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Pietrantonio
Con le opere in mostra al Centro Di Sarro, due video e una serie di lavori su carta, l’artista si interroga sul concetto di identità ed estende la sua riflessione alla funzione mediale dell’arte e alle diverse modalità di percezione e partecipazione
Comunicato stampa
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Originario di Ischitella (Gargano) Pietrantonio è presente negli anni settanta a Roma, tappa importante nel suo percorso artistico per le esperienze nel mondo del teatro e le prime mostre. Sempre a Roma frequenta l’Accademia di Belle Arti, seguendo anche i corsi tenuti in quel periodo da Luigi Di Sarro. Nel 1980 si trasferisce a Parigi, dove oggi vive e lavora.
Con le opere in mostra al Centro Di Sarro, due video e una serie di lavori su carta, l’artista si interroga sul concetto di identità ed estende la sua riflessione alla funzione mediale dell’arte e alle diverse modalità di percezione e partecipazione.
Piranhas è una video opera in cui Pietrantonio attraversa ambiti linguistici diversi, creando uno spazio-territorio di esperienza di tipo “immersivo”. La parte sonora é stata realizzata dalla compositrice Florence Baschet, ricercatrice nell’ambito delle trasformazioni del suono attraverso i dispositivi elettroacustici e autrice, tra l’altro, di opere come Alma-Luvia e Spira Manes, realizzate per l’IRCAM al Centre Pompidou. La composizione del testo è stata invece affidata allo scrittore Massimo Carlotto.
Le sequenze del video scorrono su due piani: in primo piano l’immagine del predatore di acque dolci dell’Amazzonia che nuota in uno spazio delimitato attratto dalla parola libertà, di cui divora una ad una le lettere. In secondo piano scene del presente e del passato che mostrano lo stato di alienazione che ha contraddistinto tutti i sistemi politici repressivi, o si pongono come détournements di icone del nostro quotidiano.
Anche la musica presenta diversi piani di composizione: solista e orchestrale, acustica ed elettroacustica, centrale e spazializzata.
Piranhas è stata presentata per la prima volta nel novembre del 2004 al festival di Annecy e a dicembre dello stesso anno al festival di Grenoble, nel 2005 è stata riproposta al teatro della città universitaria di Parigi e nel 2006 alla Biennale di Musica e Immagine di Lione. L’orchestra di fiati, percussione e tastiera insieme alle due voci soliste era situata, in questo caso, al centro del teatro, mentre i quattro sassofoni, collocati agli angoli della sala, delimitavano grandi schermi di proiezione (8x5m). Il pubblico, che occupava lo spazio intermedio tra l’orchestra e i quattro schermi, era completamente avvolto dall’elemento visivo e sonoro tanto da essere “incorporato” nell’opera, di cui diventava fruitore attivo, percependo ora distanti ora ravvicinati o sovrapposti i diversi piani di composizione e acquisendo man mano la consapevolezza che l’immagine del pirania poteva occultare la crudezza degli eventi che scorrevano in secondo piano.
Non a caso si parla di eventi, perché le immagini si susseguono nella trasparenza dell’acquario secondo un orientamento decostruttivo del narrare che l’artista realizza ancorando il punto di vista nel presente, focalizzando cioè nella “presenza” la percezione del tempo e dello spazio.
La messa in scena del pirania, elemento dotato di una forte valenza estetica e simbolica che in parte nasconde o allontana le immagini, diviene paradossalmente il dispositivo essenziale per veicolarle. La stessa parola “libertà”, scritta con lettere realizzate con pezzi di carne, è espressione di un linguaggio inteso non solo come segno ma come vero e proprio evento.
Multimediale e interattiva è anche L’origine del mondo, opera complessa che condensa molti aspetti del suo percorso artistico, dal dialogo continuo con la storia dell’arte alla tensione verso una possibile connessione di strategia estetica e sociale, tra pratica artistica e protesta politica. Pietrantonio rivisita il dipinto di Gustave Courbet con un ribaltamento che fa rivivere il famoso quadro attraverso lo sguardo dello spettatore. Mette in atto in questo senso un’aggressione visiva che spiazza il pubblico normalmente pronto ad accostarsi a un nudo sdraiato di donna in modo contemplativo.
Nel video il corpo femminile non suscita desiderio ma orrore. Il gesto del cucire che la mano dell’artista compie con lenta ritualità sul sesso dipinto in primo piano rende particolarmente drammatica l’opera, sottolineando l’oppressione e la violenza che certi codici sociali esercitano sulla donna e sull’universo emotivo di ognuno. La musica, composta da Florence Baschet, intensifica la crudezza dell’azione creando spazi sonori di interattività in cui il flauto solista viene messo in relazione con i dispositivi elettroacustici che ne analizzano il timbro, le dinamiche e le variazioni microtonali.
