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Pino Lia – Voci tra cielo e terra
Pino Lia ritrova l coraggio per esporsi con una dimensione totalmente umana e singolare della sua azione: con i suoi lavori parla di incontri di culture, di esperienze e di individui, che si intrecciano e si scambiano ma che mai si sostituiscono gli uni agli altri
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nell’estate di Pino Lia
Amo intensamente l’estate: il sole, la luce, le giornate che si allungano
fin dentro la notte, i suoi colori e le sue atmosfere. Amo il calore dei
suoi momenti ai quali ho sempre attribuito la capacità di rendere
incredibili ogni istante e ogni incontro, caricandoli di una magia ed una
alchimia particolari che sembrano rendere tutto inevitabile.
Proprio in estate ho incontrato per la prima volta Pino Lia, al Castello
Borromeo di Trucazzano, dove era in corso una mostra collettiva che vedeva
lui come artista partecipante ed io come uno dei critici incaricati di
redigere il testo per quell’evento. Erano già capitati incontri fuggevoli
nelle solite gallerie, durante le più classiche circostanze di inaugurazioni
o vernissage, ma ora potevamo scambiare opinioni in maniera più tranquilla
e, soprattutto, davanti ad un suo lavoro. In quel frangente eravamo in mezzo
alla campagna, in un luogo lontano da quelli consuetudinari dell’arte ma,
nonostante ciò, lo spirito di quell’incontro rispondeva pienamente all’
esattezza del momento: Pino Lia mi mostrava la sua opera Sweet Carraibi e,
con il garbo inconfondibile dei suoi modi, si augurava una nostra futura
collaborazione. È passato quasi un anno perché potessi incontrarlo
nuovamente – sempre d’estate – per parlare della sua opera ma questa volta
nella sua casa studio a Milano.
Assaporando un profumatissimo melone, Pino mi propone di occuparmi di un
testo critico per il catalogo delle sua prossima mostra allo spazio Bazart
programmata per novembre, in occasione della quale ha intenzione di
presentare una nuova installazione site-specific. Mostrandomi il book dei
suoi lavori e raccontandomi di sé, mi chiede di occuparmi dell’apparato
introduttivo della pubblicazione. Una sorta di mappatura storica del suo
percorso artistico. Mi sfoglia foto, progetti, mi mostra immagini, mi
racconta storie, incontri ed esperienze come un fiume in piena, senza mai
essere eccessivo, mi sommerge piacevolmente con la sua storia.
Ho accettato di parlare di lui ed eccomi qui a scrivere il testo. Meditavo
di citare le installazioni una per una, di percorrere la cronologia delle
sue mostre, dei suoi interventi, del suo lavoro, di cui conservo ogni
immagine, ma sarebbe stato troppo consueto per una personalità come quella
di Pino Lia. Sarebbe stato troppo conforme al sistema e per questo tanto
scontato. Qualcosa di troppo stonato per una persona così semplice e
spontanea, gentile e affabile nei modi e nell’animo, conciliante si potrebbe
dire, concentrata nella poetica del suo linguaggio e dei suoi contenuti. Non
riesco a pensare questo mio intervento come ad un mero elenco, ridotto a
banale scheda tecnica di descrizione di opere d’arte e di installazioni
concepite nel corso di una decennale attività artistica.
Mi preme in realtà porre l’accento sulla dimensione narrativa e attuale dell
’opera di Pino Lia, tipica di un agire che risponde perfettamente – ed è in
esatta congruenza – al carattere del suo esecutore. Le sue opere parlano
sottovoce, non sono mai sguaiate e urlanti, chiassose e irriverenti ma si
esprimono con un’ironia raffinata, una dolcezza e un sentimento sinceri.
Difficile poi inquadrarle in una tecnica di riferimento: sono
contemporaneamente pitture, fotografie, sculture, installazioni, video. Un
arcobaleno di espedienti vi si fondano, dando loro energia, nella vitalità
colorata del suo lavoro e nella poliedricità della sua personalità.
