quei misteri che l’uomo è in grado di trovare per decifrare il mondo, privando così della maggior parte del loro potere i sacerdoti e i potenti che pensano di detenere la verità.
Attraverso questa vicenda torbida, in cui l’oscuro serve a portare alla luce ciò che è nascosto, Klossowski/Bafometto ci mostra allora tutta la nostra capacità di ricerca spirituale, da un lato, e di ribellione dall’altro.
La mostra è stata ideata da Raffaella Baracchi e Angela Vettese.
Note biografiche degli artisti
Pierre Klossowski
E’ nato a Parigi nel 1905, dove è vissuto fino al 2001. Fratello del pittore Balthus, come questi divenne adulto vedendo passare da casa la crema intellettuale d’Europa: i genitori avevano infatti un circolo di frequentazioni in cui era facile sentire argomentare sul Marchese De Sade, Friedrich Nietzsche, Sooren Kierkegaard, tutti autori su cui in seguito egli stesso scrisse dei saggi che pubblicò su riviste di letteratura, filosofia e psicanalisi.
Klossowski curò molti testi come traduttore dal tedesco e dal latino, è nota la sua versione francese dell’Eneide.
Il suo lato creativo si espresse dapprima attraverso le lettere, scrivendo romanzi spesso dal contenuto perturbante. Negli anni Trenta partecipò all’attività culturale e politica delle avanguardie artistiche francesi, collaborando anche a progetti teatrali con Antonin Artaud.
Negli anni Quaranta visse soprattutto come critico letterario e filosofico, pubblicando lavori su Reiner Maria Rilke, Georges Bataille, André Gide e ancora Jouve, Blanchot, Parain, Kafka, Barbey d’Aurevilly. I suoi rapporti personali più intensi furono quelli con il filosofo che teorizzava l’abietto, Georges Bataille; il pittore che sgocciolava sul foglio le sue scritture automatiche, André Masson; una serie di surrealisti della parola e dell’immagine, con cui fondò le riviste “Contre-Attaque” e “Acéphale”; al contempo, contribuì all’attività del prestigioso Collège de Sociologie.
Il suo pensiero non è mai stato formulato in termini sistematici, ma si incentra sulla condanna ante litteram del “fascino discreto della borghesia”: una posizione che ha risvolti politici, contro il potere e qualsiasi costrizione, tanto profonda da avere influenzato pensatori Maurice Blanchot, Georges Foucault e Gilles Deleuze.
La sua attività di pittore è relativamente poco nota, mescolata com’è a quella di intellettuale tout court. Le sue immagini sono eseguite sotto forma di disegni figurativi dal tratto curvo di una matita lieve, solo talvolta colorata in toni tenui. I temi scelti fanno però da contraltare a questa atmosfera di pastello, toccando i temi forti della sensualità, del sadismo, dell’erotismo a sfondo magico, di un mondo mistico dove l’amore e il diavolo finiscono per compenetrarsi.
Carmelo Bene
È nato a Campi Salentina, in provincia di Lecce nel 1937. Carmelo Bene è morto il 16 marzo 2002, nella sua casa romana, all’età di 64 anni. La pubblicazione della sua intiera opera letteraria presso Bompiani nel 1995 gli consentiva di orgogliosamente autodefinirsi “un classico in vita”.
Aveva debuttato nel come attore 1959 con il "Caligola" di Albert Camus diretto da Alberto Ruggiero; l’anno seguente diventa regista di se stesso con “Spettacolo Majakovskij”, commentato da musiche di Sylvano Bussotti.
Nel decennio successivo si dedica a riletture radicalmente innovative e libere del “Pinocchio” di Collodi (1961), dello shakespeariano “Amleto” (1961), di “Edoardo II” da Marlowe (1963), di una “Salomè” da Oscar Wilde (1964), di “Manon” da Prévost (1964), di “Amleto” da Shakespeare-Laforgue (1967). Altrettanto radicali furono allora le critiche, che stroncarono questi esercizi di stile verificandone l’assoluta visionarietà. In seguito Bene approdò anche al cinema, nel ’68, con “Nostra Signora dei Turchi” cui seguirono altri sei lungometraggi. Negli anni settanta mise in scena “La cena delle beffe” da Sem Benelli (1974), “Romeo e Giulietta” da Shakespeare (1976), “S.A.D.E.” (1977), “Manfred” da Byron (1979) finalmente con enorme riconoscimento.
