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Plinio Tammaro – Allievi, volti del pensiero, forme del mito nell’arte
Rassegna dell’arte toscana, retrospettiva che abbraccia un arco temporale artistico di circa 60 anni.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Rassegna dell’arte toscana, retrospettiva che abbraccia un arco temporale artistico di circa 60 anni.
Il Comune di Grosseto, accoglie la proposta dell’Associazione Artistica Plinio Tammaro e - oltre ad offrire una
sede prestigiosa, il Cassero Senese, per questa rassegna di carattere nazionale che dal 9 al 30 Giugno prossimo
richiamerà artisti, critici, giovani studenti e amanti dell’arte - desidera rendere omaggio ad uno degli scultori
italiani più prestigiosi e significativi dal dopoguerra ad oggi. A tre anni dalla sua scomparsa si sente l’esigenza di
riflettere sia sulla vasta produzione scultorea, grafica e pittorica di Plinio Tammaro, sia sul significato che la sua
continua e generosa opera di maestro e formatore di giovani artisti ha prodotto e che può chiamarsi a pieno
titolo ”scuola artistica”. Nella mostra infatti saranno presenti opere dello scultore Plinio Tammaro, esposte in
forma di retrospettiva antologica, ma anche i lavori di dieci fra i suoi più vicini allievi che, oltre ad aver avuto una
frequentazione all’Istituto d’Arte di Siena, dove Plinio Tammaro era prima insegnante e poi preside, hanno
frequentato assiduamente il suo studio, lavorando in un continuo confronto con lui. Oggi tutti sono artisti e
docenti affermati: Alberto Inglesi, Pier Giorgio Balocchi, Mauro Berrettini, Maurizio Masini, Rino Conforti,
Giuliano Vanni, Graziano Bernini e i più giovani: Rita Bocci e Federico Fusi.
Plinio Tammaro è prima di tutto uno scultore, pur con una indomita vocazione grafica, pittorica, architettonica e
talvolta musicale e letteraria. Plinio vive la tridimensionalità, la forma, vive e sente la materia, la domina, sia essa
marmo, bronzo, legno o composizione di ciascuna di queste con tessuto o resine. Instancabile sperimentatore e
innovatore della tecnica e del linguaggio plastico, Plinio fa scultura d’immagine, iperrealista. La sua opera parte
dal “vero”, dal reale, sempre e solo il reale, ma sale all’immaginifico, all’onirico. L’immagine viene poi in porzioni,
in elementi, proporzioni, reinventata, mitizzata, rivisitata, esaltata. Parti divengono simboli, sui quali poggia o si
slancia il fantastico. Plinio coglie uno spaccato, una motivazione, una rivendicazione, e il suo vivere forma,
materia e colore ci regala il valore della luce e il sapore del pittorico. L’immagine assume una proposta di
cambiamento di pensiero e di cambiamento sociale, ma subito si proietta in una creazione di forme e segni
evocativi, sui quali di nuovo s’innesta l’onirico e a volte il metafisico. Plinio fugge dalla narrazione dalla
descrizione, lascia a chi l’osserva l’onere e il compito di completare lo spunto evocativo in un semantico proprio.
Il suo sguardo è una continua interpretazione del vissuto dell’individuo come partecipazione ad un sociale
storicizzato, che trae dalla cronaca e dagli eventi i significati primi, espressi nelle sue opere: indagini profonde
della condizione umana.
Il Camionista, Umano inumano, i suoi teatri, la sue donne, Lezione di recitazione, Storica notizia, le annunciazioni, le
sibille, sono personaggi, creature che vivono la nostra stessa dimensione storica, le nostre stesse paure, timori e
amori.
Pag. 2
Il tema della mostra che abbiamo scelto quale fil rouge della poetica di Plinio e dei suoi allievi è il rapporto
dialettico tra mito e pensiero, nato con la nascita dell’uomo, ma scientemente definito solo con la civiltà greca,
della quale il nostro essere mediterranei e occidentali è completa e piena emanazione.
Plinio Tammaro -
scultore e pittore
Nasce, ma solo, a Napoli. Ha una formazione artistica e una appartenenza culturale e sociale che lo legano
intimamente alla toscana dove vive e lavora: Siena, Grosseto, Firenze, Carrara per la maggior parte della sua vita.
Significative sono le lunghe parentesi milanesi sia come presenza, sia come partecipazione artistica.
La famiglia: padre Gaetano Tammaro, pilota/motorista, collaudatore dell'Aviazione Militare Italiana, madre è
Erminia, Ranaldi e i sei fratelli costituiscono un nucleo portante. La famiglia rappresenta un antidoto alle
difficoltà - nessuna esclusa, compresa l'esperienza di un campo di concentramento dal quale riusciranno a fuggire
- che la II Guerra Mondiale impone con shock traumatici (fughe,bombardamenti, campo di concentramento,
scuole - quando possibile - sempre diverse, sempre ecomunque clima di terrore).
Plinio giunge ancora ragazzo nell'inverno del 1941 a Siena e abita con la Famiglia una casa in "Pescaia", la "casa
del Dazio". Suo orgoglio saranno gli archi esterni in facciata sopra le finestre, che da solo - prima opera
architettonica - riuscirà, all'età di 16 anni, a costruire in cemento con centine di legno da lui realizzate. Racconta
sempre di come i manovali che di li passavano lo prendevano in giro ed erano scettici dell'esito che il suo lavoro,
di ragazzo, avrebbe prodotto. A Siena frequenta l'Istituto d'Arte e inizia i primi esperimenti artistici.
Nel suo libro "Ci vediamo in Piazza" Plinio scrive: " Erano anni di fine guerra. Le insensate usurpazioni e le
atrocità che compivano i giovanissimi repubblichini contro la popolazione, soprattutto coetanei, ragazzi e
ragazze, si trasformavano spesso [….] in gravi fatti:arresti, ferimenti e talvolta atti mortali.
