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Plamen Dejanoff – Planets of Comparison
Abbiamo inteso sempre Plamen Dejanoff come un artista sociale, nel vero senso della parola, e le sue opere come una sorta di termometro dei tempi
Comunicato stampa
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Circa il lavoro di Plamen Dejanoff, rispetto alla focalizzazione sulle dinamiche economiche che strutturano le vite individuali e collettive delle società, si potrebbe affermare, d’acchito, ciò che Baudrillard ha scritto sugli americani, vale a dire che non ha alcun senso della simulazione, ma ne
é la configurazione perfetta, ma non ne possiede il linguaggio, essendo esso stesso il modello.
Caratteristica che, rafforzata formalmente dall’estetismo maniacale delle sue opere e da titoli tipo “Collective Wishdream of Upperclass Possibilities” , lo fa apparire come un “impostore” o un “postulante” (così Nicolas Bourriaud lo definisce nel saggio Post-Production) scatenando, sia
tra i curatori che tra i collezionisti, una curiosa forma di manicheismo che produce un “con” o un “contro” Dejanoff, e che talvolta si traduce in un vero e proprio fastidio di fronte al suo modo.
Abbiamo premesso d’acchito perché di fatto Dejanoff è nato a Sofia e il capitalismo occidentale o addirittura l’iper-capitalismo occidentale, considerando che l’artista ha studiato in Giappone, è una cultura che non gli appartiene, ma di cui proprio per questo è riuscito a appropriarsi dei meccanismi, che riproduce con un radicalismo così paradossale e esasperato, apparentemente non critico, da farne risaltare per eccesso i germi dell’egotismo e della decadenza. Per di più introduce, in maniera per nulla giullaresca, le dinamiche economiche nel recinto tabuizzato della creatività, che molti amano credere libera, seppur da sempre essa si trastulli, di necessità, con i potenti di turno,
gli unici d’altra parte in grado di prestarle qualcosa di più dell’orecchio.
Fu proprio con la personale da pinksummer nel 2002 che Dejanoff iniziò la sua carriera di artista individuale; in quel periodo stava attuando una sorta di riformattazione identitaria strategica rispetto a ciò che Bauman definirebbe “qualità” dell’obsolescenza programmata. La produzione della mostra in quel caso fu un contributo alla campagna di comunicazione lanciata dall’artista per riemergere rigenerato e puro, come dalla fonte battesimale. Ci chiese di acquistare la copertina di Flash Art Italia.
”Planets of Comparison” non è solo il titolo della personale da pinksummer, ma di un intero ciclo di lavoro inaugurato da Dejanoff con la grande personale che la scorsa primavera gli ha dedicato il museo di arte contemporanea di Vienna. Non ci saranno ready-made di lusso riposizionati su pedane traslucide in questa mostra, ma sculture la cui vocazione formalistica “pop” non viene contraddetta dall’attenzione per i materiali: legno, marmo, ceramica e da una cura speciale volta alla produzione di oggetti con una sostanza di natura non più esclusivamente concettuale: siamo fuori dall’etica post-production.
Abbiamo inteso sempre Plamen Dejanoff come un artista sociale, nel vero senso della parola, e le sue opere come una sorta di termometro dei tempi. Questo nuovo ciclo di lavori sembra esplicitare la nostalgia per un’economia estranea al credo delle privatizzazioni selvagge, delle imprese a peso
zero, dei flussi di capitali, del capitale per il capitale. Quella, per fare un esempio italiano, che ha trasformato Olivetti in un contenitore di Telecom per farla infine scomparire dal registro delle imprese per sempre. Nostalgia per un’economia che produca reddito e occupazione.
“Planets of Comparison” sembra narrare del nostro mondo, fatto di sfruttatori e sfruttati, di produttori e consumatori, di originali e di copie, ma su tutti i pianeti di comparazione aleggia il mito demiurgico dell’industria manifatturiera, sul quale la firma Dejanoff si posa elegante come un marchio di fabbrica.
Raccontiamo anche di un progetto di Dejanoff che ancora non c’è, ma che speriamo di poter realizzare entro la fine della mostra, dal titolo “The Highter Power Comand”, richiamando un’opera di Sigmar Polke del 1969. L’opera di Polke, una tela grezza che presenta il solo angolo in alto a destra dipinto di nero, si prende gioco del concetto fideistico dell’ispirazione divina dell’artista.
Riguardo alla performance “The Highter Power Comand” di Dejanoff si tratta di un work in progress in luoghi diversi il cui girato andrà a costruire un film. La prima performance si è tenuta nella Kunsthalle di Kiel in Germania e, vista la nuova sede di pinksummer che si affaccia sul bel cortile di Palazzo Ducale, l’artista ha chiesto di poter organizzare qui una seconda performance. La performance prevede la Porsche Cayenne nera dell’artista, nuova a km 0, un dj set, due meccanici Porsche vestiti da meccanici Porsche, una serie di pezzi di ricambio Porsche indicati dall’artista, un tavolo su cui vengono presentati i pezzi di ricambio. Sullo sfondo musicale, in due ore di performance i meccanici sostituiranno i pezzi nuovi dell’auto nuova con altri pezzi nuovi seguendo le indicazioni dell’artista che a sua volta segue “The Highter Power Comand”, il divino demone dell’arte, di cui l’artista vuole essere solo il tramite.