Con Cesare Battisti Pietrantonio riconsidera il concetto di identità. In questo caso, come in Pietro Giannone - lavoro presentato a Ischitella nel 1998- l’intento dell’artista non è quello di ri-scrivere la storia, ma di presentare l’opera stessa come evento storico per eccellenza, con tutta la carica spiazzante del suo divenire in un processo di relazione comunicativa con lo spettatore. Lo stesso tema viene declinato in Maschere, opere su carta in cui assistiamo all’annullamento di ogni confine tra presente e passato, di ogni intervallo tra interno ed esterno, tra chi guarda e ciò che si guarda. Anche se proposte nel formato tradizionale del quadro, queste opere mettono in luce esperienze di connessione e di fluidità riformulando lo spazio della fruizione. Pietrantonio utilizza i mass-media e tutta l’arte del novecento. La lingua rossa che sporge dalle labbra di una maschera in bianco e nero si pone come succoso oggetto del desiderio denso di suggestioni pubblicitarie; in Autoidentikit il volto seminascosto da un velo nero è situato al centro di un rettangolo lattiginoso, luminescente come lo schermo di una televisione o di un computer.
Icone del presente e del passato, citazioni dalle avanguardie, immagini ispirate ai films porno, si mescolano a istantanee di cronaca e al fumetto. Maschere tribali, immagini che evocano il mondo della moda e del consumo scorrono come in uno zapping veloce accanto a un’ ironica copertina di Playboy, a Topolino che avanza tra le lettere di Diabolik, a scene di guerra e guerriglia, di Buddha e Che Guevara.
Molto intense anche le opere realizzate negli ultimi mesi nel sud- ovest della Francia, come Maschera con profilo, dove sullo sfondo luminoso dell’oceano un volto appare come un’ombra minacciosa che si staglia su una superficie di plastica nera perforata. Anche in Made in Islam gli occhi, la bocca e il contorno del viso sono resi con una tecnica di perforazione. L’immagine è delicata, leggera, come pure sottili sono i fori che la attraversano e che inducono a immaginare il resto del corpo come presenza disincarnata. Circondato da “assenze”, da corpi “indicibili”, lo spettatore è improvvisamente immerso in un’atmosfera inquietante, in una sensazione tattile di emarginazione e di violenza.
Si ringrazia per la preziosa collaborazione la Federazione CEMAT - ente nazionale di promozione della musica contemporanea
Con le opere in mostra al Centro Di Sarro, due video e una serie di lavori su carta, l’artista si interroga sul concetto di identità ed estende la sua riflessione alla funzione mediale dell’arte e alle diverse modalità di percezione e partecipazione.
Piranhas è una video opera in cui Pietrantonio attraversa ambiti linguistici diversi, creando uno spazio-territorio di esperienza di tipo “immersivo”. La parte sonora é stata realizzata dalla compositrice Florence Baschet, ricercatrice nell’ambito delle trasformazioni del suono attraverso i dispositivi elettroacustici e autrice, tra l’altro, di opere come Alma-Luvia e Spira Manes, realizzate per l’IRCAM al Centre Pompidou. La composizione del testo è stata invece affidata allo scrittore Massimo Carlotto.
Le sequenze del video scorrono su due piani: in primo piano l’immagine del predatore di acque dolci dell’Amazzonia che nuota in uno spazio delimitato attratto dalla parola libertà, di cui divora una ad una le lettere. In secondo piano scene del presente e del passato che mostrano lo stato di alienazione che ha contraddistinto tutti i sistemi politici repressivi, o si pongono come détournements di icone del nostro quotidiano.
Anche la musica presenta diversi piani di composizione: solista e orchestrale, acustica ed elettroacustica, centrale e spazializzata.
Piranhas è stata presentata per la prima volta nel novembre del 2004 al festival di Annecy e a dicembre dello stesso anno al festival di Grenoble, nel 2005 è stata riproposta al teatro della città universitaria di Parigi e nel 2006 alla Biennale di Musica e Immagine di Lione. L’orchestra di fiati, percussione e tastiera insieme alle due voci soliste era situata, in questo caso, al centro del teatro, mentre i quattro sassofoni, collocati agli angoli della sala, delimitavano grandi schermi di proiezione (8x5m). Il pubblico, che occupava lo spazio intermedio tra l’orchestra e i quattro schermi, era completamente avvolto dall’elemento visivo e sonoro tanto da essere “incorporato” nell’opera, di cui diventava fruitore attivo, percependo ora distanti ora ravvicinati o sovrapposti i diversi piani di composizione e acquisendo man mano la consapevolezza che l’immagine del pirania poteva occultare la crudezza degli eventi che scorrevano in secondo piano.