[….] Io adolescente alto più della media ero soggetto al maledetto rischio di essere preso per errore e spedito in
qualche campo di concentramento. Le incessanti raccomandazioni da parte di mia madre, atterrita dai fatti che
vedeva, erano di non tardare all'uscita della scuola [….] ma corressi prima possibile a casa. Per sentirsi più serena
mi suggerì un itinerario per lei più tranquillo: Passa dal fosso di Sant'Ansano, mi disse e io lo feci. Ero da giorni
li, a guardare dalla vetrage un piccolo uomo bianco (ndc. Ettore Cortigiani) che, chino sul trespolo, picchiava
sulla pietra con un ferro e un martello quasi quadrato. [….] quella pietra, schizzando prendeva forma. [….] Alle
tredici, ora in cui uscivo dalla scuola, tutti i giorni, e per tanti altri a seguire, tra l'estasi di ciò che vedevo e
l'incertezza di tornare a casa, mi chiedevo se fosse questo l'ideale, [….] l'accendersi di un sole e capire quel che
poi sarà nella vita. [….] Ormai tutti i giorni ero lì a vedere, e guardavo con intensità curiosa. Non si è mosso è
sempre lì, solo la pietra si è trasformata. [….] Un giorno (ndc. Ettorino) aprì la vetrage [….] se vuoi entrare,
vieni! Nell'entrare nello spazio stretto feci passare prima la cartella e poi m'infilai con difficoltà.
Sbattevo dappertutto, già il bianco mi striava i vestiti. [….]Da allora il bianco si impossessò di me, ne fui segnato
per la vita."Ancora ragazzo-studente, stregato dal fascino della scultura, Plinio inizia a lavorare nella bottega di
Ettore Cortigiani ma anche e soprattutto nello studio dello scultore senese Vico Consorti dal 1942 al 1954. Si
diploma tuttavia al Liceo Artistico di Firenze e a Firenze completa gli studi artistici all'Accademia delle Belle Arti,
dove frequenta la sezione di scultura diretta da Romano Romanelli. Nel 1955 Plinio Tammaro esordisce nel
mondo dell'arte pubblica con la partecipazione al concorso per la erigenda porta centrale del Duomo di Siena.
Nel 1963 all'Accademia delle belle Arti del Disegno di Firenze, Plinio Tammaro presenta numerosi bozzetti sul
tema della "Tauromachia". In quella occasione Plinio viene insignito del riconoscimento di membro aggregato
della Classe degli Scultori. Nel 1964 fonda il gruppo artistico fiorentino "Le Proposte" insieme a Delia Betto,
Loris Fucini, Carlo Severa, Salvatore Cipolla. Sin dagli anni '60 frequenta i laboratori di Pietrasanta e Carrara e
partecipa al clima internazionale creato in Versilia dalla presenza di Lipchitz, Sorn, Iposteguy, Guttuso, che
conosce e frequenta. Matura uno stile neorealista, parallelo alle ricerche letterarie di Moravia, Sartre, Pisolini che
interessa il grande Critico d'Arte Mario DeMicheli, da allora amico,estimatore e interprete critico di Tammaro.
Nel presentarlo alle personali tenute nel 1977 a Roma, al Maschio Angioino di Napoli, alle logge del Papa e della
Mercanzia a Siena.
Mario DeMicheli osserva: "La scultura di Tammaro così come oggi si pone,è soprattutto una scultura
drammatica enunciata con un linguaggio che si definisce per tensioni e fratture, per contrasto tra spazi rigidi e
nuclei erompenti, per rigori compositivi e insorgenze emozionali. Tammaro ha dunque coscienza delle
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contraddizioni che invadono e agitano i nostri giorni, ne possiede il sentimento dialettico, è scultore d'immagini e
le immagini che produce costituiscono una efficace sintesi diretta
[….] I suoi personaggi, anche quelli che appaiono come costretti nei vincoli di una condizione ostile, non sono
mai personaggi prostrati, al contrario rivelano insorgenze, tensioni liberatorie."
Il critico si riferisce alle grandi sculture in marmo eseguite da Plinio Tammaro negli anni che vanno dal 1970 al
1977, periodo di particolare importanza creativa su temi attuali e d'impegno sociale quali il femminismo, la
condizione operaia, la contestazione, e ricorrente il drammatico rapporto uomo-donna caratterizzato da una
sofferta incomunicabilità. Il marmo è portato all'estrema pulitezza, le superfici accarezzate dal ripetuto passaggio
di abrasivi sempre più fini, appaiono lisce e luminose, e proprio l'algida perfezione della materia sembra
imprigionare gli istinti e gli impulsi sentimentali delle figure in una leggibile metafora della condizione umana.
L'interesse per gli eterni temi esistenziali guida l'artista alla lettura dei testi teatrali di Strindberg, Pirandello,
DeFilippo e dei tragici greci, gli ispirano complesse opere polimateriche concepite come vere e proprie
rappresentazioni su palcoscenici aperti, segmentati da elementi geometrici che, simili a violente luci da ribalta
tagliano lo spazio fuoriuscendo con forza esplosiva.
Negli anni '80 Plinio continua a lavorare su questo impianto artistico che raggiunge la sua acme produttiva.
Lavora a Milano dove ha allestito uno studio vicino a Porta Venezia e successivamente in Corso Buenos Aires e
alterna produzione scultorea a produzione grafica di incisioni perlopiù con la tecnica della punta secca e
ceramolle, passando dall'incisione monocromatica a quella policromatica e alla litografia. Grandi sculture in legno
come la Lupa, L'Etrusca, i cicli delle Sibille sono la produzione di questo secondo decennio prolifico della
creatività scultorea di Plinio Bronzo, legno, legni dipinti, marmo, ceramiche e sculture polimateriche.
