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Pietro Polizzi – L’insistenza dello sguardo. Anatomia della luce
Comunicato stampa
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PRENDETE UN ARTISTA, PIETRO POLIZZI, CHE RITORNA ALLA FOTOGRAFIA DOPO LUNGHE FAGOCITAZIONI DELL’IMMAGINE E NE SCOPRE LE PRIMIGENIE SORGENTI, QUASI PARTITURA DI UN ALTRO “VEDERE”. NASCE COSI’ LA MOSTRA L’INSISTENZA DELLO SGUARDO – ANATOMIA DELLA LUCE, INDAGINE DI UN’OTTICA ANOMALA E SINGOLARE CHE AVRA’ LA SUA “PRIMA” NEL MAGNIFICO SPAZIO DEL COMPLESSO MONUMENTALE GUGLIELMO II DI MONREALE (PA) CHE SI INAUGURERA’ SABATO 19 GENNAIO 2008 ALLE ORE 16.30. CURATA DA FABIO NORCINI QUESTA ESPOSIZIONE PROSEGUE IL CICLO VOLUTO DA FABIO SCIORTINO CHE OSPITA IL MEGLIO DELLE ESPRESSIONI CONTEMPORANEE, ESPERIENZA DI TAGLIO DAVVERO INTERNAZIONALE.
Nasce da una consonanza di interessi singolare l’incontro tra Pietro Polizzi e Fabio Norcini che ha portato alla realizzazione di un progetto articolato del quale questa mostra costituisce un’anteprima assoluta. Complice un assessore davvero particolare, un artista prestatosi alla politica, qual è Fabio Sciortino, il quale sostenuto dall’intelligenza del suo sindaco Salvatore Gullo ha potuto concretizzare quelli che sarebbero potuti apparire sogni: a partire dalla singolare impresa di restituire a Monreale una pinacoteca di altissimo livello (le cui opere giacevano da anni nei depositi palermitani) ma anche riuscendo a dar vita ad una serie di mostre temporanee tutte volte ad esplicitare le espressioni contemporanee (e non) più significative; basterebbe citare “Liberamentelibro”, le personali di Giuseppa D’Agostino e David Orler, ma anche recuperi come quelli di Sebastiano Carta o la formidabile ricognizione sugli angeli nell’icona russa “Messaggeri della luce” per rendersi conto di un itinerario tutto volto alla scoperta della meraviglia e dello stupore. In questo contesto si inserisce perfettamente la mostra di Polizzi. Fotografie che, per originalità di linguaggio, ricerca sul mezzo, spettacolarità, si pongono all’attenzione non solo di un pubblico di addetti ai lavori, ma al godimento di ogni amante del bello.
Sono, infatti, queste foto, il risultato di una ricerca lungamente meditata, quasi un’esplosione di sensazioni e colori, una fosforeia (festa di luce) che deriva da una sicilianità nell’approccio che riesce a cogliere l’essenza del dato di una realtà sfuggente, senza soccombere alla schiavitù della verosimiglianza.
Un’occasione dunque per smentire l’adagio nemo propheta in patria, perché Polizzi è palermitano (arioso), ma anche per mettere in discussione i luoghi comuni visivi, ai quali l’esposizione mass-mediatica, che tutti dobbiamo subire, ci ha assuefatto.
**
PIETRO POLIZZI: RITORNO ALLA FOTOGRAFIA
Una storia assai particolare quella di Pietro Polizzi. In certo senso “figlio d’arte”, suo padre è stato un pioniere in Sicilia della foto di reportage e di matrimonio, titolare di un atelier ancora attivo nel paese di Boretto, vicino Palermo. Saldando spesso i due “settori” e approfittando proprio del lavoro su commissione che lo portava nei più diversi e remoti paesi dell’isola, infatti, Polizzi senior ne approfittava per documentare usi e costumi della sua gente. E Pietro già allora, ancora bimbo, faceva da assistente al padre. Matura così un istintivo senso non solo dell’inquadratura, ma del rapporto con i propri soggetti, sempre basato sul rispetto e sulla reciproca fiducia. Qui si radica anche il suo interesse sul versante sociale della foto, il suo essere sempre mezzo per approfondire la vita, per accorciare distanze di censo e condizione, per immedesimarsi in vissuti e restituirli tramite l’obbiettivo in istanti di immortalità.
Alla scomparsa paterna, con l’evolversi della società dell’immagine, a Pietro viene affidato il settore video dell’azienda di famiglia (mentre al fratello maggiore spetta la prosecuzione dell’attività fotografica). Inizia così il suo “esilio” dalla prassi fotografica, che gli permette però di affinarsi nei linguaggi dell’immagine in movimento, con la sua sintassi di primi piani, raccordi narrativi, montaggio ecc…
Rimane però, conscio e inconscio, il “primo amore” espressivo: quel fermo immagine che per lui esercita un richiamo irresistibile e al quale ritorna in tempi recenti. Con un bagaglio tecnico notevolissimo, affinato in anni di riprese cine-televisive, un gusto estetico sempre più esigente, che solo nella “camera obscura” può risolvere la tensione verso un’indagine più acuta nei confronti della rappresentazione del visibile e del non visto. Si tratti di volti (Pietro è un eccellente ritrattista) o di vivisezioni sulla materia, che diviene tavolozza per inedite astrazioni, Polizzi dà vita ad una personalissima ricerca che lo pone al di fuori dalle noiose ed effettistiche risultanze di tanta fotografia contemporanea. In lui niente di eclatante e scandalistico, di virtuosistico o arzigogolato, al quale ci ha abituato la foto glamour di scena e scema, che regna sovrana in pubblicità e sulle pagine patinate dei magazine. Per lui l’immagine non è un supplemento, né tantomeno una leccornia da offrire ad occhi già troppo sazi. Al contrario è un esercizio umile e rigoroso per rivelare il non visto, l’interstizio misterioso che solo l’occhio meccanico può catturare, portando uno sguardo di conoscenza capace di andare oltre l’apparenza.