Spesso nell’arte contemporanea si crede di dover cercare sempre oltre il
significato delle cose e che la loro essenza permane occultata in una
dimensione riflessiva; la lettura delle opere richiede così un difficile
lavoro di pensiero. Pino Lia fa dell’immediatezza, senza però trascurare la
profondità, un’altra delle sue caratteristiche più forti. Le sue opere
significano esattamente ciò che lasciano vedere; non ci sono metafore
elaborate e sillogismi esasperati, il paragone e gli accostamenti sono
semplicemente diretti. Nulla vuol dire altro, se non ciò che dice. Lia fonda
i suoi interventi come narrazione aperta a tutti i suoi fruitori, abbattendo
il muro elitario dell’esclusività; avvicina nell’immediatezza tanto la
persona comune, quanto il pubblico più preparato.
L’essere un “luogo-spazio comune” per le sue opere significa raccontare
anche un’altra caratteristica che lo rende inconfondibile: la sua
multiculturalità. Una delle sue costanti è quella di far apparire la sua
ricerca come luogo delle contaminazioni e delle intersezioni non solo come
tecniche, come già ho avuto modo di sottolineare, ma anche di materiali e di
influenze ispiratrici.
Nel mondo globalizzato e multicolore, che ci copre con una patina di
uniformità, Pino Lia ritrova il coraggio per esporsi con una dimensione
totalmente umana e singolare della sua azione: con i suoi lavori parla di
incontri di culture, di esperienze e di individui, che si intrecciano e si
scambiano ma che mai si sostituiscono gli uni agli altri. Parla a più
colori, colori che sono vivi, che sono pullulanti di voci e di voglia di
dire. Ecco allora che ci indica la strada che ci consente di non parlare e
scrivere troppo, ma ci spinge a vedere. Bisogna trovarsi nel mezzo del suo
lavoro, vivere l’installazione come un luogo di ritrovo e di conoscenza,
solo allora si è circondati tutti attorno da un calore umano carico di
positività.
Nel sorriso di Pino Lia si ritrova sempre quella speranza e quella vitalità
di chi ha ancora la voglia di vedere e credere nell’altro, di affermare le
cose semplici, di concedersi con genuina franchezza. Come l’estate, la sua
magia e la sua alchimia che sembrano rendere tutto particolare ed
inevitabile.
Matteo Galbiati
Ottobre 2007
Amo intensamente l’estate: il sole, la luce, le giornate che si allungano
fin dentro la notte, i suoi colori e le sue atmosfere. Amo il calore dei
suoi momenti ai quali ho sempre attribuito la capacità di rendere
incredibili ogni istante e ogni incontro, caricandoli di una magia ed una
alchimia particolari che sembrano rendere tutto inevitabile.
Proprio in estate ho incontrato per la prima volta Pino Lia, al Castello
Borromeo di Trucazzano, dove era in corso una mostra collettiva che vedeva
lui come artista partecipante ed io come uno dei critici incaricati di
redigere il testo per quell’evento. Erano già capitati incontri fuggevoli
nelle solite gallerie, durante le più classiche circostanze di inaugurazioni
o vernissage, ma ora potevamo scambiare opinioni in maniera più tranquilla
e, soprattutto, davanti ad un suo lavoro. In quel frangente eravamo in mezzo
alla campagna, in un luogo lontano da quelli consuetudinari dell’arte ma,
nonostante ciò, lo spirito di quell’incontro rispondeva pienamente all’
esattezza del momento: Pino Lia mi mostrava la sua opera Sweet Carraibi e,
con il garbo inconfondibile dei suoi modi, si augurava una nostra futura
collaborazione. È passato quasi un anno perché potessi incontrarlo
nuovamente – sempre d’estate – per parlare della sua opera ma questa volta
nella sua casa studio a Milano.
Assaporando un profumatissimo melone, Pino mi propone di occuparmi di un
testo critico per il catalogo delle sua prossima mostra allo spazio Bazart
programmata per novembre, in occasione della quale ha intenzione di
presentare una nuova installazione site-specific. Mostrandomi il book dei
suoi lavori e raccontandomi di sé, mi chiede di occuparmi dell’apparato
introduttivo della pubblicazione. Una sorta di mappatura storica del suo
percorso artistico. Mi sfoglia foto, progetti, mi mostra immagini, mi
racconta storie, incontri ed esperienze come un fiume in piena, senza mai
essere eccessivo, mi sommerge piacevolmente con la sua storia.