Come osserva il poeta Cesare Viviani, suo amico e attento conoscitore della poetica scultorea di Plinio, quando
presentò una personale di Tammaro alla Galleria Schubert di Milano (1987) :" Qui l'arte interviene a trasformare
lo spazio quotidiano e comune in uno mitico ed eroico. Tra il tepore chiaro del legno e la nera nudità del bronzo
Tammaro spalanca con un gesto dei suoi attori la fatalità di ogni esistenza".
Apre il nuovo decennio degli anni '90 l'attività di partecipazione intensa a numerose rassegne nazionali e
internazionali, esposizione alla Biennale di Scultura a Milano, Rassegna a Milano "Percorso della Scultura
Italiana", I Internazionale di Scultura a Legnano, una personale alla Galleria Braidense con cura critica di Roberto
Sanesi (1991): "[….] Tammaro mantiene questa molteplicità delle relazioni, di scambio, confronto, disgiunzione,
sottile legamento di elementi separati (spesso in funzione simbolica) [….] giocando nel comporre su u congegno
tesi/antitesi, mostrando con forza talvolta deformante il taglio, lo snodo, la cerniera…l'espansione di un
particolare sull'interezza (con effetti di "espressività" forte), i punti d'intersezione, le sproporzio sottolineano una
….improbabilità….che pure si riconosce nel verisimile". Se Tammaro sembra indulgere nel verismo, subito dopo
nel medesimo soggetto o in una sua porzione si lancia nell'informale e nell'astratto donando ai suoi soggetti uno
spazio "metafisico", di fissità onirica, oppure di dinamismo scenico teatrale.
Sanesi continua: " Una indicazione di congiunzione-disgiunzione che caratterizza ogni mito e che consente a
Tammaro,nelle sue scelte tematiche, soluzioni che alludono alla metamorfosi o più decisamente si concretizzano
con un assemblaggio che è insieme formale e interpretativo. [….] Il mito, la favola, ovvero il "teatro di Tammaro
[….] sembra tendere a includere in un'unica figura complessa la differenza degli elementi compositivi, che si
ricompongono in immagini i simultaneità".
Tammaro si presenta a volte con una tematica ispirata alla storia: Paolina, Biccherna; a volte al mito:
Ganimede, Giovane Centauro ; altre volte ai grandi interpreti del Teatro: Strehler, Marta Abba , lezione di
recitazione in cui il legame alla figurazione del precedente periodo realista, seppure persiste, è decantato di ogni
espressione drammatica per privilegiare la dimensione simbolica del soggetto. In questa direzione, Tammaro ha
ulteriormente liberato la scultura da rapporti naturalistici e realistici per creare immagini liriche dalle forme
disgregate ed esplose, ricondotte ad unità compiuta dall'intervento di una maggiore stesura materiale del colore in
cui i toni del bianco prevalgono ed illuminano.
I temi prescelti: le Sibille e le Matres Matutae per la loro evocazione mitologica dilatano nel tempo il significato
delle opere, fino a presentarsi come archetipi o nudi motivi di poesia. Non a caso negli anni '90 la sua attività è
stata seguita e presentata soprattutto da poeti come Cesare Viviani, Osvaldo Patani, Roberto Sanesi, che nel
mistero delle forme evocate da Tammaro riconoscono le radici del loro stesso comporre. Attraverso l'evoluzione
della ricerca tematica, permane la riconoscibilità del suo stile, affidato ad una intensa ed inesausta tensione
formale, talora arrestata da gorghi di pieghe che come ostacoli frapposti all'ansia di vita deviano il trascorrere
rasserenante di profili e volumi. Ogni sua scultura diventa così simbolo della stessa esistenza umana racchiusa
nella capacità allusiva del linguaggio artistico.
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Gli anni '90 sono una continuazione di tutto il patrimonio creativo avvenuto nei vulcanici anni '70 e '80 in cui
Plinio Tammaro ha tessuto una rete di nuovi germi creativi che per 10-15 anni dovrà sviluppare.
La scultura fissa una serie di temi in bronzo: la Biccherna, Tuscia, Sibilla arborea , Sibilla del mattino, le polene,
La luna nel pozzo, Sibilla seminante o temi lignei: Selene e la Sibilla, Sibilla senese, le stagioni, le spose felici, Eva
incerta, Eva del pescatore, realizza anche sculture in lamina di bronzo Grande Polena di acciaio Grande Sibilla.
Tuttavia lo stato di salute di Plinio è in questi anni che conosce una catena di eventi di rilievo che allentano il
ritmo incessante della sua produzione. Ricoveri ospedalieri e periodi di convalescenza lo portano a recuperare
una dimensione pittorica, grafica, a spostarsi da Milano a Siena e a privilegiare i piccoli soggetti ai grandi.
Plinio tuttavia con tenacia ed incredibile spirito indomito e mai pago continua nell'attività espositiva in
importanti sedi, tra le quali: Nazionale di Scultura Permanente-Milano('93), VII Triennale dell'incisione-Milano
('94), Triennale di Milano ('95), Sitazioni Scultura- Comune di Massa ('96), varie personali ('97): a Piombino, San
Giustino Valdarno, I Biennale Internazionale d'Arte Contemporanea -Francavilla(Bari)1998, Arte Fiera ('99) Con
l'inizio degli anni 2000 riprendono le importanti esposizioni: Antologica a Firenze all'Accademia del Disegno,
un'antologica a Viterbo -(2001). Nel 2002-03 espone a Palazzo Chigi di San Quirico d'Orcia, per due volte, serie
distinte di incredibili opere pittoriche che reinventano i paesaggi toscani in tavolozza e in lucentezza,
accompagnando l'osservatore ad un coinvolgimento di complice sogno in emozionanti scenari di espressioni
creative.