é la configurazione perfetta, ma non ne possiede il linguaggio, essendo esso stesso il modello.
Caratteristica che, rafforzata formalmente dall’estetismo maniacale delle sue opere e da titoli tipo “Collective Wishdream of Upperclass Possibilities” , lo fa apparire come un “impostore” o un “postulante” (così Nicolas Bourriaud lo definisce nel saggio Post-Production) scatenando, sia
tra i curatori che tra i collezionisti, una curiosa forma di manicheismo che produce un “con” o un “contro” Dejanoff, e che talvolta si traduce in un vero e proprio fastidio di fronte al suo modo.
Abbiamo premesso d’acchito perché di fatto Dejanoff è nato a Sofia e il capitalismo occidentale o addirittura l’iper-capitalismo occidentale, considerando che l’artista ha studiato in Giappone, è una cultura che non gli appartiene, ma di cui proprio per questo è riuscito a appropriarsi dei meccanismi, che riproduce con un radicalismo così paradossale e esasperato, apparentemente non critico, da farne risaltare per eccesso i germi dell’egotismo e della decadenza. Per di più introduce, in maniera per nulla giullaresca, le dinamiche economiche nel recinto tabuizzato della creatività, che molti amano credere libera, seppur da sempre essa si trastulli, di necessità, con i potenti di turno,
gli unici d’altra parte in grado di prestarle qualcosa di più dell’orecchio.
Fu proprio con la personale da pinksummer nel 2002 che Dejanoff iniziò la sua carriera di artista individuale; in quel periodo stava attuando una sorta di riformattazione identitaria strategica rispetto a ciò che Bauman definirebbe “qualità” dell’obsolescenza programmata. La produzione della mostra in quel caso fu un contributo alla campagna di comunicazione lanciata dall’artista per riemergere rigenerato e puro, come dalla fonte battesimale. Ci chiese di acquistare la copertina di Flash Art Italia.
”Planets of Comparison” non è solo il titolo della personale da pinksummer, ma di un intero ciclo di lavoro inaugurato da Dejanoff con la grande personale che la scorsa primavera gli ha dedicato il museo di arte contemporanea di Vienna. Non ci saranno ready-made di lusso riposizionati su pedane traslucide in questa mostra, ma sculture la cui vocazione formalistica “pop” non viene contraddetta dall’attenzione per i materiali: legno, marmo, ceramica e da una cura speciale volta alla produzione di oggetti con una sostanza di natura non più esclusivamente concettuale: siamo fuori dall’etica post-production.
Abbiamo inteso sempre Plamen Dejanoff come un artista sociale, nel vero senso della parola, e le sue opere come una sorta di termometro dei tempi. Questo nuovo ciclo di lavori sembra esplicitare la nostalgia per un’economia estranea al credo delle privatizzazioni selvagge, delle imprese a peso
zero, dei flussi di capitali, del capitale per il capitale. Quella, per fare un esempio italiano, che ha trasformato Olivetti in un contenitore di Telecom per farla infine scomparire dal registro delle imprese per sempre. Nostalgia per un’economia che produca reddito e occupazione.
“Planets of Comparison” sembra narrare del nostro mondo, fatto di sfruttatori e sfruttati, di produttori e consumatori, di originali e di copie, ma su tutti i pianeti di comparazione aleggia il mito demiurgico dell’industria manifatturiera, sul quale la firma Dejanoff si posa elegante come un marchio di fabbrica.
Raccontiamo anche di un progetto di Dejanoff che ancora non c’è, ma che speriamo di poter realizzare entro la fine della mostra, dal titolo “The Highter Power Comand”, richiamando un’opera di Sigmar Polke del 1969. L’opera di Polke, una tela grezza che presenta il solo angolo in alto a destra dipinto di nero, si prende gioco del concetto fideistico dell’ispirazione divina dell’artista.
Riguardo alla performance “The Highter Power Comand” di Dejanoff si tratta di un work in progress in luoghi diversi il cui girato andrà a costruire un film. La prima performance si è tenuta nella Kunsthalle di Kiel in Germania e, vista la nuova sede di pinksummer che si affaccia sul bel cortile di Palazzo Ducale, l’artista ha chiesto di poter organizzare qui una seconda performance. La performance prevede la Porsche Cayenne nera dell’artista, nuova a km 0, un dj set, due meccanici Porsche vestiti da meccanici Porsche, una serie di pezzi di ricambio Porsche indicati dall’artista, un tavolo su cui vengono presentati i pezzi di ricambio. Sullo sfondo musicale, in due ore di performance i meccanici sostituiranno i pezzi nuovi dell’auto nuova con altri pezzi nuovi seguendo le indicazioni dell’artista che a sua volta segue “The Highter Power Comand”, il divino demone dell’arte, di cui l’artista vuole essere solo il tramite.
05
ottobre 2006
Plamen Dejanoff – Planets of Comparison
Dal 05 ottobre al 10 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
PINKSUMMER – PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 28r, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 28r, (Genova)
Orario di apertura
Martedì-Sabato 15-19.30 e su appuntamento
Vernissage
5 Ottobre 2006, ore 18.30
Autore