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Pippo Altomare – Fra colori che danzano
La decorazione assolve il suo ruolo come ogni altro elemento divenendo essa stessa arte per il solo valore di ciò che veicola sul piano interpretativo, su quello simbolico, su quello percettivo e su quello interpretativo.
Comunicato stampa
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Pippo Altomare… … bellezza, arte… estetica
a cura di Guido Buffoni
Non v’è alcun dubbio che l’arte debba avvalersi di ogni elemento che ne determini la capacità di esistere e contemporaneamente la possibilità di differenziarsi da ogni altra attività umana propria delle azioni creative e di quelle delle espressività estetiche.
Al di là di tutti i significati impliciti nei percorsi di quella moderna, di quella di avanguardia o di quella contemporanea, l’arte non può affrancarsi dall’idea che sia proprio la decorazione uno degli elementi essenziali per esprimere equilibrio e gradevolezza se non addirittura splendore o magnificenza.
In una recente intervista Pippo Altomare ha ricordato che “… decorare vuol dire abbellire…”, come si desume da tutta l’iconografia relativa alla storia dell’arte, e che oggi il suo ruolo subisce continue trasformazioni dovute all’evoluzione dei luoghi, dei comportamenti sociali e delle incessanti metamorfosi delle esigenze di comunicazione.
Ha sottolineato inoltre, come docente di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Catania, la necessità di studiare e di sperimentare ogni forma” di arte visiva “… senza abbandonare l’interesse per tutti quegli aspetti artistici relativi alla tradizione nell’ottica, …, delle poetiche artistiche contemporanee. ”
È naturale per un artista che ogni espressione dell’arte non rappresenti solamente una prerogativa della creatività, ma addirittura uno degli elementi essenziali per individuare nuovi percorsi e per essere prodromo di estro e genialità.
Nell’arte non ci sono limiti, né fisici, né concettuali. Neanche i canoni di riferimento sembrano svolgere la loro funzione. Ogni atto è possibile, e nulla può essere tacciato di esercitare compiti suppletivi o di essere messo a corredo di una qualunque priorità espressiva. Tutto dipende dal modo in cui l’azione creativa viene condotta.
La decorazione assolve il suo ruolo come ogni altro elemento divenendo essa stessa arte per il solo valore di ciò che veicola sul piano interpretativo, su quello simbolico, su quello percettivo e su quello interpretativo. Legittimamente potremmo dire per la sua capacità di consacrare emotività e significazione nella manifestazione del segno creativo.
Del resto tutto depone a favore. Ogni forma d’arte non ha mai potuto affrancarsi da ciò che nel passato costituiva elemento di bellezza e che nella modernità e nella contemporaneità diviene connotazione di espressività e di concettualità.
Il solo fatto di essere giustapposto elemento, qualunque sia l’areale artistico in oggetto, assume il significato primario di viatico comunicativo, sia esso il prodotto di un complessa operatività, o della sola azione personalizzata dell’artista.
Certamente il valore che attribuiamo al concetto di bellezza è variato nel tempo e varia continuamente, in totale sintonia con il “sentire” di una comunità di individui che evolvono nel loro divenire. E questo è buono e saggio. Ma l’idea che solo l’artista vero possa produrre opere d’arte è sempre lo stesso. La magia si consuma sulla tela, con i colori, con i pennelli, e con tutto ciò che è chiamato all’uso.
Solamente una mano sapiente, ricca di propulsione, guidata da un intelletto fermo, deciso, vorace di vitalità è capace di originare magnificenza e splendore.
Non c’é nulla di più “bello” di ciò che affascina e di ciò che rende migliore la nostra esistenza, come il delicato rapporto tra gli aspetti sensibili e quelli intellegibili della connotazione estetica.
Pippo Altomare non si sottrae a questo compito, né come uomo, né come docente, né tantomeno come arista.