Non a caso si parla di eventi, perché le immagini si susseguono nella trasparenza dell’acquario secondo un orientamento decostruttivo del narrare che l’artista realizza ancorando il punto di vista nel presente, focalizzando cioè nella “presenza” la percezione del tempo e dello spazio.
La messa in scena del pirania, elemento dotato di una forte valenza estetica e simbolica che in parte nasconde o allontana le immagini, diviene paradossalmente il dispositivo essenziale per veicolarle. La stessa parola “libertà”, scritta con lettere realizzate con pezzi di carne, è espressione di un linguaggio inteso non solo come segno ma come vero e proprio evento.
Multimediale e interattiva è anche L’origine del mondo, opera complessa che condensa molti aspetti del suo percorso artistico, dal dialogo continuo con la storia dell’arte alla tensione verso una possibile connessione di strategia estetica e sociale, tra pratica artistica e protesta politica. Pietrantonio rivisita il dipinto di Gustave Courbet con un ribaltamento che fa rivivere il famoso quadro attraverso lo sguardo dello spettatore. Mette in atto in questo senso un’aggressione visiva che spiazza il pubblico normalmente pronto ad accostarsi a un nudo sdraiato di donna in modo contemplativo.
Nel video il corpo femminile non suscita desiderio ma orrore. Il gesto del cucire che la mano dell’artista compie con lenta ritualità sul sesso dipinto in primo piano rende particolarmente drammatica l’opera, sottolineando l’oppressione e la violenza che certi codici sociali esercitano sulla donna e sull’universo emotivo di ognuno. La musica, composta da Florence Baschet, intensifica la crudezza dell’azione creando spazi sonori di interattività in cui il flauto solista viene messo in relazione con i dispositivi elettroacustici che ne analizzano il timbro, le dinamiche e le variazioni microtonali.
Con Cesare Battisti Pietrantonio riconsidera il concetto di identità. In questo caso, come in Pietro Giannone - lavoro presentato a Ischitella nel 1998- l’intento dell’artista non è quello di ri-scrivere la storia, ma di presentare l’opera stessa come evento storico per eccellenza, con tutta la carica spiazzante del suo divenire in un processo di relazione comunicativa con lo spettatore. Lo stesso tema viene declinato in Maschere, opere su carta in cui assistiamo all’annullamento di ogni confine tra presente e passato, di ogni intervallo tra interno ed esterno, tra chi guarda e ciò che si guarda. Anche se proposte nel formato tradizionale del quadro, queste opere mettono in luce esperienze di connessione e di fluidità riformulando lo spazio della fruizione. Pietrantonio utilizza i mass-media e tutta l’arte del novecento. La lingua rossa che sporge dalle labbra di una maschera in bianco e nero si pone come succoso oggetto del desiderio denso di suggestioni pubblicitarie; in Autoidentikit il volto seminascosto da un velo nero è situato al centro di un rettangolo lattiginoso, luminescente come lo schermo di una televisione o di un computer.
Icone del presente e del passato, citazioni dalle avanguardie, immagini ispirate ai films porno, si mescolano a istantanee di cronaca e al fumetto. Maschere tribali, immagini che evocano il mondo della moda e del consumo scorrono come in uno zapping veloce accanto a un’ ironica copertina di Playboy, a Topolino che avanza tra le lettere di Diabolik, a scene di guerra e guerriglia, di Buddha e Che Guevara.
Molto intense anche le opere realizzate negli ultimi mesi nel sud- ovest della Francia, come Maschera con profilo, dove sullo sfondo luminoso dell’oceano un volto appare come un’ombra minacciosa che si staglia su una superficie di plastica nera perforata. Anche in Made in Islam gli occhi, la bocca e il contorno del viso sono resi con una tecnica di perforazione. L’immagine è delicata, leggera, come pure sottili sono i fori che la attraversano e che inducono a immaginare il resto del corpo come presenza disincarnata. Circondato da “assenze”, da corpi “indicibili”, lo spettatore è improvvisamente immerso in un’atmosfera inquietante, in una sensazione tattile di emarginazione e di violenza.
Si ringrazia per la preziosa collaborazione la Federazione CEMAT - ente nazionale di promozione della musica contemporanea
09
gennaio 2007
Pietrantonio
Dal 09 gennaio al primo febbraio 2007
arte contemporanea
Location
CENTRO LUIGI DI SARRO
Roma, Via Paolo Emilio, 28, (Roma)
Roma, Via Paolo Emilio, 28, (Roma)
Orario di apertura
17–20, chiuso lunedì e festivi
Vernissage
9 Gennaio 2007, ore 18
Autore
Curatore