Negli ultimi vent'anni Carmelo Bene spinge il lavoro sull’attore e soprattutto il lavorìo sulla voce verso limiti di estrema sensibilità e al contempo irruenza, ponendolo al centro dell’avanguardia internazionale.
Nel 1988 venne chiamato a dirigere la Biennale Teatro, che si riassunse in un colossale fallimento organizzativo nonostante alcuni capolavori in programma: tra questi riletture di Majakovskij, di Leopardi, dei “Canti orfici” di Dino Campana oltre a quella “Hamlet suite” messa in scena nel ‘94, ove al testo di Laforgue aggiunge musiche struggenti di sua composizione. Nel 2000 dà alle stampe il volumetto “Il mal de’ fiori”.
17 disegni e 4 studi – che quest’ultimo dedicò a una commedia su Bafometto di cui lui stesso aveva scritto il testo, e che Carmelo Bene avrebbe dovuto mettere in scena in occasione della Biennale Teatro da lui diretta: un sogno rimasto chiuso, dal momento che l’istrione italiano decise di abbandonare bruscamente l’incarico.
Appena dopo la celebrazione di Klossowski offerta dalla Whitechapel di Londra, nonché prima di quella che gli tributerà il Centre Pompidou di Parigi, la BLM di Venezia è fiera di potere portare a conoscenza del pubblico anche questo nucleo compatto e inedito di disegni.
Affilato mistico e religioso, paura dell’omosessualità, del desiderio erotico perverso; omaggia Sade e a Foucault, due diversi maestri della liberazione dal potere e dalle sue catene; gioventù e suicidio… questi e altri temi scandalosi sono al centro della mostra.
Il soggetto attorno a cui si svolgono i grandi cartoni a matita, infatti, in cui le figure hanno quasi sempre dimensione reale, è quello di un giovane attraente, un efebo vestito alla medievale – la vicenda è ambientata nel Medioevo più oscuro come metafora dell’inconscio e del represso. Il giovane è continuamente preda dei Templari medesimi, che lo adorano ma al contempo lo torturano e lo inducono all’impiccagione. A ispirarli è Bafometto, il loro idolo e la divinità delle streghe, il centro del Sabbat. Il nome è composto di tre abbreviazioni, che insieme significano “Il padre del tempio della pace universale tra gli uomini”. Alcuni teologi pensarono che Bafometto fosse una figura allegorica e magica dell’Assoluto. Simboli come la triade, i corni, la torcia ne sottolineano l’intelligenza. Per altri aspetti, quelli più legati alla materialità, esso sembra anche legato al regno animale e al mondo della riproduzione. Le sue mani bianche mostrano la santità del lavoro. Figura androgina, ci parla della rivelazione che ciascuno può avere attraverso l’uso dell’intelligenza.
Molti templari confessarono di aver visto questo idolo, dalla testa deforme e dagli occhi fiammeggianti. Altri hanno detto che si accompagnava a un teschio umano. Per tutti – e di qui il suo scandalo – egli era la rappresentazione di un sapere che poteva raggiungere la divinità tramite il solo pensiero, o comunque soltanto l’uso di facoltà umane. Era il simbolo di quei misteri che l’uomo è in grado di trovare per decifrare il mondo, privando così della maggior parte del loro potere i sacerdoti e i potenti che pensano di detenere la verità.
Attraverso questa vicenda torbida, in cui l’oscuro serve a portare alla luce ciò che è nascosto, Klossowski/Bafometto ci mostra allora tutta la nostra capacità di ricerca spirituale, da un lato, e di ribellione dall’altro.
La mostra è stata ideata da Raffaella Baracchi e Angela Vettese.
Note biografiche degli artisti
Pierre Klossowski
E’ nato a Parigi nel 1905, dove è vissuto fino al 2001. Fratello del pittore Balthus, come questi divenne adulto vedendo passare da casa la crema intellettuale d’Europa: i genitori avevano infatti un circolo di frequentazioni in cui era facile sentire argomentare sul Marchese De Sade, Friedrich Nietzsche, Sooren Kierkegaard, tutti autori su cui in seguito egli stesso scrisse dei saggi che pubblicò su riviste di letteratura, filosofia e psicanalisi.
Klossowski curò molti testi come traduttore dal tedesco e dal latino, è nota la sua versione francese dell’Eneide.