Dal 2004 al 2007 Tammaro continua la sua produzione pittorica in tele di acrilici e in disegni o tele di angeli
luminosi. Ma nella scultura è evidente un "saltus ingenii", una intuizione che chiuderà circolarmente il campo
d'indagine per anni condotta da Plinio su piccole figure lignee o bronzetti sia sul tema della donna sia sul tema
dell'angelo. Per la donna, sempre in vetta alle preferenze tematiche dell'arte di Tammaro, una serie di piccoli
bronzetti che narrano le varie fasi della vita di una donna e le relazioni con sua madre o le sue amiche, poste in
rapporto l'una con le altre su di un arco orizzontale sollevato da terra, che con particolare genialità dona loro un
tracciato comune . Ma una incredibile trovata inonda di luce cromaticamente scomposta gli angeli di Plinio, il
connubio di vetro colorato per le ali, applicate alle scapole del corpo dell'angelo in legno grezzo, non dipinto,
composto da una insieme di elementi che Tammaro lavorava uno ad uno. Scomposizione della luce e
scomposizione dei corpi nei suoi elementi La rifrazione della luce sulle ali realizza il senso di leggerezza eterea
che Tammaro associa ai suoi angeli pieni di bagliore luminoso.
Non ultima la trovata di comporre altri piccoli soggetti in legno e marmo. In pittura l'ultimissimo 2007 e i primi
mesi del 2008, successivamente un lungo ricovero che lo porterà alla morte il 7 Agosto 2008 alle ore 17:00
all'Ospedale le Scotte di Siena, vede il cambiare totalmente tematiche che dal paesaggio delle campagne toscane
passa ad essere lo spazio, le vastità cosmiche, popolate di forme ovoidali a grappoli, dove luce e tenebre si
combinano in profonde oscurità contrapposte a bagliori siderali. Entusiasmo per queste pitture si mescola a
stupore che lui stesso propone quando ne parla per non comprendere da dove questa vena gli provenga come
spinta interiore, che si svela solo nel momento che arriva a esternarla sulla tela. In scultura, la summa di questo
periodo creativo è la chiusura, la coerenza e la valorizzazione di una lunga vita creativa e il ritorno alle tematiche,
e alle forme quali le maternità e le tauromachie che costituivano temi privilegiati del periodo degli anni '60. Con
linguaggio nuovo, ma con il sapore di quei lontani anni, Plinio Tammaro sente la necessità di suturare alcuni
strappi della sua lunga via creativa e ripropone particolari che rievocano i toreri, in figure di angeli bronzei o in
fusioni di alcune sue sculture di una volta.
E' venuto a mancare un artista, che ha saputo, con rigore e con fermezza, cogliere e proporci vari aspetti plastici
e poetici tutti coerenti, nella ricerca, nell'indagine, fervidissimo sperimentatore e inventore. Un artista che ha
creato una scuola di pensiero e formato, forgiato giovani allievi e talenti.
Un artista che ha saputo fronteggiare le mille difficoltà che l'uomo Plinio, ha suo malgrado incontrato nella sua
esistenza, ma che ha tenute lontane dal suo grido lirico, ché non lo soffocassero o minimamente lo attenuassero.
Plinio e per dirla con le parole di Mario De Micheli esprime un "messaggio" nelle sue sculture: "[….] un
messaggio d'energia: energia pur nella consapevolezza delle difficoltà a vivere dentro la vicenda del nostro tempo,
un tempo in cui l'integrità dell'uomo è minacciata da ogni parte, in cui violenza e prevaricazione imperversano, in
cui i segni della socialità sembrano oscurarsi per l'insorgere di forze irrazionali generate dalla volontà di un potere
disumanante.
I Personaggi di Tammaro, anche quelli che appaiono come costretti nei vincoli di una condizione ostile, non
sono mai prostrati, al contrario rivelano insorgenze, tensioni liberatorie. Direi che questa è la più giusta chiave di
lettura delle sue immagini, delle allusioni e dei suoi simboli.[….] Come si vede Tammaro ha intrapreso una strada
tutt'altro che facile: è una strada senza alibi dove tutto si gioca allo scoperto, dove non ci si può certo nascondere
dietro un dito.
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Una scultura così, oltre ad ogni altra considerazione, è anche un atto di coraggio." Dobbiamo molto,noi tutti, a
Plinio.
Scritti critici da parte dei maggiori critici d'Arte Enzo Carli, Mario DeMicheli, Enrico Crispolti, Roberto Sanesi,
Susanna Ragionieri, Umberto Baldini, Robero Barzanti, Riccardo Barletta, Raffaello Biordi, Aldo Cairola,Antonio
Del Guercio, Giorgio di Genova, Mario Gorini, Giovanni Magrini, Corrado Marsan, Luciano Mencariglia, Elio
Mercuri, Dario Micacchi, Nicola Miceli, Carlo Munari, Elvio Natali, Sandra Orienti, Tommaso Paloscia, Dino
Pasquali, Osvaldo Patani, Sergio Rujo, Giorgio Segato, Giorgio Seveso, Cesare Viviani,Giandomenico Semeraro.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Artisti Italiani Contemporanei - Firenze 1961
Arte Italiana Contemporanea - Firenze 1967
Dizionario Bolaffi degli Scultori Italiani Moderni - Torino 1972
Catalogo Nazionale Bolaffi della Scultura N.1 - Torino 1976
La Scultura Moderna - De Micheli - Torino 1981
Storia dell'Arte Italiana del '900 - G. Di Genova - Bologna 1991
Da Fattori a Burri. Dipinti sculture e disegni della Collezione della Banca Toscana - C. Sisi - Firenze
1993
Il Marmo. Laboratori e Presenze apuo versiliese dal 1920 ala 1990- G.Uzzani - Siena 1995
Il Comune di Grosseto, accoglie la proposta dell’Associazione Artistica Plinio Tammaro e - oltre ad offrire una
sede prestigiosa, il Cassero Senese, per questa rassegna di carattere nazionale che dal 9 al 30 Giugno prossimo
richiamerà artisti, critici, giovani studenti e amanti dell’arte - desidera rendere omaggio ad uno degli scultori
italiani più prestigiosi e significativi dal dopoguerra ad oggi. A tre anni dalla sua scomparsa si sente l’esigenza di
riflettere sia sulla vasta produzione scultorea, grafica e pittorica di Plinio Tammaro, sia sul significato che la sua
continua e generosa opera di maestro e formatore di giovani artisti ha prodotto e che può chiamarsi a pieno
titolo ”scuola artistica”. Nella mostra infatti saranno presenti opere dello scultore Plinio Tammaro, esposte in
forma di retrospettiva antologica, ma anche i lavori di dieci fra i suoi più vicini allievi che, oltre ad aver avuto una
frequentazione all’Istituto d’Arte di Siena, dove Plinio Tammaro era prima insegnante e poi preside, hanno
frequentato assiduamente il suo studio, lavorando in un continuo confronto con lui. Oggi tutti sono artisti e
docenti affermati: Alberto Inglesi, Pier Giorgio Balocchi, Mauro Berrettini, Maurizio Masini, Rino Conforti,
Giuliano Vanni, Graziano Bernini e i più giovani: Rita Bocci e Federico Fusi.
