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Pietro G. Pantaleo – Rossofreddo. Affiches lacerèes
L’artista preferisce lasciar intravedere piuttosto che far vedere del tutto, un messaggio è nascosto dietro ciò che si vede appena, opere che agli occhi dei più superficiali sembrano frutto di un casuale e apparente assemblaggio.
Comunicato stampa
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“Frammenti di immagini, di parole, di segni, di simboli…”affiches lacerèes” e colore, colore vivace che cerca di coprire, di nascondere, di preservare…………
Ecco le opere di Pietro G. Pantaleo:
l’artista preferisce lasciar intravedere piuttosto che far vedere del tutto, un messaggio è nascosto dietro ciò che si vede appena, opere che agli occhi dei più superficiali sembrano frutto di un casuale e apparente assemblaggio.
Egli sembra essersi lasciato ispirare dalle opere di Kurt Schwitters: artista che ha sviluppato in maniera personale le idee dadaiste e surrealiste. Uno dei maggior esponenti della cosiddetta “arte dei detriti”: un’arte che nasce dall’assemblaggio di materiali di scarto, poveri (giornali, biglietti usati, bottoni, pezzi di legno, sassi…) combinati senza un ordine preciso e abbinati a qualche intervento coloristico.
Pantaleo, seguendo le orme di questo stravagante pittore, utilizza una tecnica consistente nella realizzazione di oggetti artistici con la lacerazione, a volte profonda, degli “affiches”, presi anche dalla strada, comunque recuperati o riciclati, strappati, sovrapposti e poi appiccicati strato su strato fino a divenire espressione comunicativa.
EGLI è coerente anche con la poetica di quel movimento artistico-letterario, nato nel 1960 in Europa, in contrapposizione al PopArt americano, e battezzato da Pierre Restany come Nouveau Realisme dove nuovi risultano essere appunto gli approcci percettivi del reale.
Nelle opere di Pantaleo, inoltre, emerge prepotente il senso del tempo e della memoria. La tela, superficie piana, diventa lo spazio cerebrale nel quale si accumulano ricordi, esperienze, sensazioni, dalle più semplici e quotidiane alle più universali. Per mostrare al meglio il trascorrere lento del tempo, egli si serve della carta stampata, in quanto già notizia, già riflessione, già pensiero edotto, scolpito, ricercato, processo produttivo polimaterico già manipolato; una pubblicità lascia il posto ad un articolo di giornale, che cede il passo ad un’altra pubblicità. Una stratificazione intensa proprio come accade nella memoria, alla quale basta un colore, un’immagine, una forma a risvegliare una sensazione o a far rivivere un ricordo. Lo stesso meccanismo che intrappola i frammenti di Pantaleo.
Nella sua tecnica si lascia trasportare dall’evoluzione degli istanti creativi (un work in progress continuo): la sua “fabbricazione” artistica altro non è che la rappresentazione di ciò che già esiste negli spazi della nostra memoria, come un viaggio al centro della coscienza vista questa come luogo di incubazione delle sue ispirazioni, una “cellula di raccolta” di immagini, avvenimenti, ricordi che attraverso una rielaborazione diventano visibili. Attraverso un intenso stratificarsi, emerge vivo il senso della memoria privata e collettiva, del singolo come dell’intera megalopoli. Appaiono, tra i colori riversati nel caos, ingranaggi come metafora di un sistema di produzione delle incoerenze e della retorica.
Ecco le opere di Pietro G. Pantaleo:
l’artista preferisce lasciar intravedere piuttosto che far vedere del tutto, un messaggio è nascosto dietro ciò che si vede appena, opere che agli occhi dei più superficiali sembrano frutto di un casuale e apparente assemblaggio.
Egli sembra essersi lasciato ispirare dalle opere di Kurt Schwitters: artista che ha sviluppato in maniera personale le idee dadaiste e surrealiste. Uno dei maggior esponenti della cosiddetta “arte dei detriti”: un’arte che nasce dall’assemblaggio di materiali di scarto, poveri (giornali, biglietti usati, bottoni, pezzi di legno, sassi…) combinati senza un ordine preciso e abbinati a qualche intervento coloristico.
Pantaleo, seguendo le orme di questo stravagante pittore, utilizza una tecnica consistente nella realizzazione di oggetti artistici con la lacerazione, a volte profonda, degli “affiches”, presi anche dalla strada, comunque recuperati o riciclati, strappati, sovrapposti e poi appiccicati strato su strato fino a divenire espressione comunicativa.
EGLI è coerente anche con la poetica di quel movimento artistico-letterario, nato nel 1960 in Europa, in contrapposizione al PopArt americano, e battezzato da Pierre Restany come Nouveau Realisme dove nuovi risultano essere appunto gli approcci percettivi del reale.
Nelle opere di Pantaleo, inoltre, emerge prepotente il senso del tempo e della memoria. La tela, superficie piana, diventa lo spazio cerebrale nel quale si accumulano ricordi, esperienze, sensazioni, dalle più semplici e quotidiane alle più universali. Per mostrare al meglio il trascorrere lento del tempo, egli si serve della carta stampata, in quanto già notizia, già riflessione, già pensiero edotto, scolpito, ricercato, processo produttivo polimaterico già manipolato; una pubblicità lascia il posto ad un articolo di giornale, che cede il passo ad un’altra pubblicità. Una stratificazione intensa proprio come accade nella memoria, alla quale basta un colore, un’immagine, una forma a risvegliare una sensazione o a far rivivere un ricordo. Lo stesso meccanismo che intrappola i frammenti di Pantaleo.
Nella sua tecnica si lascia trasportare dall’evoluzione degli istanti creativi (un work in progress continuo): la sua “fabbricazione” artistica altro non è che la rappresentazione di ciò che già esiste negli spazi della nostra memoria, come un viaggio al centro della coscienza vista questa come luogo di incubazione delle sue ispirazioni, una “cellula di raccolta” di immagini, avvenimenti, ricordi che attraverso una rielaborazione diventano visibili. Attraverso un intenso stratificarsi, emerge vivo il senso della memoria privata e collettiva, del singolo come dell’intera megalopoli. Appaiono, tra i colori riversati nel caos, ingranaggi come metafora di un sistema di produzione delle incoerenze e della retorica.
24
maggio 2008
Pietro G. Pantaleo – Rossofreddo. Affiches lacerèes
Dal 24 maggio al 15 giugno 2008
arte contemporanea
Location
CANTINE ALBERTO LONGO
Lucera, Strada Vicinale Pietra Montecorvino, km 4, (Foggia)
Lucera, Strada Vicinale Pietra Montecorvino, km 4, (Foggia)
Orario di apertura
Tutti i giorni dalle 10,00 alle 12,00 - dalle 17,00 alle 19,00
Vernissage
24 Maggio 2008, ore 20
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