Ogni sua opera dichiara costantemente il valore di una ricerca in cui la forma diviene sintesi cromatica e la cromia ingrediente sottomesso ai voluttuosi percorsi delle linee.
Nelle sue pitture, il motivo espressivo fa continuamente ricorso ai canoni analitici di un’esecuzione raffinata, elegante, sofisticata per certi versi, nella quale il valore della bellezza, ormai sopita nei meandri della concettualità e dell’informalità, sembra rinascere d’incanto senza destare alcuna meraviglia che non sia quella legata alla sorpresa, allo stupore, alla condivisione intellettuale e al sentore passionale.
Sono le forme della natura, le sue, quelle che nascono e si riaccendono dall’equilibrio e dalla gradevolezza della creazione, e che divengono prodromo di una convinta produzione tutta scaturita da un nuovo modo di “guardare le cose” e di considerare gli aspetti che di esse sfuggono. Per mancanza di sensibilità, per incapacità di andare oltre o per semplice disattenzione.
Pippo Altomare non pretende però la piena competenza dell’atto creativo in quanto tale. Per lui quello che nasce nelle tele rappresenta una consacrata mediazione tra ciò che è e ciò che è chiamato ad essere, nella quale il ruolo dell’immaginazione, dell’improvvisazione, della fantasia, diviene l’elemento primo ed insostituibile, sia nell’ottica di una se pur abbozzata figurazione, sia in quella di una astrazione surreale e trascesa priva di retorica e di spocchiosa dialettica espressiva.
È nell’essenzialità che si consumano le sue interpretazioni concettuali. E nulla vieta che ogni realizzazione, unica nella sua evocazione stilistica, possa rimanere tale o possa divenire invece oggetto di serialità, in una intrigante successione ordinata ed od organizzata.
Il fascino percettivo che da esse trasuda soddisfa sicuramente ogni riferimento estetico, aprioristico o empirico, oggettivo o soggettivo, descrittivo o normativo con una propria capacità non solo di dire, ma anche di una proposizione del come, del dove e del quando, per di indicare sempre evoluzione e cambiamento.
a cura di Guido Buffoni
Non v’è alcun dubbio che l’arte debba avvalersi di ogni elemento che ne determini la capacità di esistere e contemporaneamente la possibilità di differenziarsi da ogni altra attività umana propria delle azioni creative e di quelle delle espressività estetiche.
Al di là di tutti i significati impliciti nei percorsi di quella moderna, di quella di avanguardia o di quella contemporanea, l’arte non può affrancarsi dall’idea che sia proprio la decorazione uno degli elementi essenziali per esprimere equilibrio e gradevolezza se non addirittura splendore o magnificenza.
In una recente intervista Pippo Altomare ha ricordato che “… decorare vuol dire abbellire…”, come si desume da tutta l’iconografia relativa alla storia dell’arte, e che oggi il suo ruolo subisce continue trasformazioni dovute all’evoluzione dei luoghi, dei comportamenti sociali e delle incessanti metamorfosi delle esigenze di comunicazione.
Ha sottolineato inoltre, come docente di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Catania, la necessità di studiare e di sperimentare ogni forma” di arte visiva “… senza abbandonare l’interesse per tutti quegli aspetti artistici relativi alla tradizione nell’ottica, …, delle poetiche artistiche contemporanee. ”
È naturale per un artista che ogni espressione dell’arte non rappresenti solamente una prerogativa della creatività, ma addirittura uno degli elementi essenziali per individuare nuovi percorsi e per essere prodromo di estro e genialità.
Nell’arte non ci sono limiti, né fisici, né concettuali. Neanche i canoni di riferimento sembrano svolgere la loro funzione. Ogni atto è possibile, e nulla può essere tacciato di esercitare compiti suppletivi o di essere messo a corredo di una qualunque priorità espressiva. Tutto dipende dal modo in cui l’azione creativa viene condotta.