Plinio Tammaro è prima di tutto uno scultore, pur con una indomita vocazione grafica, pittorica, architettonica e
talvolta musicale e letteraria. Plinio vive la tridimensionalità, la forma, vive e sente la materia, la domina, sia essa
marmo, bronzo, legno o composizione di ciascuna di queste con tessuto o resine. Instancabile sperimentatore e
innovatore della tecnica e del linguaggio plastico, Plinio fa scultura d’immagine, iperrealista. La sua opera parte
dal “vero”, dal reale, sempre e solo il reale, ma sale all’immaginifico, all’onirico. L’immagine viene poi in porzioni,
in elementi, proporzioni, reinventata, mitizzata, rivisitata, esaltata. Parti divengono simboli, sui quali poggia o si
slancia il fantastico. Plinio coglie uno spaccato, una motivazione, una rivendicazione, e il suo vivere forma,
materia e colore ci regala il valore della luce e il sapore del pittorico. L’immagine assume una proposta di
cambiamento di pensiero e di cambiamento sociale, ma subito si proietta in una creazione di forme e segni
evocativi, sui quali di nuovo s’innesta l’onirico e a volte il metafisico. Plinio fugge dalla narrazione dalla
descrizione, lascia a chi l’osserva l’onere e il compito di completare lo spunto evocativo in un semantico proprio.
Il suo sguardo è una continua interpretazione del vissuto dell’individuo come partecipazione ad un sociale
storicizzato, che trae dalla cronaca e dagli eventi i significati primi, espressi nelle sue opere: indagini profonde
della condizione umana.
Il Camionista, Umano inumano, i suoi teatri, la sue donne, Lezione di recitazione, Storica notizia, le annunciazioni, le
sibille, sono personaggi, creature che vivono la nostra stessa dimensione storica, le nostre stesse paure, timori e
amori.
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Il tema della mostra che abbiamo scelto quale fil rouge della poetica di Plinio e dei suoi allievi è il rapporto
dialettico tra mito e pensiero, nato con la nascita dell’uomo, ma scientemente definito solo con la civiltà greca,
della quale il nostro essere mediterranei e occidentali è completa e piena emanazione.
Plinio Tammaro -
scultore e pittore
Nasce, ma solo, a Napoli. Ha una formazione artistica e una appartenenza culturale e sociale che lo legano
intimamente alla toscana dove vive e lavora: Siena, Grosseto, Firenze, Carrara per la maggior parte della sua vita.
Significative sono le lunghe parentesi milanesi sia come presenza, sia come partecipazione artistica.
La famiglia: padre Gaetano Tammaro, pilota/motorista, collaudatore dell'Aviazione Militare Italiana, madre è
Erminia, Ranaldi e i sei fratelli costituiscono un nucleo portante. La famiglia rappresenta un antidoto alle
difficoltà - nessuna esclusa, compresa l'esperienza di un campo di concentramento dal quale riusciranno a fuggire
- che la II Guerra Mondiale impone con shock traumatici (fughe,bombardamenti, campo di concentramento,
scuole - quando possibile - sempre diverse, sempre ecomunque clima di terrore).
Plinio giunge ancora ragazzo nell'inverno del 1941 a Siena e abita con la Famiglia una casa in "Pescaia", la "casa
del Dazio". Suo orgoglio saranno gli archi esterni in facciata sopra le finestre, che da solo - prima opera
architettonica - riuscirà, all'età di 16 anni, a costruire in cemento con centine di legno da lui realizzate. Racconta
sempre di come i manovali che di li passavano lo prendevano in giro ed erano scettici dell'esito che il suo lavoro,
di ragazzo, avrebbe prodotto. A Siena frequenta l'Istituto d'Arte e inizia i primi esperimenti artistici.
Nel suo libro "Ci vediamo in Piazza" Plinio scrive: " Erano anni di fine guerra. Le insensate usurpazioni e le
atrocità che compivano i giovanissimi repubblichini contro la popolazione, soprattutto coetanei, ragazzi e
ragazze, si trasformavano spesso [….] in gravi fatti:arresti, ferimenti e talvolta atti mortali.