Il suo lato creativo si espresse dapprima attraverso le lettere, scrivendo romanzi spesso dal contenuto perturbante. Negli anni Trenta partecipò all’attività culturale e politica delle avanguardie artistiche francesi, collaborando anche a progetti teatrali con Antonin Artaud.
Negli anni Quaranta visse soprattutto come critico letterario e filosofico, pubblicando lavori su Reiner Maria Rilke, Georges Bataille, André Gide e ancora Jouve, Blanchot, Parain, Kafka, Barbey d’Aurevilly. I suoi rapporti personali più intensi furono quelli con il filosofo che teorizzava l’abietto, Georges Bataille; il pittore che sgocciolava sul foglio le sue scritture automatiche, André Masson; una serie di surrealisti della parola e dell’immagine, con cui fondò le riviste “Contre-Attaque” e “Acéphale”; al contempo, contribuì all’attività del prestigioso Collège de Sociologie.
Il suo pensiero non è mai stato formulato in termini sistematici, ma si incentra sulla condanna ante litteram del “fascino discreto della borghesia”: una posizione che ha risvolti politici, contro il potere e qualsiasi costrizione, tanto profonda da avere influenzato pensatori Maurice Blanchot, Georges Foucault e Gilles Deleuze.
La sua attività di pittore è relativamente poco nota, mescolata com’è a quella di intellettuale tout court. Le sue immagini sono eseguite sotto forma di disegni figurativi dal tratto curvo di una matita lieve, solo talvolta colorata in toni tenui. I temi scelti fanno però da contraltare a questa atmosfera di pastello, toccando i temi forti della sensualità, del sadismo, dell’erotismo a sfondo magico, di un mondo mistico dove l’amore e il diavolo finiscono per compenetrarsi.
Carmelo Bene
È nato a Campi Salentina, in provincia di Lecce nel 1937. Carmelo Bene è morto il 16 marzo 2002, nella sua casa romana, all’età di 64 anni. La pubblicazione della sua intiera opera letteraria presso Bompiani nel 1995 gli consentiva di orgogliosamente autodefinirsi “un classico in vita”.
Aveva debuttato nel come attore 1959 con il "Caligola" di Albert Camus diretto da Alberto Ruggiero; l’anno seguente diventa regista di se stesso con “Spettacolo Majakovskij”, commentato da musiche di Sylvano Bussotti.
Nel decennio successivo si dedica a riletture radicalmente innovative e libere del “Pinocchio” di Collodi (1961), dello shakespeariano “Amleto” (1961), di “Edoardo II” da Marlowe (1963), di una “Salomè” da Oscar Wilde (1964), di “Manon” da Prévost (1964), di “Amleto” da Shakespeare-Laforgue (1967). Altrettanto radicali furono allora le critiche, che stroncarono questi esercizi di stile verificandone l’assoluta visionarietà. In seguito Bene approdò anche al cinema, nel ’68, con “Nostra Signora dei Turchi” cui seguirono altri sei lungometraggi. Negli anni settanta mise in scena “La cena delle beffe” da Sem Benelli (1974), “Romeo e Giulietta” da Shakespeare (1976), “S.A.D.E.” (1977), “Manfred” da Byron (1979) finalmente con enorme riconoscimento.
Negli ultimi vent'anni Carmelo Bene spinge il lavoro sull’attore e soprattutto il lavorìo sulla voce verso limiti di estrema sensibilità e al contempo irruenza, ponendolo al centro dell’avanguardia internazionale.
Nel 1988 venne chiamato a dirigere la Biennale Teatro, che si riassunse in un colossale fallimento organizzativo nonostante alcuni capolavori in programma: tra questi riletture di Majakovskij, di Leopardi, dei “Canti orfici” di Dino Campana oltre a quella “Hamlet suite” messa in scena nel ‘94, ove al testo di Laforgue aggiunge musiche struggenti di sua composizione. Nel 2000 dà alle stampe il volumetto “Il mal de’ fiori”.
01
febbraio 2007
Pierre Klossowski – Il Bafometto
Dal primo febbraio al 09 aprile 2007
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA – GALLERIA DI PIAZZA SAN MARCO
Venezia, Piazza San Marco, 71c, (VENEZIA)
Venezia, Piazza San Marco, 71c, (VENEZIA)
Biglietti
Intero 3 €, Ridotto 2 €
Orario di apertura
tutti i giorni, chiuso il martedì, 12-18
Vernissage
1 Febbraio 2007, ore 18.30
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Autore
Curatore