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Pietro Finelli – Altre finzioni
Nella sua nuova serie di dipinti, pastelli e collage, Finelli fa della cinematografia il suo soggetto, traducendo in immagini elaborate a mano un ristretto gruppo di scene, tratte da sequenze originali di film che ovviamente predilige.
Comunicato stampa
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Il titolo della mostra di Pietro Finelli, “Altre finzioni”, conduce all’interno di un delicato tessuto semantico, la cui chiave di lettura sono il dubbio e l’ambiguità: finzioni, ovvero illusioni, ovvero inganni. E’ inevitabile il richiamo all’esistenza contemporanea dominata dall’artificio, dal virtuale ad ogni costo, da una comunicazione che depaupera, mistifica, cancella, avvolgendo ogni cosa in un viluppo fittizio, talora fantasmatico. “Altre” allude al rinvio, al rimbalzo tra significati, ad una dinamica che apre alla diversità, ad una struttura ontologica i cui tasselli si possono indefinitamente smontare e rimontare, così da dar vita a mondi interattivi.
Nella sua nuova serie di dipinti, pastelli e collage, Finelli fa della cinematografia il suo soggetto, traducendo in immagini elaborate a mano un ristretto gruppo di scene, tratte da sequenze originali di film che ovviamente predilige. La scelta delle fonti gravita spesso verso il genere “noir” americano degli Anni Quaranta e Cinquanta.
A Finelli interessa del “noir” classico quell’articolazione che approfondisce il rapporto tra visione e cecità, luce e oscurità. La radicalità del lavoro compiuto sulle immagini, nella interpretazione del “noir” come «visione morale della vita basata sullo stile», «capace di risolvere i conflitti in termini visivi e non tematici » (Paul Schrader), è la cifra lungo la quale l’arte di Finelli incontra quella delle immagini del cinema noir, questione interrogante sul potere delle immagini, affrontata attraverso e con le immagini.
Suggestioni “nere” si evidenziano anche nel ciclo di disegni Beslan School. La memoria fin troppo recente, ma già consegnata alla storia, del massacro di ostaggi innocenti in una scuola dell’Ossezia, diventa un pre-testo, che sprofonda il nero in un abisso crudele e cruento, le cui radici affondano in un magma sociale intessuto di dogmatismo ideologico e di potere repressivo, che riverbera il caos delle coscienze. Da un punto di vista tecnico, si tratta di lavori “stratificati” che si fondano sulla commistione di linguaggi: le informazioni sugli accadimenti, fornite in modo immediato dai fogli di giornale, sono per così dire “filtrate” attraverso la trasparenza della carta, sulla quale una matita rossa ha impresso segni e contorni figurali. Il momento puramente documentario, di impianto realistico, si collega dunque con una realtà di “invenzione”, così da trasfigurare i fatti.
E’ opportuno ribadire che il disegno rappresenta per Finelli la vera e propria ossatura progettuale di ogni lavoro, l’intuizione che trova concretezza visiva, un calco nel quale si depositano gli elementi costitutivi della fabula. Un vero e proprio diario interiore, le cui pagine sono depositarie di immagini affabulatorie.
Ad accrescere la polisemia semantica di questa mostra, dei diffusori trasmetteranno la voce di James Joyce che legge brani dal suo “Ulysses” (Eolian episode) registrato a Parigi nel 1924, e da “Finnegans Wake” (Anna Livia Plurabelle) registrato a Cambridge nel 1929. E’ una voce proveniente dal fondo dello “stream-of-the-subconscious”, che Joyce stesso conia, in opposizione a quanti già allora parlavano di “stream-of-the-consciousness”. Per ricordarci anche come le classificazioni nel caso di alcuni artisti, non riescono a spiegare il significato e la complessità dell’opera.
Per l’occasione sarà stampato un catalogo a colori, con interventi di diversi critici e studiosi tra cui Tiziana Conti, Kristoff Efferen, Maria Cristina Loi.
Responsabile progetto: Luca Gallesi.
Pietro Finelli (1957) artista e curatore, vive e lavora a Milano. Ha esposto il suo lavoro in gallerie, musei e istituzioni internazionali, fra le quali, Gallery MC in New York, Il Ponte Contemporanea Roma, Galleria Pack Milano, Museo Castel Nuovo Napoli, Musée d’art moderne et Contemporain (Mamco) Geneva, Fundation F.J.Klemm Buenos Aires, Galerie Jacques Cerami Charleroi, VELAN Centro per l’arte Contemporanea di Torino. Progetti curatoriali : 1998/1999 Sassi per Duty, Galleria Seno, Milano (cat.), 2000 Talking Heads, Padova (cat.), 2000 Alleviare irrefrenabili impulsi, Collegio Cairoli Università di Pavia (cat), 2005 Some Papers, Politecnico Milano (cat. con G.Gardella e M.C.Loi), 2009 Lo Sguardo Obliquo, Spazio Tadini, Milano (cat.)