Nasce da una consonanza di interessi singolare l’incontro tra Pietro Polizzi e Fabio Norcini che ha portato alla realizzazione di un progetto articolato del quale questa mostra costituisce un’anteprima assoluta. Complice un assessore davvero particolare, un artista prestatosi alla politica, qual è Fabio Sciortino, il quale sostenuto dall’intelligenza del suo sindaco Salvatore Gullo ha potuto concretizzare quelli che sarebbero potuti apparire sogni: a partire dalla singolare impresa di restituire a Monreale una pinacoteca di altissimo livello (le cui opere giacevano da anni nei depositi palermitani) ma anche riuscendo a dar vita ad una serie di mostre temporanee tutte volte ad esplicitare le espressioni contemporanee (e non) più significative; basterebbe citare “Liberamentelibro”, le personali di Giuseppa D’Agostino e David Orler, ma anche recuperi come quelli di Sebastiano Carta o la formidabile ricognizione sugli angeli nell’icona russa “Messaggeri della luce” per rendersi conto di un itinerario tutto volto alla scoperta della meraviglia e dello stupore. In questo contesto si inserisce perfettamente la mostra di Polizzi. Fotografie che, per originalità di linguaggio, ricerca sul mezzo, spettacolarità, si pongono all’attenzione non solo di un pubblico di addetti ai lavori, ma al godimento di ogni amante del bello.
Sono, infatti, queste foto, il risultato di una ricerca lungamente meditata, quasi un’esplosione di sensazioni e colori, una fosforeia (festa di luce) che deriva da una sicilianità nell’approccio che riesce a cogliere l’essenza del dato di una realtà sfuggente, senza soccombere alla schiavitù della verosimiglianza.
Un’occasione dunque per smentire l’adagio nemo propheta in patria, perché Polizzi è palermitano (arioso), ma anche per mettere in discussione i luoghi comuni visivi, ai quali l’esposizione mass-mediatica, che tutti dobbiamo subire, ci ha assuefatto.
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PIETRO POLIZZI: RITORNO ALLA FOTOGRAFIA
Una storia assai particolare quella di Pietro Polizzi. In certo senso “figlio d’arte”, suo padre è stato un pioniere in Sicilia della foto di reportage e di matrimonio, titolare di un atelier ancora attivo nel paese di Boretto, vicino Palermo. Saldando spesso i due “settori” e approfittando proprio del lavoro su commissione che lo portava nei più diversi e remoti paesi dell’isola, infatti, Polizzi senior ne approfittava per documentare usi e costumi della sua gente. E Pietro già allora, ancora bimbo, faceva da assistente al padre. Matura così un istintivo senso non solo dell’inquadratura, ma del rapporto con i propri soggetti, sempre basato sul rispetto e sulla reciproca fiducia. Qui si radica anche il suo interesse sul versante sociale della foto, il suo essere sempre mezzo per approfondire la vita, per accorciare distanze di censo e condizione, per immedesimarsi in vissuti e restituirli tramite l’obbiettivo in istanti di immortalità.
Alla scomparsa paterna, con l’evolversi della società dell’immagine, a Pietro viene affidato il settore video dell’azienda di famiglia (mentre al fratello maggiore spetta la prosecuzione dell’attività fotografica). Inizia così il suo “esilio” dalla prassi fotografica, che gli permette però di affinarsi nei linguaggi dell’immagine in movimento, con la sua sintassi di primi piani, raccordi narrativi, montaggio ecc…
Rimane però, conscio e inconscio, il “primo amore” espressivo: quel fermo immagine che per lui esercita un richiamo irresistibile e al quale ritorna in tempi recenti. Con un bagaglio tecnico notevolissimo, affinato in anni di riprese cine-televisive, un gusto estetico sempre più esigente, che solo nella “camera obscura” può risolvere la tensione verso un’indagine più acuta nei confronti della rappresentazione del visibile e del non visto. Si tratti di volti (Pietro è un eccellente ritrattista) o di vivisezioni sulla materia, che diviene tavolozza per inedite astrazioni, Polizzi dà vita ad una personalissima ricerca che lo pone al di fuori dalle noiose ed effettistiche risultanze di tanta fotografia contemporanea. In lui niente di eclatante e scandalistico, di virtuosistico o arzigogolato, al quale ci ha abituato la foto glamour di scena e scema, che regna sovrana in pubblicità e sulle pagine patinate dei magazine. Per lui l’immagine non è un supplemento, né tantomeno una leccornia da offrire ad occhi già troppo sazi. Al contrario è un esercizio umile e rigoroso per rivelare il non visto, l’interstizio misterioso che solo l’occhio meccanico può catturare, portando uno sguardo di conoscenza capace di andare oltre l’apparenza.
19
gennaio 2008
Pietro Polizzi – L’insistenza dello sguardo. Anatomia della luce
Dal 19 gennaio al 19 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
COMPLESSO MONUMENTALE GUGLIELMO II
Monreale, Piazza Guglielmo Ii, (Palermo)
Monreale, Piazza Guglielmo Ii, (Palermo)
Vernissage
19 Gennaio 2008, ore 16.30
Autore
Curatore