Ho accettato di parlare di lui ed eccomi qui a scrivere il testo. Meditavo
di citare le installazioni una per una, di percorrere la cronologia delle
sue mostre, dei suoi interventi, del suo lavoro, di cui conservo ogni
immagine, ma sarebbe stato troppo consueto per una personalità come quella
di Pino Lia. Sarebbe stato troppo conforme al sistema e per questo tanto
scontato. Qualcosa di troppo stonato per una persona così semplice e
spontanea, gentile e affabile nei modi e nell’animo, conciliante si potrebbe
dire, concentrata nella poetica del suo linguaggio e dei suoi contenuti. Non
riesco a pensare questo mio intervento come ad un mero elenco, ridotto a
banale scheda tecnica di descrizione di opere d’arte e di installazioni
concepite nel corso di una decennale attività artistica.
Mi preme in realtà porre l’accento sulla dimensione narrativa e attuale dell
’opera di Pino Lia, tipica di un agire che risponde perfettamente – ed è in
esatta congruenza – al carattere del suo esecutore. Le sue opere parlano
sottovoce, non sono mai sguaiate e urlanti, chiassose e irriverenti ma si
esprimono con un’ironia raffinata, una dolcezza e un sentimento sinceri.
Difficile poi inquadrarle in una tecnica di riferimento: sono
contemporaneamente pitture, fotografie, sculture, installazioni, video. Un
arcobaleno di espedienti vi si fondano, dando loro energia, nella vitalità
colorata del suo lavoro e nella poliedricità della sua personalità.
Spesso nell’arte contemporanea si crede di dover cercare sempre oltre il
significato delle cose e che la loro essenza permane occultata in una
dimensione riflessiva; la lettura delle opere richiede così un difficile
lavoro di pensiero. Pino Lia fa dell’immediatezza, senza però trascurare la
profondità, un’altra delle sue caratteristiche più forti. Le sue opere
significano esattamente ciò che lasciano vedere; non ci sono metafore
elaborate e sillogismi esasperati, il paragone e gli accostamenti sono
semplicemente diretti. Nulla vuol dire altro, se non ciò che dice. Lia fonda
i suoi interventi come narrazione aperta a tutti i suoi fruitori, abbattendo
il muro elitario dell’esclusività; avvicina nell’immediatezza tanto la
persona comune, quanto il pubblico più preparato.
L’essere un “luogo-spazio comune” per le sue opere significa raccontare
anche un’altra caratteristica che lo rende inconfondibile: la sua
multiculturalità. Una delle sue costanti è quella di far apparire la sua
ricerca come luogo delle contaminazioni e delle intersezioni non solo come
tecniche, come già ho avuto modo di sottolineare, ma anche di materiali e di
influenze ispiratrici.
Nel mondo globalizzato e multicolore, che ci copre con una patina di
uniformità, Pino Lia ritrova il coraggio per esporsi con una dimensione
totalmente umana e singolare della sua azione: con i suoi lavori parla di
incontri di culture, di esperienze e di individui, che si intrecciano e si
scambiano ma che mai si sostituiscono gli uni agli altri. Parla a più
colori, colori che sono vivi, che sono pullulanti di voci e di voglia di
dire. Ecco allora che ci indica la strada che ci consente di non parlare e
scrivere troppo, ma ci spinge a vedere. Bisogna trovarsi nel mezzo del suo
lavoro, vivere l’installazione come un luogo di ritrovo e di conoscenza,
solo allora si è circondati tutti attorno da un calore umano carico di
positività.
Nel sorriso di Pino Lia si ritrova sempre quella speranza e quella vitalità
di chi ha ancora la voglia di vedere e credere nell’altro, di affermare le
cose semplici, di concedersi con genuina franchezza. Come l’estate, la sua
magia e la sua alchimia che sembrano rendere tutto particolare ed
inevitabile.
Matteo Galbiati
Ottobre 2007
08
novembre 2007
Pino Lia – Voci tra cielo e terra
Dall'otto al 28 novembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA BAZART
Milano, Viale Col Di Lana, 8, (Milano)
Milano, Viale Col Di Lana, 8, (Milano)
Orario di apertura
martedì-venerdì, dalle 17,00 alle19,30
Vernissage
8 Novembre 2007, ore 18.00
Autore