Il curatore Joseph R. Wolin è anche critico d’arte indipendente di New York. Collaboratore di Modern Painters, Time Out New York, e Canadian Art, ha scritto saggi e interviste per cataloghi di numerose esibizioni. E’ stato co-curatore della mostra The Royal Art Lodge: Ask the Dust, che durante il 2003–2005 è stata ospitata in sei sedi museali in quattro paesi, inclusi il The Drawing Center, New York, e il Museum of Contemporary Art, Los Angeles.
Nella sua nuova serie di dipinti, pastelli e collage, Finelli fa della cinematografia il suo soggetto, traducendo in immagini elaborate a mano un ristretto gruppo di scene, tratte da sequenze originali di film che ovviamente predilige. La scelta delle fonti gravita spesso verso il genere “noir” americano degli Anni Quaranta e Cinquanta.
A Finelli interessa del “noir” classico quell’articolazione che approfondisce il rapporto tra visione e cecità, luce e oscurità. La radicalità del lavoro compiuto sulle immagini, nella interpretazione del “noir” come «visione morale della vita basata sullo stile», «capace di risolvere i conflitti in termini visivi e non tematici » (Paul Schrader), è la cifra lungo la quale l’arte di Finelli incontra quella delle immagini del cinema noir, questione interrogante sul potere delle immagini, affrontata attraverso e con le immagini.
Suggestioni “nere” si evidenziano anche nel ciclo di disegni Beslan School. La memoria fin troppo recente, ma già consegnata alla storia, del massacro di ostaggi innocenti in una scuola dell’Ossezia, diventa un pre-testo, che sprofonda il nero in un abisso crudele e cruento, le cui radici affondano in un magma sociale intessuto di dogmatismo ideologico e di potere repressivo, che riverbera il caos delle coscienze. Da un punto di vista tecnico, si tratta di lavori “stratificati” che si fondano sulla commistione di linguaggi: le informazioni sugli accadimenti, fornite in modo immediato dai fogli di giornale, sono per così dire “filtrate” attraverso la trasparenza della carta, sulla quale una matita rossa ha impresso segni e contorni figurali. Il momento puramente documentario, di impianto realistico, si collega dunque con una realtà di “invenzione”, così da trasfigurare i fatti.
E’ opportuno ribadire che il disegno rappresenta per Finelli la vera e propria ossatura progettuale di ogni lavoro, l’intuizione che trova concretezza visiva, un calco nel quale si depositano gli elementi costitutivi della fabula. Un vero e proprio diario interiore, le cui pagine sono depositarie di immagini affabulatorie.
Ad accrescere la polisemia semantica di questa mostra, dei diffusori trasmetteranno la voce di James Joyce che legge brani dal suo “Ulysses” (Eolian episode) registrato a Parigi nel 1924, e da “Finnegans Wake” (Anna Livia Plurabelle) registrato a Cambridge nel 1929. E’ una voce proveniente dal fondo dello “stream-of-the-subconscious”, che Joyce stesso conia, in opposizione a quanti già allora parlavano di “stream-of-the-consciousness”. Per ricordarci anche come le classificazioni nel caso di alcuni artisti, non riescono a spiegare il significato e la complessità dell’opera.
Per l’occasione sarà stampato un catalogo a colori, con interventi di diversi critici e studiosi tra cui Tiziana Conti, Kristoff Efferen, Maria Cristina Loi.
Responsabile progetto: Luca Gallesi.
Pietro Finelli (1957) artista e curatore, vive e lavora a Milano. Ha esposto il suo lavoro in gallerie, musei e istituzioni internazionali, fra le quali, Gallery MC in New York, Il Ponte Contemporanea Roma, Galleria Pack Milano, Museo Castel Nuovo Napoli, Musée d’art moderne et Contemporain (Mamco) Geneva, Fundation F.J.Klemm Buenos Aires, Galerie Jacques Cerami Charleroi, VELAN Centro per l’arte Contemporanea di Torino. Progetti curatoriali : 1998/1999 Sassi per Duty, Galleria Seno, Milano (cat.), 2000 Talking Heads, Padova (cat.), 2000 Alleviare irrefrenabili impulsi, Collegio Cairoli Università di Pavia (cat), 2005 Some Papers, Politecnico Milano (cat. con G.Gardella e M.C.Loi), 2009 Lo Sguardo Obliquo, Spazio Tadini, Milano (cat.)
Il curatore Joseph R. Wolin è anche critico d’arte indipendente di New York. Collaboratore di Modern Painters, Time Out New York, e Canadian Art, ha scritto saggi e interviste per cataloghi di numerose esibizioni. E’ stato co-curatore della mostra The Royal Art Lodge: Ask the Dust, che durante il 2003–2005 è stata ospitata in sei sedi museali in quattro paesi, inclusi il The Drawing Center, New York, e il Museum of Contemporary Art, Los Angeles.
29
marzo 2011
Pietro Finelli – Altre finzioni
Dal 29 marzo al 29 aprile 2011
arte contemporanea
Location
SPAZIO GUICCIARDINI
Milano, Via Francesco Guicciardini, 6, (Milano)
Milano, Via Francesco Guicciardini, 6, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì, 9.30-12.30/14.30-18.30; sabato e festivi chiuso
Vernissage
29 Marzo 2011, ore 18
Sito web
www.provincia.milano.it/cultura
Autore
Curatore