[….] Io adolescente alto più della media ero soggetto al maledetto rischio di essere preso per errore e spedito in
qualche campo di concentramento. Le incessanti raccomandazioni da parte di mia madre, atterrita dai fatti che
vedeva, erano di non tardare all'uscita della scuola [….] ma corressi prima possibile a casa. Per sentirsi più serena
mi suggerì un itinerario per lei più tranquillo: Passa dal fosso di Sant'Ansano, mi disse e io lo feci. Ero da giorni
li, a guardare dalla vetrage un piccolo uomo bianco (ndc. Ettore Cortigiani) che, chino sul trespolo, picchiava
sulla pietra con un ferro e un martello quasi quadrato. [….] quella pietra, schizzando prendeva forma. [….] Alle
tredici, ora in cui uscivo dalla scuola, tutti i giorni, e per tanti altri a seguire, tra l'estasi di ciò che vedevo e
l'incertezza di tornare a casa, mi chiedevo se fosse questo l'ideale, [….] l'accendersi di un sole e capire quel che
poi sarà nella vita. [….] Ormai tutti i giorni ero lì a vedere, e guardavo con intensità curiosa. Non si è mosso è
sempre lì, solo la pietra si è trasformata. [….] Un giorno (ndc. Ettorino) aprì la vetrage [….] se vuoi entrare,
vieni! Nell'entrare nello spazio stretto feci passare prima la cartella e poi m'infilai con difficoltà.
Sbattevo dappertutto, già il bianco mi striava i vestiti. [….]Da allora il bianco si impossessò di me, ne fui segnato
per la vita."Ancora ragazzo-studente, stregato dal fascino della scultura, Plinio inizia a lavorare nella bottega di
Ettore Cortigiani ma anche e soprattutto nello studio dello scultore senese Vico Consorti dal 1942 al 1954. Si
diploma tuttavia al Liceo Artistico di Firenze e a Firenze completa gli studi artistici all'Accademia delle Belle Arti,
dove frequenta la sezione di scultura diretta da Romano Romanelli. Nel 1955 Plinio Tammaro esordisce nel
mondo dell'arte pubblica con la partecipazione al concorso per la erigenda porta centrale del Duomo di Siena.
Nel 1963 all'Accademia delle belle Arti del Disegno di Firenze, Plinio Tammaro presenta numerosi bozzetti sul
tema della "Tauromachia". In quella occasione Plinio viene insignito del riconoscimento di membro aggregato
della Classe degli Scultori. Nel 1964 fonda il gruppo artistico fiorentino "Le Proposte" insieme a Delia Betto,
Loris Fucini, Carlo Severa, Salvatore Cipolla. Sin dagli anni '60 frequenta i laboratori di Pietrasanta e Carrara e
partecipa al clima internazionale creato in Versilia dalla presenza di Lipchitz, Sorn, Iposteguy, Guttuso, che
conosce e frequenta. Matura uno stile neorealista, parallelo alle ricerche letterarie di Moravia, Sartre, Pisolini che
interessa il grande Critico d'Arte Mario DeMicheli, da allora amico,estimatore e interprete critico di Tammaro.
Nel presentarlo alle personali tenute nel 1977 a Roma, al Maschio Angioino di Napoli, alle logge del Papa e della
Mercanzia a Siena.
Mario DeMicheli osserva: "La scultura di Tammaro così come oggi si pone,è soprattutto una scultura
drammatica enunciata con un linguaggio che si definisce per tensioni e fratture, per contrasto tra spazi rigidi e
nuclei erompenti, per rigori compositivi e insorgenze emozionali. Tammaro ha dunque coscienza delle
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contraddizioni che invadono e agitano i nostri giorni, ne possiede il sentimento dialettico, è scultore d'immagini e
le immagini che produce costituiscono una efficace sintesi diretta
[….] I suoi personaggi, anche quelli che appaiono come costretti nei vincoli di una condizione ostile, non sono
mai personaggi prostrati, al contrario rivelano insorgenze, tensioni liberatorie."
Il critico si riferisce alle grandi sculture in marmo eseguite da Plinio Tammaro negli anni che vanno dal 1970 al
1977, periodo di particolare importanza creativa su temi attuali e d'impegno sociale quali il femminismo, la
condizione operaia, la contestazione, e ricorrente il drammatico rapporto uomo-donna caratterizzato da una
sofferta incomunicabilità. Il marmo è portato all'estrema pulitezza, le superfici accarezzate dal ripetuto passaggio
di abrasivi sempre più fini, appaiono lisce e luminose, e proprio l'algida perfezione della materia sembra
imprigionare gli istinti e gli impulsi sentimentali delle figure in una leggibile metafora della condizione umana.
L'interesse per gli eterni temi esistenziali guida l'artista alla lettura dei testi teatrali di Strindberg, Pirandello,
DeFilippo e dei tragici greci, gli ispirano complesse opere polimateriche concepite come vere e proprie
rappresentazioni su palcoscenici aperti, segmentati da elementi geometrici che, simili a violente luci da ribalta
tagliano lo spazio fuoriuscendo con forza esplosiva.
Negli anni '80 Plinio continua a lavorare su questo impianto artistico che raggiunge la sua acme produttiva.
Lavora a Milano dove ha allestito uno studio vicino a Porta Venezia e successivamente in Corso Buenos Aires e
alterna produzione scultorea a produzione grafica di incisioni perlopiù con la tecnica della punta secca e
ceramolle, passando dall'incisione monocromatica a quella policromatica e alla litografia. Grandi sculture in legno
come la Lupa, L'Etrusca, i cicli delle Sibille sono la produzione di questo secondo decennio prolifico della
creatività scultorea di Plinio Bronzo, legno, legni dipinti, marmo, ceramiche e sculture polimateriche.
Come osserva il poeta Cesare Viviani, suo amico e attento conoscitore della poetica scultorea di Plinio, quando
presentò una personale di Tammaro alla Galleria Schubert di Milano (1987) :" Qui l'arte interviene a trasformare
lo spazio quotidiano e comune in uno mitico ed eroico. Tra il tepore chiaro del legno e la nera nudità del bronzo
Tammaro spalanca con un gesto dei suoi attori la fatalità di ogni esistenza".