La decorazione assolve il suo ruolo come ogni altro elemento divenendo essa stessa arte per il solo valore di ciò che veicola sul piano interpretativo, su quello simbolico, su quello percettivo e su quello interpretativo. Legittimamente potremmo dire per la sua capacità di consacrare emotività e significazione nella manifestazione del segno creativo.
Del resto tutto depone a favore. Ogni forma d’arte non ha mai potuto affrancarsi da ciò che nel passato costituiva elemento di bellezza e che nella modernità e nella contemporaneità diviene connotazione di espressività e di concettualità.
Il solo fatto di essere giustapposto elemento, qualunque sia l’areale artistico in oggetto, assume il significato primario di viatico comunicativo, sia esso il prodotto di un complessa operatività, o della sola azione personalizzata dell’artista.
Certamente il valore che attribuiamo al concetto di bellezza è variato nel tempo e varia continuamente, in totale sintonia con il “sentire” di una comunità di individui che evolvono nel loro divenire. E questo è buono e saggio. Ma l’idea che solo l’artista vero possa produrre opere d’arte è sempre lo stesso. La magia si consuma sulla tela, con i colori, con i pennelli, e con tutto ciò che è chiamato all’uso.
Solamente una mano sapiente, ricca di propulsione, guidata da un intelletto fermo, deciso, vorace di vitalità è capace di originare magnificenza e splendore.
Non c’é nulla di più “bello” di ciò che affascina e di ciò che rende migliore la nostra esistenza, come il delicato rapporto tra gli aspetti sensibili e quelli intellegibili della connotazione estetica.
Pippo Altomare non si sottrae a questo compito, né come uomo, né come docente, né tantomeno come arista.
Ogni sua opera dichiara costantemente il valore di una ricerca in cui la forma diviene sintesi cromatica e la cromia ingrediente sottomesso ai voluttuosi percorsi delle linee.
Nelle sue pitture, il motivo espressivo fa continuamente ricorso ai canoni analitici di un’esecuzione raffinata, elegante, sofisticata per certi versi, nella quale il valore della bellezza, ormai sopita nei meandri della concettualità e dell’informalità, sembra rinascere d’incanto senza destare alcuna meraviglia che non sia quella legata alla sorpresa, allo stupore, alla condivisione intellettuale e al sentore passionale.
Sono le forme della natura, le sue, quelle che nascono e si riaccendono dall’equilibrio e dalla gradevolezza della creazione, e che divengono prodromo di una convinta produzione tutta scaturita da un nuovo modo di “guardare le cose” e di considerare gli aspetti che di esse sfuggono. Per mancanza di sensibilità, per incapacità di andare oltre o per semplice disattenzione.
Pippo Altomare non pretende però la piena competenza dell’atto creativo in quanto tale. Per lui quello che nasce nelle tele rappresenta una consacrata mediazione tra ciò che è e ciò che è chiamato ad essere, nella quale il ruolo dell’immaginazione, dell’improvvisazione, della fantasia, diviene l’elemento primo ed insostituibile, sia nell’ottica di una se pur abbozzata figurazione, sia in quella di una astrazione surreale e trascesa priva di retorica e di spocchiosa dialettica espressiva.
È nell’essenzialità che si consumano le sue interpretazioni concettuali. E nulla vieta che ogni realizzazione, unica nella sua evocazione stilistica, possa rimanere tale o possa divenire invece oggetto di serialità, in una intrigante successione ordinata ed od organizzata.
Il fascino percettivo che da esse trasuda soddisfa sicuramente ogni riferimento estetico, aprioristico o empirico, oggettivo o soggettivo, descrittivo o normativo con una propria capacità non solo di dire, ma anche di una proposizione del come, del dove e del quando, per di indicare sempre evoluzione e cambiamento.
17
febbraio 2019
Pippo Altomare – Fra colori che danzano
17 febbraio 2019
arte contemporanea
Location
SPAZIO 121
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Orario di apertura
Domenica ore 18 - 21
Vernissage
17 Febbraio 2019, ore 18,00
Autore
Curatore