Lady Marmalade propone una complessa triangolazione che per accumulo si rifrange in un altrettanto poliedrico, sorprendente e pirandelliano “gioco delle parti”: il presunto “autore”, fotografo d’arte e artista, il “soggetto”, a sua volta artista eccentrica ed eccessiva, il “personaggio”, Lady Marmalade, donna angelicata martire e santa, femmina maliarda come nella migliore e più consolidata tradizione cattolica, teocratica e maschilista. Pietro Paolo Pinna, avvezzo a muoversi nell’ambito della riproduzione di immagine della tradizione colta ne ha introiettato i canoni formali ed espressivi cogliendo le potenzialità e i meccanismi dell’icona sacra. Il soggetto diviene ora una Maddalena penitente, ora un santino devozionale che alimenta la vorace fame di spiritualità di molti e il grottesco e blasfemo mercato del sacro di alcuni. Manipola le immagini, le trasforma, le decontestualizza e le ricontestualizza con tecniche digitali, preservando la freschezza e la sconcertante naïveté del soggetto, anche quando, assume i panni di un’ammiccante Cicciolina o di un’improbabile pin-up leopardata. La modella si presta, apparentemente docile e remissiva, tuttavia, oltre la cortina di citazioni del sacro e delle sue divagazioni nell’osceno, pare sia lei a condurre il gioco, a imporre la sua esuberanza esistenziale e umana. Da questo confronto-scontro nasce il personaggio, qualcosa di più della somma di due individualità, quasi un ossequio alla teoria che vuole la funzione delle parti determinata dall’organizzazione dell’intero, irriducibile alla somma dei suoi elementi costitutivi, siano essi autori o soggetti. Lady Marmalade vive di vita propria, li sovrasta, è parte di loro ma ha una complessità, una vitalità e un cangiante poliformismo a loro negato e che la accomuna alle tante figure virtuali eppure così reali che arricchiscono il panorama dell’arte contemporanea.