Apre il nuovo decennio degli anni '90 l'attività di partecipazione intensa a numerose rassegne nazionali e
internazionali, esposizione alla Biennale di Scultura a Milano, Rassegna a Milano "Percorso della Scultura
Italiana", I Internazionale di Scultura a Legnano, una personale alla Galleria Braidense con cura critica di Roberto
Sanesi (1991): "[….] Tammaro mantiene questa molteplicità delle relazioni, di scambio, confronto, disgiunzione,
sottile legamento di elementi separati (spesso in funzione simbolica) [….] giocando nel comporre su u congegno
tesi/antitesi, mostrando con forza talvolta deformante il taglio, lo snodo, la cerniera…l'espansione di un
particolare sull'interezza (con effetti di "espressività" forte), i punti d'intersezione, le sproporzio sottolineano una
….improbabilità….che pure si riconosce nel verisimile". Se Tammaro sembra indulgere nel verismo, subito dopo
nel medesimo soggetto o in una sua porzione si lancia nell'informale e nell'astratto donando ai suoi soggetti uno
spazio "metafisico", di fissità onirica, oppure di dinamismo scenico teatrale.
Sanesi continua: " Una indicazione di congiunzione-disgiunzione che caratterizza ogni mito e che consente a
Tammaro,nelle sue scelte tematiche, soluzioni che alludono alla metamorfosi o più decisamente si concretizzano
con un assemblaggio che è insieme formale e interpretativo. [….] Il mito, la favola, ovvero il "teatro di Tammaro
[….] sembra tendere a includere in un'unica figura complessa la differenza degli elementi compositivi, che si
ricompongono in immagini i simultaneità".
Tammaro si presenta a volte con una tematica ispirata alla storia: Paolina, Biccherna; a volte al mito:
Ganimede, Giovane Centauro ; altre volte ai grandi interpreti del Teatro: Strehler, Marta Abba , lezione di
recitazione in cui il legame alla figurazione del precedente periodo realista, seppure persiste, è decantato di ogni
espressione drammatica per privilegiare la dimensione simbolica del soggetto. In questa direzione, Tammaro ha
ulteriormente liberato la scultura da rapporti naturalistici e realistici per creare immagini liriche dalle forme
disgregate ed esplose, ricondotte ad unità compiuta dall'intervento di una maggiore stesura materiale del colore in
cui i toni del bianco prevalgono ed illuminano.
I temi prescelti: le Sibille e le Matres Matutae per la loro evocazione mitologica dilatano nel tempo il significato
delle opere, fino a presentarsi come archetipi o nudi motivi di poesia. Non a caso negli anni '90 la sua attività è
stata seguita e presentata soprattutto da poeti come Cesare Viviani, Osvaldo Patani, Roberto Sanesi, che nel
mistero delle forme evocate da Tammaro riconoscono le radici del loro stesso comporre. Attraverso l'evoluzione
della ricerca tematica, permane la riconoscibilità del suo stile, affidato ad una intensa ed inesausta tensione
formale, talora arrestata da gorghi di pieghe che come ostacoli frapposti all'ansia di vita deviano il trascorrere
rasserenante di profili e volumi. Ogni sua scultura diventa così simbolo della stessa esistenza umana racchiusa
nella capacità allusiva del linguaggio artistico.
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Gli anni '90 sono una continuazione di tutto il patrimonio creativo avvenuto nei vulcanici anni '70 e '80 in cui
Plinio Tammaro ha tessuto una rete di nuovi germi creativi che per 10-15 anni dovrà sviluppare.
La scultura fissa una serie di temi in bronzo: la Biccherna, Tuscia, Sibilla arborea , Sibilla del mattino, le polene,
La luna nel pozzo, Sibilla seminante o temi lignei: Selene e la Sibilla, Sibilla senese, le stagioni, le spose felici, Eva
incerta, Eva del pescatore, realizza anche sculture in lamina di bronzo Grande Polena di acciaio Grande Sibilla.
Tuttavia lo stato di salute di Plinio è in questi anni che conosce una catena di eventi di rilievo che allentano il
ritmo incessante della sua produzione. Ricoveri ospedalieri e periodi di convalescenza lo portano a recuperare
una dimensione pittorica, grafica, a spostarsi da Milano a Siena e a privilegiare i piccoli soggetti ai grandi.
Plinio tuttavia con tenacia ed incredibile spirito indomito e mai pago continua nell'attività espositiva in
importanti sedi, tra le quali: Nazionale di Scultura Permanente-Milano('93), VII Triennale dell'incisione-Milano
('94), Triennale di Milano ('95), Sitazioni Scultura- Comune di Massa ('96), varie personali ('97): a Piombino, San
Giustino Valdarno, I Biennale Internazionale d'Arte Contemporanea -Francavilla(Bari)1998, Arte Fiera ('99) Con
l'inizio degli anni 2000 riprendono le importanti esposizioni: Antologica a Firenze all'Accademia del Disegno,
un'antologica a Viterbo -(2001). Nel 2002-03 espone a Palazzo Chigi di San Quirico d'Orcia, per due volte, serie
distinte di incredibili opere pittoriche che reinventano i paesaggi toscani in tavolozza e in lucentezza,
accompagnando l'osservatore ad un coinvolgimento di complice sogno in emozionanti scenari di espressioni
creative.
Dal 2004 al 2007 Tammaro continua la sua produzione pittorica in tele di acrilici e in disegni o tele di angeli
luminosi. Ma nella scultura è evidente un "saltus ingenii", una intuizione che chiuderà circolarmente il campo
d'indagine per anni condotta da Plinio su piccole figure lignee o bronzetti sia sul tema della donna sia sul tema
dell'angelo. Per la donna, sempre in vetta alle preferenze tematiche dell'arte di Tammaro, una serie di piccoli
bronzetti che narrano le varie fasi della vita di una donna e le relazioni con sua madre o le sue amiche, poste in
rapporto l'una con le altre su di un arco orizzontale sollevato da terra, che con particolare genialità dona loro un
tracciato comune . Ma una incredibile trovata inonda di luce cromaticamente scomposta gli angeli di Plinio, il
connubio di vetro colorato per le ali, applicate alle scapole del corpo dell'angelo in legno grezzo, non dipinto,
composto da una insieme di elementi che Tammaro lavorava uno ad uno. Scomposizione della luce e
scomposizione dei corpi nei suoi elementi La rifrazione della luce sulle ali realizza il senso di leggerezza eterea
che Tammaro associa ai suoi angeli pieni di bagliore luminoso.
Non ultima la trovata di comporre altri piccoli soggetti in legno e marmo. In pittura l'ultimissimo 2007 e i primi
mesi del 2008, successivamente un lungo ricovero che lo porterà alla morte il 7 Agosto 2008 alle ore 17:00
all'Ospedale le Scotte di Siena, vede il cambiare totalmente tematiche che dal paesaggio delle campagne toscane
passa ad essere lo spazio, le vastità cosmiche, popolate di forme ovoidali a grappoli, dove luce e tenebre si
combinano in profonde oscurità contrapposte a bagliori siderali. Entusiasmo per queste pitture si mescola a
stupore che lui stesso propone quando ne parla per non comprendere da dove questa vena gli provenga come
spinta interiore, che si svela solo nel momento che arriva a esternarla sulla tela. In scultura, la summa di questo
periodo creativo è la chiusura, la coerenza e la valorizzazione di una lunga vita creativa e il ritorno alle tematiche,
e alle forme quali le maternità e le tauromachie che costituivano temi privilegiati del periodo degli anni '60. Con
linguaggio nuovo, ma con il sapore di quei lontani anni, Plinio Tammaro sente la necessità di suturare alcuni
strappi della sua lunga via creativa e ripropone particolari che rievocano i toreri, in figure di angeli bronzei o in
fusioni di alcune sue sculture di una volta.
E' venuto a mancare un artista, che ha saputo, con rigore e con fermezza, cogliere e proporci vari aspetti plastici
e poetici tutti coerenti, nella ricerca, nell'indagine, fervidissimo sperimentatore e inventore. Un artista che ha
creato una scuola di pensiero e formato, forgiato giovani allievi e talenti.
Un artista che ha saputo fronteggiare le mille difficoltà che l'uomo Plinio, ha suo malgrado incontrato nella sua
esistenza, ma che ha tenute lontane dal suo grido lirico, ché non lo soffocassero o minimamente lo attenuassero.
Plinio e per dirla con le parole di Mario De Micheli esprime un "messaggio" nelle sue sculture: "[….] un
messaggio d'energia: energia pur nella consapevolezza delle difficoltà a vivere dentro la vicenda del nostro tempo,
un tempo in cui l'integrità dell'uomo è minacciata da ogni parte, in cui violenza e prevaricazione imperversano, in
cui i segni della socialità sembrano oscurarsi per l'insorgere di forze irrazionali generate dalla volontà di un potere
disumanante.
I Personaggi di Tammaro, anche quelli che appaiono come costretti nei vincoli di una condizione ostile, non
sono mai prostrati, al contrario rivelano insorgenze, tensioni liberatorie. Direi che questa è la più giusta chiave di
lettura delle sue immagini, delle allusioni e dei suoi simboli.[….] Come si vede Tammaro ha intrapreso una strada
tutt'altro che facile: è una strada senza alibi dove tutto si gioca allo scoperto, dove non ci si può certo nascondere
dietro un dito.
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Una scultura così, oltre ad ogni altra considerazione, è anche un atto di coraggio." Dobbiamo molto,noi tutti, a
Plinio.
Scritti critici da parte dei maggiori critici d'Arte Enzo Carli, Mario DeMicheli, Enrico Crispolti, Roberto Sanesi,
Susanna Ragionieri, Umberto Baldini, Robero Barzanti, Riccardo Barletta, Raffaello Biordi, Aldo Cairola,Antonio
Del Guercio, Giorgio di Genova, Mario Gorini, Giovanni Magrini, Corrado Marsan, Luciano Mencariglia, Elio
Mercuri, Dario Micacchi, Nicola Miceli, Carlo Munari, Elvio Natali, Sandra Orienti, Tommaso Paloscia, Dino
Pasquali, Osvaldo Patani, Sergio Rujo, Giorgio Segato, Giorgio Seveso, Cesare Viviani,Giandomenico Semeraro.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Artisti Italiani Contemporanei - Firenze 1961
Arte Italiana Contemporanea - Firenze 1967
Dizionario Bolaffi degli Scultori Italiani Moderni - Torino 1972
Catalogo Nazionale Bolaffi della Scultura N.1 - Torino 1976
La Scultura Moderna - De Micheli - Torino 1981
Storia dell'Arte Italiana del '900 - G. Di Genova - Bologna 1991
Da Fattori a Burri. Dipinti sculture e disegni della Collezione della Banca Toscana - C. Sisi - Firenze
1993
Il Marmo. Laboratori e Presenze apuo versiliese dal 1920 ala 1990- G.Uzzani - Siena 1995
09
giugno 2011
Plinio Tammaro – Allievi, volti del pensiero, forme del mito nell’arte
Dal 09 al 30 giugno 2011
arte contemporanea
Location
CASSERO SENESE
Grosseto, Via Aurelio Saffi, 6, (Grosseto)
Grosseto, Via Aurelio Saffi, 6, (Grosseto)
Vernissage
9 Giugno 2011, h 18.30
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